BRUNO COTRONEI E I SUOI LIBRI
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 IRENE COTRONEI, ALCUNI SUOI DIPINTI E RECENSIONE SULLE SUE OPERE!

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MessaggioTitolo: IRENE COTRONEI, ALCUNI SUOI DIPINTI E RECENSIONE SULLE SUE OPERE!   IRENE COTRONEI, ALCUNI SUOI DIPINTI E RECENSIONE SULLE SUE OPERE! EmptyVen Giu 26, 2009 12:01 pm

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STRALCI CRITICI sulle opere di IRENE COTRONEI
La Pittura di memoria di Irene Cotronei
La ricerca pittorica, non soltanto a Napoli ma nel resto dell'Italia e in
Europa, sembra giunta ad un momento di svolta, dopo oltre un decennio
di dominio dell'avanguardia concettuale. Nella nuova congiuntura che
va delineandosi, l'artista torna timidamente a confrontarsi con la natura e
in una chiave assai meno cifrata e meno intellettualistica, riproponendosi
con un ruolo significativo e comprensibile, alla sensibilità popolare (e il
pubblico, osservava acutamente Pirandello, è parte essenziale di qualsiasi
tipo di spettacolo). Ma non si può dire tuttavia che sono stati rimossi tutti
gli ostacoli che hanno reso, per alcuni lustri, oltremodo difficile il rapporto
fra lanista e l'opinione pubblica. Molti di questi intralci permangono e si
mostrano ancora insuperabili.
E' chiaro che non si può ristabilire un completo e corretto confronto tra
arte e società, se viene Invocata, anche da parte della critica più
consapevole, una marcia indietro del dibattito artistico, quasi a difesa di
posizioni passatiste (anche perché la Storia, anche artistica, non ritorna sui
propn passi). Si tratta, al contrario, di dimostrare che l'investigazione
pittorica o senso unico finisce fatalmente per trasformarsi in moda e cioè
in un qualcosa che viene legittimato dal solo fatto di rispondere al canone
estetico del momento e di imporsi ad artisti ed appassionati di pittura in
quanto forma espressiva che va, anche perché questo tipo di ricerca lo si
fa passare per collegato con una esigenza (vera o inventata) di
rinnovamento morale, sociale ed estetico.
E' auspicabile quindi che Fattuale, precario equilibrio creativo (sorto sulle
ceneri delle tante avanguardie e neo-avanguardie del Novecento) si muti
in un equilibrio più stabile: tale che rispetti tutto un ventaglio di posizioni
estetiche che oggi sembrano accettate ma che, fino a poco tempo fa
non trovavano alcun diritto di cittadinanza nel dibattito artistico Prima fra
tutte, quella che sostiene, all'interno del pluralismo creativo, la piena
legittimità della ricerca figurativa.
Certo, non mi sento di affermare che la maniera odierna di percepire il
reale, tanto da parte dell'uomo della strada, quanto da parte degli artisti
(i quali rappresentano i modi di sentire collettivi), non sia mutata Sono
senza dubbio cambiati comportamenti e sensibilità, stati d'animo e
tensioni emotive, ma pur nel quadro di una società civile e di una società
artistica trasformate nelle abitudini e nelle prese di coscienza mi pare
accertato che devono essere sempre i sentimenti a dominare la scena
senza venir posti a rimorchio di verità di evidente origine extrartistica'
Questa premessa mi sembrava più che necessaria nell'accingermi ad
approfondire l'opera di una pittrice di tutto rispetto, [rene Cotronei la
quale, seppure oncor giovane, ha dato vita, negli ultimi venticinque anni
ad una ricerca che s'è sviluppata assai coerentemente ed ha trovato
consensi da parte di insigni critici napoletani e meridionali quali Carlo

Barbieri, Angelo Trimarco, Bruno Lucrezi, Alfredo Schettini e da parte di altri
non meno autorevoli esperti e recensori italiani,
Irene Cotronei si pone di fronte al mistero dell'immagine in una posizione
di estrema autonomia creativa e mentale. Una apertura al dialogo con la
realtà che viene portata avanti dall'artista con mano felice e che si
manifesta nell'esigenza di approfondire non soltanto l'equilibrio Interno
della realtà stessa, ma anche nell'analizzare il rapporto tra l'immagine e il
suo punto di riferimento nella natura e quello tra l'immagine e l'artista, fino
a propendere, in più d'un caso, verso una sublimazione surreale.
E' innegabile che l'operazione pittorica della Cotronei nasca nell'alveo del
Naturalismo: ma è da ammettere tuttavia che l'artista non concede quasi
nulla a compiacimenti formali, ad accentuazioni coloristiche tradizionali,
ad una logica degli affetti scontata o retorica, ad una visione d'assieme
oleografica o sentimentalistica. L'immagine è, per questa ispirata artista,
un qualcosa che vien, si, fuori dalla stessa fisicità dell'oggetto o
dell'elemento naturale al centro della ricerca , ma si muta poi in un luogo
puramente memoriale, nel senso che la pittrice, liberata dagli slanci
emotivi, osserva le "cose" e gli "oggetti" non in sé e per sé, ma come
aspetti riflessi di una propria realtà inferiore.
La pittrice, Insomma, fa sfilare sul nastro della memoria emozioni lontane e
ricordi giocondi, anche infantili, reinventandoli in maniera ora fumosa, ora
più limpida a seconda della "qualità" del ricordo. Ciò awiene, come ho
detto, anche perché l'artista si pone con estremo distacco di fronte al
campo d'indagine, dopo essere riuscita a raffreddare le emozioni. E le
accade di dar vita a forme dipinte che dimostrano tutta la sua raggiunta
maturità creativa.
Figure di donne, alberi protagonisti di primi piani, paesaggi, conchiglie e
varie manifestazioni del processo biologico, fanno parte del mondo
poetico di Irene Cotronei: tutti ripresi in atteggiamenti non consueti e
dipinti sulla tela con colori asciutti, quasi gelati. Come l'ocra della
conchiglia ritratta in maniera assai originale, quasi si trattasse di una figura
animata; come la "terra d'ombra" dell'albero gigante, che domina una
vasta radura verde, con sullo sfondo una minuscola figura d'uomo: forse
un contadino o un eremita; come le tonalità sfumate delle due
enigmatiche figure di donne, delle quali sembra quasi impossibile, per lo
spettatore, violare l'interno segreto; come l'azzurro carico del mare che si
ammira attraverso il grande foro nella grotta scavata nella roccia; come
la "terra di Siena" il cinabro, il blu cobalto, il verde acqua degli altri oggetti,
rievocati attraverso il sentimento del tempo e traboccanti di tenerezza,
E' vero, la Cotronei cammina all'interno di un filone pittorico ben
conosciuto. Ma lo fa con più che notevole autonomia
espressiva .essendosi resa conto che è compito dell'artista di tenere a
freno II gioco delle emozioni. Non solo. C'è da aggiungere che si può
essere naturalisti o post-naturalistì ed avere il dono della modernità e della
stringatezza; ed essere avanguardisti senza possedere la capacità di far
vibrare la corda dei sentimenti, rimanendo prigionieri di una scontata
logica intellettualistica.
La prima volta che scrissi su Irene Cotronei parlai di "istintività", all'interno
di una vocazione autentica; oggi posso affermare che la pittrice ha
sviluppato moltissimo la sua capacità di approfondimento, sostituendo la
primitiva "istintività" con una intelligenza analitica, che le consente di
progettare l'opera, all'interno di un assai maturo processo riflessivo,
GINO GRASSI (dalla presentazione alla mostra personale)
'
Testimonianze critiche su mostre precedenti
una parte dunque c'è la ricerca plastica di volumi cubici (gli scogli), e
dall'altra la percezione sempre più viva delle qualità cromatiche del motivo, non
sacrificando queste a vantaggio di quelle ma fondendole in un velario
atmosferico che serve da orizzonte in un puntualizzato valore di prospettiva
aerea.
CARLO BARBIERI (dalla presentazione al catalogo della I personale di IC)


...La sua azione vive e si anima all'interno del discorso figurativo, lungo gli
argini della tradizione napoletana: una tradizione che la Cotronei riaccende
puntando sulla carica emotiva di aggressività di certi colori scelti
accuratamente.
ANGELO TRIMARCO ("II Mattino")


...Una pittrice, Irene Cotronei, che oltre a buone doti disegnati ve e coloristiche,
dimostra, in alcuni dipinti, di tendere già alla ricerca della scomposizione,
allorché ci presenta degli scogli tagliati, in cui vi è chiaro il senso plastico dei
volumi.
GUIDO DELLA MARTORA ("Napoli Notte")


...Indubbiamente la pittrice appare migliorata e mostra dei progressi laddove
da sfogo al proprio istinto. Le varie tonalità di verde sembrano più sincere e
più moderne, perciò le opere migliori sono da considerare i paesaggi...
GINO GRASSI ("Roma")


Nelle trenta opere di pittura schierate in bell'armonia nelle sale di via
Cimarosa, al primo sguardo si ha la certezza di un talento naturale che si è
venuto formando istintivamente, con passione selvaggia, inizialmente attratto
dall'incantesimo del mare, venendo poi man mano acquistando maggior
concisione e prontezza nell'afferrare i punti caratteristici del paesaggio e
delle cose.
Irene Cotronei non indulge alla piacevolezza o alla facilità dei motivi
pittorici, ma predilige gli aspetti rudi e semplici della natura cosmica, come
ce ne da esempio nella lividezza tonale di " Pietre lavichc", modellate con
larghezza di chiaroscuro e con essenziale efficacia costruttiva. Anche il senso
della solitudine è per la pittrice uno dei lirici richiami bloccati in una visione
serrata, come in "Chiesa nel verde". Inquadrata senza cielo, la "Grotta sul
mare" poggia sull'acqua glauca: suggestiva la lama di luce biancastra
all'estremità dell'antro infernale. Una concisa semplificazione del volume
arboreo si staglia nel cielo unito, dalle pennellate fluenti, di. "Alberi".
ALFREDO SCHETTINI ("Il Corriere di Napoli")


