BRUNO COTRONEI E I SUOI LIBRI
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 LIBRO COMPLETO di " AVVENTURE IN INTERNET"

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MessaggioTitolo: LIBRO COMPLETO di " AVVENTURE IN INTERNET"   LIBRO COMPLETO di " AVVENTURE IN INTERNET" EmptyMer Gen 08, 2014 10:54 am

COPERTINA
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DESCRIZIONE: Uno scrittore entra nel, per lui sconosciuto, mondo delle comunità e delle chat e vi fa le numerose, strane ed istruttive esperienze che racconta in questo libro.

I
[
size=18]Lo strano mondo delle chat e delle comunità
(ciò che si racconta in questo libro riguarda gli anni novanta)


Sono ormai convinto che i praticanti del mondo virtuale sono (tranne rare eccezioni) a dir poco gente frustrata da esperienze di vita reale insoddisfacenti. Disadattati o giù di lì, si rifugiano in quella specie di limbo che, in internet, è formato dalle chat o dalle comunità.
Mentre delle chat ormai si sa quasi tutto, le comunità virtuali sono meno note nel mondo reale.
Ad entrambe le “specialità” si accede dalla home page di internet cliccando  sulla voce “comunità e chat di MSN” e, dopo qualche secondo, si aprono  lunghe liste che, nelle chat, si raggruppano in queste voci: città, coetanei, hobby e tempo libero, sport, amore, teenager, musica, varie, intrattenimento, news, interessi, computer, religione. Sono circa 600 chat  per tipo per un totale quindi di circa 10.000 fra italiane e straniere a volte frequentate da oltre cento persone che danno il bel totale, solo per MSN, di oltre un milione di individui che si collegano per esplodere in un diluvio di “ciao a tutti”, “eheheh” o di “ahahah” e di “da dove digiti?”, “quanti anni hai”, “cosa fai?”, “come sei?” e così via tendendo, in gran maggioranza, ad intrecciare rapporti amorosi seppur mascherati da un generico desiderio di amicizia.
Se si salvano nelle chat solo alcune dove è possibile intrecciare larvati discorsi di un certo impegno culturale, la gran maggioranza finiscono con svelarsi  luoghi di grande stupidità o di grande solitudine.
Le comunità, invece, che sono ben diverse da quelle reali, sono delle specie di associazioni dove si interviene, dopo essersi iscritti, con un maggiore impegno e gli interventi nella varie “discussioni” o “messaggi” sono più articolati e decisamente più lunghi delle frasette   inviate senza grande impegno nella chat.
Le comunità si raggruppano sotto queste voci: automobilismo, business, casa e famiglia, computer e internet, giochi, organizzazioni, persone, religione e spiritualità, salute e benessere, scienza e storia. Ognuna di loro ha varie sottosezioni per un totale di circa una cinquantina con un numero di iscritti che varia da una sola a migliaia di persone per un totale di circa 100.000.
Chiunque può aprire, chiudere e riaprire una chat, come e quando desidera. Ne diviene così il “moderatore” che ha dittatoriali poteri di sospensione breve o lunga per i partecipanti sgraditi.
Anche le comunità possono essere create, con qualche piccola difficoltà in più, da chiunque che ne diviene il “gestore”, anch’esso con potere superdittatoriali come l’accettazione di iscrizione, la nomina di altri iscritti a “cogestore”,  “assistente gestore” o semplice “iscritto”. Qui il fondatore può organizzare come vuole la comunità creando bacheche, eliminando interventi propri o degli altri iscritti, o addirittura espellendo chi non gli aggrada.
E’ facile comprendere il…fascino di questo potere così facilmente raggiungibile specialmente per chi nella vita reale è sempre stato un’assoluta nullità.
Come dicevo all’inizio, è lecito pensare che la moltitudine frequentante il mondo virtuale sia formata in netta prevalenza da: studenti sfaticati, amatori incapaci o timidi, vittime della famiglia o della società reale che qui riescono a occupare il loro enorme tempo disponibile, ad intrecciare senza rischio o controprova amori, a trovare finalmente chi li ascolta, chi legge il loro parere politico, chi dà un’occhiata al diluvio di componimenti pseudopoetici, o qualche loro raccontino di scarso valore.
In fondo anche io, che ho alle spalle qualche più che decente successo professionale nel reale, son capitato in questo mondo assurdo in un mio periodo di crisi. Ma ho provato dopo poco un sano senso di rigetto mitigato dal desiderio di approfondire la conoscenza di questo mondo per ricavarne un mio nuovo libro che vada ad affiancarsi ai numerosi altri scritti,  pubblicati e venduti in migliaia e migliaia di copie.
Nei successivi capitoli vi racconterò, sperando di interessarvi e di divertirvi, alcune mie avventure di chat e di comunità dove, come comprenderete, ho a volte forzato alcune provocazioni proprio per ottenere una migliore definizione dei miei “consoci” del virtuale.                  



II
Avventure in chat



Fra le tante chat visitate, Al Valentino mi era sembrata la migliore. Qui, oltre ai soliti scambi di saluti e di qualche più contenuto “eheheh”, qualche persona (ovviamente ben mascherata dietro i nick name, ovverosia nomi finti) e qualche discorso interessante. Dapprima avevo scambiato qualche frase e qualche incontro con Fulvia e poi con Ludovica alla quale avevo inviato al suo indirizzo e mail questa lettera: Cara Ludovica, la notte, questo straccio di notte nella quale ho dormito sì e no un paio d’ore e male, porta consiglio. Mi ha illuminato e mi ha fatto capire che ieri sera tu non avevi tutti i torti, anzi.
In fondo la chat, ovverosia il chattare non me l’ha imposto nessuno. E’ stato una specie di recentissima scoperta quando, cambiato il vecchio computer che mi serviva solo (e molto frequentemente) come videoscnttura, ho scoperto questo modo diverso di comunicare.
Una cosa che avevo sempre criticato senza conoscerla (e succede quasi sempre così), si è rivelata per me affascinante anche se con tutti i suoi difetti.
Era (ed è) un modo per sentirsi sempre in compagnia in qualsiasi momento del giorno e della notte (ben diverso dai soliti amici di cui, nel bene e nel male, sappiamo tutto). Un sottile gioco del quale però bisogna sapere accettare le regole con un pizzico (o molta) ironia e, principalmente, autoironia. Circa dieci giorni fa (o meno) ho iniziato a chattare e me ne sono capitate di tutti i colori: probabili uomini con nomi femminili che mi chiedevano com’era il mio sedere quasi svelandosi e da me mandati a quel paese, donne allupate e, infine, in Al Valentino, un quattro/cinque giorni prima che capitassi tu, ho conosciuto una certa Blondie. E’ stato il primo vero incontro di qualità. Anche lei romana (e della buona società) con interessi reali da scrittrice e un’ottima conoscenza letteraria. Abbiamo incominciato a dialogare intensamente e a simpatizzare intellettualmente. Mi ha rivelato di chiamarsi Fulvia, di avere (guarda caso proprio come te) 37 anni e varie altre cose. Le ho parlato della mia fraterna amicizia con il grande scrittore Domenico Rea (purtroppo morto improvvisamente da qualche tempo), i nostri continui incontri e la reciproca stima e le ho svelato il titolo del mio miglior romanzo sul quale Rea scrisse sul Mattino una lunga e splendida recensione.
La sera che apparisti tu Al Valentino ero lì nella speranza di trovarvi Fulvia, che non si vedeva da alcuni giorni (non avevamo alcun appuntamento). Se ricordi bene, mentre eravamo in pvt (privato), vidi entrare Fulvia e incominciai un...vergognoso doppio dialogo, un lascia e prendi, e l’amicizia con lei andò in frantumi, un vero e proprio scoppio di insospettabile e ingiustificabile gelosia (intellettuale soltanto?). Ti ricordi? Ti salutai e poi tornai da te perché Fulvia se ne era andata via. Riapparve poco dopo, ma io, che ti avevo scoperto e che incominciavo a simpatizzare per te, non tornai a parlare con lei, e quando tu andasti via lei, non in pvt, mi esortò a seguirti e così feci andando anche io via. Mercoldì notte nella solita chat ricomparve Fulvia e mi chiese: ‘e lei?’, riferendosi a te e dimostrandomi di non aver digerito la nostra nascente amicizia. Cose da chat, come e più che nella vita! Da lì, forse, uno dei suoi indubbi fascini.
E arriviamo ad ieri sera e ai nostri contrasti. Avevo avuto una giornata infernale: la mia inveterata abitudine a svegliarmi sempre presto anche quando vado a dormire alle 3 di notte, le molte sigarette, anche se leggerissime, problemi con i condomini e l’impresa per la ristrutturazione del fabbricato, contatti difficili con gli editori per il mio ultimo libro e...la borsa affari in una specie di crollo dopo una certa ripresa che mi aveva permesso, con una certa abilità e molto stress, di recuperare qualcosa sulle perdite dell’ultimo anno e un ottimistico sbilanciamento di pochi giorni prima con la necessità di pronte ed impegnative decisioni sugli ordini da dare.
A questo aggiungi un periodo non facile perchè, pur non essendo la prima volta, ho dovuto riorganizzare la mia vita di single dopo la definitiva rottura con la mia ultima convivente. Fra l’altro ho dovuto e voluto attrezzare il mio studio, che è un grande appartamento, risistemando la cucina, la camera da letto e un soggiorno senza usufruire nemmeno di un ninnolo della casa in cui vivevo prima.
Vedi, Ludovica, nel nostro dialogare mi fece tenerezza quando, dicendomi ‘e se fossi zoppa, e se fossi bruttissima?...’ ti rivelasti (almeno credo) per una donna interessante ma non bellissima. E ti dissi subito (e con sincerità) che nella vita non conta solo la bellezza esteriore. D’altra parte è amicizia che cerco, è il parlare con persone nuove, non (perlomeno questo è il mio intento) incontri amorosi. Ne ho avuti in passato, Federica, (e non mento) alcuni intensissimi con donne molto belle (ed è un dato assolutamente oggettivo) e spesso parecchio più giovani di me ad incominciare dalla mia ultima convivente  che è comunemente considerata più che bella. L’altra sera, quindi, ero stressato e stanco per tutte quelle interruzioni e cambiamenti di chat cui tu mi costringevi, che invece avrebbero dovuto divertirmi (sono un altro fascino del chattare). Al contrario, mi hanno innervosito molto e mi hanno innaturalmente fatto essere meno gentile con te. Te ne chiedo scusa. Inoltre (lo riconosco) sono stato proprio io a mostrare irrequietezza e fastidio per il digitare continuo e a forzare soluzioni che tu giustamente consideravi affrettate. Hai ragione, bisogna accettare le regole delle chat e farne oggetto di divertimento e di interesse senza fretta e con una certa ironia. Poi anche tu, indubbiamente influenzata da me, hai mostrato nervosismo ed hai esagerato. Vogliamo metterci una pietra sopra e ricominciare sviluppando divertimento ed amicizia? Io lo vorrei e  gradirei tanto che riaprissi Giardino (la chat che avevi rapidamente creata per noi), ma non ad ora così tarda come Al Valentino. Vuoi farlo? Vuoi rispondermi dimenticando i dissapori?
Attendo di Ieggerti in proposito e successivamente, se proprio insisterai ancora, ti darò il numero del mio cellulare che mi hai richiesto ripetutamente. Ma non dimenticare che quell’aggeggino non va usato a lungo, sembra che con le sue radiazioni faccia male.
Per quanto riguarda ciò che ti ho detto: laurea, dirigenza, attività di scrittore professionista, altezza, fisico, etc, tutto vero. Solo qualche particolare e l’età non sono vere (ho più anni): a te scoprire quale, ma certo sono ben lontano da essere matusalemme!
E tu sei stata totalmente sincera? Questa è l’occasione buona per ripartire con il piede giusto. Cordialmente
Venerdì 4 maggio ore 10,12,Bisanzio (o preferisci flcodindia?)                                                                
Poco più di due ore ed ecco la risposta.
Caro Fichetto, Bisanzio, Etere,
                           ho aperto,ore la posta e ho trovato una lettera che, in fondo, merita una risposta.
L’ ultima parte, ma, non solo quella, contiene sicuramente verita’. La questione di “Fulvia” è sicuramente un fatto vero in quanto avevo compreso che parlavi anche con qualche  altro e poi qualcuno mi era venuto a dire che tu eri uno…      Doveva essere lei, anche forse chi mi ha espulso ieri, forse. Per quanto riguarda il resto, non penso che mi hai detto molte bugie, che fumi lo avevo addirittura percepito e altre cose pure le ho sentite.
Non ho certo percepito chi sei o eri un dirigente, ma a naso penso che quello che mi hai detto non sono bugie.
Io non te ne ho dette. Sai, dire bugie è segno di qualcosa che a me non appartiene proprio. Non ho bisogno di mentire, io sono io, non sono un donna misteriosa e affascinante per il suo fascino misterioso. Non sono un’intellettuale scrittrice, sono una ragazza, semplice ma con un carattere complesso, non facile, intelligente (e Dio solo
sa quanto costa, oggi, essere intelligenti). Sono sensibile e comprensiva, ma so che si può essere comprensivi fino a un certo punto. Non credo di dover avere paura di te anche se, stressatello credo che sei. Penso anche che tu, come tutti gli uomini italiani separati dalle compagne, sia molto legato a lei e separato per modo di dire. Per quanto riguarda me, ti ho incontrato nel primo secondo in cui ho messo piede in chat. Sono single e penso di rimanere tale, fino a che come sempre mi è successo guardando negli occhi qualcuno, ho trovato l’amore. Sembrerebbe una banalità, ma, non lo e’ affatto!!! In fine, oggi è Venerdi’ stasera vado a una festa: in questo periodo c’e’ un grande fermento di scafessissimi che si presentano. (l’avv con cui lavora mio fratello si chiama Sartorio non e’ uno scaf) Il lun e il merc fino alle 21,30 seguo un corso di inglese, il martedì vado al cineforum e il giovedì e il sabato nuoto, come sai già lavoro tutti i giorni escluso il sabato. Potremo anche continuare a ch, ma non so quando: lunedi alle 10 potrebbe essere un giorno adatto, ma forse ho un ospite a casa. Per quanto riguarda l’eta’, mai nasconderla si rischia di sentirsi dire che non te la porti bene!!!! Io dico la mia età e nessuno me la darebbe!¬
Venerdì 4 maggio ore 12,58     Rosy, Vesuvia, Ludovica                                                            

Poi insisteva a mantenere i contatti con questa nuova lettera:
Venerdì 4 maggio ore 16,33                Ludovica
Bisanzio,
mi piacerebbe sapere come si chiama il tuo libro per poterlo leggere. Mi pare che ne sei piuttosto orgoglioso!!!!!!!!! Si potrebbe aprire Giardino o meglio Orto Botanico in “varie” sabato mattina alle 9,31. MI SVEGLIEREI APPOSTA. Non la apro se non avrò da te un riscontro positivo, perché in tal caso, scusami, ma dormo.
Ciao
PS: Stamattina ho camminato per i Parioli e pensavo di essere passata proprio dalle tue parti, via Bruno Buozzi, Viale Parioli, ect.
Sarei molto curiosa di leggere il tuo libro, mi piacerebbe!!
Io so leggere anche.
Per un’eventuale chattatina, breve perché questo pc mi sta esaurendo, potremo metterci d’accordo per l’ora, magari sabato mattina alle 9,30 visto che tu sei insonne, ma aspetto un riscontro positivo perché io in caso contrario sinceramente, se posso, dormo.
A proposito, io non sono zoppa…cammino benissimo era solo un modo per dirti che mi stupivo che dell’aspetto fisico non chiedevi nulla, anche perché come sappiamo benissimo sia io che tu è importante!!!!!!!

Mi sembrava più che evidente il suo interesse e la sua ansia, e il gioco tuttosommato era divertente. Rispondevo:
  Cara Ludovica,
ho letto ora la tua lettere doppiata da quel lungo PS , e ne avremmo da parlare.
Per il romanzo, è ormai introvabile in libreria, ma c’è (come altri miei lavori) alla Biblioteca Nazionale.
Ne sono orgoglioso perché concepirlo e scriverlo è come per un ingegnere progettare e dirigere la costruzione di un enorme grattacielo.
Inoltre quel libro, che avrebbe dovuto uscire con la prestigiosa casa editrice… (ben di più di quelle specie di bazar che sono le grandi case editrici commerciali) , avrebbe dovuto vincere il premio Selezione-Campiello. Se vorrai ti spiegherò il perché.
D’accordo per Orto Botanico e per domattina alle 9,31, ovviamente in “interessi”.
Venerdì 4 maggio ore 18,23 Ciao                                 Bisanzio  
                   
PS: Beata te che riesci a dormire fin oltre le 9,30!
La mattina la incontravo (ovviamente sempre in modo del tutto virtuale) nella  chat da lei creata. Stranamente m’ero svegliato tardi, la bocca impiastricciata dalle tante sigarette fumate nella notte, gli occhi cisposi, i capelli arruffati, la voce catarrosa, e m’ero precipitato al computer. Lo avevo acceso e mi ero collegato con internet, e poi con il settore delle chat dove la donna aveva inserito “Orto Botanico” che segnalava un solo frequentatore. Avevo cliccato  su e vi ero entrato  subito accolto dal “buongiorno” di Ludovica. Avevo ricambiato il saluto e il  “come stai?” e si era sentito chiedere brutalmente: “Allora, mi vuoi dire quanti anni hai veramente?”.
Le avevo risposto:”Novantaquattro, ma ben portati”e non m’ero lasciato andare a quegli orribili “eheheh”, tanto comuni nelle chat. “Ma, dai, non scherzare, dimmelo seriamente”, aveva insistito Ludovica che s’era sentita dire:  “E’ così! Sei contenta, ora?”.
Improvviso e imprevisto era intervenuto  un visitatore che, a sua volta, aveva chiesto:”Chi siete? Non vi conosco, né conosco la chat”. Senza rispondere mi ero rifugiato nel pvt (privato) ossia nel  rettangolino che esce in alto nella pagina della chat ed è visibile solo a due persone, e avevo lì chiamato Ludovica. Ma l’altro, che doveva essere un duro,  insisteva interrogando spazientito né si era accontentato del mio segnalare:”Siamo in pvt”.
A quel punto ero davvero stufo di questo strano mondo che ti costringe a digitare in continuazione fra i tanti rompiscatole che da più giorni disturbavano i dialoghi con Ludovica costringendoci a cambiare chat o a crearne delle nuove estremamente precarie e senza futuro. M’ero quindi deciso ad accontentare Ludovica. Le aveva quindi digitato nervosamente: “Scriviti il mio numero di cellulare e chiamami subito!”. Al che lei, invece di ringraziare contenta, aveva replicato: “Ma, no, è ancora presto, sei proprio sicuro di volermelo dare?” , insistendo invece nel chiedere:” Dimmi prima quanti anni hai”.
Era davvero strana quella donna. Mi innervosiva  e avevo  fame, abituato come sono a far subito colazione appena sveglio, mentre quella mattina non avevo avuto nemmeno il tempo per prendere l’indispensabile e  l’immancabile caffè. Brusco scrivevo: “Me l’hai chiesto tu tante volte il mio numero, e ora non fare la bambina. Scrivi e chiamami. Vado via da qui e attendo che mi telefoni!”
Ero uscito dalla  chat e,  attendendo la telefonata, avevo cercato di schiarirmi la voce che era avvolta dalle brume delle sigarette fumate di notte e replicate in quell’inizio di conversazione. Nel frattempo continuavo a chiedermi se avrei dovuto dirle la mia vera età, che si aggira intorno ai sessanta mentre lei  aveva ritenuto che fossero solo quarantacinque.  Sì, certo, glielo avrei detto, oppure no, forse per evitarle un vero e proprio choc meglio dirle cinquantacinque. E’ vero che che ormai sapeva che non ero un …quarantenne, ma sarebbe stato più opportuno raggiungere la verità non così bruscamente.
Squillava  il cellulare, e rispondevo ad una voce quasi mascolina che domandava timidamente: “Bisanzio?”. “Finalmente!”, avevo avuto appena il tempo di dirle dopo il “Pronto” perché lei aveva sbottato in “Ma, tu sei grande, sei grande!”, e s’era capito  che intendeva  dire vecchio. Il telefono diede un immediato suono di  occupato e la chat non esisteva più.
Solo nel tardo pomeriggio mi era giunta questa lettera:
Non so più di quello che mi hai detto cosa sarà vero e cosa no. Certo mi hai raccontato un sacco di frottole e io dovrei essere furibonda.
Per essere furibonda al massimo, un poco lo sono, dovrei essere sicura che esiste un unico senso assoluto della vita. Che cosa è la vita? Io non lo so e allora non mi tocca che dirti che se dentro di te non c’era cattiveria in quello che hai fatto, forse se avessi 94 anni e mi trovassi nella tua condizione lo avrei fatto anch’io, ma solo se non c’è cattiveria o morbosità.
Inoltre chattare vuol dire in qualche modo aggiornarsi, mia nonna che è del 1910 e sta benissimo non usa il pc.  E poi nelle tue parole c’è un certo non so che di gioventù.
Il tutto mi ha fatto una certa impressione, ma come avrai potuto capire anche se sono single ho una vita piuttosto varia e sono abbastanza equilibrata, per cui tutto è apposto.
sabato 5 maggio ore 19,32     Ciao. Ludovica

Questa povera donna, piena di frustrazioni, di incertezze, di paure e di speranze, mi faceva tenerezza e rabbia al tempo stesso. Desideravo quantomeno rassicurarla e, in parte…compensarla. Decisi quindi di inviarle un e mail  con qualcosa di mio. Detto, fatto, e le spedii le lunghe e articolate note biobibliografiche che di solito gli editori inviavano alla stampa unitamente ai miei nuovi libri. Poi, volendo precisare alcune cose, le scrissi anche una lettera sempre e mail, né, d’altra parte, avrei potuto far altro.
Non pensavo che ti facessi più viva dopo la tua... brutta figura di sabato mattina (spero che l’avrai finalmente compreso ed ammesso con te stessa). Invece mi hai scritto ancora. E mi hai ispirato ancor più indulgenza perché ti sei svelata portatrice, e me ne dispiace, di grossi problemi a livello psicologico.
Povera L, ne avrai subite nella vita! tanto da ingenerarti una profonda sfiducia nel tuo prossimo e da non permetterti di valutare le persone nella loro reale consistenza.
Secondo me, ombre oscure affollano la tua mente al punto di vedere “fulvie” dovunque e da essere convinta di sospettare (anzi di esserne assolutamente certa) una specie di mostruoso accordo fra lei e me( che le avrei detto del nostro incontro di sabato e del nome della nuova chat da te creata). ASSURDO!
Sempre le solite ombre creano nella tua mente precise convinzioni e ti basta qualche secondo di voce per decretare che hai a che fare con un…vegliardo. ALTRETTANTO ASSURDO!
Ti avevo precisato di avere più anni di quanto tu inizialmente pensassi, eppure hai voluto continuare a contattarmi, scrivendomi più volte di seguito e creando chat a getto continuo. E forse sarebbe stato giusto perché, come precisatoti, per me la chat era un recentissimo divertimento e non certamente il luogo dove “cercare incontri amorosi”. (Di questi, io, forse al contrario dite, sono ormai sazio). Se fosse nata una buona amicizia non mi sarebbe dispiaciuto, e l’ho detto, ma niente di più. Invece tu cosa cercavi (o cerchi) in chat?.
Con i miei intenti quale importanza può assumere essere cinquantenne o sessantenne? I novant’anni lasciali a tua nonna, e con tanti auguri!
E poi L, cerca di capire, quale “morbosità” può provare un uomo realizzato come me, che ha avuto una vita intensa (e non per qualche corsetto d’inglese, un po’ di nuoto e qualche film da cineforum), con una donna come te? Se vuoi proprio saperlo nemmeno la tua voce è gradevole, ma non per questo mi sono agitato o deluso. Io non mi aspettavo nulla, figurati!
E, infine, sei davvero sicura che una quasi quarantenne dalle ... qualità, a quanto pare, limitate, sia meglio di un sessantenne di livello sia fisico che mentale?
Comunque, a parte queste vuote chiacchiere, ti ho inviato la biobibliografia depurata solo per tranquillizzarti (non certo per farmi bello, figurati!): non ti ho raccontato “frottole”.
Spero che questo ti dia più tranquillità e sicurezza. E ti auguro di tutto cuore ogni felicità.
Martedì 8 maggio ore 0,36                            B.

