BRUNO COTRONEI E I SUOI LIBRI
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 STORIA COMPARATA: Lavori e primi passi in politica dei 5 protagonisti

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Bruno
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MessaggioTitolo: STORIA COMPARATA: Lavori e primi passi in politica dei 5 protagonisti   STORIA COMPARATA: Lavori e primi passi in politica dei 5 protagonisti EmptyMar Ago 04, 2009 12:29 pm

CAP. III
QUAL E’ L’IMPATTO CON IL LAVORO E QUALI SONO I PRIMI PASSI IN POLITICA DEI CINQUE PROTAGONISTI

Ad Aldershot gli ufficiali subalterni del 4° Ussari di cavalleria conducono giornate piacevoli con colazione a letto. Un’ora al comando di 30 soldati per sorvegliare che i cavalli siano strigliati, lavati e nutriti, un po’ d’equitazione e bagni caldi, cena, biliardo e bazzica. Il secondo luogotenente CHURCHILL vi si trova pienamente a suo agio e raggiunge addirittura la felicità quando viene incaricato di parlare agli elettori di Barneabury, cavandosela molto bene al punto da scrivere, nell’agosto del 1895, alla madre: “E’ un bel giocare il gioco della politica, e vale senz’altro la pena di aspettare una buona mano prima di tuffarvisi davvero (...) La vita militare tanto più mi piace, ma mi convinco che non è il mio métier. Bene, staremo a vedere”.

Qualche mese dopo Churchill, usufruendo ancora una volta del patrimonio di famiglia, decide di andare a Cuba, dove le forze armate spagnole cercano di reprimere una violenta rivolta. Ma, come spesso succede, piove sul bagnato per lui, perché il prestigio del nome gli procura un incarico semiufficiale da parte del comandante in capo dell’esercito britannico e un contratto con il Daily Grafic, al quale avrebbe potuto inviare articoli dalla scena dell’insurrezione. Come se non bastasse, a New York i suoi cugini americani lo accolgono festosamente e gli procurano un servizievole valletto e gli ottengono di poter visitare West Point ,che è la Sandhurst americana, ma con una disciplina ben più severa che induce il giovane Churchill a scrivere al fratello: “Gli americani sono un popolo grande, rozzo, forte e giovane, simile a un robusto, chiassoso ragazzo in mezzo a dame e gentiluomini fiacchi ma ben educati. (...) Immagina il popolo americano come un ragazzone gagliardo che calpesta tutta la tua sensibilità, che penetra ogni possibile nefandezza in fatto di maleducazione, cui né l’età e neppure la tradizione ispirano rispetto, e che pure si muove in mezzo ai suoi affari con una freschezza spensierata che può ben suscitare l’invidia di nazioni più vecchie”.

Anche a Cuba Churchill è trattato dagli spagnoli con molto rispetto ed assiste ad alcuni sanguinosi scontri con i ribelli. Ne ricava, in uno dei suoi articoli, un giudizio favorevole alla causa dei cubani perché “L’isola era stata spremuta in misura enorme per un periodo considerevole e la Spagna estorceva tanto denaro al Paese che le industrie sono paralizzate e lo sviluppo è impossibile.(...) Ritengo che alla fine gli Stati Uniti interverranno per mettere pace”.

La mamma del giovane, che da quando ha perso il marito è molto più attenta e complice nella vita del primogenito, s’affretta ad inviare a Chamberlain una copia di un articolo di Winston su Cuba pubblicato da Saturday Review, ricavandone questo giudizio: “E’ la migliore sintesi che abbia letto sui problemi che gli spagnoli si trovano ad affrontare, e che concorda con le mie conclusioni (...) E’ evidente che Mr Winston ha tenuto gli occhi aperti”.