All'Amaltea personale della pittrice napoletana Irene Cotronei. Naturalmente
portata verso un colore mediterraneo, la Cotronei mette in evidenza un gusto
moderno e piacevole nella scelta delle tonalità e degli accostamenti...
SERGIO PAGLIERI ("Secolo XIX")


Irene Cotronei, napoletana purosangue, della pittura partcnopea ha il richiamo
sensuale del colore, la profondità di certi blu pastosi, gli amalgami vivaci con
cui realizza sulla tela paesaggi e figura. La pittrice parla un linguaggio che offre
spunti intensi in chiave cromatica specie negli ambienti marini che le sono, a quanto pare, prediletti; del colore ha un certo gusto selvaggio, primitivo, tutto istinto, che addensa negli scogli, nei fondi, aggressivo e impetuoso, come a
scaricarvi un'indomita energia vitale, una passionalità esaltata innanzi alle
meraviglie naturali...
FRANCA BISSONI ("II Lavoro")


Una pittrice dotata di qualità coloristiche dense di vivaci fermenti che
dichiarano il bisogno di trascrivere gli impulsi intcriori in immagini più
percettive che realistiche. Come se la Cotronei filtrasse tutto ciò che la circonda
attraverso poetiche sensazioni. Le sue marine appaiono costruite con pennellate
esprcssionistiche da marginali richiami impressionisti negli sfondi pacati ed
omogenei. Un racconto di matrice primordiale articolato su divagazioni
cromatiche che imprimono alle forme una vitalità determinata dal movimento
mataforico della materia tutta pervasa da palpiti e vibrazioni. Quasi ""
abbandono a nostalgie ancestrali rese vive da tonalità calde...
IDA MARIA BALESTRERI ("II Narciso" e "II Miliardo")


La Galleria Amaltea ha presentato gli olii di Irene Cotronei, pittrice che si ispira,
per la realizzazione delle sue opere, alla natura inanimata, al mondo sommerso e
ad un paesaggio aspro e solitario, in cui s'incontrano l'arido scoglio, i sassi qua e
là dispersi tra ciuffi di erbe rigide, induriti e scamiti dai venti marini.
L'osservatore trae dalla visione di queste opere (nonostante i colori forti e
contrastanti o dove gli azzurri e i verdi predominano) un'impressione di aridità,
di fredda inerzia e insieme di un dolore contenuto e di opaca rassegnazione. Le
opere più significative sono rappresentate da pietre laviche, sassi marini, e rocce
rese con masse ben costruite mediante un giusto equilibrio tra forme ombre e
colore. Anche i paesaggi (il mare sempre si intravede al di là dei rosseggiami
scogli o di piante desolate e aspre -ricordiamo in particolare "Verdi e mare"-)
hanno il fascino che emana da un ambiente naturale espresso in modo realistico
e senza indulgere a romantici compiacimenti. L'ambiente marino in genere
appare dunque, per questa pittrice, fonte di una genuina ispirazione che le
consentirà senza dubbio di approfondire ulteriormente la sua ricerca, sia sul
piano stilistico che su quello delle emozioni...
GIOVANNA SANGUINETI ("Prisma 80")


Alcune opere richiamano i motivi originari che rivelarono la pittrice nel senso
che abbiamo tentato di definire. Ma Irene Cotronei -com'è dimostrato
nell'odierna esposizione- ha qualità tecniche ricche di ulteriori motivi ispiratori,
così nella figura che nelle composizioni. E -ciò che più conta- in ogni suo lavoro
ella mantiene quell'unità di stile che la rende riconoscibile e fa lodare la
sincerità e il buon gusto in lei del tutto spontanei , senz'alcuna traccia di
compromessi estetici. "Orchidee e pietre" costituiscono un esempio tipico del
suo modo di vedere e d'interpretare il vero con sensibilità moderna. Lo stesso
dicasi di "Fiori di campo", della delicata "Piantina viola", del "Volto" e del
carattenstico "Profilo" (autoritratto), interessante perché, senz'ombra di
civetteria, l'artista vi si rispecchia come in un riflesso di mare.
ALFREDO SCHETTINI ("Corriere di Napoli")


...Una pittrice che riscatta il suo mondo intimistico stagione per stagione, mostra
per mostra, opera per opera...più plastica e sempre più controllata la figura,
libera nel paesaggio i cui aspetti veristici ormai risiedono nella sua pittura
soltanto come elemento di pretesto per la reinvenzione di cene immagini che
vanno viste e controllate sotto certi ritmi compositivi i cui valori sfuggono ogni
piacevolezza decorativistica. Un felice riscontro lo si può notare in certe sue
composizioni laviche...
SALVATORE DI BARTOLOMEO ("Napoli Notte")


...Dipingere sassi, specie quelli lavici; dare ad essi un contenuto di vita, di
sofferenza, rispecchiare in essi una personalità forte e tormentata, solo giocando
su una armonizzazione di colori, di ombre e di spazi dilaganti, è quanto con
padronanza è riuscita a fare la Cotronei. Piccoli riflessi di colore bruno, a
testimoniare la origine impetuosa del fuoco etemo vulcanico, creano su queste
rocce e pietre, contrasti iridescenti di rara bellezza. Ma dove la pittrice raggiunge
una efficacia espressiva notevole è la sensazione di profondi silenzi, di estasiante
quiete che essa riesce a trasmettere all'osservatore...
BALDASSARRE MESSINA ("La Gazzetta")


Anche Irene Cotronei si muove nell'ambito della lezione figurativa tendendo a
visioni di sintesi. Un mondo un poco selvaggio verso il quale la pittrice si
volge con forte emozione, stendendo sulla tela con impeto un cromatismo dalle
intense contrapposizioni tonali...
ANNA MARIA SECONDINO ("Gazzetta del Lunedì")
"

Si tratta di un processo, per così dire, osmotico tra oggettività e soggettività
del reale, tra natura, appunto (nel senso romantico, rousseauiano o
herdenano, della parola), e spirito, che si risolve, nell'opera d'arte in
creazione originale: tanto più originale e valida, s'intende, quanto
maggiormente l'arlisla riesce a liberarsi dal duplice diaframma
de oggetto-soggetto e coglie, in quell'impatto fra l'uno e l'altro che si attua
nella sfera dell'intuizione e della coscienza critica di chi opera, l'essenza della
vita come scintilla di una sacra inesauribile genesi.
La discesa di Irene Cotronei nel fondo di un mondo sommerso ci pare come
l' approdo a una meta lungamente perseguita e al tempo stesso come un
ritorno alle origini, alle radici dell'essere delle cose e del proprio essere più
autentico. E la riscoperta e la conquista del mondo sotto la prospettiva del
milo, della fiaba: ossia dell'eterna poesia (penso alla "Sirenetta" di Andersen)
In un mondo siffatto, tra glauche pianure, remote azzurre catene di monti
misteriosi penetrali di grotte, rami di rosso corallo e candidi fiori carnali- un
mondo di favola e di sogno, non soltanto il sentimento fondamentale
dell artista ci si rivela nuovo e rinnovato, un sempre rinascente stupore
d'anima che lo caratterizza, ma anche, e principalmente, ci appaiono nuovi i
suoi mezzi espressivi: più musicali le tonalità, sapientemente calcolati i ritmi
compositivi, più suggestivi i giochi delle ombre, velate le acquorce
trasparenze della luce. Il fatto tecnico, cioè -che è sempre, e non potrebbe non essere, alla base della creazione artistica- si risolve e si scioglie, nelle cose più belle, in pura vibrazione vitale.
Evitati in genere gli effetti scenografici, spiritualizzati certi antichi turgori
materici, Irene Cotronei ha trovato qualcosa di essenziale in questo suo
mondo sommerso: se stessa, io credo.
BRUNO LUCREZI (dalla presentazione al catalogo della mostra tematica Il Mondo Sommerso)






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Caro amico lettore, la storia vera, verissima (purtroppo)
che ti racconto trae le sue origini successivamente alla stesu-
ra definitiva di un mio libro-saggio-manuale. Infatti, pur iniziando
nel lontano aprile
'83, rivela risvolti negativi solo più tardi e quindi mesi dopo
l'agosto dell'83, data nella quale completavo "I segreti
dell'editoria".
Ho ritenuto opportuno raccontartela perché a mio avviso
costituisce "il fiore all'occhiello" del mio volume e ne esem-
plifica mirabilmente i contenuti. Nè tantomeno comportava
modifiche di struttura all'insieme, potendola racchiudere nel
capitolo zero, e mai collocazione fu più esatta in quanto oc-
cupa degnamente il punto zero dell'editoria nei rapporti con
gli autori.
Protagonisti:
Lo scrittore
II direttore editoriale
II presidente
II direttore amministrativo e amministratore delegato
Impiegate e segretarie della casa editrice come coro.

