Bruno Admin
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| Titolo: COME SONO DIVENTATO SCRITTORE E LA MIA AMICIZIA COL GRANDE DIRETTORE EDITORIALE VALERIO RIVA! Lun Giu 04, 2012 11:44 am | |
| Ecco la dedica che mi fece VALERIO RIVA nel mio studio è in piena notte!
Desidero precisare che l'amicizia con RIVA, non è stata una grande amicizia (nulla di paragonabile a quella con Domenico Rea),ma una conoscenza approfondita guidata dalla reciproca stima.
Invece COME DIVENNI SCRITTORE NON HA NULLA A CHE FARE CON RIVA, ma certamente lui (col le sue azioni e dichiarazioni) è stato la ninfa Egeria dl mio maggior successo.
ECCO COME DIVENNI SCRITTORE:
UN SAGGIO NELLA STORIA DELL’EDITORIA ITALIANA Più volte mi è stato chiesto come sono diventato uno scrittore professionista e perchè un mio libro di saggistica sia ormai (e da tempo) storicizzato. Ecco la risposta per chi ne è interessato: Premesse: L’autore, ossia Bruno Cotronei, ha sempre avuto una passione per i libri e, già da piccolo, ne leggeva molti sognando di scriverli. In terza media il suo professore d’italiano (un bravo saggista), dopo aver dato da eseguire in classe un tema banale (Come hai trascorso le vacanze?), chiamò alla cattedra Bruno e, rivolgendosi a tutti gli alunni, disse: ”Vedete, ragazzi, questo vostro collega potrà fare lo scrittore perché, mentre tutti voi avete fatto la solita nota della lavandaia, lui ha raccontato un episodio con una tensione narrativa che tiene avvinto il lettore”. E Bruno fu felice e proseguì nei suoi immaturi tentativi presto abbandonati perché studi più impegnativi, lo sport e le…ragazze lo assorbirono completamente. All’università (ingegneria) Bruno si innamorò tanto intensamente di un’incantevole ragazza (la futura pittrice Irene Cotronei) da desiderare il matrimonio subito e chiese al padre (ingegnere e imprenditore) di lavorare e studiare al tempo stesso e lo ottenne dopo molte litigate. In cantiere, dove decentemente svolgeva il compito di assistente tecnico, ci fu un incomprensione fra padre e figlio, e Bruno , lasciò la casa e la città per andare a Milano dove, pur non conoscendo nessuno, trovò lavoro ed ebbe un colpo di fortuna. Ad un corso di specializzazione sugli isolamenti e condizionamenti termoacustici, la sua profonda conoscenza della termologia e dell’acustica, lo fecero rapidamente passare da allievo a docente (miracoli della Milano dei miracoli!), fu assunto da una grande azienda e, dopo un paio d’anni, ebbe il posto di dirigente in un’altra grossa azienda. Nel frattempo, essendo diventato uno dei pochi esperti in Italia (allora) nel settore, partecipava come relatore ad alcuni congressi.Ritornato per lavoro nella propria città da tecnico e dirigente, dopo molti anni, aprì (più per divertimento che per una seconda attività), con un gruppo di amici, una galleria d’arte che da amatoriale presto divenne di notevole importanza. La frequentazione di pittori e scultori di livello, gli fece tentare, solo per scommessa, il mondo dell’arte come operatore visivo (concependo e pubblicando la teoria) di un’originale operazione da lui denominata “Duplicità analitica”, che ottenne il consenso del grande (e severo) critico Marcello Venturoli che gli scrisse:”Certo lei ha una provenienza, una natura schiva, di lirico scienziato. L’idea di un abbinamento della formula algebrica alla superficie cromatica più o meno stesa e vibrante come habitat e, insieme, come secondo elemento dialettico della formula, è brillante e va senza dubbio approfondita”. Ma presto scoppiarono dei contrasti con Venturoli sulla resa pittorica dell’operazione (senz’altro valida come arte concettuale, ma carente come resa pittorica) e Bruno si rese