Presso la religione [/center]induista, Kali (sanscrito Kālī, in Devanagari काली) rappresenta l'aspetto guerriero di Parvati, la consorte di Śiva, una divinità dalla storia lunga e complessa. Nonostante sia grossolanamente identificata come simbolo di oscurità e violenza, si tratta di una deità benefica e terrifica al tempo stesso, dotata di numerosi attributi dal profondo significato simbolico:
* la carnagione scura rimanda alla dissoluzione di ogni individualità;
* la nudità della dea rappresenta la caduta di ogni illusione;
* il laccio con cui prende le teste per mozzarle rappresenta la caducità di tutto ciò che esiste;
* le quattro braccia reggono strumenti di distruzione e purificazione;
* al collo indossa una collana fatta con i teschi di Asura (demoni).
È conosciuta anche come Devi (la dea) e Mahadevi (la grande dea) e assume aspetti diversi: Sati (la donna virtuosa), Jaganmata (la madre del mondo), Durga (l'inaccessibile).
Inviata sulla Terra per sgominare un gruppo di demoni, iniziò ad uccidere anche gli esseri umani. Per fermarla, Śiva si distese fra i cadaveri; quando la dea si accorse che stava per calpestare il proprio marito, interruppe la sua furia.
La città di Calcutta deve il suo nome al termine Kalighat (i gradini di Kalì) che servono ai fedeli per scendere al Gange.
Le vengono da sempre dedicati sacrifici animali; umani fino al 1835, ogni venerdì infatti veniva sacrificata una persona all'interno del suo Tempio di Calcutta/Kolkata (per l'appunto "città la cui Sovrana è Kali")