Lo scrittore aveva terminato la stesura definitiva di quasi
tutto il suo nuovo romanzo. Era stanco, ma soddisfatto: gli
sembrava un buon. lavoro e l'aveva passato ad una solerte
dattilografa per la ribattitura in bella. Per completare il suo
lavoro occorreva rivedere il finale (circa 50 pagine su 300),
correggerlo, farlo battere con l'IBM elettrica e poi inviarlo
all'editore che avesse accettato di pubblicarlo entro 1'83. Sa-
peva lo scrittore (non era un illuso o così pensava) che non
sarebbe stato facile. Infatti i "grandi" editori usano pro-
grammare, a volte con anni di anticipo, i libri da immettere
sul mercato. Ma da mesi insistente la pubblicità di un edito-
re che non conosceva, l'ossessionava con la frequenza delle
inserzioni. Ne ricerca il numero telefonico, l'indirizzo e, pre-
so decisamente fra le mani l'apparecchio, compila brava-
mente il prefisso e i cinque numeretti in fila. Si qualifica, gli
passano, dopo una certa attesa, un certo professore, respon-
sabile per la narrativa. I due parlano cordialmente e lo scrit-
tore prende atto che esamineranno con piacere e rapidamen-
te il suo lavoro. Promette di inviarlo entro brevissimo tem-
po. S'informa sulla casa editrice e ciò che gli dicono lo con-
forta. La CASA EDITRICE S.p.A. ha qualche miliardo di
capitale, è conosciutissima e qualificata per la scolastica
(sembra non ci sia famiglia che non ne abbia qualche testo),
filosofia, saggistica. Un pò meno per la narrativa. Spedisce
quindi il dattiloscritto. Siamo alla fine di aprile '83.
Il 15 maggio lo scrittore e il professore si parlano a lungo.
Il direttore editoriale è entusiasta del romanzo, vuole pubbli-
carlo assolutamente entro l'ottobre dello stesso anno per
usufruire del periodo buono ante Natale. Lo scrittore chiede
precisazioni sul contratto, la pubblicità, distribuzione ed al-
tro. Immediate le risposte che soddisfano in pieno lo scritto-
re insieme ad i complimenti per l'ultimo romanzo e le sue
opere precedenti.
"Allora mi mandi il contratto", dice lo scrittore.
"Deve pazientare qualche giorno. Io sono d'accordo, ma,
per una questione di forma, devo consultare i due colleghi
del comitato di lettura che stanno per terminare il dattilo-
scritto".
"Quanto tempo?"
"Non più di tré giorni, sia gentile".
"Va bene".
Diciannove maggio '83 ore 11,15, il direttore telefona al-
lo scrittore.
"Caro scrittore, ho letto anche il finale che mi ha manda-
to, è stupendo, esalta le pagine precedenti, ma purtroppo
ancora non le posso dare una risposta definitiva. Sa, io ed il
secondo membro siamo d'accordo, il terzo ha invece qual-
che perplessità, ma non per la qualità del romanzo che an-
che lui trova molto buono, solo sull'inserimento nella nostra
"collana finora annoverante grandi autori stranieri".
"Beh, siete due contro uno...".
"Non conta, ho voluto che vigesse l'unanimità, anche se
con un'atto d'imperio potrei decidere di pubblicarlo lo stes-
so, ma mi sono proposto di non farne più di uno ogni cinque
anni".
"Allora ci riteniamo liberi?"
"No, il mio collaboratore è uno che pressato nella fretta
propende per la soluzione più facile, ossia per il no. Mi dia
un'altra settimana di tempo, al 70% sono certo di portarlo
al sì come ho fatto altre volte. A me il suo romanzo piace
molto, lo pubblicheremo..." e la conversazione continua.
Come per un fatto scontato si parla di pubblicità, di tiratu-
ra, del desiderio del direttore di venire nella città dello scrit-
tore per la presentazione ufficiale, del risvolto di copertina,
della copertina e così via. I due prendono appuntamento per
venerdì 27 maggio.
Ancora una volta puntuale il professore telefona allo scrit-
tore. Il terzo membro insiste nella posizione, ormai decisa-
mente negativa, sempre per la linea della collana che prevede
(ma è proprio un vizio! Nota di B.C.) solo scrittori stranieri.
Il direttore editoriale appare dispiaciutissimo ed implora lo
scrittore (cose incredibili, ma vere!) di attendere.
"Non posso", risponde lo scrittore. "Ho altre offerte".
"Mi conceda solo questo week-end, ho ancora speranze.
Ci sentiamo lunedì".
Cosa sono tré giorni? Lo scrittore accetta.
Il lunedì nuova telefonata. Il terzo non molla, sono giunti
ad un accordo: sottoporre il testo ad un quarto consulente
(esterno), perché giudichi sempre in relazione alla linea della
collana. Lo scrittore si scioglie da impegni nonostante le
nuove insistenze del direttore.
Giunge allo scrittore l'offerta di pubblicazione da parte di
un editore molto importante, ma per 1'84. Lo scrittore si ri-
serva.
14/6/83 ore 15,45. Nuova conversazione fra il professo-
re e lo scrittore. Il quarto "lettore" s'è dichiarato d'accordo
con il terzo. Afferma (e per lo scrittore giustamente) che il
romanzo non rispetta il progetto che si sono imposti, ossia
una linea di scrittori stranieri.
"Allora la saluto e la ringrazio, sarà per una migliore oc-
casione", dice conclusivo lo scrittore. Ma il direttore edito-
riale non è d'accordo, gli assicura che gli scriverà prestissimo
per dirgli, su pagina, la sua e per fargli una proposta. Affer-
ma di essere un suo estimatore.
"Mi fa piacere", risponde lo scrittore.
"Voglio rispettare, sa... ma con un atto d'imperio..."
18/6/83 ore 15. Ulteriore conversazione fra i due. La let-
tera non è ancora giunta, ma il direttore è trionfante: al
99% è fatta! Assicura che il libro potrà, sarà nelle librerie ai
primissimi di novembre. Aggiunge che il 7 luglio ha riunione
e sta preparando una risposta conclusiva e vincente ai due
oppositori.
Lo scrittore valuta rapidamente la situazione: vuole uscire
nell'83. Potrebbe farlo solo con editori locali che, pur ammi-
revoli e validi, hanno una distribuzione più ridotta e s'impe-
gna con il direttore dopo aver ricevuto nuove "sicure" garan-
zie.
Verso il 28 giugno giunge la lettera datata 17 spedita gior-
no dopo. Una sorpresa! Ampi complimenti al romanzo dello
scrittore, ma alla fine dice: "...che non può tuttavia rientrare
nella linea della nostra collana di narrativa, attualmente
orientata alla traduzione di autori dell'area centro-europea e
latino-americana. Firmato p.la Dirczione Editoriale, un re-
dattore".
Allo scrittore s'intensificano dubbi sul perfetto equilibrio
mentale del direttore. S'informa, gli confermano che è l'in-
contrastato direttore editoriale oltre che docente universita-
rio e vestito di scuro. Gli telefona il 30/6/83 ore 10,40.
"Ah, non si preoccupi, è solo per accontentarli, ma il 7 lu-
glio riprenderò tutto in mano e si farà al 100!%", afferma
deciso e sicuro il professore.
"Non ho dubbi, lei mi ha garantito l'assoluta sicurezza an-
che sulla data di uscita, quindi sto tranquillo", risponde
sconcertato l'autore, ma ormai è in ballo. Si parla della ri-
produzione sulla copertina che il direttore già ha scelto. Lo
scrittore annota: "O è pazzo, o fa sul serio".
7/7/83 ore 18. Il direttore dice:
"Sto lavorando per lei".
"Come vanno le cose?"
"Bene, riunione il 12. È cambiato il presidente della socie-
tà e mi fa piacere perché è uno della mia città a me legato".
"Sono tranquillo per la pubblicazione, ma preoccupato
per i tempi", dice lo scrittore.
"Ce la facciamo: una settimana per la fotocomposizione,
a fine settembre prime e seconde bozze corrette, il 10/15 ot-
tobre il libro sarà pronto, il 20 in distribuzione", afferma
conclusivo il direttore.
14/7/83 ore 14. Una signorina della casa editrice telefo-
na allo scrittore e lo prega, per conto del direttore editoriale,
d'inviare subito a mezzo spedizioniere il dattiloscritto corret-
to all'indirizzo del professore che abita in una grande città
meglio collegata.
Lo scrittore si da da fare e riesce a farlo partire in serata
con Mercé Espresso. Poi il giorno dopo, per sicurezza, invia
una raccomandata nella quale si riepilogano tutti gli accor-
di. Altra raccomandata il 27/7 contenente la nota: "L'autore
dichiara..." da porre nel libro e la richiesta: "a che punto è la
fotocomposizione?".
In quei giorni il nostro scrittore s'era incontrato con un
grande autore, gloria e vanto della narrativa italiana, decisa-
mente uno dei maggiori scrittori italiani del Dopoguerra,
presente con larghezza in ogni enciclopedia ed in buonapar-
te delle antologie scolastiche, al quale aveva dato un dattilo-
scritto non corretto del suo romanzo per ottenerne un giudi-
zio. Le prime impressioni del grande scrittore erano state po-
sitive. Quindi nella conversazione fra lo scrittore e il diretto-
re del 2/8/83 ore 12, se ne parla e il pròfossore sollecita feli-
ce un pezzo del grande narratore da usare come presentazio-
ne od introduzione. Si stabiliscono il numero massimo di
battute e la data di consegna. Il direttore afferma che si sta
fotocomponendo e comunica il numero di pagine previste
(circa 300), la tiratura (circa 5000 copie) ed il prezzo del vo-
lume (intorno alle 14.000 lire) e, per la prima volta, parla
del contratto asserendo di aver dato disposizione d'inviare
allo scrittore quello standard della sua Casa editrice.
Inizia un periodo ancor più confuso: la fotocomposizione
non arriva, ma il direttore sempre sicuro ed entusiasta, il
9/8/83 ore 10 informa che, nonostante la macchina per fo-
tocomporre si sia guastata, il 20 del mese le bozze saranno
inviate allo scrittore che si rovina le vacanze nell'attesa.
Il 22 agosto lo scrittore spazientito telefona alla Casa edi-
trice. Il professore è in ferie. Parla con un tecnico, e appren-
de che le fotocomposizioni sono in arretrato e il direttore
tornerà dopo qualche giorno.