conto di quanto il critico sapesse più di lui sull’arte moderna e volle compensare il divario lanciandosi in un’approfondita lettura di migliaia di pagine di difficili volumi. Ne traeva dei sintetici appunti e presto si rese conto che questi avrebbero potuto essere utili non soltanto a lui. Ne ricavò un libro che trovò un editore e l’approvazione del mitico prof. Bellonzi, segretario generale della Quadriennale di Roma, che gli scrisse: “Caro Cotronei, ho letto con piacere ed interesse il suo bel libro che, come opportunamente rileva il titolo, è un agilissimo strumento di consultazione e di divulgazione per quanti vogliono accostarsi al complicato labirinto delle definizioni e dei movimenti a catena. Credo che si tratti di un lavoro meritorio al quale auguro ogni successo”. E un decente successo ci fu e Bruno, abbandonati i suoi tentativi pittorici, divenne scrittore anche di narrativa e il suo primo romanzo fu pubblicato da un editore di livello in una collana prestigiosa annoverante, fra gli altri, Neruda, Proust, Beckett, Burroughs, Kerouac, Carmelo Bene, ect. Poi con un altro romanzo il successo divenne più consistente con richieste di diritti di edizione per l’estero e diritti telecinematografici e consentendogli (quasi completamente) di dedicarsi da professionista all'attività sognata da bambino.Le vicissitudini e i ritardi per la pubblicazione di un suo romanzo letterariamente più consistente (corteggiato dal direttore editoriale della prestigiosa Marietti), indussero l’impaziente Bruno ad abbandonare prematuramente Marietti (che pur aveva preferito il suo romanzo a quello di Roberto Pazzi) col negativo risultato di perdere la possibile vittoria del Campiello (uno dei premi letterari più prestigiosi al mondo) dove il suo…sostituto (dopo aver vinto il "selezione Campiello") giunse a pochissimi voti dall'aggiudicarsi il premio maggiore nella magica cornice del Ducale di Venezia alla presenza del presidente della Repubblica e del maggior mondo letterario internazionale. Nacque così:I segreti dell’editoria. Il pamphlet fu all’inizio…boicottato per il malinteso servilismo di distributori e librai rimasti sconcertati dalla brillante ma pungente critica alla "grande" editoria. Poche se non nessuna copia nelle librerie fin quando un articolo a 5 colonne nella terza de Il Giornale (allora) di Montanelli, a firma dello storico Giordano Bruno Guerri, non sbloccò la situazione dando la possibilità al libro di r aggiungere un grande successo con diecine di migliaia di copie di vendita, centinaia di articoli e recensioni, e "Domenica In" di RAI 1, e "Lo specchio della vita" di Telemontecarlo e l’apertura di un dibattito (sulla stampa e nelle università italiane, americane, canadesi e tedesche) durato anni e con lo…sfruttamento che nomi famosissimi ne fecero e la nascita di tante iniziative (a favore vero degli aspiranti scrittori oppure a…succhiar loro soldi) anche qui nel mondo virtuale.La prima edizione (cui seguirono altre) uscì nell’aprile del 1984 e circa 5 mesi dopo Bruno riceveva la telefonata di Valerio Riva (di ritorno da un lungo soggiorno di lavoro per la televisione in America Latina). Da “Il Doposegreti dell’editoria” (uno dei 3 libri che Bruno ha dedicato all’argomento) è tratto ciò che segue:VALERIO RIVA MI HA TELEFONATO, VISITATO E…(dedica di Riva: "Caro Cotronei, adesso sa chi è questo Riva; non un neo-editoriale, ma un vetero-editoriale; e comunque un neo-amico che, spero, diventerà un vecchio amico")A proposito di best seller. ossia la definizione ormai entrata nell’uso comune anche italiano e che letteralmente dall’inglese significa best il rneglio e seller ciò che si vende, un indubbia esperto è Valerio