BRUNO COTRONEI E I SUOI LIBRI
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 Cimabue, Giotto ed altri

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Bruno
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MessaggioTitolo: Cimabue, Giotto ed altri   Cimabue, Giotto ed altri EmptyVen Giu 19, 2009 1:17 pm

CIMABUE E DUCCIO DI BONINSEGNA
CIMABUE. Il suo nome è Cenni dei Pepi ed è detto Cimabue.
Non si conosce ne l'anno della sua nascita, ne quello della sua morte che
comunque si suppone avvenga intorno al 1303/4.
Di sicuro è a Roma nel 1272 dove entra in contatto con un'arte assai
diversa dai suoi modelli che sono quelli della scuole toscana bizantineg-
giante. Ciò gli desta il senso della grandezza e della potenza. Mantiene la
costruzione del quadro come gliela aveva data la tradizione della sua città,
ma ne rende più nobile la forma e cerca la novità nei particolari: la bellezza
dei volti, la verità degli atteggiamenti, la profonda umanità nel divino.
È considerato il maggior maestro d'ancone (pale d'altare per lo più
dipinte, spesso suddivise in riquadri) che è un genere importantissimo come
padre del quadro di cavalietto.
Il valore estetico e l'importanza storica dell'opera di Cimabue non sono
facili da stabilire perché'molti suoi dipinti sono spariti, di altri è incerta
l'attribuzione e tutti sono stati alterati dal tempo, dai ritocchi e risultano
sbiaditi nel colore.
Di sicuro è sua la Maestà di S. Trinità che è conservata agli Uffizi di
Firenze. In questa opera egli si contrappone alla fissità delle icone bizantine,
che però è ancora avvertibile nei volti e nei gesti, mentre una nuova intensità
espressiva appare in particolare negli angeli e nei profeti da lui raffigurati, e
un nuovo senso dello spazio e del volume corporeo.
In Assisi dipinge affreschi e una Crocifissione nella chiesa superiore e una
Madonna con angeli e S. Francesco, nell'inferiore. In queste opere sembra
sia stato affiancato da Duccio e dal giovane Giotto di cui la leggenda lo fa
maestro.
In sostanza Cimabue, al patrimonio della tradizione locale, ha aggiunto
le esperienze romane ed è riuscito ad esprimere la sua visione personale entro
le vecchie forme. Il suo è un disegno preciso, un colorire unitario nei toni pur
con la più ricca tavolozza.
DUCCIO DI BONINSEGNA. (Siena 1255 c.ca-1318). Mentre a Firenze si >
costituisce per gradi una maniera locale di dipingere che dalla iconografia
bizantina giunge all'idealizzazione personale della vivente realtà, a Siena
prende corpo un proprio indirizzo pittorico.
Nella piccola città toscana non v'è tradizione di mosaico e la pittura
comincia su tavola a cui fa seguito l'affresco.
Il primo pittore senese è Guido da Siena che nel 1221 dipinge una
Madonna in trono dove la forma resta bizantina, ma molto liberamente
perché il disegno si ammorbidisce, la rigidezza si attenua, i colori sono vivi,
ma dolci.
Duccio di Boninsegna porta alla perfezione la maniera creata dai suoi
predecessori senesi e dipinge, fra l'altro, la Madonna Rucellai. In quell'an-
cóna l'artista dipinge dolci forme e mansueti volti d'angeli e dal volto ovale
della Vergine, ancora paludata d'un manto da diaconessa, fa emanare un
insolito sorriso aggraziato e di mansuetudine femminile.
Nella pala d'altare, la Maestà (1308/11), che è un'ancóna di vaste
dimensioni dipinta sulle due faccie, su quella anteriore v'è la Madonna fra
schiere di santi e nella posteriore ventisei quadretti colmi di figure, Duccio di
Boninsegna inaugura la nuova visuale dell'arte che consiste nel rendere,
attraverso i fissi temi del dogma, la visione molteplice e suggestiva della vita,
e infonde nella pittura, con la spontaneità ed i balbettii d'un iniziatore,
un'anima d'eleganza e di ritmi destinata a durare nei successori.
Cimabue e Duccio operano entrambi nell'orbita bizantina, ma Cimabue
cerca a modo suo di uscirne, mentre Duccio vuole rimanervi magari
apportandovi precocemente ritmo gotico, pur esaltando al massimo lo
splendido smalto del colore orientale.




