BRUNO COTRONEI E I SUOI LIBRI
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QUI I LIBRI ; LE RECENSIONI RICEVUTE E QUASI TUTTO SULLO SCRITTORE
 
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 L'ESTORSIONE, racconto

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MessaggioTitolo: L'ESTORSIONE, racconto   L'ESTORSIONE, racconto EmptySab Lug 25, 2009 1:02 pm

L ESTORSIONE

«Lucio Perrotti?»
«Sì, sono il dottor Perrotti, desidera?»
«Senti Perrotti, poche parole. Abbiamo ammazzato tuo
fratello e ammazzeremo tè o tua moglie o una delle tue
fìglie se non ci dai quattrocento milioni!»
«Se è uno scherzo io non ho tempo da perdere...»
«Scherzo, come sei simpatico, tè ne accorgerai... pre-
para i soldi e ricordati, noi siamo latitanti e non abbiamo
niente da perdere... ti richiamiamo, prepara i soldi!»

Un clic e la comunicazione è bruscamente interrotta.
Al posto della voce roca e volgare, dall'accento pretta-
mente partenopeo il tutta, tutta, della linea libera. Lucio
si guarda intorno sconcertato, dall'ampia finestra il lumi-
noso sole autunnale invia i suoi raggi senza calore che si
concentrano sulla sedia ginecologica proprio vicino al
paravento di colore rosa tenue che si armonizza con lo
scrittoio e le grandi librerie in rovere di Slovenia e le
sedie ed il divano tappezzati in raso di identico colore.
Preme un tasto dell'apparecchio rosa pallido e la piace-
vole voce della telefonista con perfetto tono professiona-
le gli giunge attraverso l'auricolare: «Sii, dottore, dica...»

«Chi mi ha passato poco fa?»
«Il signor Esposito, ha detto di essere il marito di una
sua nuova cliente...»

«Nient'altro?»
«No, dottore... desidera altro?»
«No signorina, grazie.»
E irritato, ha tanto da fare e quel Dario continua a
infastidirlo anche da morto! Cosa c'entra una possibile
estorsione con la morte del fratello? Quando mai la ca-

la camorrà ammazza prima e poi chiede soldi? Sarà uno scher-
zo dì qualche esaltato... e se fosse vero? Da più di un
anno il pensiero di un attentato o peggio di un rapimento
lo tiene in ansia: ormai commercianti ed industriali della
città del corallo, nome col quale è da sempre conosciuta
Torre del Greco, pagano tangenti che diventano sempre
più pesanti, tanto che alcuni sono stati costretti addirittu-
ra a chiudere o a cedere l'attività per prezzi da fame. Ma
cosa c'entra una clinica? Suvvia, come se non lo sapesse:
è un'attività commerciale o addirittura industriale come
le altre, o più redditizia delle altre con le cinquanta stan-
ze perennemente occupate da una continua interminabile
rotazione di donne che sfornano figli come prodotti in-
dustriali! Le statistiche riportano un calo delle nascite
anche in Campania; sarà, tuttavia lui non se ne è mai
accorto. Il vero fatto è che da quando ha aperto "Villa
del Giacinto" con il professore Milani, non solo non ha
mai dovuto lamentare una camera libera per più di un
giorno, ma quando il socio è morto e ne ha acquistato la
quota, ha dovuto far edificare un altro corpo di fabbrica.
Ma con la camorra non ha mai avuto a che fare o per
meglio dire, un reciproco rispetto ha caratterizzato i suoi
rapporti con le propaggini che stendono le mani ingorde
come tentacoli di una piovra sulla città vesuviana: si sa
chi da anni domina la zona e lui ha accordato massicci
sconti sulle degenze e visite gratuite alle donne del pitto-
resco "pezzo da novanta". Ma con l'avvento di don Raf-
faele Cutolo, il boss di Ottaviano, paese che è diviso da
Torre del Greco dal Vesuvio, tutto è stato rimesso in di-
scussione e il nuovo capo ha nominato i suoi "procon-
soli" in ogni zona del napoletano e particolarmente nel
territorio dominato dal vulcano provocando una vera e
propria guerra per la reazione della Nuova Famiglia alla
quale sembra facciano capo personaggi della mala come
Nuvoletta, Giuliano, Zaza, Vollaro e Bardellino: clan fa-
miliari dalle intricate ramificazioni. Non rappresenta un
mistero per nessuno cosa vogliono significare gli omicidi
spesso eseguiti con crudeltà raccapricciante di cui ogni
giorno le pagine di cronaca dei giornali sono piene. Scon- •
tri fra organizzazioni camorristiche per assicurarsi il do-
minio incontrastato in questo o quel paese, in questa o
quella cittadina e infine sull'intera Campania. Nel sangui-
noso ping-pong di azioni destabilizzanti e di vendette
inframmezzate da blitz della polizia si determinano a volte
veri vuoti di potere dei quali approfittano delinquenti
improvvisati per cogliere il possibile, anche le briciole o
per farsi un nome magari aggregandosi, come vassalli, alla
Nuova Camorra Organizzata di Cutolo o alla Nuova Fa-
miglia.