Riva.Ne ‘”I Segreti dell’editoria” il suo nome e la sua azione sono ricorrenti. Infatti la sua esplosiva dichiarazione, le repliche dei tirati in ballo, le sue precisazioni che invece di chetare eccitavano ancor più l’ambiente, le inchieste conseguentemente promosse dalla stampa specializzata riempiono molte pagine del mio pamphlet: per l’esattezza diciotto.E’ quindi innegabile che l’ex direttore editoriale della Rizzoli ne sia comprimario e, se non la ninfa Egeria del mio libro (che è l’aspirante scrittore con i suoi problemi. le sue angosce, le sue frustrazioni), rimane quanto meno colui che involontariamente mi ha fornito lo spunto per scriverlo.Perché le affermazioni di Riva suscitarono tanto clamore?Per due motivi: il peso derivantegli dalla carica (la Rizzoli è il maggior gruppo editoriale del nostro Paese) e quella sorta di brutalità contenuta nella sua lapidaria dichiarazione: "L’ideale di un programma editoriale, per ridurre al minimo i rischi, sarebbe di escludere ogni titolo di narrativa italiana". Non ero stato certamente dolce con l’ex alto dirigente e, dalle pagine del mio saggio, oltre a rintuzzare una per una le spiegazioni-accuse da lui addotte per giustificare il suo “proclama “, gli avevo posto una serie di domande e avevo avanzato l’ipotesi che fosse dovuto ad antichi rancori. a frustrazioni di scrittore inappagato, aggiungendo:Onestamente non so se Riva abbia mai scritto o pubblicato un romanzo, un saggio, o perlomeno provato a farlo. Non conosco la sua vita, i suoi precedenti a parte quanto traspare dalle sue stesse affermazioni, di uomo di editoria di un certo rilievo. Forse solo la soddisfazione di un incarico di grande importanza come quello di direttore editoriale di una Casa delle dimensioni di Rizzoli, e il sentirsi ormai invulnerabile. Continuando, però, con: Ma sono poi tutte da criticare le dichiarazioni di Riva? e quanto sono portavoce di un reale pensiero non espresso a chiare lettere degli editori italiani? Puoi quindi immaginare, caro lettore, cosa provai quando, dopo ben cinque mesi dall’uscita del mio libro, mi riferirono che aveva telefonato chiedendo di me il dottor Valerio Riva. Interesse vivo e una certa ansia! Amo il dibattito, la polemica costruttiva, il confronto, il poter arricchire le mie cognizioni e immediatamente formai il numero telefonico che era stato lasciato. Una voce netta, tagliente, da uomo deciso, d’azione. Un’istintiva simpatia ed un esordio civile e per la verità sorprendente.:"Con un certo ritardo del quale mi vorrà scusare, ho comprato il suo libro e naturalmente sono rimasto un po’ stupito nel vedere che è un libro in gran parte, o perlomeno nel quale io ritorno per gran parte delle pagine" "Lei ha dato lo spunto al libro " "Ecco, ora una frase mi ha colpito, le dirò...""Sì, mi dica pure "." 'Io non so chi sia questo signor Riva'. Se lei forse avesse fatto un minimo di ricerca e mi avesse telefonato, io avrei potuto dirle molte altre cose e avrei potuto anche difendermi dalle sue critiche, anche se lei — molto gentile — di grandi critiche non me ne fa. Con molto piacere ho letto anche cose che sono specifiche e mi hanno interessato. Ho comprato il suo libro semplicemente perché era un argomento che mi interessava e con grande sorpresa ho scoperto che invece ne sono uno dei protagonisti. Non le faccio una telefonata per contestare, sono ben lontano da questo, però avrei potuto intanto raccontarle in che modo sono stato protagonista anche nella vita editoriale italiana degli ultimi trent’anni, e in più anche darle una serie di informazioni, indicazioni che potevano esserle utili per un libro che, tutto sommato, è molto divertente e mi piace "."La ringrazio". "Ma