GIOTTO, SIMONE MARTINI,
PIETRO E AMBROGIO LORENZETTI
GIOTTO. (Vespìgnano, Vicchio di Mugello 1267/1337). Le sue origini sono
incerte: alcuni sostengono che sia figlio di un lavoratore della terra, altri
invece di un fiorentino dell'«arte della lana».
Sembra che abbia svolto il suo apprendistato presso Cimabue (1280/90).
Di sicuro ha conosciuto l'ambiente artistico romano che ruotava intorno
a Pietro Cavallini traendone la fonte della sua cultura latina.Cimabue, Giotto ed altri W_giot11
Probabilmente sempre a Roma viene in contatto con lo scultore pisano,
Arnolfo.
Giotto è un vero e proprio innovatore. Nuovi sono in lui la composizione,
la forma ed il colore. Al posto della composizione scandita della vecchia
scuola dove le scene sacre si dispongono secondo le regole di rigidi schemi,
egli pone liberamente le figure nell'ambiente seguendo soltanto la sua
intuizione anche geometrica. In Giotto la forma è volume, modella a larghi
piani e la figura umana compare in una sua struttura monumentale dove il
panneggio ha la funzione di condurla a fine in masse compatte, squadrate e
severe. Giotto non sparge copiosamente in larghi campi uguali il colore,
come nelle acòne medievali, ne lo spezza con tocchi d'alluminio, ma lo
stende solido e compatto e affina le immagini e le individua. La luce nelle sue
opere è calma e uguale.
Gli scrittori del Trecento (Dante, Petrarca, Boccaccio, etc.) hanno
un'immediata coscienza della grandezza e fondamentale importanza di
Giotto nel più complesso mondo della cultura e ne apprezzano non solo la
manuale abilità, ma principalmente il suo ingegno inventivo che, trasfor-
mando fondamentalmente il fatto artistico, lo rende personaggio storico.
Forse il giudizio più appropriato su Giotto è stato dato dal pittore e
teorico della pittura Cennino Cennini che, alla fine del Trecento, scrive:
«Giotto rimutò l'arte del dipingere di greco (bizantino, nota dell'autore) in
latino, e ridusse al moderna (gotico, n. dell'a.) et ebbe l'arte più compiuta
c'avesse mai più nessuno». «Dunque Giotto rientra nell'ambito europeo
della-cultura gotica, ma elimina in essa quanto conservava di bizantino e ne •
fa una cultura fondata sul latino... Giotto trasforma l'immobilità iconica in
imponenza monumentale, la tragedia in dramma» (G.C. Argan).
Giotto non è un pittore isolato, ma in imprenditore e progettista della
pittura: ha allievi ed aiuti che compiono sotto la sua guida ciò che ha ideato.
Quindi nelle tante opere che gli hanno attribuito e che si trovano in
tutt'Italia, si può riconoscere il suo pensiero, la sua dirczione, ma poche
volte l'azione diretta della sua mano in tutto il dipinto.
Circa del 1290 sono le sue prime opere: Storie dell'antico e nuovo
testamento che si trovano nella zona alta della navata della chiesa superiore
di S. Francesco in Assisi. In questi affreschi spazio, figure ed azione si
fondono in una espressione di trattenuta drammaticità.
Ancora nella chiesa superiore di S. Francesco di Assisi, nella parte
inferiore della navata e nella controfacciata, Ciotto affresca con molti
collaboratori la serie della Leggenda di S. Francesco che inizia nel 1298 e
interrompe nel 1300 quando papa Bonifacio Vili lo chiama a Roma per il
Giubileo. Il grande artista toscano interpreta la leggenda francescana con il
protagonista visto non più come asceta, ma battagliero campione della
chiesa. Ogni capitolo dello stupendo poema trova la sua espressione com-
mossa e precisa, larga e lucida.
Giotto con il suo seguito opera anche a Roma nelle basiliche di S. Pietro e
S. Giovanni in Laterano e nel Castel Nuovo di Napoli.
Dal 1303 al 1305 è a Padova nella cappella dell'Arena dove raffigura
episodi della vita della Vergine e di Cristo, come il Cristo morto pianto dalle
pie donne. Presentazione della Vergine al Tempio, Le nozze di Cana, II
Bacio di Giuda e Crocifissione. Questo ciclo da l'immagine per sempre che la
somma qualità di Giotto è rappresentare solo l'essenziale di un fatto, non
perdendosi nei particolari, e concentrare energicamente senza mai cadere
nello scheletrico.
Nel 1314 l'artista è di nuovo in Assisi e affresca la volta a crociera della
chiesa inferiore.
Ciotto (e i suoi aiuti) continua ad operare con intensa alacrità sommerso
com'è dalle richieste e nel 1334 disegna il campanile del Duomo di Firenze^
In conclusione Giotto, che ha assimilato, trasfigurandoli nel suo genio, il
classicismo bizantino, la pittura medievale romana e paleocristiana, la
sobrietà della scultura romanica e la dinamica lineare gotica, può rappresen-
tare una specie di « summa» dell'arte pittorica del Medioevo.
L'influsso della sua opera è notevole nelle scuole trecentesche italiane e
d'oltralpe ed ha costituito fonte d'ispirazione anche per alcuni artisti del
Rinascimento.
SIMONE MARTINI. (Siena 1285 c.ca-1344). È allievo di Duccio di Boninse-
gna, ma, ai suoi tempi, supera il maestro per fama ed è amico e rivale di Giotto. •
Dal 1317 è pittore di corte a Napoli presso il rè Roberto D'Angiò e nel
1340 viene chiamato alla corte papale di Avignone dove è trattato come un
figlio diletto ed incontra il Petrarca e ritrae Laura.

PIETRO E AMBROGIO LORENZETTI. (Siena 1280 e ca 1348^ Sn
(mancano circa 15 righi)


Ultima modifica di Bruno il Mer Giu 24, 2009 12:59 pm - modificato 2 volte.
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MessaggioTitolo: Re: Cimabue, Giotto ed altri   Cimabue, Giotto ed altri EmptyVen Giu 19, 2009 5:39 pm

Cimabue, Giotto ed altri 19cimabuemadonnaintronom

Madonna con il bambino, in trono, con otto angeli, quattro profeti
Galleria degli Uffizi di Firenze
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Bruno
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MessaggioTitolo: Re: Cimabue, Giotto ed altri   Cimabue, Giotto ed altri EmptyVen Giu 19, 2009 5:46 pm

Grazie, Yoah, ci voleva proprio!

Bruno
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MessaggioTitolo: Re: Cimabue, Giotto ed altri   Cimabue, Giotto ed altri EmptyVen Giu 19, 2009 7:21 pm

Di niente Bruno figurati Cimabue, Giotto ed altri 102396
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