Passarono i giorni, ed io, ormai coinvolto ed incuriosito da quel mondo virtuale ancora nuovo per me, continuavo di sera tardi a frequentare Al Valentino dove però Fulvia non mi rivolgeva più la parola e Ludovica aveva probabilmente cambiato nick. Mi era sembrato di riconoscerla sotto il nome di Vesuvia e qualche volte m’ero intrattenuto con lei  in animate, e non del tutto insulse, conversazioni generali.
Provavo per quella donna strana un po’ di nostalgia condita da rimorso per l’ultima lettera che le avevo inviato. Decisi allora di darle un segno di stima inviandole (ovviamente per e-mail) e senza commenti, alcuni capitoli di un mio romanzo sperimentale ancora inedito. Ed ecco che mi giunse questa sua nuova lettera:
Ciao Bisanzio,
mi ha fatto piacere di ricevere i capitoli, ma purtroppo ancora non li ho letti per mancanza di tempo e anche perché non ho la stampante.
Li leggerò con piacere. Ciao, grazie
Lunedì 14 maggio ore 15,13                               Ludvica

Le risposi:
Ciao Ludovica,
il tuo messaggio mi è giunto molto ben gradito.
Per leggere, potresti, con copia e incolla, riversare i capitoli in Word e di lì leggerli direttamente sul computer.
Il mio è  un breve romanzo (ben diverso da …) di cui in anteprima ne hai quasi la metà. Se vorrai leggerlo fino alla fine, fammelo sapere e ti invierò gli altri capitoli.
Ciao
Martedì 15 maggio ore 7,14                        Bisanzio  
I miei giorni in quel non felicissimo periodo si succedevano tutti uguali: la mattina a scrivere per le pagine culturali di alcuni quotidiani e periodici, il pomeriggio nella lettura di libri da recensire, la sera ad incontrare qualche amico e, dopo mezzanotte, a digitare in Al Valentino dove, però, gli interventi ed i partecipanti, che non annoveravano più né Fulvia, né Vesuvia, erano sempre più banali.
Un pomeriggio nel quale non avevo voglia di lavorare,  entrai in una comunità inserita nel gruppo delle varie. Si chiamava Superamici dove, appena entrato e fra il solito diluvio di “eheheh”, una certa Loredana mi  agganciava  in pvt e mi  chiedeva , insistente, da dove digitavo, quanti anni avevo, come  ero  fisicamente e se avevo …voglia di fare all’amore. Lei ne aveva tanta, diceva appassionata digitando con furibonda velocità, voleva fare, aggiungeva accavallando i caratteri, sessualmente tutto quello che io avrei comandato. “Voglio essere tua schiava, servirti, riverirti e carezzarti e baciarti tutto!”, continuava a scrivere sempre più velocemente. “Sai, io sono molto bella: ho labbra carnose, occhi verdi, un corpo da modella alta un metro e settantacinque ed ho venticinque anni”. Poi, repentinamente, cambiava e sosteneva che era tutto vero quanto mi diceva sulla sua bellezza, ma voleva essere padrona e non schiava e mi ordinava di…prenderla subito così e colà, di penetrarla da qui e da là con descrizioni sempre più allupate da donna di grande esperienza che non è mai sazia. E aggiungeva:“Dammi subito il numero del tuo cellulare, ti voglio parlare, ti voglio far sentire la mia voce sensuale, ti voglio incontrare!”
Ero  dapprima divertito e poi, per la verità, un po’ coinvolto, e mi schernivo debolmente. Poi, ripreso in pieno il controllo della situazione, le dicevo, tanto per finirla e per metterla davvero alla prova: “Va beh, il numero non te lo do se non me ne fai richiesta alla  mio e-mail”. Le fornivo l’indirizzo di uno dei miei  tre recapiti di posta elettronica, quello che non usavo mai, ed uscivo  dalla chat riprendendo a leggere il libro che quel pomeriggio avevo trascurato.
Solo mezz’ora più tardi , rientrando in internet per una ricerca, passavo per la posta e, incredulo, trovavo ben due messaggi forniti dell’indirizzo del mittente. Dicevano:
Eccomi qua…allora mi dai questo benedetto numero o no?dai che ora purtroppo devo andare e non ho molto tempo…cmq (comunque) ricordati di non scrivere cazzate qui…ora vado, MANDAMI IL TUO NUMERO!!!!!!!!!!!!
lunedì 21 maggio ore 17,10                    Loredana
e
Sei un cretino, anzi uno stronzo che con tanti anni ha perfino paura…mi fai solo pena…6 (sei) un vigliacco
 lunedì 21 maggio ore 17,21                   Loredana

L’indirizzo e-mail comprendeva  un nome ed un cognome di uomo probabilmente reale. Sapevo, sempre che la donna mi avesse detto la verità, la città da cui aveva digitato e volevo darle una lezione. Composi il 12 al telefono e chiesi il numero corrispondente a quel nome. Avutolo, lo composi. Mi rispose  la voce sottile di un bambino.
“Mi passi Loredana?”, chiesi.
“Loredana non c’è, e tu chi sei?”
“Un amico, e quando torna?”
“Per la cena, e anche mamma e papà”.
“Ma, tu chi sei?”
“Sono Renzino, il fratello di Loredana”.
“Senti, per una scommessa, quanto e alta Loredana?”
“Non lo so, è molto alta, più di papà e tanto magra, non vuole mangiare e fa disperare i miei genitori”.
“Ma tu sei molto più giovane di lei, è vero?”
“Mica tanto, io ho tredici anni e Loredana sedici”.
“Vabbè, ciao e grazie”.
“Ma tu come ti chiami, vuoi che ti faccio telefonare da mia sorella? Mi farai litigare con lei se non mi dici come ti chiami. Sai, Loredana mi ha detto di farmi lasciare sempre i nomi di chi le telefona senza però dirlo a papà”.
“Non ti preoccupare, tu non dirle nemmeno che ho telefonato. Ciao”.
Abbassai il ricevitore e ripensai  a cosa mi aveva detto  quell’adolescente smunta, nervosa e probabilmente anoressica che si spacciava nelle chat per una venticinquenne affascinante. E come me l’aveva detto! Quanta conoscenza di sesso aveva dimostrato! Letture, amicizie sbagliate, vizio, perversione? Poveri o maledetti genitori!
Passarono altri giorni, solita vita e...qualche mediocre conversazione  la notte Al Valentino dove Ludovica non appariva  più, nemmeno sotto il nick di Vesuvia. Ma io, sarà stata  la irrefrenabile curiosità da scrittore, le mandai questo e-mail.
Ciao Ludovica,
come stai? Spero bene, anzi benissimo perché continuo ad avere per te una sincera simpatia.
Io, nonostante l’incombente…senescenza (che però è brillante, almeno spero) continuo a pensare che non bisogna mai lasciare le cose a metà. Mi riferisco esclusivamente al mio romanzo sotto il quale, forse, nonostante “sai leggere”, ti senti…oppressa. Pensa se tu avessi dovuto leggere l’altro, quello impegnato e molto più lungo, che mi chiedesti. Comunque sia, per il principio di cui sopra, completo l’invio.
E il chattare come va? Io qualche volta frequento Psicanalisi in Interessi dove vi sono persone molto qualificate con le quali possiamo, tutti insieme, dialogare di Freud, Jung, di libido ed altro. Sembra pesante, invece è vivace perché nessuno di noi vuol fare vuoti esibizionismi, ma condire cose serie con battute vivaci e vita di tutti i giorni.
Ti saluto
sabato 26 maggio ore 11,53                       Bisanzio

Nemmeno tre ore e mi giunse la risposta:
Caro Bisanzio,
la simpatia è reciproca, anche se qualche volta sei stato un pochetto offensivo.
Allora ti voglio comunicare cosa ho appreso di tecnologico in questo breve periodo: dunque, come già sapevo, l’hotmail è un programma di posta elettronica della microsoft, quello in cui chattiamo noi. Facile è accedervi basta andare con il cursore sulla scritta HOTMAIL.
Come tu hai visto dalla mia lettera si può inserire nella cartella di iscrizione solo l’iniziale del nome e cognome cosa che garantisce l’anonimato (importantissima nei tempi così…che viviamo oggi).
  Inoltre si può caricare sul computer un certo messenger che è un programma che viene immesso via cavo che ti permette di mandare messaggi immediati e chattare in una pagina diversa.
          Puoi iscriverti a messenger solo se hai una posta elettronica hotmail.
          Spero che ti fa piacere avere queste informazioni e non preoccuparti non è nulla di difficile. Prova e vedrai. Per quanto riguarda Psicoanal ci farò un salto.
         Io chatto pochissimo e sempre con il nome di Ludovica. La mia vita è frenetica e sto bene.
 Ho, nonostante tutto, un bel ricordo di quel ficodindia che non ha voluto confessare la sua età, ma al quale da lontano voglio un po’ di bene.
sabato 26 maggio ore 14,27                 Ciao. Ludovica

         Seguii il consiglio e poi le scrissi:
     Cara Ludovica,
no, davvero non mi piace messenger. Forse fra persone lontane interi continenti….e nemmeno! Credo che teleromanzi, film e romanzi commerciali attenuano sensibilmente la creatività nell’uomo che diventa sempre più schiavo di tecnologie di cui comprende solo il meccanico funzionamento, egli così non è altro che la fotocopia dei modelli presentati. Che pena! Io, che ho dovuto studiare tanto di scienze e qualche volta di tecnologia, mi rifiuto di farlo per istruzioni tipo fax o forni a micronde. Rimango un attivo studioso, ma solo di ciò che mi piace. Continuerò quindi ad usare il computer come videoscrittura, Il mio indirizzo valido rimane quindi questo in alto.
Comunque grazie per la tua lettera specie per alcune cose che condivido. Le cosiddette offesine reciproche erano senza alcuna cattiveria e credo siano ampiamente superate.
Come sempre, e con la massima sincerità, auguri per tutto. Bisanzio
Grazie comunque per la tua lettera.     Domenica 27 maggio ore 11,58
   Ma quel sistema di comunicazioni aveva  le sue comodità ed il suo fascino ed io, nonostante quello che avevo da poco  scritto a Ludovica, continuavo ad usarlo anche se, o forse proprio per questo, non potevo entrare una sola volta  in internet di sera senza essere agganciato da lei che, da un’apposita finestrina in basso a destra dello schermo del computer, veniva  avvisata del mio  accesso e, cliccando sul mio nick in Messenger, mi rivolgeva, imperiosa e indiscreta, la …parola.
    Tutto sommato, però, non era per me spiacevole. Infatti quella velleitaria insegnante elementare di buona famiglia, con vita e aspirazioni da single ma che ogni sera parlava a lungo a telefono con la mamma apprensiva, mi intratteneva raccontandomi della sua giornata, delle feste a cui partecipava insieme al fratello inserito  nel bel mondo alto borghese della città. A volte riusciva ad essere addirittura divertente. Altre volte, invece, si mostrava per quello che , secondo me, era nella realtà: fanatica, contraddittoria, piena di frustrazioni e…voglie inappagate.
         Desiderava sempre di più, e con una progressione preoccupante, sapere di me avvicinandosi o ritraendosi e prorompendo in affermazioni del genere: “Sai, mi sono accorta che fumi e molto, ed ora avverto che bevi”. “Guarda”, gli rispondevo “che non sono mai stato un vero bevitore, a tavola bevevo un po’ di vino e la sera, qualche volta, un cognac, ma ormai anni sono praticamente astemio”. “No”, replicava  sicura Ludovica “lo avverto chiaramente, lo so, tu bevi!”.
          E una sera persi  la pazienza e le dissi: “Sei davvero insopportabile e sempre più strana, mi auguro di non sentirti più, e comunque non ti risponderò più” e, mentre cliccavo  su stato che permette (lo avevo  scoperto da poco) di rendersi invisibile, feci  appena in tempo a leggere un…”cretino”, che Ludovica mi  inviava  come ultima e conclusiva parola di quella agitata conoscenza quasi del tutto…virtuale.




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MessaggioTitolo: Re: LIBRO COMPLETO di " AVVENTURE IN INTERNET"   LIBRO COMPLETO di " AVVENTURE IN INTERNET" EmptyMer Gen 08, 2014 11:07 am

III
Comunità: un ingresso trionfale


Tutto sommato, nonostante quello che racconterò nei successivi capitoli, non sono stato sfortunato quando, verso la fine di maggio, il nick Brandy, che mi aveva invitato nel “privato” della solita chat Al Valentino, mi invogliò, una volta saputo della mia attività di scrittore, ad iscrivermi nella comunità che ad essa si collegava.
Per la verità mi era sembrata interessante la conversazione con Brandy (uomo, donna, omosessuale?) da aderire di buon grado alla  sua sollecitazione. E non era trascorso un giorno che da quella che si era rivelata come una ragazza, anche se una certa Sandy Sop in chat me ne aveva fatto dubitare, mi giunse per e mail l’invito ufficiale per la comunità, un suo racconto, un suo  disegno e la pressante richiesta di inviarle qualcosa di mio. Mediocre e dilettantesco il racconto, buono il disegno e grandi lodi per quanto le avevo inviato. Anzi, prendendomi in contropiede, Brandy aveva subito provveduto ad inserire nella bacheca le nostre opere della comunità un mio breve racconto  che trovai lì già seguito dal commento di una certa Safy che diceva:”Bello, mi piace sul serio! Sembra di viverle proprio le scene (…) e poi mi sono accorta di aver divorato parola per parola il tuo racconto Bisanzio, sai quando ti aggrappi ad ogni parola per poi passare a quella successiva, con la curiosità di sapere come va a finire (…) Mi piace anche da matti come usi gli aggettivi avvicinandoli per suoni simili, è bello l’effetto che fa! Ciao Bisanzio”.
Non nascondo che ne ebbi piacere, non tanto per le lodi, ma perché aveva saputo leggere e mettere in evidenza i pregi maggiori ricordandomi quando, ahimè molti anni prima, il grandissimo scrittore Domenico Rea aveva recensito in modo mirabile il mio romanzo di maggior impegno, di cui sembrava aver penetrato ogni mia più riposta istanza, e mi aveva chiesto:”Ti sei sentito letto?”.
Un paio di giorni dopo al commento di Safy s’era aggiunto quello di Seneca, un iscritto sempre presente in tutte le bacheche, che in dialetto veneto e cercando di fare dello spirito, mi aveva informato di: aversi fumato più donne che sigarette, di avere ora 69 anni e concludeva invitandomi a…proseguire fin quando sarebbe stato possibile tanto prima o poi moriamo tutti e che il mio racconto gli era piaciuto tanto davvero.
Nei giorni successivi, nel mio girovagare nell’attivissima comunità dove da ogni parte spuntava onnipresente Seneca che argomentava su tutto (alternando agli interventi in veneto altri in perfetto italiano), scoprii nella bacheca narrativa  una presentazione-recensione di Safy, dominatrice assoluta della rubrica, de “Il nome della rosa” di Eco. Era una puntuale descrizione del libro e una totale esaltazione dell’arte del professore di Alessandria. Avevo delle obiezioni da muovere e non esitai un momento a farlo anche a costo di rischiare di inimicarmi un membro tanto autorevole della comunità e che, oltretutto, s’era mostrata tanto entusiasta del mio modo di scrivere. Mi interessavano le reazioni di quel mondo del tutto nuovo per me dove, sotto la protezione dei provvidenziali nick, gli iscritti avrebbero potuto esprimersi in piena libertà senza rischi di coinvolgimenti nella vita reale. Questo non sarebbe valso a lungo per me in quanto il mio vero nome sarebbe saltato presto fuori dai titoli delle mie opere. Desideravo provocare per conoscere, ma, ciò facendo, non avrei che in minima parte forzato il mio modo di essere che sempre mi aveva spinto ad una sincerità estrema.
Inserii quindi  questo mio scritto sotto quello di Safy: Vedo che sei entusiasta di Eco, e chi non lo è? Ma non è tutt’oro ciò che luce! Qualche anno fa pubblicai sul quotidiano…questo articolo dal titolo “Pregi e difetti di Eco narratore”. Leggilo e dimmi cosa ne pensi:Ecco, c’era da aspettarselo, la patina del duro, del freddo raziocinante si è sciolta liquefatta miseramente meravigliosamente all’impatto del narrare. Simili a impazziti baluginanti razzi orbitanti su piani diversi ed improvvisamente convergenti nella vasta misteriosa piazza della mente, sensazioni si conficcano, quali strali dolorosi , illuminanti e ravvivano ricordi sopiti scomparsi o tenuti saggiamente nell’area di parcheggio dei pensieri, quali aeromobili scoloriti nel buio hangar da dove, ubbidienti schiavi, son richiamati a volte per brevi controllati gratificanti voli, ed ora, invece, svolazzano come uccelli solitari attraverso nuvole dense, formando stormi, lasciando traccia. Non più abitanti docili e tranquilli l’uno vicino all’altro, ma vorticanti nello spazio immenso del cervello , tanto largo quanto è stretto il mondo, e, simili alle cose, lì si urtano duramente in modo lancinante, non più vestiti di bianco come fanciulli alla prima comunione, ma negri spettri, perché nessuno di essi è contento di sé, ed una volta espresso è una bugia e non è più rivoltabile, come un saggio o uno studio, per servirsene parecchie volte.
Qui sono loro che comandano, ti prendono la mano, sono indomabili e infinitamente belli nell’orrido dei rimorsi della verità di una vita intensamente vissuta. Non si può barare, pena la banalità il falso il costruito su misura, come lo svolgimento tematico monografico del tranquillizzante saggio, anche il più vero e scottante, o che ne abbia la parvenza osannata e di successo.
Narrare costa fatica, sangue, quanto e più di un percorso nelle scure tortuose anse di un fetido labirinto, e la vivida luce, il raggio caldo del grande astro che ogni tanto con meraviglia ti raggiunge, non ti compenserà mai a sufficienza. La molteplice faccia dei fatti ti attrae e ti respinge, e, infine, ti lascia stordito ammutolito quando alfine pensi di averne toccata l’essenza, il mistero.
Tutto ciò ed altro ancora prova il vero narratore, non chi non ha talento, o chi esegue una cosiddetta opera di “ingegneria letteraria”. Senza l’emozione, l’afflato dell’artista. Non bastano vivida intelligenza e saggia metodica di ricerca, che completa una profonda cultura, per fare opera narrativa che non può essere scissa dalla vera arte.
Ineluttabile, prima o dopo, questa verità si fa esplicita negli autori e principalmente nei lettori che contano, ossia quelli sensibili ed educati sui classici di ieri e di oggi.
Per il notissimo Umberto Eco, tanto osannato e celebrato e venduto, sembra giungere oggi, ad anni di distanza, e, con non nascosta soddisfazione, ne registriamo la notizia.
Il “magazine” di Repubblica del 20 gennaio celebra la sua prima sconfitta e ne registra i perché senza però approfondirne valutarne la (per noi) antica genesi.
Il diffuso giornale organizza ogni anno un discutibile (per i criteri di scelta e gli accoppiamenti) torneo intitolato “Superwimbleton” dove 77 romanzi italiani, pubblicati da non oltre un anno e accoppiati come in un torneo di tennis, si affrontano in singole tenzoni il cui risultato è determinato da una giuria di cinque lettori; ed Eco, al primo turno, è stato eliminato da una quasi sconosciuta scrittrice esordiente, Pia Fontana che, con il suo “Spokane” , ha battuto lo strombazzato e vendutissimo “Il pendolo di Focault”. Ma, in fondo, non è l’avversaria che ha vinto, è Eco che ha perso, come risulta dall’intervista rilasciata da uno dei tre giudici che hanno votato contro lo scrittore di Alessandria. Franca Sonetti ( studentessa italiana che vive a Berlino) ha detto:” Il libro di Eco è artefatto, è scritto per gente che ha una concezione del mondo estranea al senso comune. Preferisco Pia Fontana”.
A nostro avviso i veri motivi devono ricercarsi nella considerazione che nessuno –per quanto intelligente, colto e fortunato sia- possa “tirare la corda” troppo a lungo. Successe a De Crescenzo con la sua unica opera  narrativa, “Zio Cardellino”, molto meno venduto e celebrato di “Così parlò Bellavista” e di “Storia della filosofia greca”. Ora succede ad Eco nonostante le cinquecentomila copie vendute “a scatola chiusa” ma pochissimo lette e il clamoroso successo mondiale de “Il nome della rosa”.
Il motivo ci sembra identico pur con tutte le debite differenze di caratura e di preparazione: con la narrativa, ossia con l’arte, non si scherza!
Eco volle dare una lezione ai narratori e costruì “Il nome della rosa” e a molti, a tantissimi sembrò che ci fosse riuscito, ma quel libro, apprezzabilissimo per tanti motivi ( linguaggio, contenuti, cultura maturata, struttura e suspence), mancava  -e lo scrivemmo- di emozione che deve evidenziarsi sempre, e dilatarsi di fronte all’elemento umano. Ebbene dalla pagina 246 alla 253 Eco racconta dell’improvviso ed imprevisto incontro sensuale fra un novizio e una fanciulla. Ciò in un monastero e nell’anno di grazia 1327, e lo fa con una freddezza ed assenza di emozione vera agghiaccianti, senza minimamente alterare lo schema razionale prefissato.
Con “Il pendolo di Focault” i pregi riconosciuti ne “Il nome della rosa” sono totalmente annullati , e alla mancanza di emozione si sommano assurda e inutile prolissità, un linguaggio che lascia a desiderare  (in considerazione dell’importanza attribuita all’autore), una tenue trama e una cultura che pare non sufficientemente maturata e che potrebbe identificarsi con erudizione da “trasposizione”.
E’, a nostro avviso, una forzata opera narrativa di uno che narratore si è “creato” senza esserlo, senza possederne il talento innato assolutamente necessario, che imbottisce il lettore di date,  fatti, congetture dove è difficilissimo seguire un filo logico.
Qui il medioevo, “esotico” perché poco conosciuto da noi e tanto lontano dalla normale cultura nordamericana e che costituì la chiave di volta del successo de “Il nome della rosa”, è stato sostituito dai Templari e dai Rosa-Croce.
Ne scaturisce un guazzabuglio causato dal desiderio di stupire ad ogni costo da parte di uno scrittore che è e rimane principalmente un abilissimo saggista.
L’immenso successo de “Il nome della rosa”, che secondo noi è andato troppo al di là del giusto, sembra aver causato un distacco dalla realtà e dell’oggettiva misura anche ad un uomo notoriamente equilibrato come il professore e scrittore Eco.
Non è facile raggiungere un grande successo, ma è infinitamente più difficile mantenerlo o rinnovarlo, e la tendenza ad una certa, anche se involontaria, arroganza si manifesta sovente.
In fondo è il sogno di ogni scrittore scrivere e far leggere tutto quello che a lui più piace, e pensiamo che Eco, oltre al desiderio di “stupire” ancora di più, ci sia cascato in pieno, convinto che il suo libro sarebbe stato pubblicato e venduto “a scatola chiusa”.
Ciò, in fondo, è avvenuto anche se dubitiamo che il rendiconto totale delle vendite possa mai eguagliare quello de “Il nome della rosa”.
“Di Eco avevo letto il romanzo precedente. Al confronto il pendolo è impraticabile. Ho la sensazione che sia un libro concepito per puri scopi commerciali, come sembra di capire dall’enorme battage pubblicitario. E’ un libro lento , con parole complicatissime”, ha dichiarato Cinzia Pozzi, un’altra delle lettrici-giudici di Repubblica.
In fondo, nonostante i miliardi incassati e da incassare con i diritti d’autore, l’Eco narratore non potrà essere soddisfatto del suo Pendolo perché forse, tutto sommato, qualche autore “a proprie spese” di cui inverecondamente Eco si fa beffe nel suo libro, può essere più narratore di lui; e dall’ormai famoso Pendolo uno solo è stato strozzato: lo stesso Eco.  

Safy, da persona intelligente,  replicava con molto rispetto e senza un sia pur minimo astio. Cercava solo di contestare la mancanza di emozionalità in Eco da me sostenuta. Poi interveniva Fortus (fondatore e gestore della comunità ) che subito mostrava le sue caratteristiche: una brava persona, ma un po’ dura nel comprendere ciò che veniva scritto. Infatti, pur dicendo che aveva letto con molto piacere la prima parte del mio articolo, che definiva una bellissima prosa poetica,  aggiungeva che la mia critica non era quella che si sarebbe attesa per il libro in questione, continuando a dire, con una certa confusione, che non aveva capito se io giudicavo Eco un intelligente scrittore ma noioso o che altro. Poi concludeva salutandomi e rallegrandosi del  bell’acquisto che con me aveva fatto la comunità.
Ben lungi dal terminare, la discussione proseguiva con l’intervento di Seneca che si limitava a dire di non averci capito molto, ma di essere con me d’accordo e di congratularsi.
Seguiva Norvegius che affermava che quando, leggendo un libro, riusciva ad entrare dentro la sua storia ed a vedere la biblioteca dell’abbazia e tutto il resto, quel libro gli piace.  Ma Seneca lo rintuzzava, schierandosi ancora una volta al mio fianco.
A questo punto ritenevo opportuno intervenire dicendo: Decisamente questa è una bella comunità dove c’è vera partecipazione e attento interesse e ringrazio tutti per l’accoglienza Per quanto riguarda Eco, cercherò di dire in breve e con la massima chiarezza il mio pensiero. Fino agli anni Ottanta la scena dei narratori italiani era dominata da alcuni nomi che riuscivano a vendere centomila copie e non erano certamente i più validi in assoluto. Il fenomeno veniva chiamato “best seller d’autore”, ed era  partito da esempi alti (Bassani, Testori) e s’era sviluppato con Cassola, Chiara, Arpino, Prisco, Castellaneta, Gina Lagorio e altri, fino a giungere  a Moravia e la Morante.
Gli editori, ormai trasformati da protettori delle arti a semplici imprenditori, erano fieri di dare un prodotto letterariamente di buon livello con vendite industrialmente convenienti (centomila copie). Infatti i narratori che ho nominato riuscivano ad ottenere insieme la consacrazione della critica e del pubblico. Ma l’appetito dei grandi (solo per dimensione) editori andava aumentando sempre di più e incominciarono a sfruttare quei narratori cui chiedevano (ovviamente a scapito della qualità) di sfornare un nuovo libro ogni anno perché sostenevano che “il successo è stagionale e non bisogna lasciare la vetrina agli altri”.  Però questo modello di romanzo incominciava a perdere(forse proprio a causa dell’intensa produzione cui erano costretti gli autori) progressivamente colpi e si rendeva necessario creare un modello alternativo al precedente. Nasceva così IL ROMANZO DI INGEGNERIA LETTERARIA. Si tratta di  un tipo di libro che l’autore scrive pensando più al lettore che alle proprie personalissime istanze. E’ comunque un libro di contenuti sofisticati e spesso alti, ma con una trama avvincente, che partecipa del giallo. Il caso più tipico è “Il nome della rosa”,un successo che rovescia tutte le prospettive dell’industria culturale.(…) Ma l’artista e l’arte si fondano esclusivamente sull’emozione, quella vera non indotta dalla moda. Così hanno operato i grandi russi dell’Ottocento, così gli americani degli anni Trenta, così i nostri Morante, Moravia(nella sua prima produzione) Pratolini, Bassani etc: una trama non interessava quanto lo scavare profondo nei più bui recessi dell’animo umano!
Chi è Eco? Un amatissimo e quotatissimo professore universitario autore di vendutissimi saggi (“Come si scrive una tesi di laurea”aveva venduto ben  un milione di copie!) che lo rendono molto ben accetto agli editori che se lo contendono con la vittoria finale di Bompiani (gruppo Fabbri). Lo spingono a scrivere anche narrativa convinti come sono che il pubblico acquisterà il suo prodotto perché la notorietà fa vendite e interviste e presentazioni dovunque.
Eco, che è un ambizioso al massimo livello anche se gioca a fare il modesto, accetta e cerca la grande novità. Progetta un grattacielo: il suo romanzo, e s’interroga su cosa gli farà ottenere maggiore successo. Il progetto viene messo a punto: userà il medioevo (di cui è uno è uno dei massimi studiosi), l’esotico funziona, come  il giallo  perché piace nei libri, in televisione e al cinema. Vi aggiunge  un linguaggio originale e coerente con quello medievale.
E’ intelligente e coltissimo ed ha una grande capacità di lavoro. Il romanzo viene terminato in maniera praticamente perfetta. C’è tutto: contenuto e forma tanto ben equilibrati da rendere felice perfino  il De Sactis!
MA L’ARTE E L’EMOZIONE NON CI SONO! Vedi, Safy, hai riprodotto righi di Eco sull’incontro fra il novizio e la ragazza: perfetto, ma sembra la descrizione di un’automobile bellissima, niente di più! Cosa succeda nell’animo, nell’inconscio del giovane, l’autore non riesce ad interpretarlo perché Eco si emoziona solo per il medioevo e la cultura. Leggi o rileggiti gli autori che ho più sopra nominato e capirai la differenza, leggi “L’amore coniugale“ di Moravia e capirai cosa avviene davvero in un uomo quando affronta il sesso, quali vere emozioni lo pervadono. QUESTA E’ Arte! Eco non riesce a fare altro che fargli dire  di “vergine nera”, di “torre del Libano”, e “come sei bella”. Questa sarebbe emozione amorosa, stupore di uno sverginamento? Bah, è meglio lasciar perdere!…
Dopo l’incredibile, travolgente successo mondiale di questo libro, Eco, sollecitato come non mai, deve sfornare un nuovo libro: in fondo i venti miliardi di diritti d’autore lui  guadagnati, non gli dispiacciono affatto, perché non farne altri? E nasce il Pendolo, opera del tutto mal riuscita, cervellotica e assurda, ben misera cosa rispetto a “Il nome della rosa”. Ne tirano subito 500.000 copie e le vendono perché l’autore è il professore/scrittore tanto osannato e di moda, ma quante giacciono nelle domestiche biblioteche con appena qualche pagina sfogliata e ancor meno letta?
E lui è divenuto arrogante più che mai (solo a scrutarlo con la massima attenzione te ne accorgi, perché, credo, che sappia mascherarsi molto bene) e, nelle pagine 192 e seguenti, prende in giro i poveri aspiranti scrittori. Aprofitta di loro per riempire un bel pezzo del suo libro, ma quelle pagine  nulla hanno a che fare con il vero soggetto dell’opera.
Seguirà un terzo romanzo che è stato anche poco venduto rispetto al primo. E’ stato così per i grandi narratori italiani e stranieri? No. La bolla s’è sgonfiata!
Ed ora sono a te Fortus, Ti preciso che ammiro Eco, professore e saggista, uomo di cultura e autore de “Il nome della rosa” perché in questo libro i pregi sono tanti che riescono a bilanciare quella mancanza di emozionalità di cui abbiamo detto. Ma come narratore finisce lì. Ciò non toglie che il suo primo romanzo rimarrà nella storia della nostra letteratura, anche se il Pendolo lo pregiudica molto.  Ora basta, sono stanco e la giornata è stata faticosa. Ovviamente non conosco verità. Quanto ho scritto è solo la mia opinione, mica verità assoluta. Ognuno è libero di manifestare la sua opinione, ma il confronto con i veri grandi, a mio avviso, è la vera chiave del giudizio su Eco che, ripeto, è valido abbastanza nel primo romanzo, assolutamente insufficiente poi. Ciao simpaticissimo Seneca e grazie per l’appoggio.