"Potrebbe essere qualcuno di questi?", si interroga
Lucio, "o è lo scherzo di un pazzo?" Si gratta il lobo
dell'orecchio con intensità maggiore del solito nel gesto
che è uno dei suoi riflessi condizionati di quando è pre-
occupato, poi si alza di scatto e si dirige all'uscita della
cllnica ossequiato da infermiere ed inservienti. Sulla sca-
linata si ferma un attimo incantato come sempre dal mare
appena increspato che si stende lì davanti a lui lontano
fra i tetti della vecchia Torre fra i quali immediatamente
riconosce quello del Museo del Corallo annesso alla Scuola
Statale per l'Incisione dove tante volte ha condotto i suoi
ospiti ad ammirare i meravigliosi lavori eseguiti non solo
sul corallo, ma anche su lava, conchiglia rosa, sardonica,
corniola, conchiglie tigrate, madrcperla, tartaruga e avo-
rio fra le dotte dissertazioni del direttore, il professor
Ciavoli che, come di consueto, si è messo a sua disposi-
zione nella speranza che acquisti ancora qualcuno dei suoi
quadri dove, fra conchiglie di ogni genere, emerge un
corpo femminile in atteggiamento languido, magari con
un mandolino fra le braccia pienotte. Un pò più lontano
è il porticciolo dove è attraccata la sua barca dall'interno
accogliente, ma dall'apparenza non dissimile da uno dei
tanti pescherecci che dondolano mollemente nello spec-
chio d'acqua tranquillo. Alle sue spalle la pineta si iner-
pica lungo i fianchi del vulcano e conferisce un senso di
pace e di salubrità con il verde e l'odore intenso e resino-
so che si mescola al profumo acuto dei giacinti che inva-
dono il giardino con i grossi fiori sorretti da steli carnosi
e rigidi, simili a spighe con le corolle a sei petali ricurvi '



in fuori nell'orgia di rosa in tutte le sue gradazioni possi-
bili. Il naturale compiacimento che prova ogniqualvolta
lo sguardo si posa sul suo regno o su parte di esso, lascia
il posto quella mattina all'irritazione per la telefonata e
nervosamente prende posto nella Ritmo diesel e la guida
verso l'autostrada. "Ecco la risposta quando Clara e le
ragazze vogliono mostrare più chiaramente la nostra ric-
chezza! Non sono mica un pazzo io come Dario che sen-
za possedere nemmeno la centesima parte del mio patri-
monio ha ostentato macchine di lusso facendo credere
chissà che. Invece automobili modeste, villa e barca dal-
l'esterno anonimo e le mie attività mascherate in società
di comodo delle quali io risulto solo uno degli azionisti.
Ha funzionato con il fisco e anche con la camorra, i miei
lussi me li prendo all'estero, lontano da occhi indiscreti!
Eppure vogliono quattrocento milioni, maledetti!"

L'anziana impiegata dell'AoFiN S.P.A. solleva a stento i
suoi oltre ottanta chili concentrati in prevalenza dalla vita
in giù, quando Lucio spinge con furia la sconnessa porta
a vetri opacizzati, piombando nella disadorna sala d'atte-
sa del primo piano del vetusto palazzo di piazza Garibal-
di dove ha sede la finanziaria tutto fare che ha tanto in-
crementato la ricchezza del ginecologo, e gli rivolge un
rispettoso saluto mentre sotto le spesse lenti gli occhi
cisposi lo guardano non certo con benevolenza. Lucio
risponde con un cenno della mano e apre la pesante e
alta porta dalla vernice scrostata che immette nella stanza
del direttore. Il robusto ragioniere Cipolletti è immerso
fra registri e incartamenti e fa funzionare con rapidità la
calcolatrice elettrica e il rotolo di carta zeppo di cifre si
allunga fin quasi a raggiungere l'impiantito consunto, ma
pulito. Solleva la testa riccioluta e immediatamente scatta
in piedi. Lucio si siede all'altro scrittoio e sollecita il col-
laboratore perché faccia presto a sottoporgli le questioni
più urgenti. Per più di un'ora concessione di prestiti ga-
rantiti da immobili, casi di inquilini insolventi, aumenti
da applicare, lavori di riattazione per gli appartamentini
a Roccaraso ed Ischia vengono snocciolati allo strano
medico, ma Lucio è distratto, abulico, lo sguardo vaga •


Ultima modifica di Bruno il Sab Lug 25, 2009 1:26 pm - modificato 1 volta.
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MessaggioTitolo: Re: L'ESTORSIONE, racconto   L'ESTORSIONE, racconto EmptySab Lug 25, 2009 1:11 pm

dallo scrittoio del ragioniere alle sedie tappezzate in finta
pelle, dal grande calendario che domina if tratto di pare-
te fra il classificatore e la libreria ripiena di raccoglitori,
dallo schedario al tavolino per la macchina da scrivere,
dal lume a sfera che diffonde una luce malata alla finestra
alta e stretta che lascia vedere un balconcino con la rin-
ghiera di ferro tanto vicina che sembra di poterla toccare
stendendo un braccio. Che differenza tra quest'ufficio,
che e il suo vero regno, e lo studio a Villa del Giacinto!
Il motivo c'è e, come tutte le sue azioni, ben congegnato
e perfettamente funzionale. Ora la strana telefonata con
la richiesta imperiosa vorrebbe mettere in crisi quanto ha
così accortamente predisposto? Non è una mera questio-
ne di cifra, peraltro trattabile, ben poca cosa rispetto alle
sue sostanze, ma incominciare a far parte di coloro che
possono essere ricattati lo infastidisce e lo irrita oltre ogni
limite. Dario ha rappresentato la vera disgrazia della fa-
miglia! Anche la sua morte violenta e misteriosa con il
cancan che si è scatenato e le indagini, gli articoli sui
giornali e il probabile processo ad un indiziato, ha fatto,
e sempre più farà, concentrare l'attenzione della gente
sui Perrotti. Maledizione!

