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STRALCI CRITICI sulle opere di IRENE COTRONEI
La Pittura di memoria di Irene Cotronei
La ricerca pittorica, non soltanto a Napoli ma nel resto dell'Italia e in
Europa, sembra giunta ad un momento di svolta, dopo oltre un decennio
di dominio dell'avanguardia concettuale. Nella nuova congiuntura che
va delineandosi, l'artista torna timidamente a confrontarsi con la natura e
in una chiave assai meno cifrata e meno intellettualistica, riproponendosi
con un ruolo significativo e comprensibile, alla sensibilità popolare (e il
pubblico, osservava acutamente Pirandello, è parte essenziale di qualsiasi
tipo di spettacolo). Ma non si può dire tuttavia che sono stati rimossi tutti
gli ostacoli che hanno reso, per alcuni lustri, oltremodo difficile il rapporto
fra lanista e l'opinione pubblica. Molti di questi intralci permangono e si
mostrano ancora insuperabili.
E' chiaro che non si può ristabilire un completo e corretto confronto tra
arte e società, se viene Invocata, anche da parte della critica più
consapevole, una marcia indietro del dibattito artistico, quasi a difesa di
posizioni passatiste (anche perché la Storia, anche artistica, non ritorna sui
propn passi). Si tratta, al contrario, di dimostrare che l'investigazione
pittorica o senso unico finisce fatalmente per trasformarsi in moda e cioè
in un qualcosa che viene legittimato dal solo fatto di rispondere al canone
estetico del momento e di imporsi ad artisti ed appassionati di pittura in
quanto forma espressiva che va, anche perché questo tipo di ricerca lo si
fa passare per collegato con una esigenza (vera o inventata) di
rinnovamento morale, sociale ed estetico.
E' auspicabile quindi che Fattuale, precario equilibrio creativo (sorto sulle
ceneri delle tante avanguardie e neo-avanguardie del Novecento) si muti
in un equilibrio più stabile: tale che rispetti tutto un ventaglio di posizioni
estetiche che oggi sembrano accettate ma che, fino a poco tempo fa
non trovavano alcun diritto di cittadinanza nel dibattito artistico Prima fra
tutte, quella che sostiene, all'interno del pluralismo creativo, la piena
legittimità della ricerca figurativa.
Certo, non mi sento di affermare che la maniera odierna di percepire il
reale, tanto da parte dell'uomo della strada, quanto da parte degli artisti
(i quali rappresentano i modi di sentire collettivi), non sia mutata Sono
senza dubbio cambiati comportamenti e sensibilità, stati d'animo e
tensioni emotive, ma pur nel quadro di una società civile e di una società
artistica trasformate nelle abitudini e nelle prese di coscienza mi pare
accertato che devono essere sempre i sentimenti a dominare la scena
senza venir posti a rimorchio di verità di evidente origine extrartistica'
Questa premessa mi sembrava più che necessaria nell'accingermi ad
approfondire l'opera di una pittrice di tutto rispetto, [rene Cotronei la
quale, seppure oncor giovane, ha dato vita, negli ultimi venticinque anni
ad una ricerca che s'è sviluppata assai coerentemente ed ha trovato
consensi da parte di insigni critici napoletani e meridionali quali Carlo
Barbieri, Angelo Trimarco, Bruno Lucrezi, Alfredo Schettini e da parte di altri
non meno autorevoli esperti e recensori italiani,
Irene Cotronei si pone di fronte al mistero dell'immagine in una posizione
di estrema autonomia creativa e mentale. Una apertura al dialogo con la
realtà che viene portata avanti dall'artista con mano felice e che si
manifesta nell'esigenza di approfondire non soltanto l'equilibrio Interno
della realtà stessa, ma anche nell'analizzare il rapporto tra l'immagine e il
suo punto di riferimento nella natura e quello tra l'immagine e l'artista, fino
a propendere, in più d'un caso, verso una sublimazione surreale.