E Seneca non tardava a …ricomparire nel dibattito con un nuovo intervento nel quale mi riempiva d’elogi dicendo che avevo scritto tutto quello che avrebbe voluto scrivere lui se avesse saputo scrivere come me e se avesse posseduto la…mia cultura letteraria.
Infine, per la prima volta compariva Volteur, che, come avrei imparato presto, veniva considerato il vero intellettuale della comunità. Scriveva di condividere del tutto i miei giudizi su Eco e la disanima che avevo fatto del motivo creativo della sua opera lo trovavano quasi del tutto d’accordo. Aggiungeva, però, che esiste nella storia letteraria un intero filone di artisti che hanno supplito alle loro carenze emozionali proprio tramite la costruzione mentale. Tuttavia cosa dire di uno come Thomas Mann che, alla stregua di un tale atteggiamento, scrive libri come il “Doctor Faustus”? La razionalità si sente parecchio nelle sue opere, ma come si fa a non stimarlo fino in fondo, proprio come creatore d’arte vera? Già nei Buddenbrook  si sente la costruzione razionale che va sciogliendosi nei capitoli finali. E continuava, con una splendida lezione sull’autore tedesco parlando del piccolo Hanno e della sua fine, tirando in ballo Schopenhauer, il wagnerismo e Bismarck. Infine  Croce e la critica crociana che produssero indubbi danni alla storia della letteratura dicendo: “questa è arte e questa è solo letteratura”.
Poi insisteva dicendo di credere che la magniloquente noia che un Mann propone con i suoi enciclopedici libri costruisca un qualcosa di pienamente artistico. Naturalmente, proseguiva, esiste pubblico e pubblico e che lui non credeva che tutta l’arte sia per tutto il pubblico sostenendo che il discorso avrebbe potuto essere esteso domandandosi: quali autori sono alla Mann e chi sarebbe quello opposto a Mann? Omero, Dostoewskij o Collodi? La pretesa razionalizzante non si fonde mai con l’emozione? Invitando a fare mente locale su Dante.  
Indubbiamente Volteur non aveva rubato la sua fama: e mi apparve subito di una buona spanna superiore agli altri conosciuti per dibattito diretto o soltanto letti in altri interventi in questa comunità che mi andava piacendo sempre di più.
Mi affrettavo quindi a rispondere anche se  il mio impegno nella comunità rubava molto tempo al mio solito lavoro. Scrissi: “ Mio Dio, non se ne esce più e gli impegni sono tanti(…)Risponderò all’impronta semplicemente per dire che su cosa sia l’arte si discute da tempo senza mai venirne completamente a capo. La tesi che raccoglie maggiori consensi è quella che artista è colui che sappia provare e trasmettere al fruitore delle sue opere l’emozione. Quando sento dire che Eco “mi fa vivere nell’abbazia” mi viene da pensare che anche gli autori di mediocri film western o dell’antica Roma sanno farci vivere nel paesino dei pistoleri e nel Colosseo. Ma con l’arte cosa hanno da spartire?
Perché un narratore vero scrive un romanzo? Non certo per raccogliere notorietà o per vantarsi nel condominio di averlo scritto. Un narratore vero, ossia un artista, scrive perché ne sente il bisogno, perché ha qualcosa da dire, ha qualcosa di cui sfogarsi. Naturalmente deve farlo bene, possedere alcune qualità: TALENTO INNATO, MESTIERE (ossia, tecnica), CULTURA, SPIRITO D’OSSERVAZIONE e CAPACITA’ DI PROVARE EMOZIONE E DI TRASMETTERLA.  
Di autori molto noti e validi, tranne Eco, non conosco nessuno che dalla saggistica passi alla narrativa. Di solito  avviene il contrario perché il talento artistico non s’inventa né s’improvvisa. Ma chi ha talento deve acquistare la tecnica. Un romanzo è costruire un fabbricato, e le tecniche costruttive si acquisiscono leggendo tanto e sapendo leggere. E’ ovvio che chi possiede il talento e l’emozionalità per esprimere ciò che gli brucia il cervello e l’anima, deve architettare la struttura per poter dire in modo ordinato e comprensibile ciò che ha dentro. Di solito il narratore canta i propri tempi o quelli della memoria , oppure precede gli eventi. Poche volte, o quasi mai, scrive su un lontano passato e in fondo Manzoni, che riesce ad emozionare, ambienta, è vero, la sua storia  nel Seicento ma le problematiche relative sono ancora attuali nell’Ottocento o facilmente attualizzabili. Ed Eco? Scrive del Medioevo perché ne ha profonda cultura, ma cosa c’è di attuale?
Lui in fondo l’istanza ce l’ha: vuole parlare del Medioevo che ama. Inoltre possiede una lucidissima intelligenza. Entrambe le cose fanno del suo libro un’opera validissima, ma L’UOMO NON E’ AL CENTRO DELLE SUE EMOZIONI, né si deve confondere l’ambiente dell’abbazia con un film di Dario Argento.
Quando Volteur, con articolati e ben condotti argomenti, parla di Mann quale autore raziocinante, a mio parere, non valuta a sufficienza l’emozionalità che lo scrittore tedesco mette nel raccontare le vicende della famiglia Buddenbrok (composta di esseri umani). Sì che c’è in Mann emozione e capacità di trasmetterla. Naturalmente nessun narratore riesce a darci continuamente emozione. Deve anche occuparsi di costruire pilastri,  travi e solai per reggere l’emozione. E li costruisce (questo  è il cosiddetto “mestiere”, ovverosia la tecnica). Se poi… i solai restano vuoti di emozione tranne che per il giallo o l’horror, o esibizione di cultura, è lecito concludere che Eco (perché lui è l’oggetto del nostro dibattito) meglio avrebbe fatto a scrivere, con la sua ben nota bravura, uno  stupendo saggio sulla vita in un abbazia medievale!
Tanto ancora ci sarebbe da dire, ma qui faccio punto e basta. Grazie a tutti.

Solo pochi giorni e Volteur si rifaceva vivo quando io, incoraggiato dalla buona accoglienza in comunità e per fare una cortesia a Seneca, incominciavo ad inserire, capitolo per capitolo, un mio breve romanzo. Scriveva: Bisanzio, che ne pensate di un artista quale Piet Mondrian? E’ freddo? Non esiste secondo lei un lato squisitamente umano in ciò che è asetticamente inumano, proprio per il dramma della sottrazione? Un’opera di Mondrian è il terrore bianco e senza nome che ci viene in dono dal domani; “Voglio dipingere come una macchina, voglio che sparisca del tutto il tratto del pennello”, avrebbe detto in tempi più recenti Roy Lichtenstein; forse lei conosce la sottile ironia in tema di disumanità dell’arte di Kostabi? Ahi, l’uomo muore e noi officiamo un funerale al suo glorioso passato: che necrofilia nostalgica questa emozione! L’emozione è una parola che non appartiene ai vocabolari a venire”.
In sostanza Volteur intendeva riprendere la discussione sull’emozionalità spostandolo, però, ad un’altra forma d’arte, quella pittorica. Rispondevo immediatamente:Volteur,(…) che visione pessimistica che hai della vita e del futuro! Io non la penso così seppure sono d’accordo con te che i nostri figli vivranno, con ogni probabilità, in un mondo peggiore del nostro, preda dell’imperante capitalismo e dei suoi ossessivi tecnicismi. Però sono convinto che non potranno mai fare a meno di emozionarsi, magari solo per un semplice innamoramento sia pure ‘virtuale’. Indubbiamente apparteniamo, per dirla pomposamente, a due scuole di pensiero diverse. Entrambe sono da rispettare a meno che una delle due non ceda all’altra, una volta sentitasi in torto (c’è sempre tempo per tutti).
Per quanto riguarda Mondrian, debbo dirti che mi è sempre piaciuto molto e non lo trovo affatto freddo. L’Astrattismo olandese è razionale e si basa sulla purezza della forma ridotta a pura geometria nel piano, ma Mondrian era convinto che l’essenza stessa della realtà potesse essere rappresentata solo attraverso mezzi astratti. Ma è sempre la realtà, con le sue emozioni, che rappresenta. Infatti il fruitore, colto o no, spesso riesce ad emozionarsi di fronte all’accoppiamento di di linee e colori. Per quanto riguarda Lichtenstein con la sua pop art, derivata dall’espressionismo astratto che è pieno di emozione, conduce operazioni artistiche nella sfera delle situazioni coinvolgenti l’uomo della strada e quindi rappresenta la realtà della vita americana di massa ed odia (e l’odio non è una forte emozione?)l’ossessiva presenza della pubblicità di prodotti della civiltà consumistica. E allora, Volteur? Pensa che artisti come loro tendono a superare la funzione strettamente estetica dell’opera d’arte. Se fai mente locale (tornando a Eco) che lo scrittore di Alessandria nella prefazione al Nome della rosa afferma:”Trascrivo senza preoccupazioni di attualità. Negli anni in cui scoprivo il testo dell’abate Vallet circolava la persuasione che si dovesse scrivere solo impegnandosi sul presente per cambiare il mondo. A dieci e più anni di distanza è ora consolazione dell’uomo di lettere che si possa scrivere per puro amore di scrittura…” Ecco perché Eco, secondo me, è freddo e non lo sono Mondrian e Linchtenstein (infatti tendono esattamente al contrario di ciò che muove Eco) ed ecco perché non ne vado matto, pur apprezzandone la cultura e la bravura”.              

Sollecita ed intrigante la risposta: (…) Aggiungo qua, e ripeto, che condivido le critiche che lei muove ad Eco, scrittore che mal sopporto, ma ribadisco che non vorrei che ciò si generalizzasse in un rifiuto astratto della razionalità, in nome di ancor più astratti contenuti, che non sono probanti. Detto questo, non credo proprio che la pop art abbia espresso odio nei confronti della società di massa, tutt’altro: credo ne sia rimasta altamente affascinata e totalmente coinvolta, credo la abbia magnificata semmai, che non l’abbia affatto rifiutata, che abbia contribuito in maniera significativa a crearla, a mitizzarla. Andy Warhol, che ne fu il geniale e incomparabile profeta, è l’inventore della business-art (cme lui la chiamava), quell’arte che fa del guadagno stesso un’opera d’arte: Warhol che girava con la polaroid a tracolla per oggettivare nell’ovvio il mondo dell’ovvio, l’artista che si diceva innamorato del registratore a cassette (tape recorder, che nostalgia, uh, l’emozione!), che teneva sempre accesa la televisione e il cui studio era totalmente rivestito di carta stagnola e argento. Warhol amava alla follia la società di massa, adorava il consumismo; la sua arte anzi è il consumismo, è il consumismo elevato ad arte, o l’arte abbassata a consumismo, ma senza pregiudizi, senza nostalgia, senza sovraccarichi culturali o peggio, ideologici: è la privazione di emozioni, è l’oggetto, è die selbst sacht, la cosa stessa, l’icona, l’in-sé.
E’ da questa amniosi della mente, da questo punto di vista interno che noi possiamo vedere spalancarsi, oltre l’utero in cui l’arte pop ci cala, il futuro che noi stiamo creando, che stiamo amando, forse con inconsapevole e colpevole sbadataggine, chissà?
Minaccioso, o non minaccioso? Perché interpretare un’opera d’arte , se il prezzo è lo stravolgimento: il pop rifiuta un’interpretazione perché è la sintassi del nuovo, e la sintassi è ciò che è perché è così, e non c’è bisogno di spiegarsela; semmai bisogna usarla.
 Piaccia o non piaccia Warhol adorava la plastica, il non-umano, il bianco, e li adorava per davvero, senza secondi fini, senza esprimere ‘critiche’, senza nessuna morale: è per noi possibile, in Italia, comprendere questo atteggiamento che non ha fronzoli, non ha inutili piagnistei, e non si rivolge a nessuna divina provvidenza? E’ possibile un simile puro immacolato originario “‘bianco”? Con stima.
Ancora più immediata partiva la mia conclusiva replica: (…)Ricambio la stima che mi manifesta. Ma la stima va meritata e non bisogna pensare di poter risolvere in una paginetta problemi immensi come l’interpretazione di movimenti artistici e artisti. D’altra parte un uomo degno di sentirsi e di essere “colto” deve valutare le cose da più angolazioni. Vorrei quindi riportare la discussione da dove è nata. Si parlava di Eco narratore ed io ho sostenuto, con un articolo pubblicato nella “terza” di un quotidiano, che Eco sarà sicuramente un grande scrittore, ma non un artista. Lei mi sembra d’accordo su questa mia opinione che, all’epoca,riscosse notevolissimi consensi.
Poi mi chiede se Mondrian è freddo. Le ho risposto di no argomentando, credo, tale mia opinione in modo ragionevole. Mi fa poi scivolare il discorso sulla pop art e in particolare su Warhol. Io, che quando scrivo d’arte (e non quando la faccio) cerco di essere raziocinante, ho cercato, per quanto è possibile, di riassumere gli intenti dell’arte pop che tende, attraverso l’uso di immagini rappresentanti la pochezza e la volgarità della moderna cultura di massa, a sviluppare e suggerire una percezione CRITICA della realtà più efficace di quella dell’arte precedente. Questo mi sembra ormai storicizzato. Quindi la pop non ha certo simpatia per l’ossessiva pubblicità dei prodotti di largo e imposto consumo anche se la usa guidata dal furbissimo gallerista Leo Castelli.     La pop, però, non è, come lei sa benissimo, un tutt’unico bensì un vastissimo mosaico a volte discordante e Warhol, che è stato anche regista, l’ha esasperata (e sfruttata) riproducendo immagini in serie per, credo, raffigurare la banalità del sistema. Poi sulle ascendenze della pop(e sulle sue discendenze) si potrebbe (e si dovrebbe) scrivere, anche noi per la nostra discussione, centinaia di pagine e, probabilmente, non ne caveremmo un ragno dal buco. Per quanto riguarda, infine, i ‘piagnistei italiani’, ringrazi che ancora esistono perché ci consentono di non disumanizzarci completamente. A parte il fatto che abbiamo (o abbiamo avuto) fior di new dada italiani come Baj, Mario Colucci(che lei non conoscerà, ma forse è il migliore), Rotella, Del Pezzo, e il mio amico (mi scusi se lo dico) Mario Persico che hanno realizzato splendide opere dove l’emozionalità non è assente, tutt’altro.
Davvero un bel dialogare e ne ero contento quando
improvvisamente appariva un commento, di tenore e qualità ben diversi dai precedenti, al mio secondo racconto inserito in comunità. Diceva, in tono provocatorio, di voler conoscere dov’era stato pubblicato il racconto così avrebbe potuto portare lì anche i suoi che aveva cestinato. Continuava asserendo di essersi annoiato e di essere stato felice solo alla fine perché…era finito. Aggiungeva di essere lo Scassatore (tale il nick che aveva scelto) e di non avermela a male.
Era il primo impatto con la stupidità, l’astio e l’invidia che tanto spesso avrei trovato in seguito nel mondo virtuale,  ed ero incerto se rispondere. Indubbiamente lo Scassatore, di nome e di fatto, non meritava l’onore di una risposta. Ciò nonostante, non riuscivo a fare a meno di scrivere: Che pensi che mi sia offeso?(…)ma tu mi hai fatto una domanda: vuoi sapere dov’è stato pubblicato? Ti accontento subito. Il racconto fa parte di un mio romanzo pubblicato nella collana…dell’editore…(nomi parecchio noti). Vuoi sapere chi c’è nella collana? Ti cito alcuni dei 62 presenti. Sono: Repaci, Beckett, Burroughs, Paplo Neruda, Proust, Kerouac, ect. Vuoi provarci ad essere inserito con i tuoi racconti? Fallo pure, poi mi farai sapere. Va bene?Saluti.
Appena inserita la risposta, mi accorsi che Seneca era piombato nella discussione e l’aveva maltrattato dicendogli che non si era mai permesso di intervenire ironicamente nei colloqui molto eruditi e seri fra Bisanzio e Volteur perché si tratta di un mondo che sfortunatamente non appartiene né a lui né a Scassatore. E concludeva severamente ammonendo il malcapitato a non farlo più perché non voleva assolutamente che la comunità perdesse i suoi due iscritti più colti per colpa di interventi come quello che criticava che potevano solo avere l’effetto di un elefante in una cristalleria.
Decisamente un intervento gratificante, ma che comunque faceva comprendere che in comunità non erano tutte rose e fiori come inizialmente apparso. E gli sviluppi successivi lo avrebbero ampiamente dimostrato.    
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MessaggioTitolo: Re: LIBRO COMPLETO di " AVVENTURE IN INTERNET"   LIBRO COMPLETO di " AVVENTURE IN INTERNET" EmptyMer Gen 08, 2014 11:11 am

IV
Una bufera abortita




Incominciavo sempre di più a comprendere l’indubbio fascino del mondo virtuale fra la comunità e le due chat, che di tanto in tanto frequentavo, Al Valentino e Psicanalisi, dove persone per lo più di buona cultura spesso proponevano e sviluppavano argomenti interessanti cui si partecipava a più voci. In particolare nella seconda, Socrate, che ne era il moderatore,  mi permetteva di esprimere e verificare le mie conoscenze psicanalitiche. Il tutto era condito da scambi di messaggi e mail e da incontri in messeger. Particolarmente gradito un simpatico “buon lunedì” di Safy  contenente anche una divertente vignetta. Cercavo invece di sfuggire, nonostante provassi amicizia per lui, ai continui tentativi di coinvolgimento in dialoghi privati di Seneca che, non appena veniva avvisato dal sistema della mia comparsa in rete e prima che potessi rendermi invisibile, mi rivolgeva la parola proprio quando ero impegnato ad inserire miei interventi in comunità. Ma non potevo certo rifiutarmi a lungo e un giorno accettai il contatto e ci presentammo con i nostri veri nomi, ci scambiammo i numeri di telefono e ci  raccontammo alcuni episodi della nostra vita. Inoltre Seneca mi confermò ciò che  aveva più volte scritto  nella comunità, ossia di avere quasi settant’anni, di essere medico specialista e professore universitario, ora in rigorosa pensione, poi mi condusse da Tommi, un suo collega medico con qualche anno in più di lui. La discussione a tre  che ne venne fuori non ebbe un avvio facile per la difficoltà che provai ad adeguarmi alle sapide e spesso insulse battute che i due si scambiavano cui Seneca, solo pochi minuti prima serio e controllato conversatore, si lasciava andare, a quanto pare, divertendosi molto. Sembravano due ragazzini a scuola che si dicevano una serie interminabile di…stupidate.
Ma come avrei potuto essere men che gentile con il medico che continuava a mostrarmi grande amicizia e principalmente una stima senza confini appoggiandomi sempre ed immediatamente. Lo fece anche quando io, accortomi che  nella comunità esisteva una bacheca dedicata alla storia e fino ad allora mai utilizzata, vi inserii l’indice di un mio saggio e invitai gli iscritti ad intervenire. Puntuale e sollecito, Seneca mi propose di affrontare come primo argomento una specie di revisione della Storia del Medioevo Cristiano affiancato da Ombretta, una anziana signora lombarda. E quando gli dissi di iniziare lui perché non avevo una particolare preparazione per quel periodo, mi rispose di non sentirsela aggiungendo che il compito d’iniziare il discorso sarebbe spettato a me  come storico, come erudito e come letterato, lui mi avrebbe seguito immediatamente. Al che replicai: Forse mi hai preso per Pico della Mirandola. Non lo sono, né mi piacerebbe esserlo. Quel poco che conosco e ricordo l’ho acquisito con studi e ricerche durati anni. Il periodo da te proposto non mi trova particolarmente preparato e, se dovessi applicarmi in scrupolose ricerche (a parte la mancanza di tempo), preferirei farlo per periodi storici che mi stimolano di più. Da qui nacque uno spiacevole equivoco per un’infelice (o da me malintesa) frase di Seneca cui seguirono le sue immediate ed esagerate scuse che si concludevano dicendomi  che ero una persona squisita in tutti i sensi e che era felice ed orgoglioso della mia amicizia. Concetto implicitamente da lui ribadito quando, terminato di leggere quel mio romanzo inserito in comunità, lo commentava con un: grazie, molto bello! e si beccava senza reagire un bravo, bene ,bis. Seneca mi fai ridere! Da parte della…maliziosa Sandy Sop.
Nel frattempo nella comunità  impazzava una nuova discussione incentrata sul mondo degli studi e del lavoro e Seneca, sempre e ripetutamente presente, era in fiera competizione con Sandy Sop e vari altri iscritti in un diluvio di diecine e diecine di interventi in pochi giorni.
Mi sembrava che fosse giunta l’occasione per appoggiare il mio amico comunitario anche perché ne condividevo la tesi, sia pur espressa in modo un po’ troppo autobiografico ed autoelogiativo, e, ad un intervento della giovane Sandy Sop che lamentava le difficoltà che doveva ingiustamente incontrare una sua amica non ricca a dover frequentare un’università ad un centinaio di chilometri da casa invece di quella della sua città da cui era stata esclusa per il “numero chiuso”, scrissi: Quanta demagogia e quanti piagnistei! Si vorrebbe tutto facile e tutto sotto la porta di casa. Mio nonno, che era calabrese, non aveva università intorno, ma minimo a 400 chilometri! Ebbene non pianse, non si sentì emarginato dalla società dei ricchi. Sapeva di essere bravo e avrebbe superato ogni difficoltà e non certo per divenire un normale laureato. Venne a Roma e si mantenne agli studi a forza di lezioni private e di altri lavori(…)In nessun tempo, tantomeno oggi, chi vale veramente e ha voglia di sfondare  senza stare a calcolare col “misurino demagogico” quanto gli costi di fatica, può farlo. Ma deve scegliere un settore dove davvero sente di avere qualcosa in più.Oppure un campo dove ci sia meno concorrenza e più richiesta. La vera ingiustizia non è la mancanza di soldi (lavori anche umili ci sono in attesa di fare l’attività desiderata e dove si ritenga di poter dire qualcosa in più della media), ma non nascere particolarmente dotati mentalmente o con la salute così così. Bisogna sapersi adattare senza pretendere che giunga tutto dall’alto. Invece il vero dovere di uno Stato valido deve essere saper assicurare ai deboli (non a chi non ha molta voglia di lavorare davvero) un’ottima assistenza sanitaria e un minimo per poter vivere con dignità.Non assegnare pensioni d’invalidità a chi invalido non è, né borse di studio (o altre facilitazioni) a chi vuole intrupparsi nelle solite facoltà facili e poco utili alla comunità. E invece?
Dimenticavo: voi che amate tanto il computer e siete così bravi, non vi sembra che quei corsi universitari per TV siano una gran cosa? O sono troppo faticosi e difficili?.
 