"Apogeo, che significa?", si chiede Mario Coppola. Si
ferma davanti alla monumentale libreria in noce che oc-
cupa un'intera parete del salone di quasi cento metri
quadrati e passa in rassegna compiaciuto i mille volumi
intonsi finemente rilegati e l'occhio si perde fra i titoli a
caratteri d'oro impressi sui dorsi tondeggianti e robusti.
Ecco le enciclopedie : la Treccani, la Garzanti, la UTET, la
Einaudi, la Rizzoli, le ha proprio tutte! Quale consulta-
re? Minuti angosciosi di dubbio, poi si decide e la mano
massiccia si posa sul primo volume della UTET, la più
vicina. Quanto pesa! il prezzo della carta è in aumento,
non costano poi troppo quei libri. Siede nella pomposa
poltrona di vera pelle e accende il lume alle sue spalle,
accavalla le gambe grosse ricoperte dagli attillati pantalo-
ni del vestito di lana purissima grigio ferro e tira verso il
basso il gilet che si è accartocciato sullo stomaco gonfio,
la giacca dalle spalle troppo strette gli da un senso di
fastidio. Si agita e le dita grassoccie sfogliano maldestra-
mente il volume, quante parole, perlamiseria ! Ecco Apo-
geo: "Com'è noto tutti i pianeti ... le leggi di Keplero...
perielio... afelio, massima distanza dal Sole. E si dice ... al
perigeo... e nell'altra all'apogeo massima distanza dalla
Terra". E che significa? Che avrà voluto dire il professore
quando ha comprato da lui la Panda? Tutta questa carta
per non spiegare niente! Forse e meglio il vocabolario,
come quello che usava a scuola. Si alza e ritorna alla li-
breria: troppi libri, dov'è? Sta per rinunciare quando leg-
ge: Dizionario della Lingua Italiana. Lo prende, lo sfoglia
e infine trova. Apogeo, il punto in cui il Sole, nella sua
traiettoria apparente rispetto alla Terra, si trova più lonta-
no dalla Terra. Fig. Momento culminante di una vita, di
15


Ultima modifica di Bruno il Ven Dic 27, 2013 8:33 pm - modificato 1 volta.
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MessaggioTitolo: Re: IRENE COTRONEI, ALCUNI SUOI DIPINTI E RECENSIONE SULLE SUE OPERE!   IRENE COTRONEI, ALCUNI SUOI DIPINTI E RECENSIONE SULLE SUE OPERE! EmptyVen Giu 26, 2009 12:05 pm

una carriera o di un'impresa. Ha capito sì, è davvero al
suo apogeo e, fra poco, più di cinquanta invitati avalle-
ranno il suo successo. Trae dalla tasca interna il portasi-
garette d'oro con sopra le iniziali del suo nome e la fiam-
meUa sprizza dall'accendisigari d'oro Cartier, aspira pro-
tondamente e consulta l'orologio da polso. È un Carrier,
forse^un po' piccolo per l'ossatura possente del suo brac-'
ciò. E compiaciuto, anzi felice, lo sguardo si posa carez-
zevole sulla sua nuova casa, in una traversa della super-
chic via Orazio sulla collina di Posillipo, totalmente ri-
strutturata dall'architetto Paganosky o per meglio dire dal
suo giovane assistente Sanna. Il geniale gioco di specchi
permette dall'ingresso, protetto da una robusta porta
corazzata e rivestita dello stravagante bassorilievo, di
ammirare con un solo colpo d'occhio il salone con l'arti-
colata controsoffittatura dalla quale si sprigiona l'illumi-
nazione riposante ed intensa al tempo stesso, prodotta da
più di settanta faretti ad incasso e relativi frangiluce. Il
potente impianto stereofonico con i punti voce abilmente
mascherati, le numerose porte a scomparsa in noce man-
sonia satinata opaca stile inglese, le pareti rivestite in com-
pensato di noce e i pochi quadri di gran classe. Orgoglio-
so contempla l'arredamento sempre in stile inglese alter-
nato da comodi divani in pelle e tavoli di grande diame-
tro dalle superne! di marmo. Raffinati soprammobili e
autentici tappeti persiani completano l'insieme opulento,
che raggiunge il clou con la sala del biliardo dissimulata
ed insieme evidenziata dalla immensa porta scorrevole,
sempre di noce mansonia.
Attraverso una larga apertura in alluminio anodizzato
si reca sul terrazzo-giardino non grande, ma accuratamen-
te lastricato e con piccole aiuole ricche di piante che cre-
ano bordure monocolore saggiamente distribuite e nane
m modo da lasciar libera la vista sul panorama limitato su
Mergelhna, ma ampio sui quadrangolari palazzi di viale
Granisci e sulla larga macchia verde della villa comunale
nel dolce arco della via Caracciolo fino al promontorio del
monte Echia su via Partenope e sul grigiastro Castel del-
1 Ovo, alle cui spalle in distanza si delinea alto il Vesuvio.


I due figli sono affidati alla domestica fatta venire dal-
la Thailandia che provvede a insegnare loro l'inglese,
mentre alla somala sono riservate le pulizie della casa.
Quasi un miliardo gli è-costato tutto quel lusso fra l'ac-
quisto dell'appartamento, il progetto, l'esecuzione e l'ar-
redamento completo, ma ne è valsa la pena. Ora possiede
una delle case più belle della città! Può reggere il con-
fronto con chiunque, anche per le automobili che riposa-
no nell'annesso garage, la villetta a Pinetamare e il quar-
tinetto a Roccaraso. Il cuore gli batte di felicità e invo-
lontariamente gonfia il torace facendo saltare un bottone
del gilet che lo stringe come una morsa. E pensare che
l'escalation è iniziata dall'aziendina ereditata dal padre
solo quindici anni prima: una modesta agenzia di un com-
missionario di automobili. Ora, a meno di quarant'anni,
possiede un locale a sei luci e un immenso piazzale dove
vende nuove od usate automobili di ogni marca e princi-
palmente accessori e ricambi! È un uomo fortunato, tut-
to gli è andato bene. Ha lavorato tanto, evvero, e rischia-
to molto, ma gli aumenti folgoranti con la mercé in ditta
e il proficuo affare sui suoli del Cilento hanno costituito
la vera svolta. E Annamaria? Altro grande colpo della sua
vita: una donna bella e raffinata l'aveva non solo sposato
quando era poco più di uno spiantato, ma anche collabo-
rato efficacemente per anni e anni. Non avevano cono-
sciuto villeggiature e festività e nei primi tempi quasi da
soli avevano retto l'attività dell'azienda. Più volte si era
chiesto, nei rari momenti di riflessione, perché lo avesse
preferito: lui, un ignorante e abituato ad una vita grosso-
lana, mentre lei faceva parte di una famiglia con qualche
quarto di nobiltà. Forse perché aveva intuito le sue doti?
O perché tisicamente non era da buttar via? O perché i
suoi erano ridotti quasi in miseria? Che importa, l'aveva
sposato e tanto basta ed ora vivono nell'agiatezza, anzi
nella ricchezza e lui aveva scoperto anche altre gioie oltre
al lavoro e all'accumulare denaro. Il tennis ad esempio:
deve ringraziare l'architetto Sanna per averlo introdotto
al circolo. Non può fare a meno delle due ore trascorse
ogni giorno sui campi rossi nell'ebbrezza dei colpi vio-


lenti alla pallina, nelle rincorse a parare le risposte, nelle
proiezioni veementi verso la rete.
Fa freddo, rabbrividisce e rientra nel salone. I came-
rieri, ingaggiati per l'occasione, si affannano intorno al
buffet che va riempiendosi di ogni ben di Dio e ai vassoi
con gli aperitivi e i salatini. Aziona lo stereo e sprofonda
in uno dei divani.
Il suono ovattato del din-don alla porta annuncia i primi
invitati e un attimo dopo Diego Socci gli stringe vigoro-
samente la mano. È solo, la moglie si è dovuta trattenere
in casa per un improvviso malessere del figliolo. Non gli
è simpatica Cristina Socci con l'eterna aria da professo-
ressa e il sorriso difficile, mentre con Diego si sente per-
fettamente a suo agio, e pensare che non si vedevano più
dai lontani anni della seconda media nella vecchia scuola
di corso Garibaldi vicino alla Ferrovia. Ne hanno fatta di
strada tutt'e due, anche se il suo successo è ben superiore
a quello di Diego che si è laureato, è viceprocuratore e ha
conservato un fisico da giovanotto magro e agile, accre-
sciuto dall'aria intellettuale ed importante, propria della
professione, ma il tenore di vita è modesto e ogni mese,
scommette, è costretto a fare i conti con lo stipendio non
certo da alto dirigente d'azienda. Mario si è ricordato del
vecchio compagno di scuola mesi prima quando gli oc-
correva una raccomandazione in tribunale per una causa
di lavoro, e da allora i Socci sono diventati di casa e una
o due volte alla settimana sono a cena da loro e s'intrat-
tengono in accese partite di canasta.
Annamaria è comparsa silenziosa e Diego è scattato
per il rituale baciamano così perfettamente eseguito che
Mario tanto invidia per la sfacciata disinvoltura. Mario
indugia ad ammirare la moglie, splendida nello scollatis-
simo abito da sera che tanto valorizza il seno pieno ed
alto, le braccia tornite e un po' pienotte e snellisce i fian-
chi robusti, mentre i capelli corvini incorniciano il volto
bello dall'espressione rapace, ma il suo interesse è presto
catturato dal solitario di quasi dieci carati che manda
bagliori biancoazzurri, dalla collana di perle e dal brac-
cialetto di grande valore. Anche quei gioielli sono il pro-