E' innegabile che l'operazione pittorica della Cotronei nasca nell'alveo del
Naturalismo: ma è da ammettere tuttavia che l'artista non concede quasi
nulla a compiacimenti formali, ad accentuazioni coloristiche tradizionali,
ad una logica degli affetti scontata o retorica, ad una visione d'assieme
oleografica o sentimentalistica. L'immagine è, per questa ispirata artista,
un qualcosa che vien, si, fuori dalla stessa fisicità dell'oggetto o
dell'elemento naturale al centro della ricerca , ma si muta poi in un luogo
puramente memoriale, nel senso che la pittrice, liberata dagli slanci
emotivi, osserva le "cose" e gli "oggetti" non in sé e per sé, ma come
aspetti riflessi di una propria realtà inferiore.
La pittrice, Insomma, fa sfilare sul nastro della memoria emozioni lontane e
ricordi giocondi, anche infantili, reinventandoli in maniera ora fumosa, ora
più limpida a seconda della "qualità" del ricordo. Ciò awiene, come ho
detto, anche perché l'artista si pone con estremo distacco di fronte al
campo d'indagine, dopo essere riuscita a raffreddare le emozioni. E le
accade di dar vita a forme dipinte che dimostrano tutta la sua raggiunta
maturità creativa.
Figure di donne, alberi protagonisti di primi piani, paesaggi, conchiglie e
varie manifestazioni del processo biologico, fanno parte del mondo
poetico di Irene Cotronei: tutti ripresi in atteggiamenti non consueti e
dipinti sulla tela con colori asciutti, quasi gelati. Come l'ocra della
conchiglia ritratta in maniera assai originale, quasi si trattasse di una figura
animata; come la "terra d'ombra" dell'albero gigante, che domina una
vasta radura verde, con sullo sfondo una minuscola figura d'uomo: forse
un contadino o un eremita; come le tonalità sfumate delle due
enigmatiche figure di donne, delle quali sembra quasi impossibile, per lo
spettatore, violare l'interno segreto; come l'azzurro carico del mare che si
ammira attraverso il grande foro nella grotta scavata nella roccia; come
la "terra di Siena" il cinabro, il blu cobalto, il verde acqua degli altri oggetti,
rievocati attraverso il sentimento del tempo e traboccanti di tenerezza,
E' vero, la Cotronei cammina all'interno di un filone pittorico ben
conosciuto. Ma lo fa con più che notevole autonomia
espressiva .essendosi resa conto che è compito dell'artista di tenere a
freno II gioco delle emozioni. Non solo. C'è da aggiungere che si può
essere naturalisti o post-naturalistì ed avere il dono della modernità e della
stringatezza; ed essere avanguardisti senza possedere la capacità di far
vibrare la corda dei sentimenti, rimanendo prigionieri di una scontata
logica intellettualistica.
La prima volta che scrissi su Irene Cotronei parlai di "istintività", all'interno
di una vocazione autentica; oggi posso affermare che la pittrice ha
sviluppato moltissimo la sua capacità di approfondimento, sostituendo la
primitiva "istintività" con una intelligenza analitica, che le consente di
progettare l'opera, all'interno di un assai maturo processo riflessivo,
GINO GRASSI (dalla presentazione alla mostra personale)
'
Testimonianze critiche su mostre precedenti
una parte dunque c'è la ricerca plastica di volumi cubici (gli scogli), e
dall'altra la percezione sempre più viva delle qualità cromatiche del motivo, non
sacrificando queste a vantaggio di quelle ma fondendole in un velario
atmosferico che serve da orizzonte in un puntualizzato valore di prospettiva
aerea.
CARLO BARBIERI (dalla presentazione al catalogo della I personale di IC)
...La sua azione vive e si anima all'interno del discorso figurativo, lungo gli
argini della tradizione napoletana: una tradizione che la Cotronei riaccende
puntando sulla carica emotiva di aggressività di certi colori scelti
accuratamente.
ANGELO TRIMARCO ("II Mattino")
...Una pittrice, Irene Cotronei, che oltre a buone doti disegnati ve e coloristiche,
dimostra, in alcuni dipinti, di tendere già alla ricerca della scomposizione,
allorché ci presenta degli scogli tagliati, in cui vi è chiaro il senso plastico dei
volumi.
GUIDO DELLA MARTORA ("Napoli Notte")
...Indubbiamente la pittrice appare migliorata e mostra dei progressi laddove
da sfogo al proprio istinto. Le varie tonalità di verde sembrano più sincere e
più moderne, perciò le opere migliori sono da considerare i paesaggi...