Mette il visto sulle pratiche più semplici e correnti,
rimanda le complicate e si congeda rapidamente dal ra-
gioniere.

«Ho capito, ma calmati!» Carlo fissa il fratello con la
solita aria tranquilla, rassicurante e rigira per l'ennesima
volta la penna fra le dita sottili. «Per ora c'è poco da fare,
attendi un'altra telefonata, registrala e prendi tempo, poi
decideremo.»

«Già, parli facile tu, non l'hanno rivolte a tè richieste
e minacce! Ma pure tu ne puoi essere coinvolto, I'AOFIN
è anche tua...»

«Desidero solo che ti calmi, non prendo niente con
faciloneria e lo sai bene, penso tuttavia che ci sia tempo,
non si è mai sentito di un'estorsione che subito passi al-
l'omicidio o ad azioni contro la persona. Qui si tratta o
di uno sciacallo che vuole approfittare della morte di Dario
o di un vero tentativo di ricatto. Nel primo caso non '
dovrebbe succedere più nulla, suppongo. Nel secondo
riceverai nuove sollecitazioni e allora bisognerà^ andare
alla polizia e dal giudice. Non dimenticarti che c'è uno in prigione"
" M'importa assai di quello quando c'è Clara o le ragazze in pericolo
sazze in pericolo, o me e le mie attività!» .
«Lucio' davvero sono meravigliato di quello che dici
davvero non t'importa se un innocente e m prigione? Per
la nostra società nell'AoHN non me ne sono mai pentito tanto"
"Sì come se quello che hai ricavato non ti avessero fatto piacere"
^No, non mi fanno piacere, guadagno e ho sempre
guadagnato a sufficienza con la professione e i miei inte^
fessi lo sai, sono nella ricerca e nelle pubblicazioni, ma
tu mi convmcesti quando per mia disgrazia ti chiesi consi-
glio su investimenti dei miei guadagni...»

«Ah ora fai l'idealista! Ma guardati intorno,molti miei
amici e conoscenti e anche tuoi come credi possono per-
mettersi le ville al mare, in montagna, la barca di lusso,
gli studi all'estero dei figli oltre alle case hollywudiane-
Posillipo, via Petrarca o via Orazio se non con le
finananziarie. con le speculazioni, se non addirittura con la Droga?"
"Basta! Stai esagerando! Si vede che sei agitato. Ora
calmati e fai quanto ti ho detto, ti sarò vicino come sempre
I fratelli si alzano e Carlo accompagna Lucio alla porta
del suo studio all'istituto e lo vede attraversare unaideUe
sale dove apparecchi mostruosi simili a robot sono stati
da poco abbandonati da assistenti, tecnici e pazienti iruga
nelle tasche del camice invano e poi apre un cassetto deUo
scrittoio verniciato di bianco e ne trae le sigarette. Ne
accende una e aspira con nervosismo dirigendosi verso la
rmestra dagli infissi in splendente alluminio anodizzato
gTusto in te'mpo per scorgere il fratello nel piazzale anU_
Lnte l'alta torre del moderno c^P16880^0^^
seconda facoltà di medicina, montare nella Ritmo posteg-
giata a fianco della sua Mercedes.
Il motore della Fiat perde colpi, tossicchia e la velocità
diminuisce sensibilmente. "Ci mancava anche questa oggi,
che giornata!", impreca Lucio. "Con un intero pomerig-
gio di visite e un parto complicato... ma chi me lo fa fare,
soldi ne ho e non sono più un giovanotto, cinquantatre
anni non sono pochi, ma nemmeno molti per rifarmi una
vita in un luogo più tranquillo e civile, come Lugano ad
esempio. Cedo la cllnica e mi trasferisco! Tanto figli
maschi non ne ho e se proprio Nicoletta vuole laurearsi
in medicina per fare la ginecologa le aprirò una cllnica
lì... Che son pazzo a mettermi a lottare pure contro la
camorra, a non vivere più per la perenne preoccupazione
di richieste sempre maggiori... ma vediamo cosa ha que-
sta disgraziata..." Dirige l'auto verso la corsia di emer-
genza, ma repentinamente la Ritmo riprende a pieno re-
gime e risponde con perfetta regolarità ad accelerate, scali
di marcia, rallentamenti e improvvisi affondi con il peda-
le a tavoletta, come se avesse solo voluto scherzare. Pa-
rallelamente l'umore di Lucio abbandona la tetra dispo-
sizione e affronta, con l'energia di sempre e distribuendo
sorrisi rassicuranti, le visite e il parto. L'episodio della
mattina precipita nell'oblio alla pari del ginecologo che si
abbandona a sera a un profondo sonno ristoratore.

«Lucio Perrotti?»
«Sì»
«Hai preparato i soldi?»
Affannosamente la mano cerca il tasto del registratore
e immediatamente dopo aziona l'amplificatore del telefo-
no rosa che permette di parlare e ascoltare anche a di-
stanza.

«Cosa dice?»
«Perrotti non fare il furbo, hai preparato i soldi?»
«Ma che soldi, non ne ho contanti... senta...»
«Tu parli troppo, ti diamo tré giorni, poi ti diremo
come ce li devi consegnare. Se farai il furbo ti veniamo
ad ammazzare fino a casa e attento alla tua famiglia!»