come mai non ha ...""Le spiego: per lei come per gli altri personaggi mi sono basato su dichiarazioni ufficiali rilasciate alla stampa specializzata di grande diffusione. Certo, non vi è dubbio che una presa di contatti diretti con tutti avrebbe potuto giovare al libro anche se bisognava, caso per caso, riuscire a capire fino a che punto l’interlocutore sarebbe stato sincero o coraggioso. E’ probabile che qualche colloquio, laddove ci fosse stata immediata disponibilità come appare in questa circostanza, sarebbe stato costruttivo. Ma tutto sommato forse è meglio come ho fatto. Prima dell’uscita e del successo del libro non sarebbe andata così. In ogni modo Ora siamo qui, ho piacere della sua telefonata ... e sentendola mi dispiace di non averle parlato prima, seppure non sapevo dove trovarla” "Tanto per dire una cosa, lei a un certo punto mette in dubbio le cifre che riguardano i costi industriali. Avrei potuto darle una serie di elementi ... perché i costi venivano da un sacco di componenti, perché questi costi industriali venivano fuori da esperienza; intanto venivano direttamente dalla Rizzoli e sui costi si possono fare molte più considerazioni di quante lei non ne abbia fatto; ma lei sa che le spese indicano quello che costa un prodotto, ma anche lo stato delle aziende ed in particolare delle aziende editoriali di questo Paese. Certo che si possono stampare libri con meno prezzo, però i libri vanno gravati di spese che rispondono, non dico ad una logica, ma ad un’ illogicità del sistema. Comunque io penso che sarebbe interessante che noi ci conoscessimo; le dirò anche una cosa: il suo saggio mi ha fatto piacere per un’altra ragione. Quando io sono venuto via così clamorosamente dalla Rizzoli, ho pensato di scrivere un libro simile, pressappoco sul tema che lei ha adoperato. Sono andato da un paio di amici editori, fra cui, ad esempio, da ... (un nome alquanto conosciuto. Nota di B.C.) e mi ha risposto: 'Ah, per carità, è un argomento che non interessa nessuno, son delle rogne...' Se c’è libertà e se si vogliono raccontare…Tanto per dirle come stanno le cose, io ho incominciato a lavorare nell’editoria nel 1951 e sono diventato abbastanza presto direttore editoriale di Feltrinelli, io ho fatto la Feltrinelli dal primo giorno fino al 1968, quando Feltrinelli girava per la casa editrice armato come se stessimo sulle Ande e a me le armi fanno una certa impressione e me ne sono andato. Ma ho fatto, ho fatto i grandi successi, dal Dottor Zivago al Gattopardo fino a Garcia Marquez, sono successi che ho edificato io e allora lei capisce che ne so tanto "."Immagino "."Eh, eh, poi quando sono andato alla Rizzoli non ci sono andato per caso, e non per caso è successo quel che è successo, perché onestamente sono anche uno degli elementi più detestabili per loro, perché ho sempre detto la verità, però sono anche uno che fa e molti sanno che ho fatto tante cose. Volevo dirle, in questo senso, forse sarebbe una bella cosa se un giorno o l’altro ci incontrassimo, chiacchierassimo, perché quel libro che io non ho scritto tutto sommato l’ha fatto lei, e allora mi è venuta la voglia di riprendere questa cosa, non so se abbia avuto successo. L’ha avuto?""Io direi considerevole, sempre tenendo presente che non partiva da una grossa casa editrice..."Non continuerà, amico lettore, a riferirti parola per parola un dialogo che, se anche non completamente fedele nei minimi dettagli, è del tutto vero nella sostanza, nelle cose più importanti, nei nomi e nei fatti. Ma desidero per ora sottolineare quale avallo abbia avuto il mio libro ed il piacere che ho provato anche per te. Sì, perché era la conferma, se ancora ce ne fosse stata