Ovviamente le reazioni, a questo mio intervento un po’ troppo…veemente, fioccarono da tutte le parti, favorevoli e non, ma ritengo che Sandy Sop avesse incrementato la sua, credo, viscerale antipatia per me, che non l’avevo trattata con il riguardo o l’indulgenza a cui era abituata nella comunità dove si riteneva  una specie di prima attrice.
          Proprio in quei giorni una notizia mi aveva colpito: l’ex ministro Di Lorenzo era entrato in carcere. Prima ancora di parlarne  con i soliti amici nel mondo reale che, come di solito capitava,  non avrei visto per qualche giorno, trovai naturale farlo in comunità dove sarebbe bastato accendere il computer e scrivere. Ecco uno delle attrattive del mondo di Internet! Aprii la discussione dicendo: (…)Ebbene sapete dove è stato chiuso? Non nel terribile carcere napoletano di Poggioreale, ma in quello, credo (ho smarrito il giornale), di Civitavecchia che è considerato un carcere d’avanguardia nel senso che la porta della sua cella è sempre aperta, che ha a disposizione un personale televisore a colori, che può recarsi quando vuole in biblioteca, che può ricevere visite in due giorni della settimana, che può frequentare a scelta non so quanti corsi d’istruzione, e, infine, prenotarsi per utilizzare il campo di tennis in dotazione dell’impianto carcerario!(…). Un paio di risposte e poi l’immancabile Seneca si faceva vivo con un tono mai precedentemente usato con me. Insomma da maestro ad allievo. E concludeva l’articolato intervento dicendomi che non mi portava degli esempi perché, bontà sua, la mia cultura mi consentiva di farmeli da solo.
‘Ma guarda’, pensai ‘Seneca ha alzato la testa. Ora, dopo l’episodio della storia del Medioevo cristiano, vuole insegnarmi qualcosa nel mio campo!’ e rapidamente scrissi: Nel grande caffè di Al Valentino, di cui ognuno può immaginare come vuole gli arredi, Bisanzio è tornato per proseguire una delle tante discussioni che si svolgono(…)Seneca, l’abituè, è intervenuto e, senza frapporre indugio, ha proseguito la discussione con i classici toni svagati, cangianti e spesso pressappochistici in uso in un locale pubblico molto frequentato e chiassoso, che solo in alcune ore o in alcuni giorni diventa silente in modo da favorire giuste e più approfondite riflessioni. Con l’aria del vecchi saggio, Seneca ha bonariamente ammonito Bisanzio dicendogli:” Tu che ti lamenti per alcune attuali ingiustizie del nostro Paese, tu che sei tanto più giovane di me e non ricordi come eravamo noi italiani soltanto 50-60 anni fa, devi sapere che siamo molto migliorati addirittura in maniera impressionante…” Poi, con la svagatezza classica da cafeteria, ha aggiunto: “L’umanità ha fatto tanti di quei passi avanti in questi pochi decenni quanti non ne ha fatti in tutti i secoli precedenti.”. Bisanzio, che nel frattempo si era seduto, l’ha guardato meravigliato pensando:’e cosa c’entra?’,ed ha risposto: “ Davvero?, Seneca, pensi che noi italiani siamo tanto migliorati? Sì, è vero che quasi 60 anni fa c’era la guerra civile, sviluppatasi all’ombra della soldataglia tedesca, americana, inglese e così via, ma quanti italiani ne erano coinvolti? Non pensi che, in fondo, i sentimenti che li spingevano ad ammazzarsi reciprocamente fossero più validi e giustificati di tante brutte e anche sanguinose vicende più recenti?”. Poi, senza attendere alcuna replica di Seneca, che era rimasto con la sigaretta ancora spenta fra le labbra perché l’accendino era trattenuto sospeso ed inattivo nella mano ferma a mezz’altezza, ha continuato: “Dimentichi le stragi di Stato, i silenzi sui morti di Ustica, i delitti della Brigate Rosse, gli eccidi della Mafia, le continue guerre della Camorra, i tanti stupri, le violenze gratuite sui vecchi, le tante ruberie di Tangentopoli, i farmaci scaduti e non buoni, le violenze assurde negli stadi, gli eccidi automobilistici di ogni fine settimana e in particolare del sabato notte, la giustizia civile e penale favorenti con le sue regole i disonesti e i delinquenti, i viaggi pedofili di tanti apparentemente rispettabili italiani, e così via?”. Ha taciuto un attimo e, aspirando nervosamente la sigaretta accesa con decisione, ha proseguito: “Seneca, sai che ti stimo molto, ma cosa c’entrano con Di Lorenzo i progressi tecnologici, le nuove potentissime medicine, nuove e grandi comodità, aerei, treni e automobili sempre più veloci, televisori da tutte le parti, cellulari che quasi ti fanno il caffè, e…poi sotto il Monte Bianco sono morte tante persone in maniera orribile perché i cervelloni che hanno inventato tutte le delizie precedenti non si sono peritati di mettere in essere ventilazioni sufficienti ed adeguati sistemi antincendio?”. Ha schiacciato quasi con ira la cicca nel portacenere e ha concluso:”Se poi, ma ti ripeto è fuori tema, ti riferisci alle guerre, dimentichi quella drammatica e davvero disumana del Vietnam (anni 60/70), i khmerr rossi in Cambogia, le guerre arabo-isdraeliane, il colpo di Stato in Cile (1973), la guerra Iran-Iraq(1980), le stragi in Sudafrica, la sanguinosa dittatura di Pol Pot in Cambogia (1976), i bombardamenti sull’Iraq e la volontaria mancata cattura di Saddam (1991), e chi più ne ha più ne metta?”. E poi, rivolgendosi all’elegante e gentile Ombretta sopraggiunta da poco: “Hai ragione tu (ma anche questo c’entra poco col primitivo tema)quando dici che la scoperta di Fleming, opportunamente sviluppata, ha sconfitto una serie di terribili malattie, ma è sopravvenuto l’AIDS. Inoltre le centrali atomiche e gli inquinamenti fanno sempre più paura”. Infine, guardando fisso Seneca, che appariva a stento fra la nuvola delle sue sigarette e che, disperatamente, aveva opposto non più una ma due guerre mondiali facendo finta di dimenticare che la prima era finita più di ottanta anni fa:” Ritieni davvero che tutto ciò che ti ho elencato e tutto quello che ho trascurato solo per correntezza, abbia segnato un progresso dell’umanità? Ripensaci, caro amico, e vedrai che il mondo non è affatto migliorato, anzi. Certo se vuoi estendere il discorso e spaziare di secoli e secoli e riportarti anche alla tratta degli schiavi e altro, si deve vedere, e la tratta delle prostitute dei nostri giorni? Ma fermiamoci qui, è meglio. Ed ora ciao, il caffè lo prenderò un altro giorno, oggi mi andrebbe di traverso!”.
Avevo, credo, ristabilito le distanze e l’intervento di Fortus e quello successivo del settuagenario, o quasi, me lo confermavano. Seneca, usando il dialetto come faceva tutte le volte che si trovava in…difficoltà, rispondeva in tono scherzoso che si dispiaceva di avermi affumicato con tutte quelle sigarette e che mi ringraziava per il godimento che gli avevo dato con la descrizione della cafeteria e di tutti noi come amici ed avventori aggiungendo, con il vecchio tono elogiativo, che ero davvero gran pennellatore letterario. Poi tentava di difendere la sua tesi sostenendo che era la mentalità della gente ad essere progredita anche se gli uomini avevano continuato a fare errori anche se, secondo lui, un po’ di meno. Sì le guerre erano continuate, ma non più “mondiali” e non avevano più provocato diecine di milioni di morti, e un vero segno di progresso era  che in questi ultimi tempi  80 morti ammazzati in Palestina bastavano a farci  inorridire, mentre allora le tragiche “soluzioni finali”, i lager, i gulag, le foibe e così via passavano quasi sotto silenzio. Sì, continuava, probabilmente sarò pressappochista e, siccome non era capace a spiegarsi bene, la chiudeva lì e mi salutava con stima e amicizia sempre più grandi.
Seguiva un intervento di Sandy Sop che, si noti bene, non dava ragione a me, ma a Fortus, che pure non aveva fatto altro che ribadire i miei concetti. Scriveva la fanciulla che il…direttore aveva sempre ragione precisando che intendeva il direttore Fortus  prima che ne saltino fuori degli altri. A questo punto intervenivo nuovamente per dire:  Certo, riuscire ad ottenere qualche consenso dagli avventori donne che frequentano questa cafeteria, fra un Fortus pieno di fans che lo applaudono entusiaste, e un Seneca, che è stato un grande ‘sciupafemmine’, non è facile. Però anch’io nel mio piccolo…Condivido quasi completamente l’intervento del direttore, che, a sua volta condivide il mio, e continuo a sostenere che il mondo ha compiuto come progresso solo quello tecnologico. La grande e immediata diffusione, a mezzo ‘media’ di delitti, guerre e ingiustizie, avrebbe dovuto migliorarci tutti. Invece diamo un’ occhiata al telegiornale e alla carta stampata, proviamo un qualche raccapriccio e subito dopo progettiamo la villeggiatura in luoghi esotici o il divertimento serale, del tutto accidiosi, tant’è vero che se  ci capita di assistere ad uno scippo o a una violenza, non reagiamo come dovremmo nemmeno se in compagnia di tanti altri come noi. E’ fin troppo ovvio, Seneca, che l’ammazzarsi fra gli uomini in grandi guerre o piccoli conflitti non è mai giustificabile. Proprio questo dovrebbe costringere uomini e Stati ad impedirli, ad intervenire sulle cause che li determinano, e converrai con me che è meno difficile farlo quando non sono coinvolti centinaia di milioni di esseri umani(leggi Grandi Guerre Mondiali). Eppure non lo si fa, anzi li si provocano per collaudare dal vero nuove armi, per avere, successivamente o in diretta, mercati più ampi e arricchirsi sempre di più, per dominare (anche se in modo poco evidente le masse) zone sempre più ampie. E L’Asia, e l’Africa e i Balcani pullulano di stragi e non si fa nulla per farle davvero cessare. Tutti assistiamo allo strazio del popolo iracheno, di tanto in tanto bombardato da americani e inglesi quando ne hanno voglia, e che facciamo? Una discussioncella fra amici, un accenno leggermente irritato a tavola e poi continuiamo il nostro ricco pasto composto magari da alimenti inquinati prodotti dal consocio di circolo o dal vicino villeggiante che continuiamo a trattare con cortesia. Grandi progressi ha fatto il mondo in questo senso! Eppure oggi, al contrario di cinquant’anni fa, sappiamo; ciò nonostante facciamo (nell’essenza) gli struzzi molto più di prima. Bisanzio che si assenta per alcuni giorni”. E Seneca alzava dignitosamente bandiera bianca dicendo di avere un punto di vista su questo mondo diverso da quello di tutti noi iscritti intervenuti nella discussione. Si appellava, quindi al diritto delle minuranze e si…chiudeva in un dignitoso silenzio non prima di avermi pregato di tornare presto perché avrebbe sentito molto la mia mancanz.                            
Sempre più incoraggiato e attratto dai successi conseguiti e dalla stima degli iscritti che più contavano in comunità, anche se una certa “fronda” era avvertibile, pensai di inserire un mio romanzo sperimentale e ancora non pubblicato che avevo terminato da tempo, ma che non mi convinceva del tutto. Avrebbe potuto costituire una specie di gioco per i miei consoci in comunità e, al tempo stesso, avrei potuto tastare il polso di un pubblico seppure limitato nel numero. Incominciai quindi, con il difettoso copia e incolla a stamparlo nella bacheca narrativa della comunità e ricevendo, già dopo i primi capitoli, commenti elogiativi ma non entusiastici da Seneca e da Ombretta.
Era faticoso ed estremamente lento inserire sul giornale un intero romanzo, per quanto breve, con l’estenuante “copia e incolla” che andava continuamente corretto, ed i giorni trascorrevano veloci. Finalmente, giunto ai due capitoli finali e non riuscendo più ad inserirli nella bacheca narrativa, pensai …male di farlo in quella principale e lì incontrai la reazione di Sandy Sop che chiedeva perché non fosse in narrativa tutto questo. Non era la domanda, di per sé stessa lecita, che irritava, ma il modo. Ciò nonostante    riuscii a risponderle con calma spiegandole i motivi dell’inserimento nella bacheca principale, ma ne  ricavai un’immediata replica che iniziava conciliante per terminare dicendo  che quello adottato da me era un ottimo sistema per la…correzione e lei ne avrebbe usufruito per la prossima tesina che avrebbe fatto.
Avrei dovuto ignorare l’evidente provocazione o risponderle con quell’ironia fasulla tanto in voga nel mondo virtuale, invece  scrivevo  risentito ammonendola di non costringermi a farle conoscere la vera ironia. Apriti cielo! La ragazza inseriva un intervento pieno di punti esclamativi e di volgarità e…Seneca la rimproverava, sia pure con dolcezza, e la invitava a saper stare al suo posto. Ma lei, tutt’altro che doma, insisteva, con un lungo e accesissimo intervento, chiedendo chi era mai  questo scrittore che ha pubblicato questi capolavori, e perché regalavo, inserendoli in comunità, alcuni miei libri sui quali, se davvero pubblicati e venduti in libreria, ci deve pur essere un marchio registrato e, aggiungeva, che la SIAE rompeva le scatole per ogni minima cosa..
Subito dopo questo diluvio compariva un brevissimo inserimento di Volteur che si limitava a un "che spocchia!" lasciandomi perplesso e dispiaciuto perché provavo stima e rispetto per lui.
Né la polemica era ancora terminata perché Ombretta bacchettava la ragazza, ma sempre con tanto rispetto e dolcezza, seguita nuovamente da Seneca che la imitava mentre Merluzzo (altro nick di Tommi) era a favore di Sandy Sop e la difendeva. Ciò nonostante la bizzosa ragazza rientrava in scena per dire irata che quelli erano “cazzi suoi” e non voleva alcuna pietà ma affetto e simpatia sinceri e non certo per intercessione di chicchessia.
Indubbiamente ero irritato, principalmente con me stesso, e deluso per l’intervento di Volteur al punto da decidere di abbandonare la comunità nonostante mi stesse…regalando  ulteriore esperienza e  conoscenza sempre utile ad uno di professione scrittore.
Dopo qualche esitazione, inserivo questo intervento: Cari soci di Al Valentino ( in particolare Seneca, Ombretta, Fortus e Safy), non tanto per le stupide spiritosaggini di quella immatura ragazzina (piena di ah, ah, ah e dalle vocali ripetute venti volte nei suoi incredibili interventi) che decisamente non mi sembra del tutto normale, ma per il “che spocchia” di Volteur, debbo fare un’autocritica, dare delle spiegazioni e porgere le mie dimissioni.
In tanti anni di uso del computer, per le mie due professioni, non ero mai entrato in una chat. In un periodo di minor lavoro (circa 45 giorni fa), ho incominciato a gironzolare da una chat all’altra scoprendo Al Valentino come una delle poche interessanti (quasi tutte sono, a mio avviso, di uno sconfortante squallore, ma estremamente esplicative di un costume che si va consolidando). Qui Brandy mi  ha invitato a far parte della Comunità che è stata per me (fino ad oggi) una piacevolissima sorpresa. Buona parte dei circa 50 soci mi son sembrati simpatici e qualificati e i dibattiti sui vari argomenti, nella generalità, molto ben condotti pur con tutti i limiti del sistema. E qui ho incominciato a sbagliare, lo riconosco. Avrei dovuto limitarmi a partecipare o a proporre qualche tema e mai inserire qualche pagina dei miei libri, tantomeno un intero volume per quanto breve potesse essere! Ma, cosa volete, l’entusiasmo per le nuove amicizie frequentabili dal comodo del proprio studio e quasi ad ogni ora del giorno e della notte, la sincera simpatia per Seneca, mi hanno spinto a fargli un omaggio. Non avrei mai dovuto dire di essere uno scrittore professionista e, errore più grave, mai tentare di utilizzarvi per “testare” quell’altro mio libro ancora inedito,  sul quale avevo e ho qualche dubbio, dopo anni di attività della quale vado orgoglioso. La ragazzina, fra le tante cose poco valide che dice, ha ragione sulla possibilità di fare critica al mio libro: l’ho chiesta io. Sbaglia, però, non quando critica (anche se senza nessun approfondimento), ma quando paragona (con vuota ironia) il mio libro alle sue “tesine scolastiche in cerca di correzioni”. Qui mi sono un po’ irritato e non, come lei dice elegantemente, ‘inkazzato’. E’ più che ovvio che, pur essendo voi persone colte e preparate, non siete critici letterari. Loro si sono già pronunciati sui miei libri tante volte. Mi interessava invece il giudizio sincero di amici preparati, amici che praticano nella comunità le bacheche che sono elencate orgogliosamente. Ripeto che ho sbagliato perché nelle comunità, per quanto piccole (50 iscritti), c’è , come nel  mondo esterno, di tutto: amicizia, partecipazione, ma anche tanta invidia. No, non ritengo di aver pubblicato capolavori immortali (quelli appartengono ai pochi davvero grandi scrittori), ma opere più che buone di medio e anche alto (non altissimo) livello, meno che in un caso, il romanzo …, che avrebbe potuto vincere il Campiello. Ciò nonostante i miei libri sono in tante biblioteche e principalmente in alcune Biblioteche Nazionali. La ragazzina poi, confondendo le cose e principalmente il ‘Giornale di Al Valentino’ con il ‘Corriere della sera’ dalle rispettive tirature di copie 50 e di copie 800.000, avanza il sospetto che io possa danneggiare gli editori (la SIAE protegge me non loro, non sono un cantante!) per l’ipotetica perdita di vendita di ben 50 copie! Per libri ormai non più in circolazione e di un altro non ancora pubblicato. Comunque scusatemi per l’invadenza e per aver cercato di regalare qualcosa a qualcuno di voi e, caro Fortus, accetta le mie dimissioni cancellando i siti dove sono pagine o capitoli dei miei libri. Chi vorrà ancora parlare con me, potrà farlo su Messenger…o scrivendomi a…. Grazie della compagnia, purtroppo anche le comunità…ciao a tutti”.      
                 
      Una sventagliata di interventi in nemmeno un paio d’ore dimostrava ancora una volta quanto quella comunità fosse attiva. Iniziava la stessa Sandy Sop che mostrava in poche righe un certo pentimento o un certo timore di aver imbroccato…una strada sbagliata. Poi Fortus, sempre un po’ confuso, che riteneva sufficiente una specie di…pacca sulle mie spalle e su quelle di Sandy per risolvere tutto. Seguiva Ombretta che mi diceva che sì era vero che avevo commesso un errore nel parlare della mia professione perché in comunità mancava il distacco che di solito esiste fra autori e lettori, ma mi invitava a non andarmene perché i miei interventi le erano piaciuti. Ma, fra i vari altri, positivi e negativi, spiccava il messaggio di Volteur che diceva: Egregio Brando, il mio commento non era rivolto al suo operato, bensì alle critiche gratuite e inutili con cui lo si subissava. Ho scritto “che spocchia” citando ironicamente un identico commento di cui ero stato fatto oggetto dalla stessa persona che la ha accusata con inusitata veemenza. Poi ho cancellato , perché non volevo dare adito a ulteriori inutili polemiche: ho pensato che fosse meglio ignora tutto e basta. So di essere orgoglioso, a torto o a ragione che sia, per via di quella insofferenza che dimostro troppo spesso e troppo in fretta in ambienti a cui non so abituarmi con prontezza come le situazioni e le persone che ad esse danno origine vorrebbero. Per quanto posso me ne scuso qua, anche se scusarsi del proprio carattere suona un po’ grottesco. Ma si richiede sempre agli altri, un po’ meno da sé stessi, si sa. Purtroppo ho un carattere difficile, né lo voglio nascondere, né mai lo farò, a dispetto si quanto perdo, e a dispetto di quanto non guadagno: in fondo non importa troppo. La prego di ritirare le sue dimissioni, la prego di fare uno sforzo di immaginazione, che certamente non le manca, e di volontà, che neppure le manca a giudicare dall’impegno e dall’entusiasmo che ha dimostrato, e rimanga fra noi continuando i suoi graditi esperimenti, avendo magari la compiacenza di rispondere alle mie osservazioni e a quelle degli altri astanti, come in passato. Conosco i suoi libri, conosco i libri di cui ha parlato, conosco molto bene e da vicino per avervi collaborato la casa editrice e la collana che lei ha nominato, so benissimo che lei ha l’onore di essere pubblicato insieme a Burroughs, Proust,(un breve e illuminante estratto, se non ricordo male)Kerouac, Neruda, Balzac(splendido il saggio sul modo di camminare), Bukowski, Nolde, Kissinger, Ginsberg, e sarà meglio che mi fermi qui, ma la lista di autori pubblicati è di livello qualitativo assoluto, e solo uno sciocco potrebbe negarlo. La prego nuovamente di raccogliere con accondiscendenza questa mia chiarificazine che è anche una preghiera di non lasciare questa comunità. Con stima: Volteur.            
         Nemmeno il tempo di compiacersi della bell’intervento di Volteur che appariva quello di Hano Frank, un iscritto con indubbia cultura generale quasi sempre …banalizzata in fin troppo ovvie delucidazioni sull’ordinamento politico/legale del nostro Paese quasi che tutti gli altri iscritti fossero o totalmente sprovveduti o totalmente stupidi.  Pomposamente mi chiariva, con una girandola di …ovvietà, quale avrebbe dovuto essere il  modo di presentare miei lavori, già pubblicati fuori, qui in  comunità. Terminava con un’esaltazione dell’ironia condita da un paio di gratuiti e stridenti “cazzo” in un contesto del tutto non adatto ad accoglierli.
Finalmente, dopo un ulteriori interventi di Seneca e di Fortus, riuscivo ad inserire il mio  (quasi) conclusivo: Credo che una delle mie poche virtù sia quella di scrivere con estrema chiarezza. Ebbene pochi mi hanno capito quando ho aperto questa discussione. Ho detto che i motivi della mia autocritica e delle dimissioni (che Hano Frank definisce “pompose e irrevocabili”  copiandomi) non sono certamente stati le critiche ai miei libri né gli interventi più volte villani della ragazzina (che non capisco perché viene da quasi tutti voi trattata con tanta considerazione: è malata? Se no, come mi auguro, va ripresa con una certa durezza per il suo bene. Guai se continuasse cosi! Personalmente se mia figlia si comportasse in questo modo farei il possibile per correggerla e non chiamandola ‘puledrino bizzarro’),ma “il che spocchia” di Volteur e la consapevolezza di commesso degli errori. Obiettivamente quel sintetico intervento di Volteur mi aveva meravigliato perché stimo la sua cultura, la sua prosa e la sua riservatezza. Ora che ha chiarito la sua posizione nei miei confronti con un bel messaggio nel quale fa, a sua volta, un’autocritica (egregio Volteur, sapesse quanto sono simili i nostri caratteri! E forse anche per questo che, “parliamo la stessa lingua”), i motivi per andarmene da Al Valentino si sono volatilizzati perché do ad alcuni interventi di altri consoci, a me praticamente sconosciuti, nessuna importanza. Una certa importanza, invece, ha l’intervento do Hano Frankz che sembra persona di maggiore consistenza, ma che, secondo me in questo caso, non ha colpito molto. Però una cosa buona l’ha  fatta: insegnarmi a eliminare i messaggi. Ne ho immediatamente usufruito cancellando tutto il mio romanzo inedito. Ora non intendo assolutamente dilungarmi perché ho anche altre cose da fare. Dico soltanto: pensi davvero, Hano Frank,, che abbia bisogno di riconoscimenti come scrittore? Per il mio romanzo pubblicato  ho già fornito spiegazioni del suo inserimento qui, e per  l’altro era solo un giudizio di pubblico ( non certo di critica) che attendevo, ma non certamente per bisogno, era principalmente, una specie di giochino da fare in comunità, appunto come si fa in un bar o in un salotto. Per concludere, Hano Frank, parli tanto d’ironia e chiudi con una citazione che termina con “cazzo” (ma è proprio una fissazione!). Ti rispondo con altre più importanti citazioni sul sostantivo ironia: L’ironia è uno strumento anormale che, come quello del fegato delle oche di Strasburgo, finisce per uccidere l’individuo (Kierkegaard); Per un po’ d’ironia si perde tutto (Qusimodo); Di tutte le disposizioni di spirito, l’ironia è la meno intelligente (Sainte-Beuve); e potrei continuare. Hai compreso meglio cos’è l’ironia? Guarda che qui in comunità ( che non può e non deve essere un porto franco della maleducazione) l’unica ironia valida è quella bonaria di Seneca, sempre pronto con la sua educazione, a modificarla o a minimizzarla. Io al tuo posto contemporaneamente all’eliminazione del tuo messaggio (al quale avevo già risposto) l’avrei giustificata immediatamente. Ma se educazione non deve esserci, se hai trovato i miei commenti ‘sferzanti’, non so che farci, anzi ti dico: ‘Che ce ne f… Hano Frank se sei andato in crociera privata o meno?’ E con questo chiudo definitivamente l’argomento, né ci tornerò più sopra. Sarò disponibile solo per discussioni che non investano più il personale.Grazie ancora e a rileggerci su argomenti di interesse generale. Bisanzio.
          Ritenevo di aver chiuso con quella discussione e mi accingevo, perlomeno per alcuni giorni, a dedicarmi totalmente alla mia attività trascurando totalmente ulteriori interventi di Ombretta e Fortus, quando d’improvviso apparivano sul giornale le…scuse di Sandy Sop a cui rispondevo un po’ intenerito: Cara Sandy Sop, finalmente! Ora comprendo perché Seneca e Ombretta, con la loro grande esperienza di vita, ti trattano con dolcezza. Perché hai delle notevoli qualità che mascheri con quegli interventi gratuitamente aggressivi. Perché lo fai quando sai scrivere così bene con lucidità e coerenza?(…) Proprio io, che ho rispetto per tutti e che da tutti so apprendere, non mi sarei mai permesso di entrare nella tua vita privata se non mi ci avessi costretto, né voglio assumere un atteggiamento paternalistico.Proprio no, Sandy Sop, anche perché non sei più una ragazzina, ma una donna, e penso che tu, come tutti (tranne quelli che non sono mai davvero cresciuti), devi imparare a frenare quella “rabbia dentro” che ognuno di noi ha avuto e che ha tentato di canalizzare per realizzarsi nella vita. Sai, cara, tutti conosciamo un linguaggio scurrile, ma non lo usiamo tranne che in situazioni disperate quando ci capita di avere a che fare con persone o ambienti che non comprendono altro. Ma tu hai studiato e studi ed hai la grande fortuna di avere un padre che è una persona perbene. E sei giovane ed hai tutta la vita davanti da vivere nel modo migliore. Cosa vuoi di più? Certo la vita è piena di problemi e di ingiustizie, ma quando non ci sono gravi tare di salute, è bello viverla e cercare di superarli con forza! E tu ne hai tanta, utilizzala bene. Ed ora basta. Da parte mia, non solo accetto le tue scuse (che non è un umiliarsi, tutt’altro), ma ti offro tutta la mia amicizia. Beninteso alla pari, da amico ad amica.Ti abbraccio. Bisanzio.
Seguiva un fioccare di altri intervanti: quello dello Scassatore, di Luise (che mi aveva il giorno prima spedito un e mail con l’invito a non dimettermi) e di Fortus. Ma dalla “puledrino bizzarro”, non giungeva alcuna risposta alla mia offerta di amicizia.  



V
La mia prima uscita dalla comunità




La bufera sembrava essere abortita, la calma ritornata, la stima e l’amicizia di molti confermata, l’animosità di altri svelata, quando, a sorpresa, compariva una nuova discussione a me dedicata dove Fortus, con la solita…lungimiranza, da una parte mi rimproverava d’aver tolto il mio romanzo inedito e, dall’altra, mi indicava come occupare meno spazio in nuovi inserimenti. Era giunto il momento giusto per precisare, in chiaro, alcune cose al direttore. Mi guidava il mio solito temperamento condito dallo…spiritaccio sperimentale di scrittore. Eccone il risultato: Mentre tranquillamente gironzolavo per una comunità pacificata, mi sono imbattuto nel tuo messaggio. E, Fortus, pur apprezzando le buone intenzioni, non posso fare a meno di dirti quello che penso, premettendo che sono sincero, anche troppo, ed è una vita intera che vado battagliando senza alcun timore di farmi qualche nemico in più che si bilancia con i tanti amici non virtuali che apprezzano questo mio modo di essere. Vedi, Fortus, hai un modo di trattare gli iscritti con un paternalismo in buona fede, ma a volte indisponente perché svela i tuoi mancati approfondimenti. Più volte l’ho notato e più volte l’ho subito sperando che si trattasse di una mancanza temporanea. Invece, imperterrito, insisti. Trattandomi come un bambinello desioso di trovare qualche persona che lo legga e qualche giornale (sia pure virtuale) che lo pubblichi, mi dai lo zuccherino! Ma come fai a non renderti conto (eppure c’è la mia biografia/bibliografia pubblicata in  Al Valentino e l’intervento di  Volteur) che io sono un affermato professionista scrittore ( e in Italia non saremo più di un qualche centinaio ancora operanti contro le centinaia di migliaia di ingegneri, medici, avvocati, commercialisti e i ben 50.000 professori universitari delle varie fasce) che ha pubblicato 18 libri con una tiratura complessiva di circa 200.000 copie, e che ha collaborato, con più di un migliaio di articoli, alle pagine culturali di quotidiani veri e di periodici, e che ha ricevuto dalle cento alle duecento corpose recensioni? Riesci a capire, ora? Quanti mi avranno letto comprando i libri o i quotidiani o i periodici o leggendo le recensioni? Più di un milione, qualche milione? ( e lasciamo perdere le centinaia di lettere  ricevute, le presenze in televisione, ai dibattiti, alle conferenze e la tesi di laurea sulla mia opera). E tu, che non sei un giovanettello, insisti e insisti quasi a dirmi:”Buono, questa volta non hai avuto l’onore di essere letto qui, ma stai tranquillo potrai ripubblicarlo e rimanere appagato la prossima volta!”
Incredibile! Non so proprio cosa dirti, non ho più parole. Poi, non contento, insisti:”So che ci hai lavorato tanto , bello o brutto che sia…” Fortus, ma cosa dici? A un pittore professionista affermato, ad un musicista e a uno scrittore di pari livello, non si dice mai che la sua opera è bella o brutta, ma se è valida o meno, se coinvolge o no. E, stai tranquillo, che la mia è valida, piaccia o no. Più di vent’anni di onorata professione lo garantiscono. Perché allora l’ho proposta in Comunità? Per un divertente gioco che avrebbe dovuto farvi piacere, per testare un libro per me sperimentale (ma sicuramente valido). Quando avrete più un’occasione  del genere, voi che dite di amare i libri e chi li crea, voi che ogni giorno scrivete e scrivete? Pensa che l’amico Rea (lo conosci o no? E’ in tutte le enciclopedie compresa la Britannica, è stato pubblicato in tutto il mondo compreso la Russia e la Cina, e si studia al liceo e all’università) a cui lo feci leggere prima che immaturamente morisse, mi disse:” Bisanzio, eccezionale il modo in cui, solo col dialogo, scavi nella protagonista, le metti a nudo anche lo scheletro!”. Ed io: “Sì, Mimì, ma non è noioso, ossessivo?” ‘Bisanzio, è un’ossessività alla Pirandello”; “ Dai, non esagerare”, risposi. E lui:” No,  è proprio così, devi solo sfrondarlo di  qualche pagina che ne rallenta il ritmo”.
Questo è tutto, Fortus, e se te ne avrai a male, non so che farci, ma non potevo continuare a tacere. Comunque sappi che non è mia intenzione ferirti nemmeno con uno spillo. E se qualcuno in comunità mi troverà borioso, antipatico e così via, vorrei che facesse mente locale sulla fatica dello scrivere e se proprio vuole capirla (e scusate se ancora mi cito) si legga pure la prima parte del mio articolo inserito in narrativa alla discussione su Eco. Poi, se continuerà a trovarmi difetti comportamentali, questa volta è solo colpa tua. Un ciao sereno da Bisanzio. Ah, scusa dimenticavo, non so perché tutti mi considerano giovane, ma sono vicino ai  sessant’anni e non li ho mai mascherati.