«Ma un momento, ragioniamo...»
«Fra tré giorni!» e il clic e tuttù, tutta lasciano Lucio
sconcertato e spaventato. Ora non è più uno scherzo, ne '
è convinto e comunque non può e non vuole rischiare
sulla sua pelle e su quella dei suoi cari, ne intende privar-
si di parte del suo amato denaro. Abbandona velocemen-
te la cllnica ed entra nel bar il cui proprietario, si sa, è la
lunga mano del pezzo da novanta della cittadina vesuvia-
na. Con lunghi giri di parole e sfruttando appieno l'inna-
ta furberia, racconta l'episodio quasi come non lo ri-
guardasse. Ancora più destro di lui, quell'uomo grande e
grosso con uno stomaco che sembra voler scoppiare da
un momento all'altro, gli fa intendere con lunghi giri di
parole, similitudini complicate e continue strizzate d'oc-
chio che non ne sa nulla e s'informerà, ma già esclude
che possa trattarsi di elementi locali che non prendono
nuove iniziative e tantomeno lo farebbero con un "ami-
co" perché colui che è più su del pezzo da novanta è in
carcere, ma anche da lì si fa rispettare e tiene le fila di
tutto.

Lucio telefona a Carlo e gli racconta ogni cosa. Imme-
diata la decisione del fratello che gli fissa appuntamento
in questura da un commissario suo amico.

La grande scala circolare del palazzone della Questura
viene affrontata con fastidio da Carlo, dopo aver tentato
invano di prendere posto nell'affollatissimo ascensore.
Non può evitare di pensare il radiologo con quale crite-
rio sono stati costruiti i grandi edifici del Ventennio: tut-
ta apparenza e poca sostanza, come il regime che li ha
partoriti. Il palazzo della Posta Centrale, con l'indubbia
bellezza delle linee semplici valorizzate dall'immenso
portale e con la facciata rivestita di marmo di pregio dal
colore sobrio, quello della Provincia e infine l'altro della
Questura, lungo la cui scalinata sta arrancando, sono ar-
chitettonicamente esemplari, ma quanto a funzionalità
lasciano molto a desiderare.

Ha finalmente raggiunto il piano dove è l'ufficio del
suo amico e subito viene introdotto dal piantone in un
ambiente spazioso, forse anche troppo e siede di fronte
al commissario Nuti. Dopo qualche minuto sono raggiunti
da un affannato ed agitato Lucio che ripete il racconto
delle telefonate tormentando la penna che ha fra le mani. >
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MessaggioTitolo: Re: L'ESTORSIONE, racconto   L'ESTORSIONE, racconto EmptySab Lug 25, 2009 1:31 pm

[size=12]
Nuti è un uomo sulla quarantina dal viso deciso e lo sguar-
do intelligente, con folti capelli crespi di colore rossiccio.
Sono ormai due anni che da Milano è stato trasferito a
Napoli per la lotta al terrorismo. Dopo il rapimento del-
l'assessore regionale Ciro Cirillo proprio a Torre del
Greco non lontano da Villa del Giacinto e il successivo
rilascio, sembra per intervento della camorra, si è dovuto
interessare anche di questo male per studiare e scoprire i
possibili legami fra criminalità politica e comune. Ascolta
m silenzio le parole del ginecologo e di tanto in tanto
sposta lo sguardo su Carlo al quale è grato per le cure
che ha prodigato alla moglie affetta da un male terribile.
Accende una sigaretta e raccoglie i pensieri.

«Capisco la sua agitazione dottore, sono cose da non
prendere sotto gamba, anche se debbo dirle che il modo di
fare di chi le ha telefonato è perlomeno strano. Non ci si
accusa con facilità di un omicidio per un'estorsione. Gli
omicidi, i ferimenti magari vengono dopo, quando le richie-
ste non sono soddisfatte, ma come si fa a dire al fratello di
un uomo al quale sono riconoscente, non paghi o non si
preoccupi... magari è una nuova strategia, chissà... Il vero è
che pur dedicandosi la camorra, ad attività più redditizie
quali la droga, gli appalti, i rifornimenti ad enti pubblici e
privati, i mercati ortofrutticoli ed il gioco d'azzardo, non
vengono certo trascurate le tangenti su attività commerciali
ed ora sembra anche le professionali o quelle che sono a
cavallo fra le due. Il caso del farmacista gambizzato ad Er-
colano e tanti altri dimostrano che c'è poco da scherzare. Il
guaio per chi deve cercare di reprimere il fenomeno è pro-
prio nella polverizzazione di coloro che agiscono in tale di-
rczione e nella guerra fra le organizzazioni camorristiche
che permette ad elementi nuovi d'infiltrarsi e di adottare
magari metodi differenti. Nel suo caso poi non sembra trat-
tarsi di una tangente fissa, ma di un'estorsione diciamo "una
tantum"...»

«E se pagassi?», interloquisce Lucio quasi spezzando
la penna.

«Dovrebbe attendersi altre richieste a meno di non
concordare un tanto al mese per la cosiddetta protezio- '
ne... ma poi sarebbe certo che chi incasserebbe la somma
richiesta ha il reale controllo della zona? E se nella guer-
ra in corso vincessero gli altri?... No, caro dottore, non le
consiglio di pagare.»