Gli anni seguenti trascorrono per Churchill nei tentativi, spesso falliti, di ottenere dal prestigio e dalle conoscenze materne incarichi in zone militarmente calde per ottenere decorazioni e il diritto di “sostituire alla spada il tagliacarte e alla giberna il comizio”. Poi, di ritorno dall’India, chiede ai Conservatori di organizzargli una serie di comizi, dove sarebbe stato presentato come il figlio di Lord Randolph, nei quali dice: “...e ora dovrebbe iniziare il declino come a Babilonia, Cartagine e Roma. Non bisogna credere agli uccelli del malaugurio, ma smentire la loro lugubre profezia mostrando con le nostre azioni che il vigore e la vitalità della nostra razza restano integri, che da veri inglesi siamo decisi a conservare l’impero ereditato dai nostri padri e la nostra bandiera sventolerà sui mari, la nostra voce sarà ascoltata nei consigli d’Europa, la nostra Sovrana, incoraggiata dall’amore dei suoi sudditi, ci guiderà sicché continueremo a seguire la strada indicataci da una mano onnisciente e a svolgere la nostra missione di portare pace, civiltà e buon governo nei più remoti angoli della terra”.

Ritorna in India e, nell’Agosto 1897, inizia un lungo viaggio per giungere a Malakand, dove tutte le tribù di razza afgana sono in rivolta. Come Churchill scrive al fratello, è per gli inglesi “impossibile ignorare un torto subito: bisogna vendicarlo. Così a nostra volta dobbiamo attaccare afridi e orakzai e altri che hanno osato violare la Pax Britannica”.

Nel frattempo, la mamma onnipresente ha convinto il Daily Telegraph a pubblicare lettere dal fronte del giovane ufficiale e l’Allahabad Pioner ad accettare un telegramma quotidiano di 300 parole dalla frontiera, ma entrambe le testate omettono di firmare i pezzi col nome dell’autore.

Churchill entra subito in azione sia come giornalista che come ufficiale, ed è più volte nel vivo di selvaggi combattimenti dove mostra un notevole coraggio, quasi a volersi definitivamente riabilitare dalle critiche che il padre gli aveva rivolte durante gli studi. Egli scrive alla madre: “Ambisco alla fama di coraggio personale più di qualunque altra cosa al mondo poiché in molte cose -in particolare a scuola- sono un codardo”. Ma, in fondo, è l’ambizione politica, che si fa sempre più pressante, che lo guida a mettersi in mostra a qualsiasi rischio. Tutto, medaglie, nastrini, uccisioni, articoli e un romanzo già iniziato, deve servire ad acquisire una vasta notorietà che lo favorirà, ne è certo, in politica. Più volte è menzionato nei bollettini e apprezzato dai superiori, e , abbandonato il romanzo, inizia a scrivere Story of Malakand Field Force dicendo: “Ogni cosa necessita di un duro lavoro e di frequenti rielaborazioni. (...) Una buona conoscenza della storia è una faretra piena di frecce nelle discussioni”.

Il 31 dicembre 1897 invia il manoscritto alla madre che gli trova subito agente letterario ed editore. Nel frattempo Churchill, che ha assistito alle atrocità degli indigeni e a quelle ancor più terribili degli inglesi che, fra l’altro, fanno largo uso delle nuove pallottole dum-dum “i cui effetti dirompenti sono semplicemente spaventosi. E’ un quadro terribile e naturalmente presenta aspetti cui non si fa cenno sulla stampa...”, scrive alla madre: “...naturalmente basta osservare la natura per accorgersi quanto poco valore attribuisca alla vita, la cui santità è un’idea squisitamente umana. Prova a pensare che la magnifica farfalla, 12 milioni di piume sulle ali, 16mila lenti nell’occhio, è solo un boccone per l’uccello...”

Immediatamente dopo Churchill, nonostante gli splendidi rapporti con la madre, avvia una causa per impedirle di trasferire parte dell’eredità ad un eventuale secondo marito che avrebbe potuto essere “un uomo povero non di mio gradimento, un vagabondo”. In effetti il giovane è preoccupato, perché l’eccessiva prodigalità della madre ha più che dimezzato il patrimonio familiare, e i Churchill sono abituati a vivere nel lusso. Inoltre fare politica, che ormai è sempre più lo scopo della vita di Winston, costa e molto. Poi ci ripensa e annulla tutto, dicendo “confido nella mia capacità di scongiurare definitivamente la miseria grazie al giornalismo”.

