PENSIONATI: DONNE E UOMINI COL CARTELLINO
DI BRUNO COTRONEI
Semiperiferia d'una qualsiasi città: palazzi stinti, dall'
intonaco precocemente maltrattato dal tempo e .dall'incuria, co-
stellati da miriadi di finestre e balconi tutti uguali anonimi
intercambiabili, foreste d'antenne televisive ben più dense de-
gli smorti alberelli che punteggiano la-lunga diritta strada che
conduce all'incombente ospedale, intorno al quale una volta gran
di macchie di verde e un'ubertosa campagna donavano serenità ed
aria buona, salubre. Ora l'atmosfera è avvelenata dall'intermina-
bile continua quadruplice fila di automobili che lentamente pro-
cede nei due sensi in ogni istante del giorno e quasi in slalom
fra la muraglia metallica di altre vetture parcheggiate lungo e
sopra marciapiedi qui e là cosparsi di cumuli di spazzatura spes-
so irrimossa sui quali s'affacciano negozi d'ogni genere dalle
sproporzionate insegne di cattivo gusto per colori sgargianti,
cromaticamente incompatibili, ma che attirano l'attenzione d'in-
genui acquirenti che dai bagliori e dai colori seno attratti più
che dalla qualità della merce e vi entrano ed escono nell'inferno
dei rumori da claxon e da motori ronfanti, nella nube pestifera
degli scappamenti e di materiali in rapida decomposizione.
Subito dopo una grande curva, un palazzo di quattro piani si
distingue fra la massa degli altri: è d'una architettura preten-
ziosa, tutta rientranze e sporgenze nelle quali spazio prezioso,
per i costruttori d'oggi, è sprecato, dove i vuoti (balconi e fi-
nestre) sono piccola cosa rispetto ai pieni (muratura chiusa),
eseguita con grosso pesante pietrame ricoperto d'un intonaco spes-
so, e la struttura portante non si avvale dei pilastri e delle
travi del cemento armato, ma di muri larghi anche un metro rispet-
to ai divisori degli altri che non toccano i dieci centimetri.
L'atrio, la scala, le camere sono ampie, i soffitti sono alti
ben più dei due metri e ottanta dei dettami strutturali moderni,
e le porte di caposcala sono tutte a due battenti e sono le uni-
che cose che ormai ricordano in quell'antenato lo splendore d'un
tempo. Cornicioni cadenti, marmo spezzato, ringhiere arrugginite,
infissi e persiane dalle larghe fessurazioni lo caratterizzano.
Al piano rialzato, proprio sugli antichi scantinati trasformati
in discoteca alla quale si accede da una piccola apertura trucca-
ta con ampio impiego di giallo blu e rosso, abita in tré stanze
spaziose più cucina ingresso bagno e corridoio il cav. uff. Ulis-
se Matacena, pensionato vedovo settantacinquenne. Alla porta ac-
canto, in un quartino di q.uattro stanze ben arredato, c'è Adriana
Gallo, vedova cinquantacinquenne claudicante per gli esiti da pa-
ralisi infantile. E' anch'essa titolare di pensione, anzi di due:
di reversibilità e di invalidità. Al piano di sopra la signora
Amalia Izzo, quasi ottantenne spesso malata, è assistita saltua-
riamente da una giovane donna di bel1'aspetto e qualche volta ri-
ceve la visita dei figli dottori che abitano in quartieri "in"
che in quelle occasioni versano il loro contributo a sostegno del-
l'esigua pensione sociale della madre. Gli altri pochi appartarnen-
ti sono occupati da u1trasessantenni, tranne uno dove una coppia
giovane si distingue per tré graziosissimi vivaci bambini che per-
corrono d'un lampo più volte al giorno le antiche scale di quel
palazzo senza tempo .
Ulisse Matacena è agitato, ansioso-- cose deleterie per il
massiccio infarto di dieci anni fa - ma non se ne cura e, vesti-
tesi a puntino, si reca da Adriana Gallo e le mostra trionfante
la lettera che ha ricevuto e le racconta della successiva telefo-
nata. Ha un appuntamento al Corso con una cinquantenne solitària
desiderosa di accasarsi nuovamente dopo il divorzio. La vicina
quasi non lo ascolta e percorre a fatica il corridoio per prende-
re la fotografia di un suo nuovo pretendente, vedovo sessantenne,
del quale non sa, dopo le delusioni precedenti, se accettare la
corte; e iniziano cosi discorsi paralleli senza una vera comuni-
cazione per poi salutarsi' e ripromettersi di rincontrarsi per rac-
contare all'altro, lo ascolti o meno, le nuove esperienze che si
accingono a fare con la gioia di ragazzini o la disperazione di
cuori solitari e incrociano una specie di matusalemme che, un
passo alla volta, si arrampica verso l'abitazione della signora
Izzo desideroso di occuparne il cuore, le rendite e l'appartamen-
to ben arredato. '
Al di là di queste storie reali alle quali per ora lasceremo
seguire il loro corso senza occuparcene, riteniamo invece oppor-
tuno fare alcune osservazioni e fornire dati su un altro aspetto
della vita del nostro Paese che è mutato profondamente sia nella
struttura che nei costumi.