«Allora che debbo fare?»
«Giusto, innanzitutto porremo i telefoni della cllnica e
di casa sotto controllo, ma non posso garantire la sua
incolumità personale, non abbiamo uomini sufficienti per
farla scortare... e poi sua moglie e le sue figlie? Ma atten-
da, parliamone con il collega che si occupa di estorsioni.»

Alza il microtelefono e chiede del commissario Migliac-
cio. «Non c'è? Allora venga lei da me, per favore.»

Si rivolge nuovamente ai fratelli che sono impegnati in
un'animata discussione condotta a fil di voce.

«Il commissario Migliaccio è fuori, ma ora verrà il suo
braccio destro, il maresciallo Riccio. Vorrei precisarle,
professore, che con voi non sto parlando da funzionario
di polizia, ma da amico.»

La porta viene aperta e un tarchiato individuo di mez-
za età che sprizza energie da tutti i pori si dirige decisa-
mente verso lo scrittoio. Con rapidità Nuti lo mette al
corrente, gli fa ascoltare la registrazione e chiede il suo
parere.

«Buone notizie commissario, da tempo abbiamo rice-
vuto da Torre una serie di denunce e sembra che ad agire
sia un nipote del boss che è in carcere. Le posso antici-
pare che fra pochi giorni contiamo di arrestarlo. Ha ra-
gione il dottore quando dice che è latitante, ma non lo
rimarrà a lungo!» La voce è squillante, il fare tranquilliz-
zante. È l'immagine dell'efficienza. Tuttavia Nuti non
sembra convinto ed eccepisce:

«Maresciallo, e nel frattempo chi garantisce sull'inco-
lumità del dottore e dei famigliar!?»

«Gli hanno dato tré giorni? Ebbene basteranno!»
«E se non bastassero?»
«Assuma delle guardie giurate e si faccia proteggere e
non lasci uscire di casa moglie e figlie!»

«Ed eventuali ritorsioni dopo l'arresto?» ,
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MessaggioTitolo: Re: L'ESTORSIONE, racconto   L'ESTORSIONE, racconto EmptySab Lug 25, 2009 1:49 pm

«Commissario, sono suoi amici se ho ben capito. Pos-
sono anche non sporgere denuncia, già ne abbiamo a
sufficienza.»

Chiede il permesso di congedarsi e, dopo una stretta
di mano che quasi porta via il braccio ai Perrotti, scom-
pare veloce come è apparso.

I fratelli sembrano rincuorati, Lucio ha un'aria più
distesa. Nuti invece è cogitabondo: accende un'altra siga-
retta e aspira profondamente. Un duro conflitto deve
tormentano, se agire da funzionario di polizia o da uomo
riconoscente. Infine parla:

«Signori, ciò che ha detto Riccio è solo una conferma
che le telefonate sono serie e bisogna considerarle in tut-
ta la loro pericolosità. Non dovrei parlarvi così, ma la
gratitudine verso di lei professor Perrotti, che si è rivolto
a me non come commissario ma per un sincero consiglio,
mi costringe a farle presente che la situazione di suo fra-
tello non è rosea come sembra dalle parole del marescial-
lo.» Schiaccia la cicca nel portacenere e accende una nuova
sigaretta. «Vede, l'arresto ci sarà, ne arrestiamo tanti, ma
fra quanto? Le guardie giurate possono scoraggiare un
attentato diretto, ma una bomba si fa presto a lanciarla
contro la cllnica o contro la casa... e ritorsioni successi-
ve? Voi non potete non denunciare, c'è un omicidio in
ballo e un arrestato probabilmente innocente...»

«E allora?», chiede con voce flebile Lucio che è impal-
lidito.

«Allora questo, dottore. Stenda la denuncia dettaglia-
ta, lasci il nastro registrato e faccia partire moglie e figlie
per una grande città senza che si sappia il luogo e lei le
segua o si faccia proteggere. Vedremo poi gli sviluppi e ci
regoleremo.»

Carlo e Lucio discendono dall'ufficio frastornati e quasi
come una liberazione abbandonano il palazzo e aspirano
voluttuosamente l'aria della strada e osservano il cielo
sopra di loro, anche se lo scappamento di mille macchine
strombazzanti ammorba l'atmosfera e grige nuvole si ad-
densano su in alto.
Lucio è nuovamente nella Ritmo e riflette intensamen-
te. Ormai è certo che dovrà risolvere il problema da solo.
Ha toccato con mano le difficoltà nelle quali la polizia si
dibatte contro quelle forze che non possono essere vinte
se non si agisce a monte. Il caso Cirillo è appena un esem-
pio, ma sintomatico di probabili collusioni con la classe
politica. Bisogna creare un modello diverso di società, la
raccomandazione, i privilegi debbono essere aboliti, i
processi giudiziari resi più rapidi e principalmente gli
accertamenti fiscali più efficienti. Priva di capi, la delin-
quenza spicciola tenderà a scomparire. I boss camorristi,
i mafiosi hanno sicuramente ammassato ingenti ricchezze
e solamente accertandole e smascherando provenienze
fìttizie si può agire ed incarcerare i veri capi, a patto però
che non riescano una volta arrestati ad uscirne presto, ad
avere contatti con l'esterno o a farsi trasferire dove vo-
gliono. Ma non è proprio lui uno dei tanti che si avvalgo-
no dell'inefficacia del fìsco, delle leggi o della loro pres-
sappochistica applicazione? Quanto guadagna ogni anno?
E quanto paga di tasse? Oggi sconta non tanto col dena-
ro, ma con preoccupazioni sulla vita sua e dei propri cari
il "sistema" che tanto ha fatto comodo anche a lui. Allora
che fare? O andare via dalla città, dall'Italia o entrare in
contatto, ma un contatto serio e duraturo, con quel pote-
re oscuro. Deve analizzare bene le varie possibilità e usa-
re l'abilità, la furberia che già tante volte gli sono tornate
utili.