dotto del suo lavoro e il torace si gonfia nuovamente di
fierezza.
Il din-don è ormai quasi continuo e gli invitati si affol-
lano nel salone fra lo svolazzare dei camerieri che offrono
aperitivi e il brusio della conversazione interrotta qua e là
da risate troppo alte o da strilletti di piacere. Ci sono
proprio tutti: i Della Pietra, grossisti di vernici che pos-
siedono gli yacht più lunghi e appariscenti ancorati a
Mergellina, l'avvocato Minella ridicolmente mascherato
da giovane con il volto pieno di rughe e lo stomaco da
commendatore accompagnato dall'inappuntabile moglie,
il costruttore o per meglio dire il palazzinaro De Simone
e la brutta consorte, l'altro palazzinaro Sollucci con la
moglie minuta e graziosa, gli Scarpa, i Fiore, i Sansetti, il
commendator Romano, grossista di medicinali, piccolo e
nervoso che si sforza di sorridere sovrastato dalla moglie
alta e magra come uno spillo, il dottor Socrate Mazzi con
la moglie Clara, il dottor Castaidi, un bravo specialista in
medicina interna senza la moglie Enrica e tanti altri dei
quali gli sfuggono i nomi. È gente ricca con case anche
più lussuose della sua e in più barche da favola e sui
quali si mormora di intese con la mafia o la camorra ad
alto livello: come minimo oltre l'attività ufficiale possie-
dono finanziarie che esercitano lo strozzinaggio su larga
scala.
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MessaggioTitolo: Re: IRENE COTRONEI, ALCUNI SUOI DIPINTI E RECENSIONE SULLE SUE OPERE!   IRENE COTRONEI, ALCUNI SUOI DIPINTI E RECENSIONE SULLE SUE OPERE! EmptyVen Giu 26, 2009 12:09 pm

Tutti sono stati accolti da Mario con un entusiastico
sorriso e un fragoroso "amici miei carissimi" e robuste
pacche sulle spalle ed hanno fatto il giro della casa com-
mentandola positivamente, ma non è mancato un tono di
sufficienza da parte dei più ricchi e qualche acida freccia-
ta da parte dei più colti che è sfuggita a quel bonaccione
di Mario, ma non certo ad Annamaria che ha rintuzzato
a dovere.
Con i roridi bicchieri fra le dita, gruppi di uomini for-
se più adatti ad un mercato che a un salotto, intrecciano
conversazioni nelle quali cifre da capogiro e affari colos-
sali rimbombano con una frequenza sempre maggiore ed
ognuno cerca di superare e stupire gli altri intervallandoli
con commenti sulla condotta della squadra di calcio cit-


tadina e i nomi di Krol, Pellegrini, Marchesi e Feriamo
ricorrono preceduti da aggettivi di ogni genere. Le signo-
re invece, distese in pose attentamente assimilate dai film
americani, sugli ampi divani discutono di moda e di di-
vertimenti e di viaggi e villeggiature. Sarli, Lancetti, Ar-
mani, Fontana, Valentino, Cortina, Roccaraso, Le Seicel-
le, la Costa Smeralda i più nominati. Vestiti e gioielli
gareggiano in splendore con le fioriere che adornano il
salone e le piante di chenzie, potos e filodendri. Poi uo-
mini e donne danno compatti l'assalto al buffet e piatti
colmi di cibarie vengono poggiati sui tavoli, tavolini e
consolle in una confusione indescrivibile accompagnata
da rumori di posaterie, stoviglie e bicchieri e da gesti di
disperazione per qualche schizzo di sugo che macchia i
costosi vestiti.
Poi la padrona di casa compila i brevi elenchi dei par-
tecipanti ai vari giochi che concludono, per un consolida-
to rituale, le feste di quella comunità spocchiosa e duran-
te i quali sorrisi e complimenti creano un sottile velo al
desiderio di strappare a botte di milioni denaro alle ta-
sche del "caro amico".
I tavoli di marmo vengono sgombrati da piatti, bic-
chieri, tovaglioli e posate e ricoperti di panni verde pe-
trolio mentre altri più piccoli di legno con la superfìcie
già predisposta, vengono aperti per l'occasione. Sedie
rumorosamente trascinate, mazzi di carte, gettoni, porta-
cenere, pacchetti di sigarette e accendisigari di ogni tipo
li affollano e i giocatori prendono posto lanciando richia-
mi a chi ancora non si affretta a completare il numero
stabilito e le carte vengono distribuite e le fiches proiet-
tate verso il centro, mentre commenti rabbiosi o trionfali
si intrecciano.
Quasi tutti partecipano ad accanite partite di poker,
alcuni hanno ingaggiato un incontro di chemin ed il sa-
bot fa il giro del tavolo fra vivaci richieste di "banco" e
denaro che scorre a fiumi quasi come in un vero casinò.
Annamaria ha organizzato anche un incontro di cun-cain
per far giocare Socci che non pratica il poker, ne tanto
meno lo chemin e gli siede vicino cercando di convincere


gli altri componenti ad abbassare per quella volta la con-
sueta posta che prevede una base di contornila lire più
cinquantamila e duecentomila per i rientri consentiti ed è
accontentata con cenni di sufficienza, mentre gioielli che
mandano vivaci bagliori vengono posati con indifferenza
sul piano verde, perché sembra che porti fortuna.
Mario siede al vicino tavolo dei pescecani più grossi
dove ogni apertura è di centinaia di migliala di lire e i
rilanci si susseguono a botte anche di milioni. Camerieri
con il viso abbrutito dalla fatica e con sguardi avidi si
aggirano fra quell'ostentazione servendo in continuazio-
ne whisky, digestivi e coppe ricolme di cioccolatini e di
pasticceria mignon.
Il colpo d'occhio del vasto salone è suggestivo e coni
di luce si sprigionano dai lumi a pinguino accostati ai
tavoli e rompono le zone di oscurità create dall'illumina-
zione centrale ridotta al minimo che produce suadenti
ombre e le piante sembrano ingigantite e il panorama
dalle ampie vetrate più evidente con le mille luci del golfo
che splendono lontane e si mescolano ai raggi della luna
piena, riflessi sul mare scuro come inchiostro di china.
Mario ha per qualche minuto abbandonato il posto di
gioco o per meglio dire di battaglia: colpi violenti si ripe-
tono quasi senza soluzione di continuità, buio, doppio
buio, rilanci, bluff in una fantasmagoria alimentata da
Della Pietra in fiera competizione con De Simone più
fortunato di lui. È stanco il commerciante e vuole sgran-
chirsi le gambe. Una giornata piena la sua: la mattina in
ditta, le prime ore del pomeriggio nella consueta partita
a tennis e poi il susseguirsi di emozioni per l'inaugurazio-
ne della casa, lo scrutare ansioso le reazioni dei compo-
nenti di quell'ambiente lungamente inseguito ed ora fi-
nalmente raggiunto e nel quale può da stasera insediarsi
alla pari con un'abitazione degna di loro. Il corpo mas-
siccio si muove fra i tavoli calpestando con piacere i tap-
peti preziosi. Infila una sigaretta fra le labbra e l'accende,
ma il piccolo cilindro bianco cade in terra e rapido si
china per raccoglierlo prima che la punta incandescente ,
combini danni, e involontariamente vede qualcosa che lo


turba profondamente: una bianca gamba di donna è ap-
poggiata sulla coscia di un uomo dove un piede scalzo si
muove lentamente e una mano pelosa lo accarezza dolce-
mente! Chi può essere? Si solleva incuriosito e questa
volta volontariamente la sigaretta ricade in terra, torna a
chinarsi e aguzza lo sguardo per meglio penetrare la pe-
nombra. Una scarpa giace abbandonata sotto la sedia della
moglie, la gamba tornita e un po' tozza, il piede pienotto
è proprio quello di Annamaria e la mano è quella del suo
amico, Diego! La vista gli si confonde, il cuore batte af-
fannosamente. Ma no, non deve inquietarsi più di tanto:
da sempre sotto i tavoli da gioco si incrociano piedi, gam-
be, ma per divertimento, per dare un po' di pepe a serate
uggiose. E una leggerezza di Annamaria, nufla di più non
significa niente. Forse la stanchezza, la noia. Si rialza e
guarda il viso della moglie; è impassibile, ma una strana
luce fosca, viziosa le accende gli occhi così belli e la na-
turale espressione sembra ancora più rapace, possessiva
del solito. Ma è solo una sua impressione, che va pensan-
do? Si abbassa nuovamente con infinita precauzione, il
piede è al suo posto, nella scarpa. Dovrebbe tranquilliz-
zarsi, forse un'allucinazione, parto delle emozioni della
giornata. I compagni di partita lo chiamano, deve dare
carte, si risiede. Non presta più attenzione al gioco e
continuamente incrocia le carte indifferente ai punti. Con
pretesti di ogni genere si piega facendo scricchiolare la
sedia e fra un intrico di gonne, pantaloni, gambe di tavoli
osserva con attenzione spasmodica il comportamento della
moglie al di sotto del tondo verde. La mano di Annama-
ria risale lentamente lungo il pantalone di Diego che ri-
cambia con palpeggiamenti alla coscia di lei e infine le
due mani si allacciano e si accarezzano come per una
vecchia consuetudine. Mario è sconvolto, non capisce più
nulla, vorrebbe reagire, gridare. No, non è un fatto occa-
sionale, il divertimento di una sera e poi non gli risulta
che quelli siano i divertimenti di Annamaria. Mai ha so-
spettato di lei così dedita al lavoro e ai figli. Forse perché
lui è un eterno bonaccione, un ingenuo in materia di
donne. Quando ha avuto tempo di pensarci se presto si è