Su una popolazione di circa 56 milioni, solo 7 mi'lioni e mez-
zo sono rappresentati da bambini fino a 9 anni, mentre i ragazzi
dai 10 ai 14 anni sono circa 4 milioni e mezzo, e i giovani dai
15 ai 24 sono poco meno di 9 milioni, mentre gli abitanti che con-
tano più di 45 anni ammontano alta grossa cifra di quasi 16 mi-
lioni dei quali circa 8 hanno più di 65 anni. Sono queste cifre
di per se stesse più che mai eloquenti e dimostrano come il no-
stro Paese vada progressivamente invecchiando perché solo il 26%
è formato da quella che tradizionalmente viene considerata la po-
polazione più attiva, ovverosia compresa .tra i 25 e -i 44 anni in
una suddivisione che peraltro non ci convince troppo perché avreb-
be dovuto dilatarsi sia in alto che in basso per darci un quadro
più preciso e più efficace.
In sostanza, spulciando fra altri dati, troviamo che i1 rappor-
to fra gli ultrasessantenni (età già parzialmente pensionabile)
e i ragazzi fino a 15 anni è cresciuto notevolmente; difatti per
ogni 100 giovani nel 1931 c'erano 36 anziani che poi sono diven-
tati 46 nel 1951, 57 nel Ì961, 68 nel 1971 e ben 82 nel 1981. E
la popolazione cosiddetta attiva è scesa dal 45 nel 1931 al 39%
nel 1981. Ma un dato ancor più interessante sulla trasformazione
in atto in Italia è che degli oltre 18 milioni di famiglie, il
18% è formato da un solo componente, i1 23$ da due, il 22% da tré,
il 21% da quattro e solo lo 0,8% da otto o più componenti.
L'immagine quindi della vecchia famiglia patriarcale compren-
dente genitori, numerosa prole, nonni e qualche zio si è comple- ,
tamente stinta e i1 nostro Paese, noto in passato per gli spaghet-
. ti i mandolini il vino buono e l'amore e il rispetto per i vec-
chi, è ora caratterizzato da ben 3.323.000 persone che vivono da
sole, il che acuisce il nostro interesse a tentare di scoprire
chi sono e il perché di questa solitudine.
Tutto sommato il decremento dei matrimòni non è tanto sensi-
bile da far pensare che i solitari siano principalmente giovani
che tentano di uscire dalla famiglia per vivere una vita in com-
pleta indipendenza. I giovani continuano a sposarsi, anche se met-
tono al mondo meno figli; tanto è vero che il quoziente di fecon-
dità si è vertiginosamente abbassato passando dal 94,3 al 44,4
per mille (trienni 30/32 - 82/84) e l'aumento demografico (diffe-
renza fra natalità e mortalità) si è addirittura attestato a1
tasso zero in tempi recentissimi. C'è invece da supporre che i
pensionati, che in Italia sono ben 12 milioni (per anzianità,
vecchiaia, i nvalidità ,sociale e reversibilità), quando rimangono
vedovi non vengono più aggregati a famiglie di consanguinei, fi-
g1i o nipoti che siano.
Non vogliamo certo sostenere, che tutti i nuclei familiari com-
posti da una sola persona ammontanti a più di 3 milioni, siano
di vedovi i quali, guarda caso, risultano essere nel nostro Pae-
se 3.900.000, ma certo ne sono parte preponderante. Ciò non sfug-
ge a nessuno di nói, se solo ci si guarda un po' intorno o si
riesaminano casi che ci coinvolgono. In tempi passati i1 genito-
re solo veniva accorpato nel nucleo familiare di uno dei figli;
oggi non è più cosi e crediamo che lo stereotipo del nonno tutto
dedito ai nipoti e ai figli, desideroso solo di affetto, di sen-
tirsi utile, pronto a prodigarsi per rendersi ben accetto, vada
del tutto scomparendo.