Spinge la porta che immette nel belvedere della villa.
Clara indossa un camice bianco chiazzato qua e là da
macchie di vario colore e una berretta da pittore le incor-
nicia il volto ancora bello, ma che tradisce gli anni, forse
anche a causa di una truccatura eccessiva: troppo scuri
gli occhi sottolineati dal segno della matita, troppo tumi-
da e cupa la bocca e le guance esageratamente accese, la
pelle rivestita da uno strato di cipria così spesso che sem-
bra ricoperta da una peluria ocra, tiene con la mano sini-
stra la tavolozza e con l'altra un lungo pennello con le
setole intrise di una tinta rosso sangue. Davanti a lei il
grande cavalietto sul quale è infissa una tela con figure ,
abbozzate e a destra una mensola ricolma di tubetti di
colore, pennelli di ogni dimensione, spatole, pennellessa
e tanti pastelli in scatola o giacenti alla rinfusa spezzati,
ridotti a mozzicone o sbriciolati. Infine alla sua sinistra
Nicoletta e Nellina negli abiti vivaci della tarantella sor-
rentina che posano in atteggiamento aggraziato.

La scena che può apparire un pò ridicola dati i risul-
tati invero assai modesti sui quadri che Clara si ostina da
anni a sfornare a ritmo accelerato e gli son costati tanti
soldi fra tele, colori, mostre e cataloghi, è illeggiadrita
dalle figliole che sono un vero splendore. Nicoletta con i
lunghi capelli biondi e gli occhi neri grandi e misteriosi e
un corpo di donna in fiore dalle forme snelle, ma perfet-
te, e Nellina che le ricorda Clara giovane: capelli ed occhi
neri, il viso tondo e 11 corpo ancora non sviluppato da
adolescente nel quale vi sono però tutte le premesse per
la magnifica donna che non tarderà a sbocciare. Le ra-
gazze gli sorridono e abbandonano la posa fra le proteste
un pò isteriche di Clara che e costretta a perdere "il mo-
mento buono, l'ispirazione".

Lucio la calma, le fa comprendere con difficoltà che
deve comunicare loro cose importanti e, seduti sul vec-
chio divano traballante con la tappezzeria anch'essa mac-
chiata di colore ad olio quasi a voler avallare il diritto ad
essere un accessorio di uno studio di pittura, riferisce
delle telefonate e del colloquio in questura, anche se in
una versione purgata che deve sì preoccupare, ma non
spaventare. Riesce dopo un lungo dibattito a convincerle
che debbono partire in giornata per Roma, all'Hilton, e
trattenersi finquando non le raggiungerà o farà sapere
che il pericolo è passato e per ogni necessità debbono
rivolgersi ai loro amici romani conosciuti a Roccaraso.

È triste passare la sera da solo nella villa ampia e comoda
che tanto si è adoperato, come sua consuetudine, per mi-
metizzarne dall'esterno ogni sfarzo e con la piscina ben
nascosta nella parte più spaziosa e alberata del giardino.
Spesso si è chiesto, quando la sua ricchezza è aumentata
prodigiosamente, se non fosse un lusso troppo in vista, ma
si è tranquillizzato riflettendo che all'epoca dell'acquisto, ,

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Bruno
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MessaggioTitolo: Re: L'ESTORSIONE, racconto   L'ESTORSIONE, racconto EmptySab Lug 25, 2009 1:52 pm