impegnato nella rincorsa al successo, a cercare di rendere
importante l'azienda paterna e poi ad accumulare dena-
ro? Per lunghi anni la sera è tornato a casa abbrutito dal
lavoro e giratesi su un fianco è sprofondato in un sonno
senza sogni. Il corpo sano e forte, i sensi normali sono
sempre stati più che appagati dall'amore con la moglie
nei giorni di festa e nelle brevi villeggiature e anche An-
namaria non sembrava chiedere di più. Ma che diavolo è
successo? Quando mai ha dovuto preoccuparsi di simpa-
tie con le persone che hanno trattato? E di chi? Degli
smunti, modesti individui che frequentavano prima o dei
grassocci e più anziani che intrattengono oggi? Ma Socci,
è vero, rappresenta qualcosa di diverso: un bell'uomo,
l'età adeguata, modi civili e galanti al punto giusto e il
prestigio della sua carriera così apprezzata da Annamaria
che mai ha avuto modo di frequentare il tribunale e vede-
re nella realtà l'esercizio di quella professione. E lui, il
suo vecchio compagno di scuola ha approfittato delle
circostanze, della sincera simpatia che Mario gli ha mo-
strato, dell'ospitalità che gli ha concesso? Con quale gio-
ia spaccherebbe quel volto quasi perfetto dall'aria intelli-
gente, ma non è il tipo da agire così, le sue reazioni sono
sempre state lente come i suoi movimenti, quasi pachi-
dermici, tranne che sul campo da tennis e non rischiereb-
be di cadere nel ridicolo passando per un marito antiqua-
to? Quante volte in quell'ambiente ha già sentito intorno
a lui, ai suoi atteggiamenti, alle sue affermazioni, risolini
di scherno? Non gli ha mai dato soverchia importanza,
ma non si è sentito dire di sovente che il suo modo di
fare e le radici dei suoi successi dipendevano dal proce-
dere con i paraocchi, come i cavalli senza porsi troppi
interrogativi e senza valutare, come gli uomini di cultura,
tutti i lati di un problema?
È frastornato, spesso si alza e cerca di vedere cosa
succede sotto quel maledetto tavolo, ma non gli riesce
facile e l'unica cosa che nota è l'assenza alternata del pie-
de dalla scarpa. Gioca male e perde, qualche volta è ri-
chiamato perché incrocia le carte fuori tempo o precede
nel parlare il giocatore alla sua destra.


Il tempo trascorre lento e finalmente le partite hanno
termine e gli invitati si congedano. Anche i camerieri
vanno via e le luci del salone sono tutte spente.
Annamaria è di là nel nuovo bagno principesco con il
pavimento e le pareti interamente ricoperte di marmo
splendente e la grande vasca circolare quasi simile ad una
piscina. Mario avverte lo sciacquattare e immagina il cor-
po pieno e sodo immerso nell'acqua. È avvilito, deluso,
altro che apogeo! Forse avrà raggiunto il culmine della
carriera di imprenditore, ma il fondo in quella di marito!
Che fare? Imprevista una sensazione di gioia e di eccita-
zione lo pervade. Sente un desiderio irrefrenabile di esse-
re accarezzato da quelle mani rapaci, di possedere quel
corpo voluttuoso, di baciare il piede peccaminoso. Cosa
c'entra? Di quale strana depravazione è il sintomo? Un'ira
profonda lo assale e con irruenza spalanca la porta e ag-
gredisce Annamaria con un imperioso:
"Che cosa hai fatto? Che c'è fra tè e Diego?"
Annamaria è appena uscita dalla vasca e l'accappatoio
semiaperto fa balenare larghi tratti di pelle nuda. Lo fissa
con occhi stupiti e risponde:
"Che ti prende? Sei impazzito?"
"Lo sai benissimo!"
"Che cosa?"
"Quello che hai fatto stasera."
"Che ho fatto?" Sul viso è calata un'ombra, ma l'atteg-
giamento e deciso, pronto alla battaglia.
"Sotto il tavolo, disgraziata, hai posato il piede sull'in-
guine di Diego e vi siete accarezzati per tutta la partita!"
"Ma non dire sciocchezze, sei impazzito?"
"Ah, sono impazzito? Disgraziata, bugiarda, puttana!"
La grossa mano percuote violentemente il viso della
moglie e cinque striature rosse rimangono impresse sulla
pelle ancora umida.
Gli occhi di Annamaria lampeggiano, l'espressione è
micidiale, mai Mario l'ha vista così agitata.
"Non ti permettere più, sai? Non ti permettere mai
più! Se sei pazzo, curati!"
"
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MessaggioTitolo: Re: IRENE COTRONEI, ALCUNI SUOI DIPINTI E RECENSIONE SULLE SUE OPERE!   IRENE COTRONEI, ALCUNI SUOI DIPINTI E RECENSIONE SULLE SUE OPERE! EmptyVen Giu 26, 2009 12:12 pm

Attraversa il bagno con l'incedere di una dea offesa ed
entra nella stanza da letto e rapida si libera dell'accappa-
toio e indossa la velata camicia da notte. I seni eretti e
grossi, il ventre pronunciato ed il nero triangolo velloso
appaiono e scompaiono in un lampo. Si corica e spegne
la luce.
Mario è rimasto inebetito. Davvero non ci sa fare con
le donne! Cosa ha ottenuto? Ha negato tutto, la sua pa-
rola contro quella di lei. È un inetto, prova una rabbia
impotente frammista a dolore per la sua tranquillità an-
data in fumo, per la sua unione con Annamaria sempre
così incensurabile che non potrà più essere come prima e
per averla percossa: non è lui uomo da picchiare la mo-
glie ne alcun altro, e poi ha agito in modo sconsiderato e
goffo. Avrebbe dovuto sorvegliarla in silenzio, verifìcare
se davvero c'è qualcosa fra lei e Socci, anche se la scena
a cui ha assistito non si presta a molti equivoci.
Getta i panni sulla poltrona e si corica, e ancora il
desiderio lo assale, è eccitato, una nuova Annamaria si
configura nella sua mente scossa: non più moglie e ma-
dre, ma una donna piena di sensualità, di voglie insospet-
tate. Fra mille esitazioni allunga una gamba verso quel
corpo caldo. La donna si ritrae e lui insiste, questa volta
carezzandola con tenerezza e sussurrandole parole di scusa
e infine sono fra le braccia l'uno dell'altra.
Dorme profondamente, tranquilla, appagata, anche se
qualche leggero trasalimento potrebbe rivelare il contra-
rio. Chi non chiude occhio è Mario. Dopo la dimostra-
zione di debolezza, si interroga e prova ad immaginare
ciò che la moglie ha pensato di lui: ribrezzo, pena o tene-
rezza? Lo sdegno, la vergogna per il suo comportamento
contraddittorio si accompagna alla gelosia che raggiunge
il parossismo. No, non può finire così, deve sapere! Si
alza, accende una sigaretta e nel salotto consulta le pagi-
ne gialle.
A quale voce deve guardare? Investigazioni? Non c'è
nulla, ah, ecco, agenzie investigative. Una folla di inser-
zioni di tutte le dimensioni balla davanti agli occhi stan-
chi: Salepoli, Del Sinno, II Confidente, Mondialpol, Na-
25

polipol, International, Parasco, Cittapol, Argopol e a ca-
ratteri cubitali, fra sagome di Sherlock Holmes e com-
missario Maigret, una massa di "infedeltà coniugali",
"documentazioni per divorzio", "primarie attrezzature
scientifiche" e diecine di numeri "permanentemente pre-
senziati". E stupito, non immaginava a Napoli tante agen-
zie, quasi cinquanta, chiara indicazione di un mercato che
tira e, d'altra parte ripensandoci meglio, quante coppie
separate o divorziate lui stesso conosce, e quante che si
trascinano per i figli o per convenienza? Sceglie con dif-
ficoltà preferenziando l'agenzia che reclamizza le migliori
"attrezzature scientifiche". Il suo programma è ormai
delineato: mettere il telefono di casa sotto controllo e far
pedinare la moglie.
Un'alba livida, umida e fredda lo costringe ad alzare il
bavero della giacca, quando con la BMW imbocca via Gra-
zio e ne percorre i tornanti che conducono a Mergellina,
riscoprendo per l'ennesima volta il magnifico panorama
sulla città ancora addormentata, ma che gli appare meno
bella del solito. In piazza Municipio e in via Cristoforo
Colombo incontra il primo traffico consistente della gior-
nata, formato prevalentemente da camion, furgoni e au-
tobus. Presto è al "Coppola Automercato" e si fa aprire
dal solerte guardiano notturno. Percorre il salone costel-
lato di lucide automobili e ornato da piante ben curate e
richiude alle spalle la porta del suo ufficio. Forma il nu-
mero "permanentemente presenziato", ma non risponde
nessuno, ne tenta un altro con identico risultato. Infine
una voce assonnata emerge e, alle sue richieste, promette
di farlo chiamare al più presto dalla titolare. Strano, una
donna gestisce un'agenzia investigativa a Napoli. I costu-
mi stanno davvero cambiando!
Più tardi quando il rumore assordante delle saracine-
sche sollevate con forza gli comunica che ormai impiegati
ed inservienti sono giunti ed inizia una nuova giornata di
lavoro, una voce roca alternante timbro ^maschile e fem-
minile gli giunge attraverso il telefono. È la titolare del-
l'agenzia: Mario si sente impacciato e poi tutto d'un fiato
chiede l'attuazione di quanto ha programmato. La voce è
26