Torna a rivolgersi alla madre per chiederle di organizzare alcune riunioni politiche di grandi dimensioni e per ottenere che il generale Kitchener, comandante dell’esercito in Sudan, lo chiami in servizio presso di lui. Mentre i comizi si svolgono splendidamente e Churchill viene acclamato con “un entusiasmo incredibile”, Kitchener non molla, nonostante sia intervenuto in favore di Winston addirittura il Primo Ministro che ha letto il suo libro e lo invita per la prima volta al numero 10 di Downing Street. Ma poi l’insistenza pressante di molte ladies, che contano nei salotti e nei letti, gli ottiene la chiamata desiderata presso il 21° lancieri in Egitto, e un amico di famiglia, proprietario di giornali, gli fa avere l’incarico dal Morning Post per una serie di articoli compensati con 15 sterline a colonna.
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MessaggioTitolo: Re: STORIA COMPARATA: Lavori e primi passi in politica dei 5 protagonisti   STORIA COMPARATA: Lavori e primi passi in politica dei 5 protagonisti EmptyMar Ago 04, 2009 12:33 pm

Il 26 agosto 1898 Churchill è al fronte sudanese, dove si distingue per coraggio e intelligenza e ha anche modo di conoscere e farsi apprezzare da Kitchener, che procede allo sterminio dei dervisci con decisione e ferocia tali da indurre Winston a scrivere alla madre: “La vittoria di Omdurman fu disonorata dal massacro inumano dei feriti, Kitchener ne è responsabile”. E nel suo nuovo libro, The River War, scrive: “Per ordine di Sir H. Kitchener la tomba era stata profanata e rasa al suolo e la salma del Mahdi disseppellita. La testa fu staccata dal corpo e, per citare la spiegazione ufficiale, ‘preservata per future disposizioni’, espressione che in questo caso significa che passò di mano in mano fino ad arrivare al Cairo”.

Ora non c’è più bisogno di raccomandazioni: anche i giornali più grandi vogliono Churchill come collaboratore, e lui, mentre continua a scrivere il libro sui dervisci e la loro sconfitta, decide di lasciare l’esercito entro sei mesi per dedicarsi alla politica. Tornato in Inghilterra, il 9 giugno 1899 si presenta alle elezioni suppletive di Oldham per il partito conservatore, ma viene battuto per poco più di mille voti dal candidato liberale.

Non passano che pochi mesi e Churchill è nuovamente in azione: il suo desiderio di successo e di superare le imprese paterne è sempre più vivo! Il Daily Mail gli ha offerto l’incarico di corrispondente in Sud Africa, dove sta per scoppiare un conflitto con i Boeri, e Churchill gioca al rialzo, finendo con l’ottenere dal Morning Post un compenso per 4 mesi, tutto compreso, di ben 1.000 sterline (circa 100 milioni di lire di oggi).

Ed ecco, nei primi giorni di novembre 1899, Churchill cercare in tutti i modi di raggiungere la città di Ladysmith, accerchiata dai boeri, senza riuscirci. Poi ha la discutibile fortuna d’incontrare un suo amico dai tempi dell’India, il capitano Haldane, che ha ricevuto un ordine di ricognizione su di un treno corazzato e che lo invita ad accompagnarlo. E’ il 15 novembre quando il treno, composto da un vagone armato di un potente cannone di marina, 3 vagoni corazzati con 150 uomini a bordo, e una locomotiva con il tender, parte. Ma dopo qualche ora viene centrato da una granata boera, mentre s’intravedono truppe nemiche che tendono un’imboscata alla quale gli inglesi cercano di sfuggire a tutto vapore. Un masso sui binari fa deragliare alcuni vagoni e Churchill, quale ex ufficiale, offre ad Haldane i suoi servigi, che vengono immediatamente accettati. Qui inizia l’epopea di Winston. Il futuro protagonista della storia va avanti e indietro intrepidamente e rivitalizza il macchinista colpito al capo. Poi, nonostante un vivissimo fuoco d’artiglieria nemico che causa 4 morti e 30 feriti, riesce a salvare locomotiva, tender e vari uomini. Torna intrepidamente da solo indietro per cercare Haldane e gli altri che, nel frattempo, dopo essersi asserragliati in una casa colonica, vengono fatti prigionieri. A sua volta Churchill, che è senza la pistola, viene perseguitato da due fanti e da un alfiere boeri che, alla fine, riescono a catturarlo e a condurlo “come bestiame” nella prigione di States Model School da dove scrive lettere a profusione: alla madre, al Principe di Galles, e al Ministro della Guerra boero, chiedendo di essere liberato immediatamente perché non è un militare, ma un corrispondente di guerra.