tanti anni prima, quelle ville erano vendute a prezzi abba-
stanza accessibili e ben più modici di appartamenti sulla
collina di Posillipo. Non ha abituato allo sfoggio moglie e
figlie, ma ad una quieta agiatezza e le villeggiature ad Ischia
o a Roccaraso hanno visto la sua famiglia sempre in appar-
tamenti modesti, ma comodi. Solo una volta all'anno si
permette un'impennata conducendo i famigliari all'estero
in alberghi dove non bada a spese. Anche oggi ha avuto una
cabrata quando ha detto alle sue care di alloggiare all'Hil-
ton, ma crepi l'avarizia, poverette, chissà per quanti giorni
dovranno fare a meno di lui, assuefatte come sono a vederlo
ogni sera durante le villeggiature. Non ama la solitudine, gli
piace avvertire intorno a sé il calore delle sue donne e, quan-
do può', anche degli amici ed ora invece è qui nel vasto
soggiorno con il televisore sul quale passano immagini che
non riesce a localizzare. Solo la testa di Norton poggiata sui
suoi piedi e il dorso di Giuditta pigiato sul lato della poltro-
na gli danno un pò del calore cui è avvezzo. I suoi stupendi
dobermann non l'hanno lasciato un minuto dalla partenza
della moglie e delle figlie. La mano scivola sul pelo corto
liscio e duro di Giuditta e ne sente la solidità dei muscoli
sviluppati e guizzanti. Altro che guardia del corpo quei due!
Guai se un estraneo entrasse, lo farebbero a pezzi! Ma per
la strada è un'altra cosa, non potrebbe essere awicinato, è
vero, ma una pistola o meglio un fucile sparano da lontano
e un'automobile è una buona difesa anche contro cani così
forti, fedeli e scattanti. Deve prendere una decisione, non
può oltre procrastinarla. Partire anche lui e incaricare qual-
cuno della vendita della cllnica o tentare presto un approc-
cio con gli estorsori. Una cosa è certa: non pagherà i quat-
trocento milioni e non dovrà sopportare il pericolo di nuo-
ve e sempre più massicce richieste. Proverà, ha deciso, nuo-
vamente con il proprietario del bar: è convinto che può
essere la chiave di tutto.
Che fastidio il rumore caratteristico di un bar affollato:
le tazze del caffè sbatacchiate sui piatti, lo sbuffare della
macchina per espressi, gli ordini al banco, l'intrecciarsi dei
saluti lanciati a voce squillante, il continuo sbattere delle
porte cigolanti sui cardini che fa tremolare il pannello di
mezzocristallo in un moto continuo fra un'apertura e l'altra
e il vociare senza soste. Lucio sente le tempie scoppiargli,
vorrebbe andarsene, lasciar perdere ogni cosa. Non è abi-
tuato a pensare a lungo. Nella sua vita ha sempre preso,
come ogni vero uomo d'azione, decisioni rapide e la notte
trascorsa quasi completamente insonne a formulare mille
ipotesi alternate a brevi periodi di sopore turbati da sogni
angosciami ha lasciato il segno. Non può abbandonare l'an-
golo remoto dove il proprietario del locale gli ha detto di
attendere urtandolo con il traboccante stomaco duro come
una pietra ed emettendo dalla bocca ributtante accostata
confidenzialmente al suo viso zaffate di alcool. Deve rima-
nere e aspettare l'arrivo di persone che possono aiutarlo.
Ora gli è assolutamente indispensabile: il suono dolce del
telefono sul comodino l'ha tratto dal torpore nel quale si è
adagiato. La voce concitata di Clara l'ha reso più attento e
ciò che gli ha raccontato vigile e pronto. A Clara è stato
recapitato un biglietto con su incollate lettere ritagliate da
giornali dove testualmente è riportato: Che siete a fare qui?
Torre, Roma o Milano vi abbiamo sempre sotto mira. Dia tuo
marito di pagare. Immediata la decisione di farle ritornare
ad Ercolano.

La mano passa daUe tempie che massaggia delicata-
mente a tastare la borsa riempita dei solleciti di paga-
mento ricevuti dalla cllnica e da alcune citazioni in giudi-
zio per tratte non onorate. Benedice il suo modo di fare,
oggi così diffuso, di ritardare al massimo il saldo delle
fatture per guadagnare valuta e a volte per concordare
pagamenti quasi dimezzati. Con il denaro che costa più
del venti per cento e che lui riesce ad investire anche al
sessanta, all'ottanta ha costituito uno dei molteplici af-
fluenti del gran fiume delle sue entrate, e ora può essergli
ancor più prezioso per dimostrare agli estorsori, o a chi
per essi, che la sua situazione finanziaria non è cosi flori-
da come può apparire. Un senso di disgusto, una voglia
di vomitare lo pervade e ordina un fernet. È mentre rigi-
ra fra le mani il rorido bicchiere che due personaggi si
avvicinano alla cassa e con l'omone dallo stomaco spro-
positato si dirigono verso di lui. Sono una strana coppia: ,

una figura distinta, ben vestita, dal viso civile e una spe-
cie di beai con stretti e consumati jeans che evidenziano
il sesso abbondante e un giubbotto di pelle consunta sul
collo e sui gomiti dal quale emerge un viso butterato e
sfregiato da una lunga cicatrice, la fronte bassa e soprac-
ciglia folte a marcare occhi maligni simili a capocchie di
spillo. Le presentazioni e il colloquio che ne seguono son
un perfetto archetipo del formalismo ossequioso e falso
in uso fra gente che mostra di rispettarsi, mentre un pro-
fondo rancore anima i più riposti pensieri. Ogni atteggia-
mento spocchioso è accuratamente evitato e assicurazioni
di «si è trattato di un equivoco, ma si immagini che pro-
prio a lei che è persona di Don... purtroppo sono giovani
impulsivi che è difficile tenere a freno e ora un contenti-
no va anche dato...» si sprecano e si perdono fra olezzo
di caffè, liquori, segatura e il vapore che si ferma sugli

specchi, sui vetri e crea un alone lattiginoso intorno ai
tubi a neon e ai reostati difettosi che diffondono un ron-
zio fastidioso come quello di diecine di zanzare in azione.