guardinga, chiede mille delucidazioni e infine promette
che saranno da lui di lì a poco.
Due incredibili personaggi sono davanti al suo scritto-
io e tanto gli ricordano una coppia d'investigatori prota-
gonista di gialli famosi, la sua lettura prediletta o per
meglio dire l'unica della sua vita priva di cultura, come si
chiamavano? Bertha e Donaid, forse. Proprio come loro:
lei è un donnone massiccio dalla mascella quadrata e lui
un ometto sui trent'anni col viso da intellettuale e sottili
occhiali cerchiati d'oro. I risultati della lunga conversa-
zione sono deludenti: perlomeno nella realtà napoletana
mettere un telefono sotto controllo non è un'impresa tan-
to semplice come appare nei film polizieschi. Due sono i
sistemi possibili: un piccolo disco applicato nel microte-
lefono che trasmette senza fili ad un apparecchio radio a
modulazione di frequenza, o inserire una scatola dalle
dimensioni pressappoco di un pacchetto di sigarette sulla
linea di arrivo e collegarla con cavetto ad un registratore
che parte e si arresta ogni qualvolta si alza e si abbassa il
microtelefono. Sembrerebbe facile, ma il primo compor-
ta tanti dischi quanti sono gli apparecchi di casa e un'au-
tomobile ferma in strada con l'incaricato e radio riceven-
te da controllare in continuazione per le variazioni di sin-
tonia che struttura in cemento armato e radio libere cau-
sano di sovente. Il secondo è molto più sicuro, ma l'in-
stallazione prevede più di un'ora di lavoro e la difficoltà
di mascherare cavo e registratore, oltre il cambio delle
pile ogni ventiquattro ore. E che tariffe! Due milioni e
mezzo per il sistema a cavo e sei milioni per i quattro
dischi necessari e la relativa sorveglianza. Ma non è tutto
i dischi non ci sono in sede, debbono giungere da Torino
e non si garantiscono i risultati perché "sono apparecchi
tanto delicati!"
La prima parte del piano di Mario salta e deve gioco-
forza affidarsi al pedinamento: ben duecentocinquanta-
mila lire al giorno perché "è tanto difficile col traffico
caotico di Napoli!" Si sente frustrato: come poteva im-
maginare di dover ricorrere ad investigatori per la mo-
glie? Magari per spionaggio aziendale, per informazioni
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patrimoniali sui clienti, quando la banca non gliele avesse
fornite con la consueta solerzia e precisione; e tutto quel
denaro da impiegare non per produrne altro, ma per
conoscere i particolari non certamente graditi di un adul-
terio! Ah, ma se così fosse stato l'avrebbe fatto pagare
caro a tutt'e due! Una separazione per colpa e poi il di-
vorzio senza alimenti: si facesse pure mantenere da Socci
Annamaria, ormai abituata al lusso e alle tante comodità!
E lui, quel damerino, come se la sarebbe cavata fra la
famiglia e l'amante? Ma come avrebbe fatto senza la
moglie, senza colei che lo ha tanto aiutato nel creare la
solida posizione economica e dato un tono dignitoso a
quella sociale con il portamento, il prestigio di un'estra-
zione superiore ed una certa cultura a lui del tutto scono-
sciuta? Avrebbe ancora saputo investire bene il suo dena-
ro senza i consigli e i provvidenziali condizionamenti
impostigli tante volte da Annamaria?
Al di là della porta l'attività dell'azienda si svolge come
^ al solito frenetica e già più volte la segretaria ha chiesto
disposizioni con l'interfonico e clienti affollano il salone,
il piazzale e il magazzino ricambi ed accessori. Non può
più rimanere rinchiuso a pensare e il suo cervello non è
nemmeno abituato a farlo a lungo e abbandona lo scrit-
toio e s'immerge nella solita operosità quotidiana.
Dopo un poco, forse perché l'orecchio è abituato al
vocio, al rumore dei motori, Mario prova una strana sen-
sazione di riposo, come se si trovasse addirittura in un
posto isolato o proprio perché il chiasso intorno non gli
permette di pensare e il giorno passa e le ombre precoci
della sera inghiottono gli ultimi raggi di sole. E nuova-
mente nell'ufficio e forma ansiosamente il numero del
donnone dalle cui informazioni dipende il futuro della
sua famiglia. Il primo rapporto è giunto, con studiata
lentezza la voce roca lo legge. Annamaria è uscita alle
dieci con la sua Renault e si è diretta verso via dei Mille.
Ha posteggiato ed è entrata in un bar, ha bevuto un caf-
fè, ma non ha fatto telefonate ed ha visitato alcuni degli
eleganti negozi. Nessuna telefonata, ma l'acquisto di una
camicetta. Poi e tornata a casa dove si è trattenuta fino
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alle quattro. Nuova uscita e parrucchiere in via Ghiaia.
Ancora nessuna telefonata e alle sette è rientrata nell'abi-
tazione matrimoniale.
La sera tutto sembra essere tornato normale in casa
Coppola: la cena in compagnia dei figli portata in tavola
fin troppo inappuntabilmente dall'asiatica tanto raffinata
da mettere in difficoltà Mario non avvezzo ad essere ser-
vito secondo etichetta, la televisione e Annamaria che va
a letto presto alla stessa ora dei ragazzi. Il commerciante
rimane solo nel soggiorno a meditare sulle ultime tumul-
tuose ventiquattr'ore che gli sembrano più frutto di uno
dei soliti film che riempiono in continuazione i ventisei
pollici di fronte a lui e al quale non presta la minima
attenzione, che una realtà dolorosamente vissuta. Unica
emozione la telefonata della signora Socci alla quale An-
namaria ha risposto con la stessa cordialità di sempre senza
tradire il benché minimo turbamento.
E i giorni trascorrono nell'ordinata routine ravvivata
dall'ansia che attanaglia Mario un'ora prima del rappor-
to, letto dalla voce roca dell'investigatrice. Il secondo ri-
ferisce delle abituali uscite della moglie e di assenza di
incontri sospetti o di telefonate dalla strada. Così pure il
terzo, mentre il quarto segna un infortunio dei pedinatori
che, avendo perso di vista l'auto della signora Coppola, si
sono precipitati al consueto posteggio di via Carducci dove
l'hanno attesa invano per ore. Mario si è infuriato: che
cosa ha fatto la moglie quel giorno? Ha provato ad inter-
rogarla con aria indifferente ricavandone una distratta
risposta su spese al Vomere. Il quinto ha segnato una
novità: la voce roca, con una particolare inflessione dram-
matica, gli ha riferito che sotto il tergicristallo della Re-
nault un giovane ha lasciato un biglietto raccolto pochi
minuti dopo da un altro giovane che si è allontanato ver-
so la Villa Comunale e Annamaria è stata vista parlare
per quasi un quarto d'ora con il guardiamacchine, un
arzillo vecchietto presente nella zona da quasi dieci anni.
Altra sfuriata di Mario per il mancato pedinamento di
perlomeno uno dei due giovani. E preoccupato non tanto
di problemi adulterini, ma di possibili segnalazioni riguar-
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Bruno
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MessaggioTitolo: Re: IRENE COTRONEI, ALCUNI SUOI DIPINTI E RECENSIONE SULLE SUE OPERE!   IRENE COTRONEI, ALCUNI SUOI DIPINTI E RECENSIONE SULLE SUE OPERE! EmptyVen Giu 26, 2009 12:19 pm

danti rapimenti o estorsioni purtroppo cosi di moda. Non
è certo efficiente quell'agenzia, pensa, forse sarà oppor-
tuno cambiarla, anche se il comportamento di Annamaria
autorizza a supporre che l'episodio della festa sia stata
un'impennata priva di precedenti o di conseguenze. Sì,
forse è proprio così, ed è tanto di guadagnato per la sua
tranquillità ed il suo portafoglio! Ancora un giorno e poi
licenzierà i segugi.
Raggi abbacinanti attraversano il parabrezza della BMW
e costringono Mario ad abbassare il parasole di morbido
panno evitando l'abbagliamento, ma non lo sprazzo sul
collo e il torace che lo induce ad allentarsi la cravatta. Il
mare alla sua sinistra brilla di mille bagliori e qualche
barca si allontana dalla riva. È sabato, quasi una settima-
na dalla festa, i bambini accompagnati dalla domestica
asiatica, sono partiti di mattina presto con amici diretti a
Roccaraso dove sembra sia comparsa la prima neve. Il
salone di esposizione è chiuso e non vi dovrà tornare nel
pomeriggio. Dopo la discussione di domenica notte sarà
la prima volta che rimarrà completamente solo per due
giorni con la moglie. Come avrà deciso di passare la sera-
ta? Con i Socci? Da altri amici? Parcheggia e sale in casa.
Un'Annamaria col volto impenetrabile, ma chiaramente
nervosa poggia in malo modo i piatti sulla tavola e a
malapena tocca il cibo. Frettolosamente gli comunica di
non sentirsi bene e di aver respinto un invito per la sera:
rimarrà in casa, aggiunge, e andrà presto a letto. Poi lo
fissa con aria inquisitoria, mentre si torce le mani e infine
prorompe:
"Non mi hai creduta, è vero? Non ti fidi di me!"
Mario arrossisce impercettibilmente e risponde, men-
tre si sente totalmente incapace di reagire a quell'impu-
denza.
"Perché?"
"Mi hai fatta pedinare!"
"Ma che dici?"
"Non negare, mi hai fatta sorvegliare da due stupidi!
Ammettilo!"
"Ma no, che stai dicendo?"
30