Tutto è inutile: i Boeri dicono che si è comportato nell’azione come un soldato, non come un giornalista. Allora chiede ad Haldane di poter far parte di un tentativo di fuga con lui e il sergente maggiore Brokie. I tre dovrebbero, nascondendosi di giorno e viaggiando di notte, compiere a piedi ben 500 chilometri fino al confine con il Mozambico portoghese. Prima, però, bisogna scavalcare un muro, sempre sorvegliato, fra la prigione e un piccolo giardino privato. Dopo vari tentativi, in una notte senza luna, Churchill vi riesce e gli altri due no, ma, in un romanzesco dialogo attraverso il muro di lamiera, i compagni lo incitano a proseguire da solo.

E’ il 12 dicembre, Churchill salta su di un treno in corsa e, giunto dopo molte ore nei pressi di un piccolo centro minerario, si lancia giù affamato ed assetato. S’incammina verso le luci di alcune misere case, dove ha la grande fortuna di trovare minatori inglesi che lo nascondono nel più profondo della miniera, fra una massa formicolante di topi bianchi.

Nel frattempo in tutto il Transvaal si cerca di riprenderlo: c’è una taglia di 25 sterline per la sua cattura vivo o morto. Viene diffusa una sua fotografia con questa descrizione: “Inglese, 25 anni, altezza circa 1 metro e 73 centimetri, corporatura media, colorito pallido, capelli rosso scuro, baffetti quasi invisibili, voce nasale, pronuncia male la lettera s , non parla l’olandese”.

Alcuni giorni dopo, aiutato dai provvidenziali amici minatori, si nasconde in un vagone di un treno diretto nell’Africa orientale portoghese e, alle 4 del pomeriggio del 21 dicembre, è al consolato britannico dove, oltre a spedire una marea di telegrammi, fa un bagno ristoratore e apprende che la guerra va male per gli inglesi. Poi parte per Pretoria dove trova una folla entusiasta che lo scorta applaudendolo fino all’ingresso del municipio. La popolarità tanto cercata è finalmente giunta! Non può deluderla ritornando subito in patria, quindi riprende per mesi l’attività di corrispondente, insieme a quella di luogotenente della South African Light Horse, mentre i suoi libri vanno a ruba e varie circoscrizioni elettorali inglesi gli chiedono di candidarsi per le elezioni generali. Sceglie ancora una volta Oldham e la famosa rivista Vanity Fair pubblica una vignetta su di lui con questo testo: “Sa scrivere e sa combattere. Aspira alla politica fin da quando era bambino ed è probabile che tutte le sue fatiche, militari o letterarie, siano state compiute con un occhio alla politica”.

Sbarca in Inghilterra e 10.000 persone invadono le strade per festeggiarlo, ma la mamma non è lì: sta per sposare un capitano che ha solo 16 giorni più di Winston e vent’anni meno di lei. Allora Churchill va ad abitare in un elegante appartamento da scapolo e il 1° ottobre 1990 viene eletto deputato. Per quasi quattro mesi, sull’onda della fama derivatagli dalle sue avventure sudafricane, tiene, in Inghilterra e negli Stati Uniti, una lunga serie di conferenze a pagamento, che gli fruttano ben 10.000 sterline, quasi un miliardo di lire di oggi!

Poi il corso della sua vita diviene meno frenetico: è un deputato di 27 anni, giovane, ma assai più noto e corteggiato di colleghi alla loro prima esperienza in parlamento. Quattro anni dopo, quando il premier conservatore Chamberlain inizia una politica fortemente protezionista, Churchill gli si schiera contro e passa al Partito Liberale, propugnando libertà di commercio. Ne viene premiato nel 1906, a 32 anni, quando il governo retto dai liberali lo chiama a farvi parte come Sottosegretario alle Colonie. Dopo altri due anni Churchill fa ancora un passo avanti e diviene, prima Ministro del Commercio, e poi Ministro degli Interni.