GINO GRASSI ("Roma")
Nelle trenta opere di pittura schierate in bell'armonia nelle sale di via
Cimarosa, al primo sguardo si ha la certezza di un talento naturale che si è
venuto formando istintivamente, con passione selvaggia, inizialmente attratto
dall'incantesimo del mare, venendo poi man mano acquistando maggior
concisione e prontezza nell'afferrare i punti caratteristici del paesaggio e
delle cose.
Irene Cotronei non indulge alla piacevolezza o alla facilità dei motivi
pittorici, ma predilige gli aspetti rudi e semplici della natura cosmica, come
ce ne da esempio nella lividezza tonale di " Pietre lavichc", modellate con
larghezza di chiaroscuro e con essenziale efficacia costruttiva. Anche il senso
della solitudine è per la pittrice uno dei lirici richiami bloccati in una visione
serrata, come in "Chiesa nel verde". Inquadrata senza cielo, la "Grotta sul
mare" poggia sull'acqua glauca: suggestiva la lama di luce biancastra
all'estremità dell'antro infernale. Una concisa semplificazione del volume
arboreo si staglia nel cielo unito, dalle pennellate fluenti, di. "Alberi".
ALFREDO SCHETTINI ("Il Corriere di Napoli")
All'Amaltea personale della pittrice napoletana Irene Cotronei. Naturalmente
portata verso un colore mediterraneo, la Cotronei mette in evidenza un gusto
moderno e piacevole nella scelta delle tonalità e degli accostamenti...
SERGIO PAGLIERI ("Secolo XIX")
Irene Cotronei, napoletana purosangue, della pittura partcnopea ha il richiamo
sensuale del colore, la profondità di certi blu pastosi, gli amalgami vivaci con
cui realizza sulla tela paesaggi e figura. La pittrice parla un linguaggio che offre
spunti intensi in chiave cromatica specie negli ambienti marini che le sono, a quanto pare, prediletti; del colore ha un certo gusto selvaggio, primitivo, tutto istinto, che addensa negli scogli, nei fondi, aggressivo e impetuoso, come a
scaricarvi un'indomita energia vitale, una passionalità esaltata innanzi alle
meraviglie naturali...
FRANCA BISSONI ("II Lavoro")
Una pittrice dotata di qualità coloristiche dense di vivaci fermenti che
dichiarano il bisogno di trascrivere gli impulsi intcriori in immagini più
percettive che realistiche. Come se la Cotronei filtrasse tutto ciò che la circonda
attraverso poetiche sensazioni. Le sue marine appaiono costruite con pennellate
esprcssionistiche da marginali richiami impressionisti negli sfondi pacati ed
omogenei. Un racconto di matrice primordiale articolato su divagazioni
cromatiche che imprimono alle forme una vitalità determinata dal movimento
mataforico della materia tutta pervasa da palpiti e vibrazioni. Quasi ""
abbandono a nostalgie ancestrali rese vive da tonalità calde...
IDA MARIA BALESTRERI ("II Narciso" e "II Miliardo")
La Galleria Amaltea ha presentato gli olii di Irene Cotronei, pittrice che si ispira,
per la realizzazione delle sue opere, alla natura inanimata, al mondo sommerso e
ad un paesaggio aspro e solitario, in cui s'incontrano l'arido scoglio, i sassi qua e
là dispersi tra ciuffi di erbe rigide, induriti e scamiti dai venti marini.
L'osservatore trae dalla visione di queste opere (nonostante i colori forti e
contrastanti o dove gli azzurri e i verdi predominano) un'impressione di aridità,
di fredda inerzia e insieme di un dolore contenuto e di opaca rassegnazione. Le
opere più significative sono rappresentate da pietre laviche, sassi marini, e rocce
rese con masse ben costruite mediante un giusto equilibrio tra forme ombre e
colore. Anche i paesaggi (il mare sempre si intravede al di là dei rosseggiami
scogli o di piante desolate e aspre -ricordiamo in particolare "Verdi e mare"-)
hanno il fascino che emana da un ambiente naturale espresso in modo realistico
e senza indulgere a romantici compiacimenti. L'ambiente marino in genere
appare dunque, per questa pittrice, fonte di una genuina ispirazione che le
consentirà senza dubbio di approfondire ulteriormente la sua ricerca, sia sul
piano stilistico che su quello delle emozioni...