"Non far finta di cadere dalle nuvole, sai? Non lo sop-
porto! Ho quasi quarant'anni e non voglio essere trattata
come una bambina!"
Mario sente montargli la collera sempre così lenta in
lui, accende una sigaretta e deve azionare più volte l'ac-
cendino, la mano gli trema.
"Ammettilo, lo so di sicuro!"
"E va bene, se anche fosse, non l'hai voluto tu? E come
l'avresti scoperto?"
"Il guardiamacchina!" Anche lei accende una sigaretta
senza esitazioni, le dita ferme. "E una Centoventotto mi
ha affiancata col guidatore che cercava di nascondere il
viso. Allora ammettilo!"
"Sì, ma solo per tré giorni, fino a mercoledì".
"Non è vero, anche dopo!"
"Ma pensa quello che cacchio vuoi, forse l'hanno fatto
di loro iniziativa."
"Ah, di loro iniziativa?"
"Sì, ho pagato fino a mercoledì."
"Ma va'... insomma finiamola, se tu non hai coraggio
di affrontare l'argomento lo faccio io!"
Mario trema, con un filo di voce chiede:
"Quale?"
"Lo sai benissimo, tè l'avranno riferito."
"Ma che cosa per la miseria?"
"Del mio incontro con Diego!"
Allora è vero, è tutto vero, pensa Mario, e trova l'ener-
gia per domandarle con voce ferma:
"Dove?"
"Non fingere, porcogiuda, lo sai benissimo, ma tè lo
dico io, tè l'avrei detto lo stesso anche se non mi avessi
fatta pedinare."
"E parla, disgraziata!"
"Ad Agnano, alla pensione Mimosa, ma non pensare a
male con quella tua testa malata. Ci siamo incontrati per-
ché volevo raccontargli della scenata di domenica e fargli
comprendere che sarebbe stato bene interrompere ogni
amicizia dopo i tuoi sospetti." Finalmente china il capo,
un tremore intenso la scuote.
31

Mario è allibito, ma non c'è tempo per riflessioni, deve
sfruttare la situazione: lei non sa, non può sapere che
proprio quel giorno i pedinatori l'hanno persa di vista.
"Raccontami tutto dettagliatamente, così saprò se cor-
risponde alla relazione degli investigatori e se mi racconti
il vero."
"Che ti debbo dire, ci siamo incontrati in un posto
tranquillo per studiare come troncare l'amicizia di noi
quattro senza creare pettegolezzi."
Una grande tristezza pervade Mario, ma si fa forza.
"E quanto tempo siete stati insieme?"
"Che ne so, mezz'ora, un'ora, chiedilo ai tuoi investi-
gatori!"
"E che avete fatto?"
"Abbiamo parlato, che altro?"
"Non un bacio, non una carezza?"
"Ma no, forse salutandoci, una carezza."
"Sei una puttana!"
"Ah, no!...guarda che non tè lo permetto."
"La separazione, voglio la separazione e andrai via senza
una lira, vi trascino in tribunale tutt'e due, e senza figli
rimarrai!"
"Guarda che se lo fai, se non mi credi, prendo que-
sti!" e trae di tasca una boccetta di pillole, di veleno?
Mario non lo sa, gli si appanna la vista.
"Lo chiederò a lui..."
"E chiediglielo."
* * *
Diego Socci siede dietro il vecchio tavolo illuminato
da un raggio che lo investe obliquamente dopo aver at-
traversato vetri sporchi ed evidenzia la polvere accumula-
tasi sulle pratiche ancora da evadere. Il nervosismo non
gli da tregua. Fuma in continuazione e spesso si alza per
percorrere in lungo (in largo non gli è possibile) la sua
stanza nel palazzo della Procura. È solo, il cancelliere,
beato lui, è rimasto a casa. Da ieri tutto gli va storto: la
telefonata di Annamaria e la storia del pedinamento. La
32

loro avventura è già finita? E no, perbacco, dopo mesi di
corteggiamento ha potuto assaporarne il corpo ed il tem-
peramento ben più seducenti delle sue attese e dei suoi
sogni e assai più meritevoli dell'intimità e della rozzezza
di Mario. Come se non bastasse anche le comunicazioni
della questura per un omicidio, probabilmente connesso
con la camorra. Una giornata così splendida e lui lì in
quel brutto ambiente a studiare la pratica, gli interroga-
tori, insomma tutto sui protagonisti dell'azione delittuo-
sa. Ma avrà anche diritto a una sua vita privata, porcodia-
volo! Deve pensare ad Annamaria, a risolvere i loro pro-
blemi, a valutare le reazioni di Mario e forse della pro-
pria moglie. L'intera mattinata l'ha trascorsa senza con-
cludere quasi nulla dibattuto fra i due doveri, il privato e
il pubblico ed adesso nelle prime ore del pomeriggio è
ancora là e non fa altro che fumare e agitarsi lungo la
stanza nel guazzabuglio di pensieri, preoccupazioni e sen-
sazioni.
Il telefono squilla, chi sarà? Il commissario di polizia,
la moglie o Annamaria? È il vocione di Mario che gli
chiede di incontrarlo al "Coppola Automercato". Accet-
ta, deve accettare, non è mica un vigliacco, lui!, forse è
meglio così tuttosommato. Richiude il fascicolo dopo
averne introdotto gli scarsi appunti compilati nella matti-
na, discende lentamente lo scalone buio, attraversa il va-
sto cortile, passa sotto il portale sormontato dallo stem-
ma di Carlo V, monta in macchina e si dirige verso l'azien-
da di Mario.
* * *
"Ho scelto davvero bene, proprio efficienti quel pedina-
tori! E oltre un milione gettato via!... ma no, in definitiva
senza di loro Annamaria non mi avrebbe detto nulla."
Piove, fa freddo e raffiche di vento spazzano il grande
piazzale quasi del tutto vuoto. Solo qualche vecchio ca-
mion è stato lasciato all'aperto: le automobili, i furgoni
sono nell'autorimessa. Sembra notte e Mario deterge i
vetri appannati per aprire uno spiraglio che gli permetta
33

di guardare fuori. Si asciuga la mano bagnata sulla giacca
e vede un gatto che saetta fra un camion e l'altro. Accen-
de una sigaretta e si abbandona sulla poltrona girevole.
Non è nervoso, tutt'altro; se non proprio sereno, un gran
senso di calma lo avvolge. Ripensa all'incontro di sabato
con Diego, al suo affannoso interrogarlo e alle risposte
dignitose a testa alta del vecchio compagno di scuola. Ha
confermato la versione di Annamaria, ma non ha negato
di provare per lei ammirazione, simpatia e attrazione e si
è dichiarato pronto ad interrompere ogni rapporto fra le
due famiglie, se ciò può dare serenità ed evitare tragedie
e pettegolezzi. Mario si è riservato una decisione e l'ha
congedato. In definitiva non ha saputo nulla e a lungo ha
girovagato con la BMW rivivendo l'episodio della festa, il
primo diverbio con Annamaria, la notte d'amore, l'ira e
la risoluzione di assumere degli investigatori, le attese
ansiose dei rapporti, la confessione non confessione, la
scenata e la minaccia di suicidio.
È rientrato tardi quella sera e Annamaria nella vesta-
glia ricamata del viaggio di nozze l'ha ricevuto con corte-
sia e mille attenzioni. Hanno cenato sul tavolo d'angolo
del salotto, apparecchiato con la tovaglia di delicata tela
di lino e i bicchieri di cristallo e le posate d'argento usati
solo nelle grandi occasioni, mentre lo stereo diffondeva
la calda voce di Frank Sinatra. I capelli sciolti, il braccio
scoperto, un voluttuoso sorriso ed un bicchiere di whisky
hanno concluso quella specie di convito tòte a téte. Poi in
camera da letto un pigiama fresco di bucato l'attendeva e
Annamaria, spogliatasi della vestaglia, si è trattenuta a
lungo davanti alla toilette mostrando le spalle tornite e,
fra i veli, la schiena diritta e ben modellata. Di colpo si è
liberata della camicia da notte e fra bagliori di pelle nuda
si è infilata sotto le coperte avviluppandolo con un mor-
bido abbraccio e un sottile inebriante profumo. Che not-
te! Mai aveva provato quelle sensazioni di piacere inten-
so, mai gli erano state mormorate parole così eccitanti,
mai aveva praticato tali delizie sessuali, abituato da sem-
pre ad un amore rozzo ed affrettato. Nelle soste si era
chiesto chi avesse insegnato alla moglie quei maneggi ri-
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cercati e ricchi di sensualità: forse Diego? libri? Che im-
portava! La domenica soli nella grande casa avevano al-
ternato amore e colazione, amore e dischi, amore e pran-
zo, amore e liquori. Appagato, disteso, sazio e inebriato
si era sentito rivolgere, mentre una mano saggiamente lo
carezzava, la richiesta di dimenticare tutto, di promettere
di non dubitare più di lei, di non ripetere più quelle sce-
nate che potevano solo turbare e distruggere la loro vita
e di non assumere mai più investigatori, cosa mortifican-
te per entrambi e, infine, di andare insieme in ufficio per
distruggere le relazioni. Dapprima aveva esitato, poi ac-
consentito e nella fredda stanza dell'ufficio le aveva con-
segnato le chiavi e assistito con una perversa felicità al
rovistare e alla lacerazione in pezzettini microscopici dei
foglietti recapitatigli dall'agenzia investigativa. Non vuole
conoscere più nulla. Annamaria sa, ha sempre saputo ciò
che fa. E Diego non è in definitiva uno dei pescecani suoi
concorrenti in affari o in accumulazione di denaro, ma
un individuo colto e sensibile che ricopre un incarico
delicato e di prestigio.
Quella mattina, lunedì mattina, ha ascoltato Annama-
ria telefonare a casa Socci e invitarli da loro per la cena
e l'immancabile canasta, mentre la mano morbida, volut-
tuosa gli accarezza il torace e scende giù, sempre più giù.
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MessaggioTitolo: Re: IRENE COTRONEI, ALCUNI SUOI DIPINTI E RECENSIONE SULLE SUE OPERE!   IRENE COTRONEI, ALCUNI SUOI DIPINTI E RECENSIONE SULLE SUE OPERE! EmptyDom Giu 28, 2009 9:56 am

hai risolto il problema dei tag! ottimo!
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