Lucio siede affianco all'uomo distinto, perfetta immagi-
ne di un raffinato commerciante di articoli per signora o di

un professionista di successo, mentre sul sedile posteriore
dell'automobile straniera tutta cofano e portabagagli si di-
stende in una posa scomposta, ma accorta il giovane dalla
lunga cicatrice. Ha smarrito ogni senso del reale il medico,
e le strade che attraversano anche se gli sono note sembrano
appartenere a un mondo sconosciuto e il profumo di colo-
nia dell'uomo alla sua sinistra e l'ondeggiamento di sospen-
sioni troppo morbide accentua il malessere iniziato nel bar.
Una brusca frenata, lo spalancarsi di un cancello e il par-
cheggiare in un vasto cortile ingombro di grandi betoniere
montate su autocarri, lo scendere ed entrare in ambienti
freddi con scrittoi e mobili di metallo che gli appaiono ab-
bandonati per la totale assenza di impiegati, lo fanno nuova-
mente cosciente della vicenda, causa della sua presenza nel-
l'interminabile corridoio interrotto da una porta di lucido
mogano con il telaio in sottile acciaio zincato. Bussano e una
figura conosciuta compare fra gli stipiti: è il geometra Sarli
che lo accoglie festosamente ricordandogli quando la mo- ,
glie ha partorito a Villa del Giacinto un bei maschietto.
Lucio riacquista la sua solita lucidità, il dolore alle tempie, il
senso di disgusto sono scomparsi per incanto, quando siede
davanti allo scrittoio di palissandro occupato da un distinto
signore anziano, titolare dell'impresa. Non può proibirsi di
ammirare il gusto con il quale è arredato lo studio ed i qua-
dri alle pareti che non sono di autori locali, ne raffigurano i
soliti paesaggi solari o marine incantate, bensì figure defor-
mate su fondi cupi di pittori espressionisti o elementi geo-
metrici di artisti astrattisti. L'uomo raffinato racconta in
breve cosa è capitato al ginecologo e il signore anziano an-
nuisce gravemente, mentre Sarli è appoggiato allo scrittoio
e il beai siede a cavalcioni su una sedia vicino alla porta.
Lucio interviene per lamentarsi della richiesta eccessiva che
non trova riscontro nella sua reale posizione economica e
nel rispetto sempre manifestato verso il "pezzo da novanta"
per il quale si è prodigato ad ogni richiesta con visite gratui-
te e degenze a prezzo di costo e, aperta la borsa, riversa sul
tavolo quanto ha portato. Sarli lo raccoglie, esamina e mo-
stra al suo capo perorando le ragioni addotte da Lucio che
con stupefatta meraviglia non sente muovere alcuna obie-
zione, ma solo delle scuse per le minacce subite che «dipen-
dono dal caos della lotta che si è scatenata fra le varie orga-
nizzazioni e dai più giovani che qualche volta tentano di non
portare il dovuto rispetto a chi ha più anni, esperienza ed è
più su nella gerarchla di loro.» Sarli si affretta ad aggiunge-
re: «II dottore si rende conto che di questi tempi può succe-
dere di tutto, ma è stato fortunato a poter contare su amici
sinceri ai quali saprà ricambiare le cortesie con la sua opera
e la sua cllnica ed è disposto a versare un fiore per il fastidio
di chi lo farà vivere tranquillo...» e strizza l'occhio verso il
medico che involontariamente annuisce.

«Ma no, l'organizzazione non vuole fiori da chi è un
amico», afferma decisamente il signore anziano, infilando
in un prezioso bocchino d'avorio e oro la sigaretta men-
tre l'uomo raffinato si affretta ad accenderla «sebbene

purtroppo bisognerà affrontare qualche spesa...»
«Proprio così», interloquisce Sarli guardando il beat
interrogativamente e ricevendo dal silenzioso individuo ,




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MessaggioTitolo: Re: L'ESTORSIONE, racconto   L'ESTORSIONE, racconto EmptySab Lug 25, 2009 1:57 pm

un impercettibile assenso. «Un fiore è giusto, diciamo il
quindici per cento di quanto è stato chiesto.»

«Mah, se proprio vuole così, come un'attenzione... ri-
torni pure qui fra due giorni con la somma. Il tempo di
chiedere l'assenso da chi conta e le assicurazioni necessa-
rio... va bene dottore, è tranquillo?»

A Lucio gira la testa e si sente preso in una morsa la
cui vite che stringe le ganasce è saldamente in mano di
quegli uomini che, ne è sicuro, stanno dando quella pan-
tomima a suo uso e consumo. Sessanta dei suoi amati
milioni, maledetti!

«Allora, dottore, è contento così?»
«Ma certo, il dottore e intelligente, è uomo di mondo.
Ha capito la fortuna di avere amici», interviene ancora
una volta Sarli.

«Sì», mormora a fatica Lucio, «ma dopodomani non
disporrò dell'intera somma. Trenta sì; gli altri a fine mese»,
perlomeno guadagnerà valuta e non mostra di arrendersi
senza una pur misera opposizione. Un rapido scambio di
occhiate fra il signore anziano e il beat : «D'accordo dot-
tore, vuoi dire che per lei faremo anche questo.»

La riunione si scioglie con robuste e prolungate strette
di mano, complimenti e pacche sulle spalle ed è una
Centotrentuno condotta da Sarli con il beaf stravaccato
sul sedile posteriore che si avvia verso il bar.

Il geometra guida con abilità e gli racconta del bambi-
no, del suo primo dentino e della gioia sua e della moglie
per quel bei figliolo. Improvvisamente l'espressione di-
stesa del volto si trasforma e dice:

«Sa dottore, è stato proprio fortunato. Mi raccomando
però non rovini tutto, non vada più alla polizia e non
dica nulla a nessuno, lei mi intende, questa è gente che
spara facile e non solo alle gambe... attenzione! Mi assi-
cura? Guardi che ci andrei anch'io di mezzo, la mia e la
sua famiglia...»
«Stia tranquillo, ha la mia parola», asserisce Lucio che
vorrebbe stritolarlo, distruggere lui e quel brutto ceffo lì
dietro che è l'unico che conta, ormai ne è certo.





















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