GIOVANNA SANGUINETI ("Prisma 80")
Alcune opere richiamano i motivi originari che rivelarono la pittrice nel senso
che abbiamo tentato di definire. Ma Irene Cotronei -com'è dimostrato
nell'odierna esposizione- ha qualità tecniche ricche di ulteriori motivi ispiratori,
così nella figura che nelle composizioni. E -ciò che più conta- in ogni suo lavoro
ella mantiene quell'unità di stile che la rende riconoscibile e fa lodare la
sincerità e il buon gusto in lei del tutto spontanei , senz'alcuna traccia di
compromessi estetici. "Orchidee e pietre" costituiscono un esempio tipico del
suo modo di vedere e d'interpretare il vero con sensibilità moderna. Lo stesso
dicasi di "Fiori di campo", della delicata "Piantina viola", del "Volto" e del
carattenstico "Profilo" (autoritratto), interessante perché, senz'ombra di
civetteria, l'artista vi si rispecchia come in un riflesso di mare.
ALFREDO SCHETTINI ("Corriere di Napoli")
...Una pittrice che riscatta il suo mondo intimistico stagione per stagione, mostra
per mostra, opera per opera...più plastica e sempre più controllata la figura,
libera nel paesaggio i cui aspetti veristici ormai risiedono nella sua pittura
soltanto come elemento di pretesto per la reinvenzione di cene immagini che
vanno viste e controllate sotto certi ritmi compositivi i cui valori sfuggono ogni
piacevolezza decorativistica. Un felice riscontro lo si può notare in certe sue
composizioni laviche...
SALVATORE DI BARTOLOMEO ("Napoli Notte")
...Dipingere sassi, specie quelli lavici; dare ad essi un contenuto di vita, di
sofferenza, rispecchiare in essi una personalità forte e tormentata, solo giocando
su una armonizzazione di colori, di ombre e di spazi dilaganti, è quanto con
padronanza è riuscita a fare la Cotronei. Piccoli riflessi di colore bruno, a
testimoniare la origine impetuosa del fuoco etemo vulcanico, creano su queste
rocce e pietre, contrasti iridescenti di rara bellezza. Ma dove la pittrice raggiunge
una efficacia espressiva notevole è la sensazione di profondi silenzi, di estasiante
quiete che essa riesce a trasmettere all'osservatore...
BALDASSARRE MESSINA ("La Gazzetta")
Anche Irene Cotronei si muove nell'ambito della lezione figurativa tendendo a
visioni di sintesi. Un mondo un poco selvaggio verso il quale la pittrice si
volge con forte emozione, stendendo sulla tela con impeto un cromatismo dalle
intense contrapposizioni tonali...
ANNA MARIA SECONDINO ("Gazzetta del Lunedì")
"
Si tratta di un processo, per così dire, osmotico tra oggettività e soggettività
del reale, tra natura, appunto (nel senso romantico, rousseauiano o
herdenano, della parola), e spirito, che si risolve, nell'opera d'arte in
creazione originale: tanto più originale e valida, s'intende, quanto
maggiormente l'arlisla riesce a liberarsi dal duplice diaframma
de oggetto-soggetto e coglie, in quell'impatto fra l'uno e l'altro che si attua
nella sfera dell'intuizione e della coscienza critica di chi opera, l'essenza della
vita come scintilla di una sacra inesauribile genesi.