Senza alcun dubbio la mia risposta era stata un po’ esagerata e sarebbe stato interessante leggere le varie reazioni. Come quasi sempre, iniziava Seneca che, scusandosi per  l’intromissione, si diceva convinto che avevo mal interpretato il pensiero di Fortus e che tutti in comunità erano dispiaciuti di aver perso i testi  che avevo inserito  elevando la qualità della comunità. Secondo lui,  Fortus  mi aveva solo voluto esprimere tale dispiacere anche se l’aveva detto con parole improprie, ma io, soffermandomi sulla forma e non sulla sostanza, l’avevo…mortificato. Concludeva manifestandomi la solita affettuosa stima.
Di ricalzo, Luise mi diceva di concordare totalmente con Seneca e aggiungeva che nel web non siamo altro che noi stessi, nudi e crudi come…anime. Sì, certo, proseguiva, io, Bisanzio, ero uno scrittore affermato, ma lei non si era confrontata con una qualifica, ma con me, da sconosciuto a sconosciuta e ne aveva tratto tanto piacere a leggere, a “gustarsi” i miei interventi  considerandoli  “come un regalo”. Anche lei, come Seneca, concludeva  salutandomi con stima. Era poi volta di Silvana che iniziava dicendomi tutti ormai che avevano capito che io ero uno scrittore affermato che purtroppo, insieme alla notorietà, aveva acquisito una certa boria che non mi rendeva facile il dialogare alla pari con loro. Se così non fosse stato, non avrei preso tanto a male l’intervento amichevole di Fortus. Certamente, aggiungeva, il direttore non aveva usato i termini adatti, ma in comunità solo pochi avevano vera confidenza con il mondo delle lettere. Poi, invitandomi ad…avere pazienza, si diceva dispiaciuta di non aver ancora letto i miei libri sul giornale e mi invitava a reinserirli.
In fondo erano  interventi moderati e rispettosi verso di me, sia pur   difendendo, con qualche larvata critica, l’operato di Fortus ed io un po’ di rimorso lo provavo ad aver sollevato un nuovo…caso. Però proprio quei messaggi rafforzavano ancor più la mia convinzione che ben altre avrebbero dovuto essere le qualità di chi voleva gestire una comunità che desiderava e sbandierava  cultura quasi in ogni intervento. Così, appena un po’ più conciliante, replicavo: Decisamente il mio muovermi nella comunità è nato sotto una cattiva stella e non riesco proprio a farmi capire. Sono convinto che il mio intervento precedente sia corretto e giusto, mentre quello di Fortus, sia pure a fin di bene come ho scritto, è quantomeno superficiale. Con l’aggravante di questi due tre giorni d’inferno che l’hanno preceduto. Ma essendo voi persone sensate che mi date torto, taccio e non parlo più deprecando quegli inserimenti di miei libri che sono all’origine di tutta la serie di equivoci che ormai inonda questa bacheca della comunità. Ma prima di chiudermi in un definitivo silenzio, vorrei solo aggiungere che il fatto di doverci qui comportare come se fossimo nudi e crudi, è assurdo perché la nostra personalità non può fare a meno di essere comunque permeata da ciò che facciamo nella vita. Dalle nostre lotte, dai nostri successi, dalle nostre sconfitte, dal nostro ambiente, dalle nostre famiglie, dai nostri amici. Prima o poi prepotentemente salta fuori. Come Seneca che racconta della sua professione, di sé stesso, di suo padre e dei suoi nonni (e non è certo il solo:anche Fortus, Spartacus, Hano Frank e tanti altri lo fanno).
 Il fatto che ognuno di noi si possa far passare per ciò che vuole, appartiene alle chat e non ad una comunità continuamente frequentata in cui sembra che molti sanno tanto della vita e dell’attività degli altri (anche perché quasi tutti lo dicono. Leggetevi gli interventi nei quali ciò avviene). Nelle chat invece, dove spesso domina un gioco erotico, tutti abbiamo l’età, la qualifica e la bellezza che ci conviene dire. Ma io non sono pratico né di chat, né di comunità e voi siete i maestri. Ma, ma se ci riflettete con  sincerità, forse ammetterete che non ho torto. Per quanto poi  riguarda uno scrittore, che ha la dabbenaggine di citare alcuni titoli dei suoi libri, l’anonimato non esiste più. Il suo nome e la verifica di quello che afferma è facilmente rilevabile. Quindi, in conclusione, se la mia teoria fosse valida, è Fortus, e non io, che sbaglia anche se lo fa con tanta buonafede ed affettuosità. In fondo la via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni. Passo e chiudo.

Puntuale ed immediato il nuovo intervento di Seneca che precisava di non avermi affatto dato torto, ma solo di aver tentato di spiegarmi il senso dell’indirizzo che Fortus mi aveva rivolto. Proseguiva dandomi pienamente ragione sul fatto che ognuno di noi, volente o nolente, porta nelle comunità le sue esperienze di vita reale e addirittura, come me e lui stesso, dichiarando apertamente quello che è, mentre altri preferiscono un assoluto anonimato, non solo sul nome reale, ma anche sulla professione, la sua vita privata e così via. In questo modo, ed anche con la frequente adozione di due o più nick diversi per alcuni iscritti, potrebbe essere successo di aver inviato fiori virtuali  a qualcuno che pensava fosse  donna e che è invece poteva essere un omaccione baffuto che era  divertito a prenderlo  in giro.
Ed ecco arrivare la risposta di Fortus dopo appena tre ore dal mio primo intervento che sembravano tante solo perché questa attivissima comunità aveva già sfornato (fra il mio e il suo) ben cinque interventi. Il gestore, anche se sosteneva di non essersi affatto offeso, era davvero risentito e cercava di colpirmi in tutti i modi sia pure formalmente corretti. Ne venivano fuori concetti, secondo me, confusi e contraddittori specialmente dove s’imbarcava in descrizioni del mondo librario, critico e di fruizione. Il tutto condito da un disperato tentativo di …appiattimento nel quale banalmente sosteneva (forse considerandolo spiritoso) che la comunità non era…il Rotare club. Lo sosteneva, immediatamente dopo, il misterioso Pazzus che chiedeva se lo “scemo” era sceso dallo sgabello o no?.
Rispondevo: Alla faccia! E se ti fossi offeso? No, non volevo offenderti assolutamente, né mi offendo per quello che ora scrivi. Solo, ti confermo, che non riesci a capire quello che ti si scrive o che si scrive. Questo è il problema, ma non mi riguarda. Passo e chiudo.  
E, mentre cancellavo tutti i miei messaggi inseriti in precedenza, e la mia iscrizione alla comunità, venivo raggiunto da un…elegante intervento di Spartacus, l’assistente gestore che ancor più mi convinceva della bontà della decisione di andarmene. L’oscuro individuo scriveva ponendosi una domanda sugli intellettuali che rilevava tutta la sua scarsissima conoscenza del mondo culturale. Poi concludeva affermano di aver già scritto che gli intellettuali gli stavano tutti sui…!          

                 

























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MessaggioTitolo: Re: LIBRO COMPLETO di " AVVENTURE IN INTERNET"   LIBRO COMPLETO di " AVVENTURE IN INTERNET" EmptyMer Gen 08, 2014 11:17 am

VI
Rientro nella comunità



Uscito (pensavo definitivamente) da Al Valentino, mi rendevo sempre più conto di quanto il mondo delle comunità virtuali fosse tentatore con quell’offerta di comoda compagnia e di attenzione (malevola o benevola che fosse) alle problematiche che chi aveva incominciato a farne parte poteva inserire a piacimento. Però quanto tempo rubava alla normale attività! Per cui poteva risultare davvero adatto solo a pensionati o ad anziani con alle spalle un’attività lavorativa in fase di disarmo o talmente affermata da poter distribuire il proprio tempo senza pregiudicarla. Non mi sembrava, invece, questo mondo virtuale, adatto  a chi avesse da portare avanti una carriera ancora in fase di sviluppo. Né, tantomeno, ai giovani in buona salute che meglio avrebbero fatto a studiare e ad uscire di casa per frequentare amici, per intrecciare amicizie e storie amorose nel reale invece di rimanere ore e ore davanti al computer a digitare pazzamente con altri più anziani o a coetanei che, come loro, erano spesso rinunciatari della vera vita.
Dopo una piccola battaglia personale e spinto ancora una volta a penetrare meglio un mondo per me ancora abbastanza sconosciuto, decidevo di “fondare” una mia comunità approfittando dell’avvicinarsi del periodo di vacanza.
Detto fatto, semplicissimo. Cliccavo su “crea una comunità” e rispondevo alle poche domande stabilendo il nome (“Scrivere da professionista o da aspirante”) e autonominandomi gestore e incominciando ad inserire, in piena libertà, qualche mio scritto già pubblicato in libri. E poi la lasciavo…vegetare nonostante Luise (di Al Valentino) se ne fosse dimostrata immediatamente interessata e pronta ad affiancarmi.
Ma la mia rapida uscita da Al Valentino, aveva determinato una spiacevole situazione: alcuni iscritti, forse ignorando la mia impossibilità a rispondere (solo chi è regolarmente iscritto può operare interventi nelle bacheche), avevano continuato a parlare di me, ma guarda caso, erano più quelli che non mi avevano avuto in grande simpatia a farlo: Scassatore, Hano Frank e qualche altro. Per la verità non è che me ne importasse molto rientrare per rispondere, né si trattava di interventi particolarmente pesanti o molto malevoli. Ciò che invece mi faceva gola era partecipare ad una conversazione che  si era  sviluppata in modo estremamente interessante con vari partecipanti fra i quali spiccavano Seneca, Hano Frank e Volteur. Ebbene solo quest’ultimo si era ricordato di me e mi aveva citato un paio di volte, mentre Seneca sembrava essersi dimenticato completamente della tante volte sbandierata “grande amicizia”. Ma, per la verità, il sessantanovenne stava rapidamente soccombendo alle brillanti argomentazioni di Volteur, ed io…fremevo dalla voglia di prendere parte ad una discussione di tale qualità da oscurare tutte le altre comunità che avevo visitato. Usai, quindi, come scusa il voler rispondere alle osservazioni su di me e…ripresentai nuova domanda di …ammissione in tal modo motivata.
Però qualche assenza dei gestori causava un mio ingresso ritardato e solo quando Volteur, con un quest’ultimo intervento, aveva già di gran lunga vinto la…partita: “ (…) verrò dunque a spiegarle  perché considero il ‘professore associato alla cattedra di biochimica della Facoltà di Medicina dell’Università di Boston il quale ha vinto il premio per la letteratura scientifica dell’American Chemistry  Society che è da considerarsi (cito da ‘Who’s who in Science’) ‘uno dei più eminenti scrittori in campo scientifico e scientifico-divulgativo’ (come aveva trionfalmente sbandierato Seneca in uno degli interventi precedenti) ,Isaac Asimov’ uno scrittorello e nulla più. Perché ha commesso l’errore dello specialista, ed è, nel ‘900, un pensatore di struttura tipicamente ottocentesca. Ora invece le mostro cosa è una mente realmente contemporanea. (punto 1)Nella storia del divenire del pensiero esistono due fattori in costante tensione: il software (l’idea) e l’hardware (la materia e la tecnica). Per un uomo primitivo portare i mammuth scuoiati nella grotta con meno fatica è un esigenza software e la ruota e il carro sono la risposta in termini di hardware. Se osserviamo la recente evoluzione dei personal computer notiamo che il software ha sempre fatto da traino all’evoluzione dell’hardware: è l’idea che conforma il resto secondo i suoi bisogni: programmi più potenti necessitano di computer più potenti. Ma quando l’hardware evolve, modificato dal software, ecco che inusitatamente libera potenzialità nascoste, e il nuovo software va ben al di là, o si rivela comunque diverso da ciò che esso si proponeva prima che l’hradware venisse dalle esigenze stesse del software modificato (eterogenesi dei fini). (punto 2) Prendiamo ad esempio il passaggio dall’architettura romanica a quella gotica: i tetti a capriate celle chiese romaniche erano costruiti in legno, perché dovevano essere leggeri in modo da non gravare all’eccesso sulle pareti . Ma il legno troppo spesso prendeva fuoco: fu necessario costruire i tetti in pietra. Il momento di passaggio dall’architettura romanica a quella gotica è rappresentato dalla architettura cistercense alla fine del XII secolo: si cominciò a costruire archi a sesto acuto  e il modulo ad quadratum , ponendosi fra l’altro in maniera del tutto nuova il problema della luce: le chiese romaniche erano di difficile costruzione, buie e il loro tetto s’incendiava. Il software dei cistercensi richiedeva:  facile costruzione, più luce senza dover usare troppe candele, cioè niente o minor rischi d’incendi. Le volte a botte in pietra richiedevano spessori enormi, dispendio di energie e di risorse economiche: ma i cistercensi predicavano una regola spiritualista, di distacco dalla materia, in sostanza alquanto povera. Si passò agli archi a sesto acuto e alle volte a crociera ogivali in pietra, per le quali non occorrevano più pareti mastodontiche, giacchè bastavano i pilastri sui quali si reggevano le ossature delle volte a crociera e i sesti acuti. Le richieste del nuovo software avevano modificato l’hardware, ma ora, come sempre accade, l’hardware andò mostrando le sue potenzialità nascoste: così le pareti si assottigliarono, fino a dileguarsi, nacquero pertanto i contrafforti esterni per bilanciare lo sforzo esercitato dalle volte  ogivali in pietra sui pilastri, ed ecco ne venne per esempio, il tipico deambulatorio del secondo ‘200: nasce l’estetica gotica, che è ricchissima e sfarzosa e lontana dalle intenzioni dei cistercensi. Le pareti si fanno di vetro, muta l’estetica simbolica della luce, il trascendentalismo a Dio spinge verso l’alto la nuova architettura e la riempie di statue stupende a 160 metri dal suolo, statue che l’uomo non vede, ma le può vedere Dio dall’alto: a lui sono più vicine (geocentrismo). Il software ha modificato l’harware, e questo a sua volta ha modificato il software: da una esigenza costruttiva (romanico), alla soluzione di un dato problema (cistercensi), ad un’estetica del tutto nuova (gotico). La differenza tra i due momenti di evoluzione sta in questo: nel momento in cui il software ha dell’esigenze che l’hardware non soddisfa, allora l’idea prevale, cioè c’è una richiesta consapevole del pensiero rispetto alla materia disponibile ( in senso lato perché si parla anche della tecnica). Invece quando l’harware, una volta che viene modificato dal software, libera le sue inusitate possibilità, esso travalica la consapevolezza dell’uomo, ed è per così dire fuori controllo: si crea una nuova bellezza, e si crea in parte nel senso in cui essa mostra il limite umano proprio del tecnicismo, che è meraviglioso perché inconsapevole: c’è qualcosa di mostruosamente bello e di minaccioso nelle sterminate cattedrali gotiche che ha posseduto dall’alto gli uomini folli che credendo di crearle, ne erano per così dire creati ( discorsi simili si possono fare per esempio per il manierismo, per Bernini, per non dire degli orrori dell’800 italiano, a loro modo ironicamente bellissimi): questo è il significato del barocco, inteso come momento spirituale della creatività umana. Oggi per molti aspetti siamo nel barocco.  Tutto ciò da un punto di vista puramente tecnico applicato ad argomenti umanistici. (punto 3) Don DeLillo fa parte di questa scuola di pensiero, ha questa consapevolezza; Asimov no. Inoltre i premi non dicono troppo, perché in genere le lobby universitarie, giornalistiche e di pensiero tendono a conservare il loro stile e la loro verità, e premiano chi soddisfa le esigenze ‘istituzionali’: quanti stupidi film sono stati ricoperti di Oscar? Nel 1863 il vincitore del Salon di Parigi fu un tale Cabanel, insignito da Napoleone III in persona. Nello stesso anno Edouard Manet presentava il vituperato Dèjeuneur sur l’herbe, dal quale nasceva l’impressionismo: chi si ricorda del celebrato Cabanel, oggi? E come esperto d’arte chi ricordiamo:Napoleone III o il coraggioso Nadar? (punto 4) Cosa fanno gli scrittori di fantascienza come Asimov, e perché non sono veri letterati se giudicati solo in base alle invenzioni contenutistiche che propinano? A parte le risposte che ci darebbe Bisanzio se avessimo la fortuna di vederlo albergare ancora tra noi (manca l’emozione), il loro problema consiste nel vizio di fondo della fantascienza. Essa perisce con la storia, perché è de facto superata dagli eventi che vuole predire, e quindi rimane solo come documentazione del sentire di quel determinato periodo che l’ha prodotta, e non come opera d’arte e di cultura umanistica. Oggi sorridiamo delle invenzioni scientifiche di Verne e di Huxley: Asimov farà la stessa fine (l’ha già fatta), perché Asimov è un Verne e nulla più: quando lei elogia Asimov, Seneca, lei elogia i ricordi piacevoli del suo passato, non la presunta qualità letteraria che va giudicando, e il suo giudizio, egregio sempre egregio Seneca, è troppo spurio per essere condiviso, manca per così dire, di ‘eutanasia’: lei deve annullarsi per giudicare davvero in tale campo. E mi perdoni già qui l’arroganza con cui mi permetto di dirle una simile cosa, che lei sa già benissimo. DeLillo non è assolutamente confondibile con simili scrittorelli: DeLillo proviene dalla scuola gesuitica che ci ha dato in questo secolo James Joyce; DeLillo è figlio letterario  dell’immenso Thomas Pynchon e, prima di questi, di Faulkner. Tra questi nomi e Asimov non c’è alcun paragone proponibile. Invece potremmo metterlo a confronto a buon profitto con Orwell. (punto 5) E concludo tirando le somme: la fantascienza è ad altissimo contenuto software, ma ha un bassissimo valore harware, talmente basso da rasentare non dico il ridicolo, ma certamente l’ingenuo e il grottesco, al quale lo condanna la storia. Quando la fantascienza affronta i temi che ci propone con la parola scritta poi, la sproporzione tra contenuto ideale (software) e mezzo tecnico (harware, la parola scritta) è tale che l’invenzione viene subissata dall’errore. Sarebbe come costruire le cattedrali gotiche di cui sopra con i mezzi barbari dei primitivi di cui all’inizio. Asimov non possedendo questa consapevolezza vede falsato sin nell’origine i suoi tentativi che fanno sorridere e basta, e fa l’errore dello specialista  che non vedendo la struttura nel suo insieme commette un errore enorme. Già un film riesce a trattare con più serietà l’argomento della fantascienza(il celebrato Blade Runner, per esempio, anche se Harrison Ford in quel film è ancora un eroe degli anni 50, un Bogart truccato con un futuristico pastrano e trasposto nel 2019, se non ricordo male la data), e ancora meglio riesce a trattare la fantascienza la visual art creata al computer. Tuttavia, di fatto per la sua sproporzione a favore del software, la fantascienza è un argomento difficilissimo da affrontare per un autore di divulgazione o livello divulgativo di scrittura! Da un punto di vista storico, essendo ad alto livello software, la fantascienza rappresenta l’inizio di una modalità artistica di là da venire . Ma oggi, come modalità divulgativa essa rischia di propinare una mancanza di consapevolezza proprio laddove la vorrebbe favorire, perché ogni sapere è sapere di forme, e se le forme sono errate è errato anche il pensiero: chi ne fruisce, egregio, ne paga lo scotto, proprio perché inizierà ad ignorare sé stesso. E non staremo qui a ricordare le parole che ornavano il tempio dell’Oracolo di Apollo a Delfi: conosci te stesso”.                                              
Davvero splendida questa specie di conferenza di Volteur e gli altri suoi interventi che l’avevano preceduta nella discussione, ma forse un tantino esagerato il mio pubblico apprezzamento in una nuova discussione da me aperta e intitolata “risposte di Bisanzio”: Riottenuta, dopo cinque giorni, la voce in Al Valentino, non posso fare a meno di esordire con i più vivi e ammirati complimenti a Volteur che ha pennellato interventi di assoluto valore artistico. Perché la sua è arte in quanto i lucidi contenuti (software) si sono splendidamente bilanciati con la ‘forma’ (hardware) estremamente raffinata dove si avverte e ci dona emozione. Questo dovrebbe sempre contrassegnare un vero artista. Purtroppo in questa comunità, e fuori di essa, non molti riescono a comprendere le difficoltà di fare vera arte, che è un sofferto punto d’arrivo, dopo ricerche e tentativi stressanti,  e assimilazione di molte e molte letture penetrate nel modo più corretto ed efficace. Distorti da scadenti insegnanti (chissà come giunti alla cattedra), dall’editoria del clamore, da film commerciali, molti sono convinti che pittori (anche quelli veri) sono i giovani che affollano via Margutta a Roma o il quartiere latino a Parigi dove eseguono mediocri ritratti a belle ragazze o riproducono paesaggi come cartoline, mentre narratori son quelli che, su uno sgombro tavolino posto su un terrazzo invaso dal sole e da amiche in bikini, scrivono libri nella più assoluta confusione senza documentarsi, senza consultare nulla, nemmeno un dizionario. No, non è così. Un artista vero (pittore o narratore che sia) studia  e indaga come e più di uno scienziato e di un saggista, e non deve solo badare ai contenuti, ma rivestirli di un linguaggio aggiornato  e, quanto più possibile, personale. Egli, l’artista, come lo scienziato (che non deve mai dimenticare, magari aggiornandole e modificandole, le lezioni di Platone e di Aristotele) guidano il progresso dell’uomo che, senza di loro, potrebbe al massimo aspirare ad essere un membro di una comunità di formiche o di api. Purtroppo per me, la mancanza di voce qui, mi ha impedito di intervenire nel pieno della discussione e ora, che posso farlo, è ormai tardi anche perché mi identifico, quasi completamente, con gli assunti dell’egregio Volteur che ringrazio per essere stato uno dei pochi (se non l’unico) a ricordarsi di me. Forse solo fra qualche tempo, se ce ne sarà data l’occasione, torneremo sull’argomento, specialmente sull’arte romanica e su quella gotica dove credo di avere qualcosa da aggiungere. Concludo, tralasciando di impegolarmi con gli scantinati di Al Valentino, solo per ribadire che nessuno di noi è ‘nudo e crudo’ in comunità e ognuno di noi, permeato  dalle proprie esperienze, studi, frequentazioni ed ascendenze, porta qui la propria personalità che è frutto di tutto ciò e della propria ostentazione che, a mio avviso, non dovrebbe mai riguardare gli avi (vero Hano Krank?), ma solo quello che, nel bene o nel male, siamo stati personalmente capaci di realizzare nella vita. Non sono nostre le prodezze degli antenati di famiglia, né si può vivere di rendita su di loro. Anzi dovremmo sentirci spronati a far di meglio e a far di nostro, e un po’ di egocentrismo, che è comune a quasi tutti noi, non è poi un gran male se si sa anche, con coraggio e sincerità, riconoscere quando si sbaglia.
Undici minuti dopo, ecco Seneca che affermava di concordare in pieno con me. Poi Ombretta che manifestava il piacere del mio ritorno perché ero (a suo dire) uno dei pochi iscritti a fare della comunità qualcosa di speciale, ma non concordava con me per gli avi di Hano Frank perché una famiglia è una concatenazione di cause e di effetti.. Seguiva Fortus, immutabile, lamentandosi perché riteneva che io avessi accusato lui e il cogestore di aver volutamente ritardato la mia riammissione in comunità nella quale, affermava, non vi sono scantinati. Infine, due ore e quattordici minuti dal mio intervento, ecco Hano Frank che sosteneva di non aver mai detto di poter vivere di rendita sui propri avi, ma che a…citarli non era stato l’unico in comunità. Poi riprendeva, anche se meno baldanzosamente, l’argomento dell’ironia e della mia visione un po’ Bisanziocentrica, e qualcos’altro.
Ancora un ora e mezza e poi giungeva Luise, che concordava su gran parte del mio intervento, ma mi invitava ad usare …l’umiltà del sapiente che riconosce quanta strada debba ancora percorrere. Era incalzata da Seneca che riconfermava la sua completa concordanza con il mio assunto.
Finalmente, essendomi sembrato che gli interventi sul mio rientro fossero finiti, rispondevo: Ringrazio tutti quelli che, fino ad ora, sono intervenuti, e inserisco, qui di seguito, una serie di sintetiche risposte: 1) SENECA. Sono felice che tu sia d’accordo con me e ancora di più della conferma che ne dai. Al piacere di nuove, speriamo appassionanti, discussioni. 2) OMBRETTA. Quello che racconti di te è un’ulteriore conferma che la cultura si forgia, più che con gli studi scolastici, con attente letture e svariate partecipazioni. Complimenti. Per quanto riguarda gli avi (di tutti, non solo quelli di Hano Frank), guarda che concordiamo. Infatti ho scritto: “…ognuno di noi, permeato delle proprie esperienze, studi, frequentazioni e ascendenze…”, e sono con te sulla “concatenazione di cause e di effetti”. Infatti dico: “…Anzi dovremmo sentirci spronati a far di meglio…”. Però, a mio avviso, non bisogna ostentare le glorie dei propri avi. Quali meriti abbiamo di essere nati in una famiglia importante? Aggiungevo che, se uno proprio volesse ostentare (sarebbe meglio evitare, ma chi, nella sostanza o in qualche occasione, non lo fa?), dovrebbe utilizzare solo i propri personalissimi meriti. Spero che ora concorderai su tutto. 3) FORTUS. Ti sei dato la risposta tu stesso nel primo capoverso del tuo intervento. Per “mancanza di voce” intendevo (e credo che tutti mi abbiano compreso) il fatto di aver io stesso cancellato la mia iscrizione e quindi la mia impossibilità di intervenire alle bacheche fin quando tu, appena a conoscenza della mia richiesta, non mi hai gentilmente riammesso. (…)Credo che sia chiaro a tutti, Fortus, che qui c’è la massima libertà di parola e di spazio. E’ un tuo merito che mai ho inteso negare. Per quanto riguarda gli “scantinati”, lo sai più di me che ci sono, ma è inevitabile anche nelle costruzioni più lussuose e pulite. E, in fondo, è un altro aspetto della libertà di parola, cara a noi tutti. Insomma, Fortus, ora basta con gli equivoci. Qua la mano, e porgimi anche tu il “ben tornato”. Ci tengo. 4) HANO FRANK. Sei stato tu che mi hai accusato di ostentare i miei personali meriti. A parte il fatto che come ostentazione nessuno di noi scherza (ed è abbastanza normale). Io, sul filo del mio discorso (sostanzialmente corretto) sulla personalità, ho colto l’occasione per dirti che non mi era piaciuto quel tuo accenno al nonno del bisnonno (addirittura) con le targhe, le scuole e non so cos’altro intestategli. Credo che tu sappia, da alcuni nostri accenni del tutto funzionali al discorso che si faceva, che anche Seneca ed io, abbiamo la fortuna (sì, perché è una fortuna, non un merito) di appartenere a famiglie di rilievo, ma, se proprio dobbiamo ostentare, lo facciamo con quello che riteniamo essere i nostri personalissimi meriti (o ritenuti tali). A parte il fatto che, andando più a fondo nel discorso, anche lì un po’ di fortuna c’è. Comunque sono umane debolezze, chi non le ha? E quindi libertà di ostentazione e libertà di criticarla, se la critica è giusta e in buonafede. Poi ancora insisti dicendo, per la seconda volta, le stesse cose. Guarda che tu hai iniziato con una citazione sull’ironia (una citazione di poco peso e terminante con “cazzo”) ed io ti ho risposto con tre citazioni importanti: Kierkegaard, Quasimodo e Sainte-Beuve, e senza “cazzo”! Per quanto riguarda il “che spocchia!”, mi aveva colpito perché presumevo mi fosse stato indirizzato da una persona che stimo profondamente. Sulla passeggiata, ti dirò solo che accetto ogni critica EDUCATA. E proprio tu che, per un innocentissimo “un signore ben vestito” la stai facendo così lunga, non mi sembri nelle condizioni di criticare. Che tu sia una persona di “una certa consistenza”, lo confermo. Mentre concordiamo su quanto dici sul capire. Da quest’ultimo punto, Hano Frank, non credi opportuno, per entrambi, terminare queste polemichette? Se c’è stato qualche equivoco, mettiamoci reciprocamente una pietra su. Sarà invece bello, e spero che tu sia d’accordo, confrontarsi solo su temi importanti e assolutamente non personali. 5) LUISE. Sottoscrivo tutto quello che dici. D’altra parte se so qualcosa lo debbo proprio al comportamento che tu auspichi e che ho sempre adottato. Umile, umilissimo con gli umili, ma solo con loro. Assolutamente no con chi, avendo poca sostanza, assume un’aria di superiorità. So benissimo di ignorare tanto, ma non voglio dire banalità. Solo un pazzo affermerebbe il contrario. Bisanzio.
Con il mio ultimo intervento ancora caldo, ecco Fortus, il bravo e generoso  Fortus  indirizzarmi un graficamente grande :”BEN TORNATO BISANZIO” e, stringendomi la mano, mi assicurandomi che conosceva uno per uno gli iscritti e che in comunità non c’erano scantinati e che lui stava imparando da tutti noi. Rispondevo con: Grazie, Fortus, e, sul resto, d’accordo. Come si fa a dire no ad una persona luminosa come te?, immediatamente preso garbatamente in giro da Seneca sulla luminosità del gestore.                            
