A 34 anni è ormai un uomo politico influente e collabora strettamente con il Primo Ministro, Lloyd George, nel promuovere fondamentali provvedimenti sociali come: assistenza sanitaria, sussidi di disoccupazione, e limitazione della giornata lavorativa nelle miniere.

Nella politica militare Churchill privilegia il rafforzamento della Marina da Guerra e viene nominato Primo Lord dell’Ammiragliato, adoprandosi, con l’attivismo e l’aggressività del suo forte carattere, per ottenere un significativo incremento delle costruzioni navali.

Molto meno articolato e avventuroso è invece l’impatto con il lavoro e la politica per ROOSEVELT. Nel 1905 supera l’esame di Stato ed entra nello studio legale Carter-Ledyard-Milburn dove si occupa, senza grande entusiasmo, di cause di diritto marittimo. Ma anche per lui, come per Churchill, la massima aspirazione è la carriera politica, perché tanto ammira e vuole imitare il lontano cugino Presidente. Forse è proprio per ottenerne i favori che lui, giovane ricco e bello, sposa, appena ventitreenne, la nipote diretta e prediletta di Theodore Roosevelt. La ragazza diciannovenne, infatti, non sembra proprio poter ispirare grandi passioni amorose: è intelligente, ma non bella né aggraziata, e il suo aspetto mascolino, la voce stridula e il sorriso che mette in mostra denti sporgenti, sono tutt’altro che attraenti. Eppure, dopo un breve e facile corteggiamento, Franklin la sposa il 17 marzo 1905, ricevendo come ricompensa al matrimonio la presenza ammiratissima di Theodore, che abbraccia gli sposi davanti ai giornalisti estasiati e tiene il discorso di circostanza.

Ciò nonostante debbono trascorrere quasi cinque anni nella routine della professione che non ama e le continue gravidanze della moglie, perché il mondo politico si accorga di Franklin. Stranamente sono i democratici e non i repubblicani a pensare che, in quel periodo di confusione, un Roosevelt democratico possa essere utile al partito e gli propongono di candidarsi ad un seggio senatoriale per lo Stato di New York. Franklin non se lo fa dire due volte e, anche se ha sempre votato repubblicano in omaggio a Theodore, rispolvera la fede democratica del padre e del nonno.
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MessaggioTitolo: Re: STORIA COMPARATA: Lavori e primi passi in politica dei 5 protagonisti   STORIA COMPARATA: Lavori e primi passi in politica dei 5 protagonisti EmptyMar Ago 04, 2009 12:37 pm

Ma il collegio nel quale deve candidarsi non si presenta come una conquista facile perché è una roccaforte repubblicana. Ed ecco venir fuori il temperamento del giovane Roosevelt che organizza una campagna aggressiva e spettacolare con l’uso, così poco consuetudinario, di un’automobile decappottabile completamente ricoperta di manifesti, con la quale gira per tutto il collegio, improvvisando discorsi dovunque trova un po’ di gente, attratta più dall’auto che da lui.

Non è un buon oratore, ma gli strali che lancia con veemenza contro l’alta finanza, la corruzione politica e le argomentazioni in favore della sicurezza del cittadino, il diritto al guadagno e alla felicità, conquistano gli ascoltatori.

E’ il 1910 quando viene eletto e subito si trasferisce, con tutta la famiglia, ad Albany, capitale dello Stato, anche per allontanarsi dalla madre, il cui amore s’è tanto intensificato da divenire quasi maniacale.

Subito la sua azione di senatore è improntata in senso progressista e riformatore e, capeggiando la rivolta dei “giovani leoni” contro la designazione di Sheehan a senatore dell’Unione, mette in luce una grande abilità che gli frutta il successo, un’ampia popolarità sui giornali e il merito di una riforma costituzionale, che stabilisce l’elezione diretta dei senatori dell’Unione da parte del popolo.

Tre anni dopo, nel 1913, il nuovo presidente Wilson, che Roosevelt ha appoggiato come candidato democratico, si disobbliga nominandolo, a 31 anni, Sottosegretario alla Marina, dove si trova ad avere alle sue dipendenze circa centomila civili che riesce a guidare tanto abilmente da farli collaborare attivamente al potenziamento della flotta da guerra americana senza un solo sciopero. In questa occasione Roosevelt conferma definitivamente come suo prezioso assistente il giornalista Howe.