La discesa di Irene Cotronei nel fondo di un mondo sommerso ci pare come
l' approdo a una meta lungamente perseguita e al tempo stesso come un
ritorno alle origini, alle radici dell'essere delle cose e del proprio essere più
autentico. E la riscoperta e la conquista del mondo sotto la prospettiva del
milo, della fiaba: ossia dell'eterna poesia (penso alla "Sirenetta" di Andersen)
In un mondo siffatto, tra glauche pianure, remote azzurre catene di monti
misteriosi penetrali di grotte, rami di rosso corallo e candidi fiori carnali- un
mondo di favola e di sogno, non soltanto il sentimento fondamentale
dell artista ci si rivela nuovo e rinnovato, un sempre rinascente stupore
d'anima che lo caratterizza, ma anche, e principalmente, ci appaiono nuovi i
suoi mezzi espressivi: più musicali le tonalità, sapientemente calcolati i ritmi
compositivi, più suggestivi i giochi delle ombre, velate le acquorce
trasparenze della luce. Il fatto tecnico, cioè -che è sempre, e non potrebbe non essere, alla base della creazione artistica- si risolve e si scioglie, nelle cose più belle, in pura vibrazione vitale.
Evitati in genere gli effetti scenografici, spiritualizzati certi antichi turgori
materici, Irene Cotronei ha trovato qualcosa di essenziale in questo suo
mondo sommerso: se stessa, io credo.
BRUNO LUCREZI (dalla presentazione al catalogo della mostra tematica Il Mondo Sommerso)
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Caro amico lettore, la storia vera, verissima (purtroppo)
che ti racconto trae le sue origini successivamente alla stesu-
ra definitiva di un mio libro-saggio-manuale. Infatti, pur iniziando
nel lontano aprile
'83, rivela risvolti negativi solo più tardi e quindi mesi dopo
l'agosto dell'83, data nella quale completavo "I segreti
dell'editoria".
Ho ritenuto opportuno raccontartela perché a mio avviso
costituisce "il fiore all'occhiello" del mio volume e ne esem-
plifica mirabilmente i contenuti. Nè tantomeno comportava
modifiche di struttura all'insieme, potendola racchiudere nel
capitolo zero, e mai collocazione fu più esatta in quanto oc-
cupa degnamente il punto zero dell'editoria nei rapporti con
gli autori.
Protagonisti:
Lo scrittore
II direttore editoriale
II presidente
II direttore amministrativo e amministratore delegato
Impiegate e segretarie della casa editrice come coro.
Lo scrittore aveva terminato la stesura definitiva di quasi
tutto il suo nuovo romanzo. Era stanco, ma soddisfatto: gli
sembrava un buon. lavoro e l'aveva passato ad una solerte
dattilografa per la ribattitura in bella. Per completare il suo
lavoro occorreva rivedere il finale (circa 50 pagine su 300),
correggerlo, farlo battere con l'IBM elettrica e poi inviarlo
all'editore che avesse accettato di pubblicarlo entro 1'83. Sa-
peva lo scrittore (non era un illuso o così pensava) che non
sarebbe stato facile. Infatti i "grandi" editori usano pro-
grammare, a volte con anni di anticipo, i libri da immettere
sul mercato. Ma da mesi insistente la pubblicità di un edito-
re che non conosceva, l'ossessionava con la frequenza delle
inserzioni. Ne ricerca il numero telefonico, l'indirizzo e, pre-
so decisamente fra le mani l'apparecchio, compila brava-
mente il prefisso e i cinque numeretti in fila. Si qualifica, gli
passano, dopo una certa attesa, un certo professore, respon-
sabile per la narrativa. I due parlano cordialmente e lo scrit-
tore prende atto che esamineranno con piacere e rapidamen-
te il suo lavoro. Promette di inviarlo entro brevissimo tem-
po. S'informa sulla casa editrice e ciò che gli dicono lo con-
forta. La CASA EDITRICE S.p.A. ha qualche miliardo di
capitale, è conosciutissima e qualificata per la scolastica
(sembra non ci sia famiglia che non ne abbia qualche testo),
filosofia, saggistica. Un pò meno per la narrativa. Spedisce
quindi il dattiloscritto. Siamo alla fine di aprile '83.
Il 15 maggio lo scrittore e il professore si parlano a lungo.
Il direttore editoriale è entusiasta del romanzo, vuole pubbli-
carlo assolutamente entro l'ottobre dello stesso anno per
usufruire del periodo buono ante Natale. Lo scrittore chiede
precisazioni sul contratto, la pubblicità, distribuzione ed al-
tro. Immediate le risposte che soddisfano in pieno lo scritto-
re insieme ad i complimenti per l'ultimo romanzo e le sue
opere precedenti.