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MessaggioTitolo: Re: LIBRO COMPLETO di " AVVENTURE IN INTERNET"   LIBRO COMPLETO di " AVVENTURE IN INTERNET" EmptyMer Gen 08, 2014 11:20 am

VII
Attriti con Seneca. Dimostrazione per assurdo e seconda uscita dalla comunità



Mi ero quindi reinserito nella comunità che, nonostante gli attriti, le prime invidie manifestate e qualche difficoltà nel capire, si rivelava, ogni giorno di più, di un livello decisamente superiore alle tantissime altre di Messenger. E, pochi  giorni dopo le  “risposte di Bisanzio ”, aprivo una nuova discussione dal titolo “immagine eidetica?”: E’ un racconto o realtà? Chissà La notte sta per terminare e, come al solito, sono preda di un intenso baluginante onirismo, che non è un’attività del tutto normale come quella onirica, ossia appartenente al sogno. Infatti non sono ancora riuscito a comprendere se avviene durante il sonno o la veglia anche se un tantino confusa. Di sicuro non dormo quando il cielo, d’un nitido azzurro, s’incendia,dietro gli alberi secolari che sovrastano la mia finestra, in un’alba bellissima che conforta i sensi e le speranze. Onirismo, sogno, incubo? “Galassia Gutemberg” cos’è? Ah, ecco, è il nome che hanno dato al napoletano Salone del Libro che è “liberamente ispirato a quello di Torino, ma che avrà ‘un occhio particolare alla realtà soffocata delle piccole case editrici”. Difatti ai piccoli editori partenopei (se il trattamento è stato paritario) è stato consegnato un fascicolo con notizie, domanda di ammissione e planimetria, solo il 22 dicembre. Guarda caso in un venerdì pomeriggio al quale, oltre al normale fine settimana, Natale, S.Stefano ed il caotico periodo che terminerà non prima dell’8 gennaio. E il “Galassia” inizierà il 17 febbraio, e alla stragrande maggioranza degli appena sessanta editori della nostra felice città (già tanto strapazzati a Torino) non è stata chiesta alcuna preventiva consulenza o approvazione, ma soltanto, a cose fatte, la solita partecipazione con congruo pagamento addolcito però da: “In attesa di una sua celere adesione, saremo lieti di accogliere ogni sua eventuale proposta da inserire nel programma”. Onirismo, sogno o incubo? “Davanti all’immagine” è l’unico libro d’arte che da ben 11 settimane primeggia nella classifica dei best seller. Un improvviso amore degli italiani per l’arte vera? No, assolutamente(…)Onirismo, sogno o incubo? “Rumorosa da impazzire” è il titolo di un articolo uscito recentemente su di un quotidiano dove finalmente si denuncia  l’inquinamento acustico della nostra città(…)Onirismo, sogno o incubo?”La funicolare è ancora chiusa” è ormai una costante, come i tempi lunghissimi per trovare un taxi, un autobus o un posteggio e tantissimi ancor più gravi problemi d’una città, che, a parte il calcio, sembra abbandonata a sé stessa(…)Onirismo, sogno o incubo? “Legge 181/89 la tua deindustrializzazione personale” è un’inserzione più volte comparsa sui giornali. Permette ai duemila cassintegrati del settore siderurgico di ottenere(…)Purtroppo la temporaneità praticamente non esiste più e centinaia di migliaia di dipendenti sono praticamente diventati cassintegrati fino alla pensione e costano allo Stato, e quindi a noi, quasi diecimila miliardi all’anno! Un tormento per gli onesti e una bazza per tutti gli altri. Onirismo, sogno o incubo? Forse un’immagine eidetica, ossia percezione di cose non presenti che è nitida come un’allucinazione, ma della cui natura puramente mentale il soggetto è consapevole. Davvero? Bisanzio.
Questa volta era Fortus il più sollecito, e abbastanza lucidamente scriveva che qualcosa era cambiato: la piccola editoria stava scomparendo, la città era meno rumorosa, e che sulla Cassa Integrazione non ci sarebbe stato più problema per la decisione del nuovo governo di permettere licenziamenti svincolati dalla giusta causa, ma, continuava, i veri miglioramenti si potevano vedere solo nella tecnologia, ma non nella qualità della vita.
Rispondevo:Caro Fortus, commenterò un’altra volta tutti gli argomenti della tua interessante risposta. Per ora, per quanto riguarda la Cassa Integrazione, eccoti un mio articolo pubblicato  una diecina di anni fa. Mi sembra sempre attuale anche per il suo titolo di ABOMINEVOLI STORTURE DELLA CASSA INTEGRAZIONE. Come ogni giugno Gennaro Esposito, cassintegrato ventottenne, si anima, in improvviso attivismo lo pungola. Si reca in libreria e acquista l’annuario dei campeggi. Cono gelato in mano, gira per una delle tante fiere ed esamina con meticolosa attenzione roulotte, camper e tende di ogni genere. Compila schemi comparativi e traccia il programma minuzioso della sua lunga estate vacanziera. E’ felice, la stagione calda gli permette di accantonare (se li ha) complessi di colpa perché, variando ogni venti giorni località, può farsi passare per un lavoratore che si gode il giusto riposo annuale. Raccoglie intorno al tavolo moglie e figli e chiarisce loro la mappa della favolosa vacanza che durerà oltre due mesi. La gioia dei bambini è grande mentre un’ombra di disappunto cala sul volto della moglie, ottima traduttrice dall’inglese, che per il sesto anno consecutivo si vede costretta a trascurare e perdere clienti faticosamente conquistati e mantenuti con sforzi inenarrabili anche durante le due gravidanze e i successivi allattamenti. Maria sa che c’è poco da discutere se non vuol perdere il padre dei suoi figli e già è molto se è riuscita a svolgere il suo lavoro con la professionalità che Gennaro ha continuamente minato, forse per invidia, per dispetto, per ridurla simile a lui, subito abbandonatosi alla bazza di quella specie di rendita che gli proviene da generose istituzioni che non si applicherebbero alla libera attività di Maria. Egli non ha mai cercato con serietà un’alternativa al limbo della cassa integrazione. No, Gennaro  per anni non ha mai svolto con vero impegno per più di qualche settimana un altro lavoro, né s’è mai reinserito nel mondo degli studi per conseguire una laurea o una specializzazione che gli avrebbe permesso di essere modernamente competitivo nella ricerca di una nuova occupazione. E perché? Quasi un milione entra nelle sue tasche ogni mese mentre ciondola fra casa, biliardo e amici e in più ci sono i guadagni di Maria e gli oboli continui strappati ai genitori ed ai suoceri commossi per quel ‘povero giovane che, dopo solo pochi mesi di occupazione, è ‘costretto’ a non far nulla, né può – è ovvio- mortificarsi a sostituire la moglie nella cura dei figli e della casa: il suo orgoglio ne soffrirebbe , non sarebbe più un vero uomo!’. A meno di un chilometro di distanza abita Francesco Rossi…Uno di loro è l’ultra cinquantenne Mario Bianchi…I tre casi che vi ho raccontato e che sono, con ovvie varianti,comunissimi, riassumono buona parte delle storture presenti nella gestione della Cassa Integrazioni Guadagni che fu lodevolmente creata come gestione speciale dell’INPS…In sostanza le casse integrazioni guadagni non dovrebbero tradire i loro motivi istituzionali ed esattamente la temporaneità del sussidio e non dovrebbero permettere a un buon numero di nostri concittadini di percepire una parassitaria rendita per poi dedicarsi, a seconda delle tendenze,a lunghe villeggiature o ad arricchimenti a spese della comunità. Chissà se così il lavoro nero e l’economia sommersa possano divenire più facilmente e rispettivamente bianco ed emersa facendo salire il tasso di attività (percentuale delle forze di lavoro totali sulla popolazione) che nel nostro Paese è di appena (1983) il 41%, uno dei più bassi del mondo industriale e postindustriale”.
Ancora Fortus interveniva per dire che Gennaro e Francesco,  agivano in modo da mettere in dubbio  certe iniziative nate con uno scopo positivo. Mario, invece, era il tipico esempio di lavoratore da salvaguardare. Siamo, continuava, 2 a 1 contro la cassa integrazione. Per pareggiare,  raccontava di un uomo di 45 anni che si era gettato dalla finestra perché non riusciva  più a mantenere la propria famiglia. Era stato licenziato un anno prima assieme ad altri, dopo la chiusura di una delle tante fabbriche che non ritenevano più conveniente risiedere nella nostra zona, una grande fabbrica, e quell’uomo aveva provato con vari lavori, lavori saltuari, quelli si trovavano, ma erano miseria e non arrivavano nemmeno alla metà dello stipendio di prima, e nemmeno i figli di Mario trovavano lavoro.
Si trattava di una discussione indubbiamente interessante che aveva  finito di coinvolgere una ventina di iscritti e tendeva a battere ogni record di numero d’interventi segnando anche la…nascita o la rinascita di Pazzus che si svelava come un esperto economista. Anche Aerea, una nuova iscritta che si sarebbe rivelata importante per la comunità,  diceva la sua con perfetta coerenza al tema. A rovinare tutto provvedeva un imprevisto intervento di Tommy, l’amico ottantenne di Seneca,  innervosito per non riuscire a scovare qualche capitolo di un mio libro inserito nella comunita “Scrivere da professionista o da aspirante”, faceva la forse provocatoria richiesta  di scrivere come mangiavamo e di spiegargli cosa fosse il baluginante onirismo.
Ma, a ripensarci bene, i motivi erano altri. Per comprenderli bisognerà fare, come nei romanzoni dell’800, uno o due passi indietro. In una delle tante discussioni in corso contemporaneamente Al Valentino, Seneca, a sorpresa, aveva inserito un messaggio con chiaro riferimento a Volteur dal quale evidentemente non aveva digerito la sconfitta. Diceva che si sentiva a disagio da quando qualcuno si è messo a pretendere il “lei”, ma forse, continuava, noi iscritti avremmo dovuto essere grati a quel “lei” che lo avrebbe fatto uscire dalla comunità. Dopo un immediato intervento di Fortus, molto legato a Seneca che gli era utile in comunità per i continui interventi su qualsiasi argomento, a mia volta scrivevo:Seneca carissimo, scusa, ma non credo affatto che sia il problema del ‘lei’, che non è affatto un problema, ma di altre cose successe qui recentemente(…)Senza di te non ci sarebbe più gusto e senso a rimanere qui. E lui, sempre più “figlietto di mammà”, “viziatello” o ”furbetto di tre cotte”, immediatamente rispondeva dicendo che Fortus, ma principalmente io, l’avevamo commosso: sarebbe rimasto perché, in fondo, avrebbe potuto evitare di andare a leggere certi messaggi con il “lei”, e aggiungeva che gli piacevo sempre di più perché stavo diventando uno di loro pur restando nel “mio empireo di superiorità culturale”. Però il settuagenario, appena quattro giorni dopo dialogando con Ombretta, si scagliava contro i futuristi e contro le battaglie non in favore delle regole classiche costringendomi ad intervenire in difesa dell’arte moderna: Ah Seneca, Seneca! Forse (con tutto il rispetto) il caldo ti ha fatto male. Direi che è stato un vero colpo di calore! Un uomo colto e, principalmente, un ricercatore non può scrivere una pagina come quella che precede questa. Cerca di capire una volta per tutte (scusa) che la ricerca scientifica e la ricerca artistica (forse più la seconda della prima) fanno evolvere il mondo. Se il mondo dovesse sempre andare avanti con le “regole classiche” saremmo fermi a millenni fa. Non prendendo sul serio i Futuristi (uno dei due movimenti artistici italiani degli ultimi due secoli divenuti  -l’altro è la Transavanguardia-, mondiali) rinneghi tutto, anche Masaccio e il Rinascimento, e poi l’impressionismo, l’espressionismo, il cubismo, l’astrattismo e così via. Ciò vale anche per tutte le altre forme d’arte che non possono (come la ricerca scientifica) essere mai statiche. Non ho tempo per scendere nei particolari e per farti capire che il futurismo riesce a rappresentare il movimento con la definizione plastica dello spazio dinamico e cercando la quarta dimensione, ossia il tempo. Per Burri (un medico) grande artista dell’informale materico, il discorso con te sarebbe ancora più lungo. (…).Sì, decisamente è proprio un colpo di sole e le tue incaute affermazioni non sono state nemmeno ammortizzate dal dialetto, e in questi casi il latino non serve. Sì, un colpo di calore perché il Seneca che stimo e ammiro, mai si sarebbe lasciato andare così… Abbastanza rispettoso e amichevole, o no?  Ma     Seneca  rispondeva che confermava quanto aveva detto perché l’arte doveva essere appagamento e Burri gli faceva venire la voglia di dargli tanti pugni sulla testa perché si sentiva preso in giro. In sostanza, continuava, se a lui una cosiddetta opera d’arte non gli piaceva perché non era vera arte, avrebbe continuato a dirlo anche a dispetto di chi aveva tutto il diritto di dargli del somaro. Autodistruttivo, irragionevole, dispettoso, capriccioso o semplicemente provocatore? Per buona pace scrivevo: Ah Seneca, i ragli m’hanno frastornato! E per calmarti ti lancio un po’ di fieno. Lo provo anch’io: è buono, mi piace e raglio anch’io…. Ma un’articolata e presuntuosa risposta di Ombretta che concludeva affermano che Seneca aveva ragione perché ogni persona ha il diritto di fare le proprie scelte,  mi costringeva a questo nuovo intervento: (…)Infine (e questo vale per Seneca  e non per te) per arrossire dei propri sberleffi ai futuristi, a Burri, a Fontana, eccetera, basta leggere (fra i tanti) “L’arte moderna” , edita da Fabbri. Sono appena 15 volumi per circa 10.000 grandi pagine con corpo tipografico piccolo. Io l’ho fatto (e non è che una parte di ciò  che ho letto sull’arte moderna). Si hanno idee più chiare e, invece di sberleffi, si nutre una grande ammirazione per quegli artisti, sopravvissuti ad una lunga serie di caduti in battaglia artistica, che fanno parte della storia dell’arte perché ormai storicizzati e vincenti.
Seneca, tutt’altro che domo, replicava mescolando i sacchi di Burri con Sacchi, l’allenatore di calcio, mentre Ombretta mi invitava a lasciar perdere ogni tanto la mia professionalità e di pensare, a proposito della cosiddetta ironia di Seneca, ai barattoli contenenti merda di Manzoni. Da qui il mio nuovo intervento di tono più risentito nei riguardi di Seneca con il quale si stava sviluppando, in un’altra bacheca, una stupida polemica. Scrivevo: (…) non posso lasciar perdere la mia professionalità fin quando si parla d’arte, perché io la pratico da professionista…Per quanto riguarda il confronto fra le mie risposte e quelle di Seneca,, non l’ho mai visto essere scherzoso su cose mediche, e ciò gli fa onore. Scherza, però, un po’ troppo sull’arte, mentre io non mi sono mai permesso di scherzare sulla medicina. Per quanto riguarda, infine, Manzoni (operatore estetico dell’Arte Povera e di quella Concettuale) non l’hai mai sentito parlare d’arte, altro che il rigore di Bisanzio! Che poi l’artista in una sua opera sia ironico è tutta un’altra cosa: Manzoni lo è (ma fino a un certo punto) con i suoi palloncini gonfiati dal fiato dell’artista, con le uova sode con l’impronta digitale dell’artista, oltre che con i più noti barattoli contenenti merda d’artista. Ma io voglio dirti sommessamente che se tu leggessi qualche mio libro troveresti ironia, quella vera!(…). Al che Seneca rispondeva che lui aveva sempre scherzato sulla medicina e, a dimostrarmelo, inseriva una squallida e vecchia barzelletta sui medici.
Davvero deprimente ed in fase involutiva Seneca che, alla domanda di Tommy (e qui davvero ci ricolleghiamo a “immagine eidetica”), rispondeva con un confuso (il caldo?) spirito d’accatto quando, tutt’al più sarebbe spettato a me rispondere all’ottuagenario.
Lo facevo il giorno dopo così: Sembra che qualcuno, in questa interminabile discussione, abbia insistentemente chiesto il significato di BALUGINANTE ONIRISMO e qualcun altro sia intervenuto e abbia risposto con un’intera pagina di vivido e divertente esibizionismo da intrattenitore di grandi platee. Io, più modestamente, avendo inserito per primo BALUGINANTE ONIRISMO, apro il grande dizionario Garzanti e trovo, a beneficio del richiedente: BALUGINANTE, (che balugina) da baluginare “apparire e sparire d’un tratto, come un baleno”; ONIRISMO, (psicol.) “attività mentale caratterizzata dal succedersi di allucinazioni visive, vissute dal soggetto come reali”. Farei torto al petente (da petere) se continuassi: sa proseguire da solo, sa consultare il dizionario e mettere insieme aggettivo e sostantivo, ma lui e chi ha interloquito costituiscono un’affiatata coppia di “comparielli” che agiscono di conserva per divertirsi e divertire e spesso ci riescono. O.K., ragazzi, bravi, bene, bis! Bisanzio.  
Nemmeno un’ora dopo, riecco Seneca che , rivolgendosi direttamente a me, diceva di esserci rimasto male perché a lui “esibizionista”, che è una parolaccia, nessuno l’aveva mai detto. Forse, continuava, volevi dire presenzialista che è un’altra brutta parola ma meno equivoca anche perché qui in comunità lo siamo tutti.
A questo punto, colpo di scena!, riappare Sandy Sop in una discussione da me aperta, e, ovviamente,  in appoggio a Tommy e Seneca a cui spesso indirizzava grandi SMACK. Diceva a “Tommyno” che era l’ignorante più gentile che aveva conosciuto e a “Senecuccio“ che era il migliore intrattenitore nel mondo virtuale e sarebbe stata curiosa di sapere che avrebbe osato rinunciare a una coppia di compari tanto spontanei e divertenti.
E…l’intrattenimento continuava con Tommy  che si esibiva in una poesia in cui parlava di me “l’amico di Seneca” sballando, in maniera confusa e scolastica, tutto. Era poi la volta di Seneca che in dialetto approvava Tommy  di cui diceva che era poeta avendo “imbroccato” pure la metrica, e si sdilinguiva, ancor più del collega, a ringraziare Sandyna.
Cosa fare coi due anziani signori un po’… folli e la ragazza “bizzosa”? Solo questo intervento:I DUE COLLEGHI  E COLPI DI CALORE. Cosa ho mai fatto, signori della corte? Sono intervenuto per dare una ‘strigliatina’ (come lui la chiama) al grande incommensurabile, onnisciente e onnipresente Seneca! Come mai mi sono permesso un tale atroce delitto? Perché, signori della corte,  il Nostro, dopo aver variamente pontificato sulla “metrica” e sulla “semantica”(lui sa tutto, è onnisciente), è passato a discettare sui “futuristi”, sulle traduzioni, sui “concerti moderni”, sulla “musica dodecafonica”, sull’artista Burri’ e chi più ne ha più ne metta. Per lui, senza concedere alcuna alternativa, le battaglie contro le regole classiche danno lo stesso fastidio dello stridio del gesso sulla lavagna e della traduzione in inglese della Divina Commedia o del Cirano in italiano. Allora, signori, ebbene sì la strigliatina l’ho data, ma a sua giustificazione (non mia) e per salvarlo da una figura non proprio brillante, ho parlato di un colpo di caldo convinto che il Seneca che conoscevo si sarebbe aggrappato al salvagente opportunamente lanciatogli. Invece no, ha inverecondamente reiterato. Poi, signori, passato per semplice lettura ad altra bacheca, nella discussione da me iniziata dal titolo “immagine eidetica?”, fra gli oltre 15 interventi di Seneca (lui è onnipresente, è in tutte le discussioni con una percentuale che va dal 30 al 50% del totale), ne ho trovato uno in cui rispondeva sul “baluginante onirismo” ad una domanda fatta a me da Tommy. Sì, sono innocente, signori della corte, perché mi è sembrato doveroso rispondere e l’ho fatto con dolcezza anche se ho parlato di “vivido e divertente esibizionismo”. Apriti cielo! Seneca c’è rimasto male! Ha detto che “esibizionista” non l’aveva mai chiamato nessuno: è una parolaccia. A sua volta il “collega” Tommy, ha inserito qui Al Valentino una sua  “poesia” a me dedicata. La “poesia”, forse degna delle patrie lettere essendo stata approvata da Seneca,  mi ha emozionato (è la prima che fanno su di me!), ma richiederebbe da parte mia di ottenere alcuni chiarimenti che limiterò al minimo. Permettete, signori della corte? Sì?, grazie. “Allora Tommy perché sarei un ‘novello’ scrittore ‘sfortunato’? Forse per un paio di cosiddette(specialmente la seconda) amicizie in comunità?”  E torniamo, signori, all’esibizionismo. Cosa significa? Secondo il dizionario Garzanti: “tendenza ad assumere comportamenti appariscenti, a mettersi in mostra”. Ebbene, signori, scorrete le bacheche del giornale e le varie discussioni. Non solo Seneca è sempre presente in tutte, ma la sua è quasi sempre una continua esibizione (“spettacolo, numero di vario genere”, oppure “sfoggio, ostentazione”). Parla di tutto, sa tutto, in dialetto, in italiano, in latino ecc. Fra una riga e l’altra (mentre potrebbe andare semplicemente al sodo) ci ha fatto sapere di essere: nipote o pronipote di cardinale, figlio di professionista, laureato  con 110 e lode, professore universitario, ricercatore, conferenziere, professore all’estero, imprenditore, cultore di libri (ha descritto il suo studio scaffale per scaffale), conoscitore perfetto di metrica, conoscitore perfetto della bontà delle traduzioni di opere letterarie dall’italiano in altre lingue e dalle altre lingue in italiano, “sciupafemmine” (affermava che presto aveva imparato come prenderle e come accontentarle), padre, nonno, e non so cos’altro. Infine è l’unico degli uomini della comunità ad avere esposto la sua immagine qui con una fotografia, che, oltretutto, è stata scattata in una grande capitale europea! Allora, signori della corte, è esibizionismo questo o no? Credo di sì, comune a molti. Perché avere paura di una parola? E’ brutta solo come significato psicologico (“impulso morboso a esibire i propri organi genitali”), ma chi lo ha mai pensato di Seneca? Io, certo, no! Ecco, signori, ho terminato la mia difesa, e, se volete, mettetemi pure alla gogna. Spero solo che il “collega” non scriva su di me un’altra “poesia”. Non vorrei finire con questi “parti poetici” nelle antologie. Concludo dicendo che Seneca mi dichiarò che non si sarebbe mai offeso di nulla, qualsiasi cosa avessi detto di lui. Perché questo cambiamento repentino? Un cattivo influsso dello “spalleggiante collega” o il caldo?
  La  risposta di Seneca si atteneva alla sua abitudine di quando si sentiva “battuto”: uso del dialetto e toni concilianti. Mi ringraziava e mi diceva di essersi divertito all’immagine dei nostri consoci di comunità a fare i giudici. No, aggiungeva,  non s’era affatto offeso per “l’esibizionista” e concludeva con uno studiato equivoco dialettale su “morta”, “molta” seguito da “gratitudine”.
Ed ecco nuovamente Sandy Sop con un intervento  che intervallava bandierine italiane ai nomi dei due colleghi con i soliti affettuosi diminutivi e l’altrettanto solito e coinvolgente grande  smack. Incalzava Tommy con una risposta ricalcante le orme di Seneca ma che,  differentemente da quest’ultimo che sembrava aver superato il “colpo di calore”, faceva una confusione davvero preoccupante sulla mia attività di scrittore e il resto.