Il brillante dosaggio di nuovi farmaci, il prolungarsi della
durata della vita media, i teleromanzi, le telenovelas, la tele-
visione in generale, la pubblicità e lo sfaldarsi della famiglia
tradizionale, hanno dato una diversa spinta, un diverso modo di
consumare gii anni che rimangono da vivere. Sembra che la forza
centrifuga abbia sopraffatto quella centripeta, proiettando quin-
. di i titolari di pensione in un universo alieno dalla proverbia-
le famiglia e ti spinge invece a formarne di nuove dove i
protagonisti, gli sposi'ni, siano loro, i pensionati, qualsiasi
età o acciacchi abbiano. Causa o effetto di ciò è l'insofferenza
dei giovani alle vecchie gerarchie,e degli individui di mezza età
ad interpretare il ruoto ad essi affidato nel passato: il nuovo
mito dell'eterna giovinezza. Ciò non consente più agli anziani
di assumere nella famiglia d'origine l'importanza di una volta e
dà loro lo spunto, o la giustificazione, per tentativi di creare
una propria nuova struttura familiare. E' tutto un formicolante
intrecciarsi di incontri, visite ai vicini di casa, agli antichi
colleghi dove, scopertamente o con mascheramenti d'accatto, si
tenta disperatamente di entrare in contatto con l'altra anima so-
litària della quale, da amici o da parenti, si informano con cir-
cospezione dell'entità della pensione, del possesso d'una casa
propria o in fitto, delle condizioni di salute, di eventuali le-
gami e cosi via. Si prova in sostanza ad inquadrare il potenzia-
le nuovo compagno come se fosse fornito di un vero e proprio car-
tellino, dove siano segnate le caratteristiche e i1 valore della
mercé a cui si tende. Nè sono rare sbirciatine alla residua av-
venenza che certamente aiuterebbe queste aggregazioni. Quando non
basta l'universo raggiungibile da questi pensionati in caccia,
si cercano altre vie che, se una volta erano principalmente rap-
presentate da agenzie matrimoniati, oggi si incentrano essenzial-
mente su quei giornali presenti in abbondanza in ogni città do-
ve gli annunci sono gratuiti e nelle apposite rubriche, fra la
gran massa di. inserzioni che hanno ben altre caratteristiche e
che li rendono abbastanza simiti a quelli che tanto ci scandaliz-
zavano anni fa sui vari giornali per soli uomini, lanciano il
loro quanto più possibile suadente invito dei tipo Energico pen-
sionato cerca signora 60enne per convivenza eventuale matrimonio
possibilmente vedova senza figli, o Signora 70enne vedova aspet-
to giovanile casa propria stanca solitudine conoscerebbe genti-
luomo seriamente intenzionato matrimonio, o addirittura Pensio-
nato statale giovanile solo affettuoso relazionerebbe/con-donna
separata vedova, o ragazza madre ogni età per eventuale matrimo-
nio, o infine Signora 75enne vedova giovanile stanca solitudine
ospiterebbe gentiluomo.
Molti di questi appel1i nascondono una profonda disperazió-
ne e da un vero desiderio di compagnia e di reciproca assistenza, al-
tri invece delle incredibili pretese, come quella di Ulisse Ma-
tacena che settantacinquenne, acciaccato dal terribile infarto,
pretende di incontrarsi e vivere insieme magari con una cinquanten-
ne sana e di bell'aspetto; o quella di Adriana Gallo che claudi-
cante, non particolarmente attiva ne avvenente, desidera un ve-
dovo massimo.sessantenne e prestante.
Quanti di loro si risposeranno davvero? I dati dicono pochi
perché ogni anno solo l''1% dei matrimoni riguarda ultrasessanten-
ni. Invece una massa di famelici uccelli da preda volteggia su-
gli sventati e piomba d'improvviso su di loro traendone ogni pro-
fitto senza pietà: non affetto, non amore, non compagnia, lascian
do macerie su macerie, solitudine su solitudine, delusione su
delusione, povertà su povertà e casse svuotate. E le vittime,
tanto accecate dal mito dell'eterna giovinezza, non avevano com-
preso che la felicità, la vera aggregazione o quantomeno la tran-
quillità, l'avrebbero potuto trovare unendo acciacchi e sventu-
re, non ricercando, come nel caso di Matacena, della Gatto e
della Izzo, al di fuori di quell'antico palazzo di semiperiferia
avventure impossibili e cartellini' troppo costosi per loro.