"Allora mi mandi il contratto", dice lo scrittore.
"Deve pazientare qualche giorno. Io sono d'accordo, ma,
per una questione di forma, devo consultare i due colleghi
del comitato di lettura che stanno per terminare il dattilo-
scritto".
"Quanto tempo?"
"Non più di tré giorni, sia gentile".
"Va bene".
Diciannove maggio '83 ore 11,15, il direttore telefona al-
lo scrittore.
"Caro scrittore, ho letto anche il finale che mi ha manda-
to, è stupendo, esalta le pagine precedenti, ma purtroppo
ancora non le posso dare una risposta definitiva. Sa, io ed il
secondo membro siamo d'accordo, il terzo ha invece qual-
che perplessità, ma non per la qualità del romanzo che an-
che lui trova molto buono, solo sull'inserimento nella nostra
"collana finora annoverante grandi autori stranieri".
"Beh, siete due contro uno...".
"Non conta, ho voluto che vigesse l'unanimità, anche se
con un'atto d'imperio potrei decidere di pubblicarlo lo stes-
so, ma mi sono proposto di non farne più di uno ogni cinque
anni".
"Allora ci riteniamo liberi?"
"No, il mio collaboratore è uno che pressato nella fretta
propende per la soluzione più facile, ossia per il no. Mi dia
un'altra settimana di tempo, al 70% sono certo di portarlo
al sì come ho fatto altre volte. A me il suo romanzo piace
molto, lo pubblicheremo..." e la conversazione continua.
Come per un fatto scontato si parla di pubblicità, di tiratu-
ra, del desiderio del direttore di venire nella città dello scrit-
tore per la presentazione ufficiale, del risvolto di copertina,
della copertina e così via. I due prendono appuntamento per
venerdì 27 maggio.
Ancora una volta puntuale il professore telefona allo scrit-
tore. Il terzo membro insiste nella posizione, ormai decisa-
mente negativa, sempre per la linea della collana che prevede
(ma è proprio un vizio! Nota di B.C.) solo scrittori stranieri.
Il direttore editoriale appare dispiaciutissimo ed implora lo
scrittore (cose incredibili, ma vere!) di attendere.
"Non posso", risponde lo scrittore. "Ho altre offerte".
"Mi conceda solo questo week-end, ho ancora speranze.
Ci sentiamo lunedì".
Cosa sono tré giorni? Lo scrittore accetta.
Il lunedì nuova telefonata. Il terzo non molla, sono giunti
ad un accordo: sottoporre il testo ad un quarto consulente
(esterno), perché giudichi sempre in relazione alla linea della
collana. Lo scrittore si scioglie da impegni nonostante le
nuove insistenze del direttore.
Giunge allo scrittore l'offerta di pubblicazione da parte di
un editore molto importante, ma per 1'84. Lo scrittore si ri-
serva.
14/6/83 ore 15,45. Nuova conversazione fra il professo-
re e lo scrittore. Il quarto "lettore" s'è dichiarato d'accordo
con il terzo. Afferma (e per lo scrittore giustamente) che il
romanzo non rispetta il progetto che si sono imposti, ossia
una linea di scrittori stranieri.
"Allora la saluto e la ringrazio, sarà per una migliore oc-
casione", dice conclusivo lo scrittore. Ma il direttore edito-
riale non è d'accordo, gli assicura che gli scriverà prestissimo
per dirgli, su pagina, la sua e per fargli una proposta. Affer-
ma di essere un suo estimatore.
"Mi fa piacere", risponde lo scrittore.
"Voglio rispettare, sa... ma con un atto d'imperio..."
18/6/83 ore 15. Ulteriore conversazione fra i due. La let-
tera non è ancora giunta, ma il direttore è trionfante: al
99% è fatta! Assicura che il libro potrà, sarà nelle librerie ai
primissimi di novembre. Aggiunge che il 7 luglio ha riunione
e sta preparando una risposta conclusiva e vincente ai due
oppositori.
Lo scrittore valuta rapidamente la situazione: vuole uscire
nell'83. Potrebbe farlo solo con editori locali che, pur ammi-
revoli e validi, hanno una distribuzione più ridotta e s'impe-
gna con il direttore dopo aver ricevuto nuove "sicure" garan-
zie.