Infine Seneca continuava a pubblicare in comunità barzellette contro i medici a…mio uso e consumo scadendo in questo modo completamente dalla mia stima, e glielo facevo comprendere usando il suo precedente equivoco dialettale di “molta” e “morta” seguita da “stima”.
Nemmeno a farlo apposta, proprio il giorno in cui mettevo punto alla disputa con i “colleghi”, Volteur, ritornato da un periodo di assenza, inseriva un saluto a me dedicato in coda ad un mio intervento che evidenziava la vittoria dello scrittore Starnone allo “Strega”: Egregio, vedo infine con piacere che ella ha  voluto riunirsi a noi. Di ritorno da impegni piuttosto gravosi sia nell’ambito del lavoro che della vita dello spirito, mi appresto a qualche giorno di riposo e di pensiero. A Starnone va la mia incondizionata ammirazione; mi permetto qua di aggiungere che Gemito, il cui nome appare nel titolo, fu uno scultore del realismo verista napoletano. Di talento eccezionale, già allievo di Caggiano, e poi compagno di strada di Mancini, egli fu parte di quel clima culturale  napoletano al quale vanno ascritti anche Cecioni, Rossano, De Nittis e la scuola pittorica di Resina. Gemito fu un artista così straordinariamente italiano nel senso tardottecentesco del termine, con tutti gli alti lirici e i bassi patetici, che la discussione a partire da lui sarebbe fecondissima, direi quasi “tipica” (discorso sulla museografia e sul rapporto alle regole classiche compresi), per quanto le sintesi in tale ambito siano più spesso pericolose che utili. Caro Bisanzio( …)mi attendono ora alcuni giorni di riposo presso la villa in stile alessiano di amici di Intra, nel cui orto botanico avrò piacere di dimenticarmi di me stesso, fra le rarissime tuje, le splendide bungavillee rampicanti, le piante di limoni sempre acerbi e profumatissimi, i ligustri e gli eponimi, le belle emerocallidi e i peschi con il pacciame lasciato depositare con cura, le pachisandre e la splendidissima tsuga, che pare osservarmi con occhi antichi e parlarmi con voce di pace”.
Rispondevo: Egregio Volteur, ho piacere della sua riapparizione in Al Valentino che promette nuove feconde discussioni e non le nascondo una punta d’invidia per i giorni che passerà sullo splendido e calmo Verbano fra la ricca vegetazione che così bene ha descritto. Io di solito d’estate, per una ventina di giorni, sono sulle dolomiti e quasi ogni mattina di buon ora mi avvio per un monte, sotto abeti rossi dalla corteccia rossobruno e dai rami sottili che si dipartono dai primari e ricadono col denso fogliame aghiforme in opache frange, sostituiti più su da pini cembro armoniosi, forti dal tronco massiccio e poderosamente radicato alla roccia, i rami corti e robusti sviluppati con densità uguale dal piede al vertice. Poi sbuco in una boscaglia di larici protesi verso l’alto, i rami lunghi e sottili, le foglie tenere e caduche graziosamente sparse in piccoli ciuffi, e mi aggrappo ai pini mugo, striscianti sul suolo e in estesi tenaci viluppi di colore cupo. Qui, ansimante, mi fermo su una ripida falda di sfasciume detritico fra blocchi spigolosi e ghiaietta cedevole al primo posar di piede. Alzo lo sguardo ad ammirare le lontane cime pittoresche e di colore cangiante: dal grigio al giallastro, dal rosa al rossiccio. Vicino svetta una parete pietrosa, nuda con esili piattaforme, terminante in una guglia aguzza, slanciata. Indi faticosamente riprendo la marcia lungo uno stretto sentiero serpeggiante tracciato sul ghiaione e infine raggiungo il ghiacciaio, immenso, imponente, nei pressi del rifugio che è anche la sede della scuola estiva di sci. Sono  soddisfatto, seppure stanco, e respiro a pieni polmoni. Entro e mi siedo su una panca di legno grezzo e consumo uno spuntino vicino all’ampio camino di pietra viva dove lingue di fuoco fanno scoppiettare allegramente i ciocchi in combustione. Quest’anno però, per motivi di famiglia non potrò farlo e il fresco, ahimè ben diverso, dovrò coglierlo dall’aria condizionata. Sì, sono d’accordo su Gemito, ma, coerentemente col libro di Starnone, preferirei dialogare su quel vivace movimento che fu “il gruppo sud”, tutt’altro che unitario, che, dal 1948 e per azione di scrittori e pittori, rappresentò una vera riscossa per l’arte napoletana. In questo gruppo, seppur non fra i maggiori artisti, si può inserire il padre di Starnone. Al piacere, caro Volteur, di risentirla, e, per ora, buon soggiorno a Intra.
Nel frattempo Seneca, in cerca di …rivalsa era  piombato anche in questa discussione. Dopo aver esordito sottolineando che finalmente i due “massimi” (Volteur ed io) erano insieme, poneva la capziosa domanda  su gli errori di Argan e di altri importanti critici d’arte sulle due teste di Modigliani trovate (oltre dieci anni fa) in un canale livornese. E, con il tono di chi ha già partita vinta, aggiungeva che a lui non piaceva né Modigliani, né Burri. E i falsi non sarebbero stati possibili con…la testa di Mosè di Michelangelo. Si sarebbe dovuto quindi dire, secondo il settuagenario (che si riteneva finalmente trionfante), che la cosiddetta arte moderna era una truffa! Poveretto, cascava , ancora una volta male e mi faceva dubitare che fosse stato nella vita men che un mediocre perché chi pratica la cultura  a buon livello, non può ignorare così il progresso. O quantomeno deve rispettarlo.
Gli  rispondevo: Per quanto provocatoria la tua domanda, ho già bella e pronta la risposta. E’ in un mio libro e se attendi una mezz’ora la riverso qui. Ma non ti abituare male perché non avrò più tanto tempo da dedicare a questo continuo (e a volte insulso) dialogare. Ed ecco cosa inserivo: “CAPITOLO ZERO: I FALSI DI LIVORNO E L’INTERESSE DEL POTERE.  Quando il mio libro era già terminato e la seconda stesura pronta e il testo alla fotocomposizione, è scoppiato il clamoroso caso che sarà ricordato come la beffa o i falsi di Livorno. Non voglio né posso esimermi dal trattarlo, seppure nel mio saggio mi ero astenuto dall’occuparmi, tranne che di sfuggita, dei due modi più conosciuti, natuali e quindi banali di far soldi con l’arte, ossia del lavorare intensamente, sviluppare le proprie capacità specifiche, se vi sono (la cosiddetta “vocazione”), per raggiungere il successo e quindi monetizzarlo, oppure, come polo opposto, la falsificazione delle opere. Purtroppo quanto è accaduto a Livorno, il fragore sollevato, la vera e propria caccia alle streghe scatenatasi da parte della stampa specializzata e non e i commenti più disparati e spesso senza senso che sento fare, la rivelazione di faide fra i critici, studiosi e detentori del potere nell’arte, ne scoprono sospettati massicci interessi che fanno rientrare tutto il caso nella tematica del mio libro, finora affollato perlopiù di operatori silenziosi, attenti ad evitare luci troppo violente, formichine maliziose dedite a trasportare sassi, non voluminose pietre. Il palcoscenico desiderato si limita agli stretti spazi di una Galleria privata, di un salotto, di uno studio, di un catalogo sia pure importante come il Bolaffi, di uno schermo televisivo che si affacci tutt’al più su una regione, di un giornale di tiratura e diffusione limitate. Nel caso di Livorno tutto cambia, la ribalta si dilata smisuratamente, i personaggi sono abituati o vogliono il fragore, le luci intense, i grandi periodici, la televisione nazionale, se non di più. Ebbene, incominciamo subito a chiarire che il falso nell’arte, gli errori di attribuzione ci sono sempre stati. Onestà e disonestà si sono sempre scontrate, a volte intersecandosi e attorcigliandosi in viluppi incomprensibili. Non per questo, come sento fare oggi, ci si scaglia sull’arte e i suoi inarrestabili  progressi, sul suo divenire, sulla sua ansia di ricerca. La parte meno evoluta della nostra società, la più tetragona al progresso, alle innovazioni, proprio quella che permette l’esistenza delle gallerie “tutto affitto”, del prosperare rigoglioso di organizzazioni atte a forgiare i tanti, troppi, “riconoscimenti”, le centinaia di “accademie”, le aste televisive, le presentazioni senza senso, avanza l’ipotesi che “ i falsi di Livorno” non si sarebbero potuti attuare se Modiglioni non fosse stato un artista d’avanguardia e quindi, in quanto tale, fornito di una tecnica troppo facile. Suvvia, attenzione, cerchiamo di ragionare, di non perdere il lume dell’intelletto e quel po’ di conoscenza artistica faticosamente inculcata nella mentalità provinciale del nostro Paese! Ritenere oggi, quasi alla fine del secolo XX, Modiglioni di avanguardia mi sembra davvero enorme se solo si spulci, cercando di comprenderlo, un qualsiasi testo di arte moderna; se solo si faccia mente locale che in arte non è difficile copiare, ma creare. I “copisti” sono sempre esistiti e non pochi; i falsi di Raffaello, Caravaggio, Fattori, Gigante non mancano. Certo, ci vuole un minimo di conoscenze pittoriche o per meglio dire delle tecniche pittoriche. Sì, è vero, forse gli studenti livornesi non avrebbero potuto in così poco tempo eseguire la testa di Modiglioni, ma già il Froglia (l’altro falsificatore), ex studente delle Belle Arti, avrebbe potuto provarci e riuscirci anche con pittori più tradizionali. Non confondiamo quindi, e cerchiamo di enucleare ciò che veramente può venirci come insegnamento da tutto il trambusto di questi giorni. Di cosa si tratta in realtà, nei suoi contorni precisi? Lo riassumo in breve. Amedeo Modiglioni nacque a Livorno nel 1884 da padre italiano e madre francese…Grande artista Modigliani, uno dei maggiori del secolo…Siamo nel 1984. E’ il centenario della nascita di un figliolo tanto famoso…All’inizio dell’estate la mostra si inaugura regolarmente…A Livorno, in Toscana e forse in Italia tutta grande è il fervore nell’ambiente artistico per le teste…La stampa, già in fermento prima, si dilunga in cronache dettagliate…Ora fra i tanti articoli il più funzionale per il mio saggio e la sua tematica mi sembra quello di…Infatti, secondo le articoliste, la beffa di Livorno ha riacceso una miccia sopita, ha riaperto l’eterna faida che avvelena da quasi un secolo le grandi famiglie della critica d’arte…1)GRUPPO VENTURI: Raggianti…Brandi, Argan…Calvesi…2) GRUPPO LONGHI: Zevi, Briganti…Testori…Bologna…A quanto pare l’odio, al di là delle diverse ideologie politiche, è sempre vivo: nel gruppo Longhi…sembrano si conino filastrocche infamanti contro Brandi-Argan rispolveranti trascorsi (dei due) nel Ventennio; dal gruppo Venturi si insinua il sospetto che i longhiani siano soprattutto attenti al mercato delle expertise, cioè le stime che potrebbero addirittura trasformare una crosta in un capolavoro…Ed ecco allora un altro modo di far soldi …con l’arte. Modo miserabile e degno di figurare nel capitolo zero del mio lavoro, perché praticabile da individui che l’arte vera la respirano tutti i giorni ai massimi, o giù di lì, livelli e dovrebbero inebriarsene, purificarsi da scorie velenose per ammirarla ed esaltarla. Vorrei però ricordare a me stesso e a chi ha letto questo libro che ventimila anni di pittura, e quindi di arte, ci sono alle spalle, e non saranno qualche migliaio di untorelli o qualche centinaio di “da potere dipendenti” a sminuirne l’infinita bellezza e lo stupendo fascino. Settembre 1984. Bisanzio.
Ne ricavavo un’arrendevole risposta di Seneca,  che mi ringraziava riconoscendo l’interesse di quanto da me scritto, con la quale ogni polemica fra di noi sembrava definitivamente sopita.
Parallelamente nell’attivissima comunità erano state iniziate numerose discussioni sul G8 a Genova con tanti interventi particolarmente di Luise. Aerea. e Sandy Sop che ne aveva preso il …comando. Ora la ragazza, indubbiamente di pronto intelletto e dotata di carisma, usava molto meno gli eheheh e gli ahahah e nella chat collegata dominava le discussioni utilizzando, quasi come valletti, i più giovani membri della comunità. Ed io, onde evitare scontri antipatici per la comunità, mi ero astenuto dall’intervenire nelle discussioni aperte da lei. Solo vari giorni dopo, aprivo questa discussione del tutto autonoma da quelle della Sandy. Scrivevo: Premettendo,per l’ennesima volta, che non mi ritengo (al contrario di tanti altri) portatore di verità, vorrei fare alcune considerazioni sul morto di Genova e sulle cause relative alla sua violenta fine. Già dai tempi antichi il mondo degli uomini è stato stracolmo di ingiustizie. I più forti e i più fortunati hanno sfruttato e martirizzato gli altri senza alcuna vera pietà. Poi, man mano nel corso dei secoli, la triste situazione si è andata modificando sia pure lievemente, ed alcuni grandi avvenimenti, come la Rivoluzione Francese di fine Settecento, la volontà di Lincoln (circa 1860) di abolire la schiavitù e la Rivoluzione Russa del 1917, hanno introdotte più decise modifiche e, pur con tutti i difetti relativi, in Europa, negli USA e in Canada, le differenze fra uomo e uomo si sono attenuate pur mantenendo, nella sostanza, uno stato di sfruttamento, ma attenuato e mascherato. E’ un dato di fatto, a mio avviso, incontrovertibile che in queste zone più fortunate del mondo il benessere e l’attuazione di una politica sociale anche se difettosa, hanno consentito all’uomo volenteroso una maggiore dignità..Certamente anche in queste zone, decisamente più fortunate, le ingiustizie sono sempre presenti, ma le vere ingiustizie permangono enormi nei paesi del cosiddetto terzo mondo, dove l’incapacità a governarsi e a meglio utilizzare le proprie potenzialità produttive, permettono a capi senza pietà e, in fondo, senza cervello, di martirizzare i propri concittadini costringendoli in uno stato di profonda miseria, fisica e morale. In particolare i bambini sono sfruttati in maniera ignobile per lavori gravosi e per servitù anche pedofile. Il popolo non sa o non vuole reagire, a volte felice di poter muovere guerra ai popoli vicini o di sbandierare stupidi orgogli come, ad esempio, di possedere missili e bombe atomiche. E il ricco Occidente cosa fa? Tranne frange di lodevole ma impotente volontariato, assiste indifferente e spesso incoraggia il permanere di questa tristissima e incivilissima situazione. Vende al terzo mondo armi e vi impianta fabbriche, che producono a ritmo intenso con un costo lavoro ridottissimo. Qui la paga consente agli operai e alle loro famiglie un reddito appena al di sopra del più basso limite di sopravvivenza.Credo che sia questo che finalmente ha generato il movimento che vuole combattere i pochi veri padroni del mondo. Questi si riuniscono nel lusso più offensivo e, fra strette di mano e sorrisi, di tutto discutono tranne che di come intervenire in modo davvero sostanziale a favore di miliardi di uomini afflitti dalla fame, dalle malattie e dallo sfruttamento. E il mondo deve registrare una differenza della vita media che cala bruscamente dai circa 70/80 anni dell’Occidente ai 30/40 anni dei paesi del terzo mondo! E’ una situazione di tutto comodo, ma che ha la vista corta perché prima o poi l’Occidente sarà invaso da famelici uomini che premono alle frontiere e allora crollerà questo assurdo impero come si sfasciò quello romano nonostante profondi ‘valli’ fossero stati eretti su i suoi vasti confini. Sono quindi motivi più che validi che spingono i cittadini più coscienti dell’Occidente a tentare di far capire tutto ciò…Non bastano manifestazioni per abbattere questa situazione consolidata e molti giovani pensano di attuare azioni di forza. A loro si aggiungono una massa di violenti per i quali ogni occasione è valida: dai G8 alle partite di calcio…Così nasce, a mio modo di vedere, il morto di Genova e le centinaia di feriti che soffrono negli ospedali. E il giovane carabiniere ventenne (non avrebbero mai dovuto mandarlo nella prevedibile bolgia di Genova) che, colto da paura e inesperto, usa incautamente l’armi in dotazione spezzando due vite: quella del giovane che usava male la propria violenza, e la sua. Qual è la conclusione? Bisognerebbe prendere esempio dalla Storia per azioni davvero efficaci, oppure, e sarebbe molto meglio, creare partiti davvero validi per la risoluzione di problemi tanto grandi, o, quantomeno, usare con giudizio il proprio diritto al voto(…).
Subito intervenivano Ombretta, Fortus, Aerea, Pazzus e Seneca ( un po’ scombinato e malamente ironico), che si dicevano con me quasi completamente  d’accordo. Poi ancora tanti altri interventi a cui seguiva il mio che cercava di chiudere la discussione: Luise, ben tornata. Capisco la tua emozione(eri sul posto) e quella di altri. Ma credo che per avere la certezza di “oscure trame” dovremo attendere ancora e, spero, non per sempre. E’ vero (anche io l’ho sostenuto) che la massa si fa manovrare da ogni parte come un ragazzino alle prime esperienze. D’altra parte il detto “la mamma dei fessi è sempre incinta” è più che mai attuale. Ricordate la vera e propria pazzia di diecine o centinaia di migliaia di persone per la “povera lady Diana” che, soffrendo fra un superpanfilo, una festa superchic, bagni di mare dorati in zone esclusive e il superamore del superplayboy, “era sottoposta al tormento di dover continuamente sfuggire ai terribili paparazzi in agguato” e, supercorrendo in una superauto condotta da una superguardia del corpo, si schiantò contro un superpilastro. E meno male che non travolse un superpovero pedone! Tornando alle cose serie, tutto quello che è accaduto a Genova in questi giorni drammatici, mi sembra assurdo e, con qualche probabilità, più frutto di grande incapacità che di altro. Spesso i superfilm di 007 e similari ci hanno depistato sulla cosiddetta capacità di CIA e KGB. Gheddafi e Saddam e altri sono ancora ben vivi e vegeti a dimostrarlo. E’ anche vero, però, che piazza Fontana, il treno di Bologna ed altri sanguinosi episodi, starebbero a dimostrare il contrario. In ogni caso il ministro dovrebbe dimettersi o quantomeno sostituire il capo della polizia e qualche prefetto o questore. Ma probabilmente non se ne farà nulla e la solita “commissione d’inchiesta”, a somiglianza degli interminabili giudizi penali e civili, farà cadere nell’oblio i fatti di Genova. Villeggiature estive ed invernali, nuovi cellulari, nuovi televisori e nuovi insuperabili CD incombono.
Nemmeno mezz’ora dopo, Sandy Sop  piombava nella discussione dicendomi che tutta quella roba di consumismo forse incombevano su di me e poi, senza nemmeno un forse, perché io mi facevo infinocchiare! Inoltre mi rimproverava di liquidare Carlo, il ragazzo morto, con un generico morto di Genova aggiungendo che lei non voleva dimenticare e concludeva, con un severo rimprovero-minaccia, che se me lo fossi dimenticato io, lei me lo avrebbe ricordato fino alla nausea!
In fondo la ragazza non aveva detto nulla di speciale, ma quel tono imperativo di superiorità, la mancanza di un po’ di forma e…forse l’assoluto appoggio dato a chi aveva polemizzava contro di me e, infine, la …mancata risposta alla mia lettera d’offerta d’amicizia oltre al solito spiritaccio sperimentale, mi inducevano ad adottare con lei una strategia nuova. Scrivevo: Va bene, Sandy Sop, hai ragione come sempre perché tu hai capito tutto. Ed io, come quasi tutti qui, seguirò le tue direttive e le tue volontà di vera star della comunità. Quindi chiamerò Carlo il morto di Genova e, per non farmi infinocchiare, prima di formarmi un’opinione e di esprimere un giudizio, chiederò la tua approvazione. Va bene così? Posso ora sperare di ricevere uno dei tuoi ambiti “smack”?
Dapprima la ragazza rispondeva con una volgarità, ma subito dopo mi indirizzava un grande SMACK e un …compiaciuto invito a tornare a parlare di Genova. E iniziava un confuso periodo di circa due giorni dove mi mostravo come una specie di…seguace politico di Sandy che incominciava ad avere le idee confuse e contrastanti combattute fra la certezza assoluta del suo carisma e qualche dubbio che anche io ne fossi stato completamente coinvolto. Quindi mi invitava a smetterla di darle sempre ragione, ma con un certo…compiacimento che avrebbe anche potuto significare “continua pure, tanto so di meritarlo”!
Ed io, decidendo di terminare quel giochino di cui non c’era molto da essere orgoglioso, aprivo un’altra discussione del tutto autonoma da Sandy e i suoi argomenti prediletti. Si trattava del successo, e  riproducevo l’ultimo capitolo di un mio libro. Subito Ombretta interveniva dicendosi d’accordo con le mie conclusioni e raccontandomi  come lei aveva interpretato per sé stessa il successo. E…Sandy Sop, quasi a provocare altri riconoscimenti, inseriva  un breve ma provocatorio intervento ai danni di Ombretta, che replicava, quasi rassegnata al presenzialismo prepotente della ragazza, chiedendole scusa se si era permessa, rispondendo a me, Bisanzio, di dimenticare il protagonismo di Sandyna. Chiudeva dicendo che non l’avrebbe fatto mai più!    
Forse quella risposta  non aveva soddisfatto le aspettative della ragazza prepotente. Forse avrebbe voluto…vincere dopo una qualche resistenza di Ombretta. Chissà! Rimaneva il fatto che Sandy Sop si scatenava, anche con qualche volgarità, principalmente contro di …me e concludeva inviando il solito Smack a Tommy, uno dei suoi sostenitori più fedeli. Nemmeno quanto sostenuto da Aerea sulla piena evidenza di quanto fosse stato scherzoso, partendo da una sincera stima e interesse, qualche mio intervento su Sandy, calmava la ragazza. Ed io peggioravo le cose scrivendo in comunità: DIMOSTRAZIONE PER ASSURDO è quella che prova la verità di una tesi in modo indiretto, mostrando le conseguenze false o contraddittorie cui conduce l’ammettere come vera la tesi opposta. Questo è stato il gioco, una specie di teatro dell’assurdo, caratterizzato da spunti surrealistici che conducono alla vera ironia. E la ragazza, bugiardella e spalleggiata, c’è caduta in pieno! Quindi Ombretta, non ti curare di quell’intervento del tutto gratuito e fuori luogo di chi… non voleva mettersi in mostra. Ma guarda un po’!  E Ombretta, aumentava la dose, dicendo a Sandy che se la meritava per come si comportava sempre, ossia lanciando opinioni come se fossero dettami evangelici. Poi affondava i colpi ricordando avvenimenti di chat e di come la ragazza aveva trattato dei nick a me sconosciuti, e che lei non doveva pretendere che tutti i consoci giovani (e qualche volta anche tutti gli altri) la pensassero come lei e di lasciare ad ognuno degli altri la libertà di pensiero.
E doveva aver proprio..colpito duro perché Sandy Sop abbandonava la comunità creando forti reazioni a suo favore che mi facevano decidere, sebbene lo scontro serio era stato quello Ombretta-Sandy, a cancellarmi per la seconda volta da Al Valentino, sia per la noia, che per una certo rimorso nei confronti, nonostante tutto, della ragazza.          
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MessaggioTitolo: Re: LIBRO COMPLETO di " AVVENTURE IN INTERNET"   LIBRO COMPLETO di " AVVENTURE IN INTERNET" EmptyMer Gen 08, 2014 11:24 am