necessità, di aver scritto qualcosa di utile per il lettore, l’aspirante scrittore, gli autori italiani e, perché no, anche per gli editori. Seppure, come avrai letto da Riva, che uno di loro, e non certo di scarso peso anche se non dei sommi, riteneva, e a torto, che l’argomento non interessasse!Il colloquio è continuato e l’istintiva simpatia per Riva — perbacco, uno che aveva fatto grande la Feltrinelli, che aveva deciso di far pubblicare Il Dottor Zivago, Il Gattopardo e Marquez! — si è rafforzata, questa volta non più per istinto, ma per ciò e come l’andava dicendo e per la passione che traspariva più che evidente.Si è parlato di Bevilacqua, di logge massoniche, di 'grandi elettori' e si è progettato un lavoro in comune, forse un dialogo fra Riva e me riportato su un grande settimanale, o addirittura di scrivere un nuovo libro su I Segreti dell’editoria che contenesse anche le dirette stimolanti esperienze di chi, come Riva, vi è stato dentro dal ‘51 all’83, sia pure con qualche interruzione, ma in posizioni che presto son divenute di primo piano, inizialmente in una casa di avanguardia e fortemente impegnata come Feltrinelli, e poi in una delle massime che è rimasta a lungo nell’occhio del ciclone di casi clamorosi come la vicenda Corriere della Sera, P2, Ortolani e così via.Ci siamo ripromessi di conoscerci di persona presto e ... il giorno dopo, o meglio la sera dopo, Riva era da me. Veniva da Roma al termine di una giornata d’intenso lavoro comprendente i mpegnative registrazioni televisive per una serie di trasmissioni socio-politiche su di un viaggio in America latina ricco di pungolanti incontri, interviste, inchieste nelle quali non aveva certo trascurato la letteratura per la costante presenza di scrittori indigeni, conosciuti o meno, ai quali tanto dobbiamo per la scoperta di quanto quel mondo affascinante stia ambiando. Era montato in auto nel tardo pomeriggio per raggiungermi quasi alle dieci. E’ alto e robusto, Riva, sguardo diritto, piglio deciso da dirigente, da uomo d’azione e dimostra meno dei suoi cinquantacinque anni.Avevamo cenato insieme come vecchi amici, volutamente parlando d’altro e poi, dopo aver visto la puntata di quella sera del suo servizio, da mezzanotte ad oltre le quattro del mattino avevamo intensamente dialogato di editoria, di libri, di scrittori, di costi e di autori (e qui Riva si era scatenato in difesa del suo 'proclama' ) che vanno avanti a botte di duecento e più milioni per volta di anticipo, che fanno parte ed organizzano clan e cosche mafiose con le quali condizionano o cercano di condizionare gli editori e i dirigenti editoriali, e il nome di piduisti era tornato prepotentemente alla ribalta della conversazione intervallato da figure positive e coraggiose di chi, fra funzionari di case editrici, s’era accorto di 'ruberie' ed ora intervenuto."Sono cose che vanno raccontate queste qui, perché è impossibile continuare a farsi imbrogliare da certi cialtroni!", aveva sostenuto veemente, ma controllato."Ma lei si sente di farlo?", avevo chiesto."Ah, come no, come no! Per me è un invito a nozze. Io sono del parere che bisogna sempre parlare a voce alta, mai nascondere niente" , la risposta.Questo m’era piaciuto di Riva, insieme con l’amore per la sua professione, la nostalgia, a me evidente, sebbene tentasse di mascherarla, per l’editoria, i libri, quell’impegnarsi senza risparmio, senza il purtroppo ormai diffuso — specialmente nelle nuove leve, nate e cresciute nel benessere consumistico — costume di misurare, centellinare i propri sforzi lavorativi tanto legati a precisi e brevi orari, principalmente rivolti alla retribuzione e non ai risultati nella tranquilla (anche