Verso il 28 giugno giunge la lettera datata 17 spedita gior-
no dopo. Una sorpresa! Ampi complimenti al romanzo dello
scrittore, ma alla fine dice: "...che non può tuttavia rientrare
nella linea della nostra collana di narrativa, attualmente
orientata alla traduzione di autori dell'area centro-europea e
latino-americana. Firmato p.la Dirczione Editoriale, un re-
dattore".
Allo scrittore s'intensificano dubbi sul perfetto equilibrio
mentale del direttore. S'informa, gli confermano che è l'in-
contrastato direttore editoriale oltre che docente universita-
rio e vestito di scuro. Gli telefona il 30/6/83 ore 10,40.
"Ah, non si preoccupi, è solo per accontentarli, ma il 7 lu-
glio riprenderò tutto in mano e si farà al 100!%", afferma
deciso e sicuro il professore.
"Non ho dubbi, lei mi ha garantito l'assoluta sicurezza an-
che sulla data di uscita, quindi sto tranquillo", risponde
sconcertato l'autore, ma ormai è in ballo. Si parla della ri-
produzione sulla copertina che il direttore già ha scelto. Lo
scrittore annota: "O è pazzo, o fa sul serio".
7/7/83 ore 18. Il direttore dice:
"Sto lavorando per lei".
"Come vanno le cose?"
"Bene, riunione il 12. È cambiato il presidente della socie-
tà e mi fa piacere perché è uno della mia città a me legato".
"Sono tranquillo per la pubblicazione, ma preoccupato
per i tempi", dice lo scrittore.
"Ce la facciamo: una settimana per la fotocomposizione,
a fine settembre prime e seconde bozze corrette, il 10/15 ot-
tobre il libro sarà pronto, il 20 in distribuzione", afferma
conclusivo il direttore.
14/7/83 ore 14. Una signorina della casa editrice telefo-
na allo scrittore e lo prega, per conto del direttore editoriale,
d'inviare subito a mezzo spedizioniere il dattiloscritto corret-
to all'indirizzo del professore che abita in una grande città
meglio collegata.
Lo scrittore si da da fare e riesce a farlo partire in serata
con Mercé Espresso. Poi il giorno dopo, per sicurezza, invia
una raccomandata nella quale si riepilogano tutti gli accor-
di. Altra raccomandata il 27/7 contenente la nota: "L'autore
dichiara..." da porre nel libro e la richiesta: "a che punto è la
fotocomposizione?".
In quei giorni il nostro scrittore s'era incontrato con un
grande autore, gloria e vanto della narrativa italiana, decisa-
mente uno dei maggiori scrittori italiani del Dopoguerra,
presente con larghezza in ogni enciclopedia ed in buonapar-
te delle antologie scolastiche, al quale aveva dato un dattilo-
scritto non corretto del suo romanzo per ottenerne un giudi-
zio. Le prime impressioni del grande scrittore erano state po-
sitive. Quindi nella conversazione fra lo scrittore e il diretto-
re del 2/8/83 ore 12, se ne parla e il pròfossore sollecita feli-
ce un pezzo del grande narratore da usare come presentazio-
ne od introduzione. Si stabiliscono il numero massimo di
battute e la data di consegna. Il direttore afferma che si sta
fotocomponendo e comunica il numero di pagine previste
(circa 300), la tiratura (circa 5000 copie) ed il prezzo del vo-
lume (intorno alle 14.000 lire) e, per la prima volta, parla
del contratto asserendo di aver dato disposizione d'inviare
allo scrittore quello standard della sua Casa editrice.
Inizia un periodo ancor più confuso: la fotocomposizione
non arriva, ma il direttore sempre sicuro ed entusiasta, il
9/8/83 ore 10 informa che, nonostante la macchina per fo-
tocomporre si sia guastata, il 20 del mese le bozze saranno
inviate allo scrittore che si rovina le vacanze nell'attesa.
Il 22 agosto lo scrittore spazientito telefona alla Casa edi-
trice. Il professore è in ferie. Parla con un tecnico, e appren-
de che le fotocomposizioni sono in arretrato e il direttore
tornerà dopo qualche giorno.