VIII
Seneca dà i numeri in un delirio di non facile interpretazione




Ero quindi uscito per la seconda (e pensavo definitiva) volta dalla comunità per i motivi accennati nel capitolo precedente, ma l’avevo fatto con un civile saluto a tutti gli iscritti e un sincero augurio di buona prosecuzione. Certo c’era in me un po’ di nostalgia del tutto compensata dal pensiero di poter tornare alle mie normali occupazioni, abbastanza trascurate negli ultimi due mesi, e di rimanere nel virtuale per occuparmi ( a tempo del tutto parziale)  della mia comunità alla quale andava aderendo qualcuno.
Per qualche giorno  trascurai di collegarmi con Al Valentino e quindi la lettura degli interventi inseritivi. Quando finalmente lo feci, rimasi allibito per quanto…veleno Seneca mettesse contro di me nel  suo solito mare d’interventi, dove, sempre o quasi c’era un qualche riferimento a Bisanzio,  pur sapendo bene che io  non avrei potuto replicare perché ormai non ero più un iscritto. Particolarmente con una certa Kuki (mai sentita prima) andava del tutto smantellando quel mio romanzo edito che, solo un mesetto prima, aveva mostrato di apprezzare tanto. E per la verità la Kuki, che (per lo stile di scrittura e i caratteri usati) mi sembrava una Sandy Sop rediviva in comunità, tentava dapprima di frenare la…rabbia demolitrice di Seneca, e poi vi si adeguava in un fitto dialogare con il settuagenario in circa una diecina d’interventi al giorno. Non solo il romanzo, definito il peggiore mai letto, ma la mia figura, non solo virtuale, venivano colpite in modo incivile e…vigliacco.
Decidevo di non replicare assolutamente (d’altra parte per farlo avrei dovuto chiedere una nuova iscrizione) nella speranza che le frustrazioni da sconfitta di Seneca si calmassero. Invece il ritmo andava aumentando nonostante fossimo giunti all’undicesimo giorno dal mio abbandono delle comunità.
Cosa fare? Rientrare e replicare adeguatamente, scrivere con posta elettronica a Seneca? Mentre decidevo e…speravo che finalmente si dimenticasse di me, mi ricordai che nella mia rubrica telefonica c’erano il suo nome, il cognome e il suo numero di telefono che egli stesso mi aveva fornito durante un collegamento in Messenger. Quale soluzione più civile ed immediata di una telefonata fra due persone che si erano presentate dicendosi  nomi reali e relative professioni oltre a raccontarsi qualcosa del loro  passato?
Era di pomeriggio quando, composi il numero telefonico di Seneca.
“Pronto con chi parlo?”, chiesi.
“ X Y (nome e cognome reale), e lei?”
“Sono J Z (mio nome e cognome reale), come stai?”
“Ah, sei tu?”. Il tono era preoccupato e guardingo come chi sa di essere in colpa.
“Non ti sembra il tuo atteggiamento alquanto vigliacco nei miei confronti con tutti quei gratuiti interventi in comunità quando sai che non posso replicare?”
“Ma sai, mi devi scusare, è il mio spiritaccio. Hai ragione ora non lo farò più anzi mi scuserò pubblicamente con te in comunità”.
“Quello che non capisco, X, è che quando ero presente hai sempre usato toni latte e miele con me ed ora...”
“Sì, veramente hai ragione, non avrei dovuto farlo, ma non avverrà più”.
“Posso contarci?”
“Sì, sì, stai tranquillo”.
“Va bene, ciao”.
“Ciao”.
Tranquillizzato, tornavo alle mie occupazioni, ma quando, dopo poco, tornai a collegarmi con la comunità,…trovai una sconvolgente sorpresa. Seneca aveva inserito un intervento nel quale, premettendo che ciò che seguiva non era uno scherzo, raccontava di aver ricevuto una telefonata da Bisanzio, che chissà come era riuscito a risalire al suo reale, e ne aveva ricevuto insulti oltre alla minaccia di andare da lui  per…dargli il fatto suo! Continuava inverecondamente dicendo che scriveva il messaggio perché i soci potessero svelare alla polizia l’eventuale mistero di un pensionato trovato…morto ammazzato in casa!
  Cos’era passato nella testa del settuagenario?  Poteva mai essere tanto falso, poteva immaginare cose del tutto non vere? O era il suo esibizionismo? Bisogna pur dire che da quando Seneca s’era presentato come medico, professore universitario vicino ai settant’anni e in ottima salute fisica, e lo si vedeva tutti i giorni , quasi 15 ore su 24  intervenire in tutte le tantissime discussioni della comunità ed iniziarne lui stesso non poche (di cui la maggioranza con futili argomenti), veniva da confrontarlo ad altri medici ed ad altri docenti universitari, suoi coetanei o anche con qualche anno in più, che continuavano a rimanere in attività o che si occupavano di cose ben più serie che stare sempre incollati ad una comunità virtuale. Era davvero stato ciò che aveva dichiarato? E se lo era,  cosa l’aveva costretto fuori della professione e dal mondo accademico? Massicci insuccessi? Qualche problema non fisico che l’aveva reso inidoneo? Perché rinchiudersi fra le quattro mura della sua stanza-studio che lui stesso aveva definita angusta o quasi?
Ritelefonavo e gli chiedevo se non ritenesse da aver portato il…gioco troppo oltre. Immediatamente si sprofondava in un mare di scuse ed io gli domandavo perché reagiva tanto male quando con me e con Volteur aveva dovuto cedere in discussioni che erano sì più che decentemente culturali, ma che non mi sembravano tanto determinanti da…ridurlo in simile stato. Non rispondeva, ma  diceva che avevo ragione per quei suoi interventi imprudenti e ingiusti e prometteva immediate scuse in comunità. Difatti, dopo pochi minuti scriveva che avevamo avuto una spiegazione da buoni amici e che io mi ero giustamente lamentato per il suo atteggiamento da quando ero uscito dalla comunità, e  avrebbe cancellato tutti quei suoi interventi non appena ci fosse tecnicamente riuscito. E comunque faceva lì immediate,  sincere e pubbliche scuse a Bisanzio. Mah, la testa degli uomini!
Solo due giorni dopo, Seneca cambiava ancora una volta atteggiamento senza che ci fossimo più sentiti, senza un mio intervento in comunità (ne ero ancora fuori). Scriveva che il suo amico J (il mio vero nome), affermato scrittore, che gli aveva esplicitamente chiesto di chiamarlo col suo vero nome,  che del resto non era segreto perché stampato sulla copertina del  suo ottimo romanzo che avevo avuto la…generosità di offrire in lettura in comunità (sì, il testo e il titolo, non la copertina!), aveva ragione a dire che non c’era spazio in questo mondo per la spensieratezza goliardica (non era vero detto in questo modo: avevo in passato sostenuto che non si può essere goliardi a cinquanta, sessanta e tantomeno a settant’anni!). Continuava dicendo a tutta la comunità che quella notte ( a distanza di due giorni dalle presunte minacce e dopo la da lui dichiarata totale pacificazione) la moglie non aveva dormito e aveva…pianto dalla paura.  Ma che aveva fatto Seneca alla moglie? Quali esibizionismi anche con lei?
Era ormai tempo che tornassi in comunità per controbattere quell’irragionevole cangiante esibizionismo che tentava, con un'altra diecina di interventi paralleli, di muovere gli altri ad una compassione di cui ci sarebbe stato solo da vergognarsi perché, giunto a quell’età e non (a quanto diceva) da sprovveduto, Seneca non si mostrava capace di risolvere problemi con me ( se ve ne erano ) da solo, senza urlare nel virtuale richieste d’aiuto come una donnetta isterica o un comico di bassissimo livello. Purtroppo, con Fortus in villeggiatura, la riammissione dipendeva da Spartacus non sempre presente e nemmeno tanto sollecito alle istanze.
Già prima dell’ultima…invenzione del settuagenario, avevo dovuto rispondere per e mail a Aerea in questi termini: Cara Aerea, con la miglior buona grazia possibile, proverò a rispondere al tuo intervento in comunità. M’era venuto subito di partire con una similitudine con un vicolo napoletano dove si affacciano i cosiddetti bassi e i loro sconsiderati abitanti. Avrebbe potuto essere efficace e pungente ed io, lo sai, con le parole ci so fare e difficilmente perdo. Ma a che vale? Per me il gioco è finito: La comunità Al Valentino, scaduta assai di livello, mi è diventata insopportabile perché pochi sanno perdere di buona grazia e mantengono rancori che per essere sfogati rimangono in attesa di poco sportive maggioranze o di…assenze definitive. Potrai, se lo vuoi, divertirti a percorrere varie polemiche, da me sostenute con Seneca, tutte vincenti su argomenti politici o culturali e, forse, mi darai ragione. Ma, ripeto, a cosa vale? Un paio di mesi fa sono entrato, su invito, in comunità e sono finito sempre di più nella melma (anche per colpa mia, non lo nego) di polemichette meschine ed inconcludenti che, oltre alla totale mancanza per me di divertimento, avrebbero comportato una miriade di rispostine quasi continue ed…un’assoluta perdita di tempo. Quindi me ne sono andato! Vedi, Aerea, tu che mi sei sembrata (e sicuramente sei) persona di giudizio, puoi mai pensare che io, scrittore professionista con all’attivo molti libri pubblicati e diecine e diecine di copie di tiratura complessiva a età avanzata ma fortunatamente ancora attiva, voglia consumare le residue energie per assurde polemichette con Tommy? Me lo consiglieresti? O con Seneca che ogni minuto tira fuori una risposta? No, sono certo che approveresti la mia uscita dalla comunità. Allora come spiegare il tuo ultimo intervento? Quando mi accusi di…non essere rimasto a controbattere. Controbattere cosa, Aerea, io sono andato via, le polemiche quando il cosiddetto avversario è assente cessano in ogni società civile, o no? Invece qui si continuava, anzi, si dilatavano polemichette pettegole contro di me che non c’ero più! In sostanza Al Valentino, io Bisanzio, continuavo ad essere nominato e…attaccato in Al Valentino, ed erano trascursi già più di dieci giorni da quando me ne ero andato via. A questo punto ho telefonato a Seneca. Ci siamo spiegati da gentiluomini e ci siamo capiti. Allora perché insistere sull’argomento? Eppoi guarda che Seneca NON E’ CHE MI RISPONDEVA, non c’era nulla da rispondere. Altro che “sense of humor”! E Seneca (che nella vita è un gentiluomo) stesso lo ha ammesso. Possiamo chiudere definitivamente l’argomento? Posso tornare alle mie occupazioni e ai miei hobby?
Dopo l’ultimo salto d’umore e repentino cambiamento di versione di Seneca, e non avendo ancora ottenuta la nuova iscrizione, ritenevo opportuno cercare di…fermare il lamentoso individuo indirizzandogli questa e mail: Sig. XY e p.c. gestore di Al Valentino, a me sembra che il Suo gioco di bugie nei miei confronti, sia d’una totale irresponsabilità specialmente ora che ha comunicato ad un pubblico il mio nome e cognome reali. Desidero quindi informarLa che se non ritratterà totalmente, con lo stesso mezzo, la grande bugia di averLe rivolto minacce, presenterò all’autorità competente querela per diffamazione e Lei dovrà provare, se ammesso, la verità di quanto afferma. Le ricordo che (articoli 594 e 595 c.p.) “chiunque offende l’onore o il decoro di una persona(…)Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è la reclusione fino a due anni, ovvero la multa fino a 4 milioni di lire(…)Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena(…)”. Distinti saluti. JZ
Ancora una volta Seneca pubblicizzava il tutto in comunità. Davvero incorreggibile e ..irresponsabile!
Finalmente,  riottenuta l’iscrizione in comunità, potevo inserire questo mio intervento: Ora che anch’io ho la possibilità di inserire messaggi e avendo Seneca svelato il mio nome reale, XY (in comunità Seneca) va sempre più sul pesante. Non contento di aver imperversato sul nome e le opere di Bisanzio dal giorno…(data della mia autocancellazione dalla comunità) al…,ora s’è inventato ingiurie minacce coinvolgendo (e ciò mi sembra ignobile) la moglie alla quale chissà cosa avrà fatto credere. Ma lo strano è che nel messaggio 2 s’è mostrato tutto latte e miele con me. Poi nel messaggio 9 svela il mio nome reale e gioca e non gioca (chi lo capisce con i suoi repentini sbalzi d’umore) con le parole. Vorrei innanzitutto precisare che il buon X/Seneca, da quando sono approdato in comunità, mi ha seguito dovunque come un cagnolino lodandomi continuamente e stimolandomi perché pubblicassi i miei scritti anche lunghi. Inoltre mi ha proposto “gemellaggio” su messenger e condotto a visitare Tommy. Non si è fermato qui: voleva stringere sempre maggiore amicizia e, dopo avermi chiesto ed ottenuto  il nome cognome reale, mi ha svelato il suo COMPLETO DI NUMERO TELEFONICO (ecco da chi e come l’ho avuto). Oggi lo nega e si fa passare per vittima! Ho tentato di analizzare il suo comportamento e penso di aver capito che Y molto se l’è presa quando lo definii bonariamente “esibizionista”. E, a mio avviso, era giusto considerarlo tale, non solo per i suoi numerosissimi interventi su tutto, ma anche per il recentissimo suo modo di fare. Sembra che Y non possa fare a meno di apparire a qualsiasi costo! Infatti, dopo le scuse fatte in un evidente momento di ragionevolezza, forse, temendo di apparire meno protagonista, ha ripreso ad offendere e mi chiama pazzo scatenato. L’esibizionismo innanzitutto! Anche perché, probabilmente, non si ritiene condannabile in un’eventuale querela: forse conta su di una sentenza che potrebbe anche essere, chissà, di “incapacità d’intendere e di volere”. E continua a blaterare da bravo, ma, probabilmente, irresponsabile attore, di: moglie che piange, moglie che non dorme, moglie che allerta il portiere, moglie che vuole mettere in moto tutti gli amici (E CHE DIAMINE!). Non sarà che quando, a meno di  settant’anni (non sono mica tanti se in buona salute) si vive continuamente appollaiato dietro un computer a leggere tutti gli interventi e a tirarne fuori in continuazione, si perde il senso della realtà?JZ (Bisanzio)              Tutt’altro che domo, Seneca inseriva un nuovo intervento indirizzato ad Aerea nel quale sosteneva che lui, in qualità di medico, mi diagnosticava di essere psicopatico e portatore d’un grave complesso d’inferiorità e non mi nominava più col mio nick, ma con il mio nome reale.
Replicavo: Davvero X (suo nome reale) mi incomincia a fare tenerezza! A mio avviso il suo distacco dalla realtà è sempre più evidente, ma io, a differenza di lui, non faccio diagnosi avventate. Chiunque abbia un minimo di conoscenza di studi e di specializzazioni, sa che la sua specializzazione dichiarata e la psichiatria sono così lontane, è strano che X non lo sappia (primo esempio di distacco). Se fosse davvero così bravo, dovrebbe, a mio avviso, occuparsi di sé stesso, o di calmare invece di agitare la moglie! Non mi sembra di aver inviato a Aerea una e mail “sgradevole”, ma umana e realistica (secondo esempio di distacco). Ho detto al povero X di chiamarmi per nome nei rapporti diretti, non certo di scrivere il mio nome e cognome reali in Al Valentino (terzo esempio di distacco). Ribadisco che cognome, nome e numero di telefono me li ha forniti il confuso o bugiardo X. Non conoscevo affatto quell’indirizzo elettronico che cita nel tentativo di dimostrare come mi sarei procurati i suoi dati. (quarto esempio di distacco). Inoltre non ci sarebbe alcun bisogno di sapere il nome del quartiere da lui abitato per informarsi d’un numero di telefono al 12 (quinto esempio di distacco). Per la verità nessuno mi aveva mai detto o aveva mai pensato che soffrissi di un “complesso d’inferiorità”, ma guarda! Invece mi sembra evidente (ma non faccio, ripeto, semplicistiche diagnosi) chi ha il complesso d’inferiorità. Quel suo continuo abbrancarsi ad altri, quel farsi scudo della moglie, quel lanciare pietre e nascondere la mano, quel tentativo continuo di impietosire gli altri, quell’avvinghiarsi, quasi 24 ore su 24 al computer, a mio avviso, lo dimostrerebbero. E’, sempre a mio avviso, rimasto o tornato quel classico bambino che a scuola o in famiglia, al primo contrasto con i coetanei, subito corre piangendo, disperato o bugiardo, da mammina e da papino. Povero figlio, curati! Non pensare agli altri, credo proprio che tu non sia in condizione di farlo. Ma ora andiamo all’essenziale. Il sig XY ha pubblicamente accusato il sig. JZ (figure reali e non virtuali) di: averlo ingiuriato e minacciato (addirittura di morte. SIC!) e di essere psicopatico. La prima è diffamazione, la seconda è ingiuria grave. Deve ritrattarle o provarle. Altrimenti deve risponderne nelle sedi adatte e non esibirsi qui Al Valentino. Se non fosse in grado (è solo un’ipotesi) di intendere e di volere, si vedrà. In questo caso tutta la mia umana compassione. Anche se le prove spettano a lui, ho le prove di non averlo ingiuriato o minacciato. JZ (Bisanzio).
A questo entrano in scena un paio di signore, da poco iscritte, che avevano invaso da qualche giorno Al Valentino d’interventi a carattere religioso e di beneficenza principalmente morale. Entrambe, con la prevalenza di Sottile, ebbero notevole importanza per la risoluzione della mia lite con Seneca  convincendomi a non affondare i colpi che avrebbero potuto divenire davvero pesanti per il settuagenario. Le due brave persone, sebbene un po’ fanatiche, s’adoprarono subito, inserendo ragionevoli e pacificatori interventi e ammonendo altri iscritti, che tentavano di approfittare della vicenda quantomeno per divertirsi, a farsi da parte. E, in effetti, alcuni iscritti, come Pazzus e Kuki, avevano incominciato a prendere un po’ in giro Seneca e le sue paure e il suo nome reale. Tommy, invece, dimostrando ancora una volta la…perenne confusione mentale quando interveniva su di me, difendeva a spada tratta il suo “collega” rendendosi sgradito anche allo stesso Seneca per l’inopportunità di certe affermazioni.
Una mattina Sottile, dopo aver chiesto ed ottenuto il “gemellaggio” con me in messenger, aveva voluto…parlarmi in diretta per più di mezz’ora e, dopo essersi convinta delle mie buone ragioni nella disputa, mi aveva invitato, pregato, scongiurato alla clemenza convincendomi. Poi, credo, che si fosse intrattenuta a lungo anche con Seneca suscitandone le ire e un paio d’interventi pubblici contro di lei.
Infine il cogestore Spartacus aveva pubblicato un intervento nel quale diceva che di solito non interveniva perché era convinto, ora come in passato in  altri scontri “pesanti” in comunità, che ognuno deve difendersi o attaccare da solo senza pretendere di creare partiti pro e contro. Ma, proseguiva, la lite fra me e Seneca stava  monopolizzando l’intero Al Valentino che era nata per altri scopi. Continuava dilungandosi sull’invasione del reale e ricordava a tutti che non sarebbe stato da escludere la possibilità di essere chiamati come testimoni in eventuali azioni legali.
Qualche ora dopo, inserivo questo intervento: Non sono un giurista, Spartacus, ma credo che le “regole del web” soggiacciano sempre e comunque al codice penale e a quello civile della Repubblica Italiana. Non per nulla, credo, i nick sono sempre collegabili al nome cognome e indirizzo reale dietro invito della magistratura. Ciò premesso, io non ho infranto nessuna “regola del web” . X/Seneca sì. E’ lui che improvvisamente svela il mio nome e cognome nell’intervento 9. La telefonata del sig.JZ al sig. XY esce fuori dal web ed è una telefonata fra due persone reali che evidentemente si erano scambiati nomi e numeri telefonici (non ho alcuna capacità investigativa).  Quella telefonata, che non contiene alcuna ingiuria o minaccia, non avrebbe assolutamente essere riportata sul web come invece ha fatto X/Seneca nell’intervento 1, immediatamente smentito dallo stesso X/Seneca nell’intervento 2. In questo intervento X/Seneca fa le scuse più complete a J/Bisanzio. Quindi la vicenda privata/web avrebbe potuto considerarsi conclusa. Infatti J/Bisanzio, che dal…non è più iscritto a AL Valentino ma ha fatto una nuova richiesta di iscrizione per controbattere gratuiti attacchi cui è fatto oggetto(e non può rispondere), il…scrive a Spartacus in questi termini: “Grazie Spatacus per l’ammissione (appena giunta) a Al Valentino, ma la franca e soddisfacente spiegazione avuta con Seneca, rende inattuali le motivazioni della richiesta. Quindi, coerentemente, già mi sono cancellato“. Inopinatamente Seneca/X, con l’intervento 9 e vari altri successivi, praticamente riapre la…diatriba. J/Bisanzio, che dal…non ha più potuto intervenire in Al Valentino, scrive a Spartacus il…in questi termini:” Scusami se sono costretto ancora una volta a disturbarti, ma Seneca va sul pesante (dopo le scuse pubbliche del…, ha avuto un ulteriore e imprevedibile soprassalto) e l’eventuale querela avrebbe comunque termini lunghi. Ti sarei grato se inserissi, per mio conto, la risposta che segue e se accettassi in tempi rapidissimi la nuova domanda d’iscrizione”. Il…J/Bisanzio apprende di essere stato riammesso e immediatamente interviene in Al Valentino con messaggio 18 di pari data. X/Seneca interviene a sua volta nello stesso giorno e J/Bisanzio risponde con messaggio 20. Questi i termini della vicenda. Poco influiscono altri interventi, specialmente quelli pesanti di Tommy cui J/Bisanzio risponde solo con due rapidissimi flash. Ora, Spartacus, un brevissimo commento. Ho…anni e vengo considerato (scusa l’immodestia ma è necessario) un cittadino modello, mai un fatto penale nemmeno di “buona condotta”(…) ho continue frequentazioni con amici magistrati e normalissime frequentazioni con amici rispettabilissimi. Dove cercare l’aggressività (addirittura da omicidio –SIC!-) lamentata da Seneca/X? Come giustificare la sua estrema variabilità (più sopra ricostruita) se non col caldo, le lunghissime ore a dialogare ossessivamente al computer? Sono davvero sconcertato e dispiaciuto anche perché Seneca/X non sembra rendersi conto della gravità della DIFFAMAZIONE, condita da insulti rivoltimi in pubblico, e a cosa va incontro (né a me fa alcun piacere perché sarebbe la prima volta della mia vita che, sia pure come parte lesa, avrei a che fare col PENALE). La cara Sottile tenta in tutti i modi di comporre la vicenda. Ma la vicenda può chiudersi NON COMPORSI solo con le scuse di Seneca/X (d’altra parte già fatte e poi stranamente superate). Le ripeta, X/Seneca e NON TORNI PIU’ DIETRO. Poi non parli più di  me ed io non interverrò mai più in Al Valentino, pur rimanendovi vigile ma assolutamente non attivo. E’ questo un atto di grande buonavolontà e di umana comprensione. Spero che basti. Al di là ci sarebbe solo il baratro del penale. J/Bisanzio.
Non trascorreva un’ora e Seneca (tornato responsabile) coglieva la grande occasione offertagli  e, pur tentando in qualche modo di salvare …la faccia, porgeva al dr.Z/Bisanzio le sue più ampie scuse condite della dichiarazione di essere terribilmente mortificato e avvilito per quanto successo e sperando caldamente che il dr. JZ voglia perdonarlo. A mia volta inserivo: Senza voler per, correntezza e umane considerazioni, approfondire troppo, il dr. JZ (in cui ormai s’identifica Bisanzio) accetta le scuse del dr. XY (in cui ormai s’identifica Seneca) e ritiene chiusa la vicenda. Rimane inteso che X/Seneca non scriverà più su J/Bisanzio, né J/Bisanzio interverrà più Al Valentino tranne che non lo si tiri irresistibilmente in ballo. J/Bisanzio.
La penosa e irragionevole vicenda era superata quindi, ma Al Valentino, come una tradizione ormai consolidata, rimaneva teatro di liti di vario livello e gravità, mentre alto si levava il lamento di Seneca (che però non nominava mai J/Bisanzio) per il grosso macigno che gli era caduto addosso, mentre Sottile, resa un po’ meno buona dalle precedenti rispostacce di Seneca, imperversava sul settuagenario con vignette e sfottò vari dando inizio a un’intensa polemica che vedevano in campo a lungo lei, la sua amica Chiarezza e il ragazzetto Serietà da una parte e Seneca e Tommy dall’altra. I due “colleghi” venivano accusati di aver invitato più volte Chiarezza a dialogare con loro in messanger e di aver tentato di…catechizzarlo. E, per la verità, le difese dei “colleghi” risultavano alquanto goffe e avrebbero potuto far configurare il tutto come un’azione…pedofila. Ma credo che ciò non fosse sospettato da nessuno degli iscritti, me compreso, di Al Valentino, ma sarebbe, forse, rimasto come un’ulteriore dimostrazione di…sprovvedutezza  di quei due anziani signori.
Nel frattempo Pazzus riusciva a rintracciare, in un importante catalogo internazionale, su internet la copertina di un mio libro e la pubblicava integralmente costringendomi, per completezza, ad inserire un cospicuo numero di stralci critici su miei lavori. Del tutto inatteso e…fuori luogo, un giorno appariva un intervento di Seneca che diceva, rivolgendosi ad un certo Telemaco, che lui pure era rimasto molto colpito dalle recensioni su Bisanzio e sarebbe stato il primo a congratularsi, con sincerità ed affettuosità, con lo scrittore se non fosse stato frenato dal pensiero che questi non le avrebbe gradite da lui per lo screzio che c’era stato e che lui aveva dimenticato e che, osava solo sperarlo,  si augurava anche lo scrittore avesse posto lo screzio nel dimenticatoio. Continuava dicendo che sperava che lui (lo scrittore, ossia Bisanzio) leggesse le sue parole e che accettasse di stringere la mano che porgeva con affetto di amico. Concludeva ringraziando Telemaco per l’occasione insperata che gli aveva dato.
Incredibile, Seneca (ancora una volta sprovveduto, o furbo e falso di tre cotte?) che, dopo lunga battaglia e in virtù della vecchia amicizia (anche nel reale) col gestore, stava riuscendo a far andar via Sottile dalla comunità.
Inserivo: Cara Sottile, l’unica giustificazione per la persona a causa della quale, credo, ti voglia cancellare da questa comunità è la RIMOZIONE (in psicoanalisi: processo inconscio attraverso il quale il soggetto censura ed esclude dalla coscienza idee, ricordi, eccetera). Se invece fosse voluta o utilitaristica AUTOREPRESSIONE, sarebbe, con buone possibilità, opera da pagliaccio (personaggio del buffone che si esibisce nei circhi; chi manca di serietà, di responsabilità, di coerenza). Definire SCREZIO oggi, la vicenda per la quale ha starnazzato a destra e a manca di dolore, di paure, di minacce di morte (sic!) è assoluta mancanza (se conscia) verso il coniuge (che ne avrebbe, a suo dire, supersofferto). Comunque è mancanza grave, secondo il mio modo di vedere, emettere superficiali “diagnosi” sia verso chi sono indirizzate, che verso la propria professionalità o professione (che pure si sbandiera molto spesso a, secondo me, presa in giro dei propri sostenitori, considerati, in questo modo, ignoranti o stupidi). Così pure grave e contraddittoria, se fosse conscia, l’ultimissima sua teoria del “macigno” secondo la quale più volte dice che non lo sentiremo più, non lo vedremo più,  e poi, qualche ora dopo ci ripensa (come al solito) e dice che va bene, ha superato e sarebbe tornato farsi sentire. Insomma, se ha rimosso, dovrebbe averlo fatto anche per il macigno, o no? Si ha voglia di dire di spirito “goliardico”, che, a mio avviso, suonerebbe offesa ai tanti, e sono i più, studenti universitari seri. Ormai la sua  età si conosce e si è sempre conosciuta perché da lui spesse volte dichiarata. ED OGNI COSA HA IL SUO TEMPO! Che dire, infine, (come qualcuno ha scritto) di questo signore che ha fatto la ruota sul cadavere di un altro che era spirato senza polemiche e personalizzazioni e lui è saltato sulla sua salma deturpandone il ricordo per poi, al ritorno vincente di quello, zittirsi molto rapidamente? Poi ora, ad un altri successo, risbandierare imperturbabile l’amicizia, come un pierino a cui basta fare il visino triste e due lacrimelle e poi un accattivante sorriso, per essere subito perdonato. Un vero guazzabuglio, casa Sottile, e tu vuoi andartene? No, tu sei persona seria, coerente e caritatevole, e la chiusura della vicenda (non la composizione, intesa come appianamento, conciliazione) è avvenuta per tuo merito che ha saputo smuovere in me umane considerazioni che erano pur presenti, ma meno evidenti. No, rimani, Sottile, c’è bisogno di persone coerenti che sappiano anche scherzare, ma non portando una malintesa ironia a vigliacche esaltazioni.  Ovviamente non stringerò quella mano inverecondamente tesa, e non certo per timore di “ironia”(ma quale potrebbe mai fare?), tutt’al più di falsità, e mi sovviene Plauto che scrisse: “Nessuno ti dimostra più amicizia di un amico nel bisogno”. Y/Bisanzio.
Così si concluse la vicenda con lo strano e contraddittorio individuo. Poi venne l’11 settembre con il bombardamento delle torri gemelle e…fu altra musica.              
                       




           

           





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