troppo) sicurezza della stabilità del 'posto'.Avevo quindi con piacere scoperto nel giornalista di oggi e nel dirigente di ieri alcune importanti affinità con me. Ho infatti sempre pensato che il pubblico, i lettori —principalmente i miei lettori — debbano sapere ciò che c’è dietro quello che consumano. L’ho attuato ne "L’arte moderna in sintesi schematica"nella parte riservata al mercato dell’arte, ho proseguito ne "I Segreti dell’editoria" , l’ho sviluppato ne "I Segreti del mondo artistico" senza risparmio d’impegno e di tempo. L’avrei ratto con piacere nel libro con Riva. Si, perché questo progetto stava sempre più prendendo corpo fra le spirali di fumo delle mie sigarette e quelle dei grossi sigari del mio ospite. Dimentichi delle ore che passavano veloci e di essere ormai nel cuore della notte, affrontavamo il come realizzare il nuovo saggio. Certo, un libro a quattro mani non è facile quando, pur essendoci affinità e stima, si proviene da esperienze diverse e, oltretutto (è il mio caso), non si è abituati a farlo. Riva aveva proposto uno scambio di lunghe lettere, io una serie di colloqui da limare e suddividere per argomenti. S’era, alla fine, optato per la mia soluzione con qualche modifica e cercando di conciliare gli intensi impegni di entrambi e la distanza di residenza.Poi ... poi tristi vicissitudini familiari, u n nuovo lunga viaggio di lavoro di Riva e si era dovuto rinviare: da dicembre a gennaio, da gennaio a febbraio e infine sine die.Ora, amico lettore, devi sapere che già prima della telefonata di Riva avevo progettato di scrivere ancora sull’editoria e sulle reazioni che il mio saggio aveva suscitato. Pressante ad ogni novità del “dopo” il desiderio cresceva, ma non riuscivo a prendere la decisione definitiva combattuto anche dalla mia passione per la narrativa. Evidentemente l’ex direttore della Feltrinelli e della Rizzoli deve rappresentare la spinta decisiva all’attuazione dei miei saggi sull’editoria. Così per il primo come per il secondo. Ma non mi va di attendere, di rimandare (questo è stato il motivo di miei rifiuti a qusi tutte le offerte di grandi, medi editori) e appena possibile ho iniziato a utilizzare gli elementi che avevo già raccolto e quindi a metter su carta ciò che stai leggendo senza Riva come coautore, ma ancora ben presente in queste pagine. Non troverai quindi, per ora, approfondimenti e rivelazioni su scrittori importanti, famosi o di successo nei rapporti con gli editori e con il potere, né su quelle che Riva aveva definito 'le mezze verità o le mezze bugie' di Bevilacqua sulla Rizzoli, ma tutto sommato non ritengo che tu abbia perso molto perché apprenderai da questo pamphlet ciò che più penso e di interessi: ovverosia le reazioni di alcuni di loro e di mezzetacche superprotette a I Segreti dell’editoria e ai problemi degli aspiranti scrittori. 'Ho', mi son detto, 'spinte interiori ed elementi più che sufficienti per dare alle stampe un nuovo libro il cui interesse, ne sono certo, non sarà inferiore al primo che, fra l’altro, pur senza l’ausilio di Riva, ha ricevuto tanti avalli e poche critiche davvero serie e documentate; anzi in definitiva nessuna' , perché laddove Riva sostiene, limitatamente ai costi, che avrebbe meglio potuto giustificarli, spiegarli, condannarli, me l’ero cavata, credo più che bene e lo stesso ex dirigente, oltre agli elogi che hai appena letto, ha voluto , in un pezzo sull’Espresso( sia pure con eccessivi contrasti chiaroscurali e qualche omissione), celebrare pubblicamente il successo di quello che ha definito “sulfureo libbriccino”, sottolineandone le massicce vendite e i grandi consensi[/size] | |
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