Meno felice nelle scelte si dimostra Eleanor, che gli raccomanda come segretaria una bella ragazza ventiduenne di cui Franklin presto s’innamora, facendone la sua amante e riuscendo persino, con l’uso della stessa astuzia e spregiudicatezza sperimentata in politica, ad inserirla nella vita familiare fin quando, anni dopo, la moglie non viene a scoprire la verità e gli offre il divorzio. Ma Roosevelt non accetta e rinuncia alla ragazza, perché più di tutto ama la sua carriera, ed Eleanor, seppure insopportabile e poco femminile, gli è assolutamente indispensabile.

Al contrario di Churchill e Roosevelt, STALIN vive lontano dalla ricchezza e da conoscenze altolocate. Inoltre la Russia della fine Ottocento è la più vasta, ma anche la più arretrata, delle grandi potenze. Ha 129 milioni di abitanti di cui circa l’85% analfabeti. Solo poco più di centomila persone studiano o hanno studiato all’università. Buona parte dell’economia si fonda su un’agricoltura arretrata che, comunque, procura l’essenziale per vivere a 90 milioni di contadini. Da qualche tempo si punta sull’industria, che si va sviluppando impetuosamente, dove intellettuali russi, convertiti al marxismo, penetrano nei circoli operai cercando di fare proseliti per le loro idee rivoluzionarie. Fra questi è Stalin che, all’età di vent’anni, ha ormai definito sia i propri ideali che il suo futuro lavoro: agitatore professionista e politico.

Ecco perché trascura gli esami al seminario facendosi espellere. Ma il giovane deve pur mangiare e gli studi che ha fatto gli danno la possibilità di essere assunto come impiegato all’Osservatorio Astronomico di Tiblis nel 1899.

Nella sua attività prediletta, condotta parallelamente, ha assunto il nome di battaglia di Koba e dirige, a 22 anni, una violenta agitazione fra gli operai del petrolio nella città di Batum. Presto le manifestazioni diventano imponenti e si trasformano in grandi scioperi, che generano scontri armati con la polizia e l’esercito. Il giovane Stalin, a 23 anni (1902), viene arrestato ed imprigionato per sei mesi in varie carceri della Georgia. Ovviamente perde il posto di lavoro e viene condannato a tre anni di confino in Siberia, ma , durante il viaggio, fugge e fa ritorno nella sua città, dove riprende l’attività di rivoluzionario.

E’ ormai un clandestino, ma, fornito di documenti falsi, pubblica articoli sia sui giornali marxisti che circolano di nascosto, sia su quei pochi che hanno il permesso di essere distribuiti legalmente. Continua ad organizzare l’attività rivoluzionaria dei lavoratori e viene ancora più volte arrestato. Sempre riesce a fuggire. Nel frattempo ha aderito alla corrente bolscevica del Partito Operaio Socialdemocratico e, come delegato del Caucaso, partecipa al Congresso Bolscevico di Tammerfors, dove finalmente incontra il già mitico Lenin che gli appare il suo nuovo Koba, “un leader di incomparabile statura, un’aquila di montagna, impavido di fronte alla lotta e che con audacia guida il partito lungo sentieri inesplorati”. Anche il grande capo incomincia ad apprezzare il giovane rozzo e scorbutico che afferma continuamente “Anche quando dormono, i contadini sognano di potersi impossessare delle terre dei grandi proprietari terrieri” mostrando un gretto realismo, ma anche tanta forza e tanta fede. Decide quindi di inviarlo ai congressi della Socialdemocrazia russa di Stoccolma e Londra (1906 e 1907), dove il ventottenne Stalin ( tale è il suo nuovo e definitivo nome di battaglia che significa “uomo d’acciaio”) viene considerato uno dei massimi dirigenti bolscevichi del Caucaso. Nel frattempo nel 1906, nonostante la vita tumultuosa e pericolosa, si sposa con Ekaterina Svanidze dalla quale ha un unico figlio.

Successivamente Stalin si trasferisce nella città industriale di Baku, che è da tempo teatro di aspra rivalità fra menscevichi e bolscevichi, e diviene il deus ex machina delle attività illegali per finanziare il Partito, consistenti nei cosiddetti “espropri proletari”, ossia rapine e assalti armati a banche, casse e uffici governativi.

Nel 1912 giunge per il trentatreenne Stalin il vero successo politico, che lo proietta da un ambito regionale ai vertici nazionali. Infatti, nonostante sia stato confinato a Vologda nella Russia Settentrionale, viene eletto fra i nove membri del Comitato Centrale del Partito Socialista Russo.

Appena saputo della nomina, Stalin non esita un attimo a fuggire dal confino, perché deve assolutamente mantenere l’importantissima posizione acquisita dopo tanti anni di lotta. Intensifica quindi, in tutto il Paese, la sua azione, ottenendo due risultati fondamentali: la pubblicazione del primo numero della “Pravda”, il giornale dei Bolscevichi in Russia, e l’organizzazione accurata dell’elezione dei deputati alla quarta Duma, dove riesce a portare, fra i tredici deputati socialdemocratici, sei bolscevichi. Si stabilisce poi a Pietroburgo e Lenin gli affida stabilmente la direzione del giornale.

L’anno dopo Stalin è nella Polonia austriaca a Cracovia per incontrare Lenin, e poi a Vienna dove prepara uno scritto fondamentale, che espone il punto di vista bolscevico sul problema delle nazionalità. Questo saggio, dal titolo “Il marxismo e la questione nazionale”, rivela in Stalin una notevole cultura e lo afferma definitivamente anche come teorico. Ma non ha il tempo per goderne i risultati: viene arrestato a Pietroburgo, esiliato e tradotto (questa volta sotto rigorosa sorveglianza) in Siberia.

MUSSOLINI nel 1901 (a 18 anni) ha ottenuto il diploma di maestro parallelamente alla fama di individuo violento e donnaiolo. Ma è anche ritenuto intellettuale e bohemien, perché scrive poesie e cerca di farsele pubblicare, perché conosce a memoria interi canti della Divina Commedia e perché legge forsennatamente, e più volte, di tutto.
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MessaggioTitolo: Re: STORIA COMPARATA: Lavori e primi passi in politica dei 5 protagonisti   STORIA COMPARATA: Lavori e primi passi in politica dei 5 protagonisti EmptyMar Ago 04, 2009 12:55 pm

Ha bisogno di guadagnare e, forte del diploma, fa domanda per un posto di maestro a Predappio, Legnano, Castelnuovo Scrivia, Tolentino e Ancona. Senza successo. Poi prova ad essere assunto come secondo aiutante del segretario del Comune di Predappio, ma la sua cattiva fama gli procura un deciso rifiuto. E’ scoraggiato al punto da scrivere ad un amico: “Ma vedi la filosofia m’ha reso perfettamente uno stoico. Guardo e sorrido. Che è la nostra miserabile esistenza al paragone del macrocosmo (...) Così rido. Ridere, ridere sempre! Ho concorso in 4 posti, ma probabilmente rimarrò a piedi ed io me ne vendicherò andando alla strada di Zeno a condurre una carriola e colla licenza avvolgerò mite lo stracotto e abbrucerò i libri”. Ma è solo un atteggiamento, perché continua a studiare, prendendo lezioni di latino e di musica, oltre a comporre un’infinità di poesie. Improvvisamente, ai primi di marzo 1902 il padre gli fa ottenere una supplenza alla scuola maschile di Pieve Saliceto, una frazione del comune di Gualtieri, che è il primo in Italia ad avere un’amministrazione “rossa”. Ma a giugno non viene confermato per l’anno successivo, non perché abbia mostrato carenze come maestro, ma per aver subito intrecciato una burrascosa relazione con una ventenne sposata con un militare che, appena viene a conoscenza dell’adulterio, scaccia di casa l’infedele, e, come ricorda Benito, “Essa si prese il suo piccino e riparò nella stanza dove ci eravamo incontrati la prima volta. Tutte le sere io l’andavo a trovare. Ella aspettava sempre sulla porta (...) Nel paese, la nostra relazione era oggetto di scandalo, ma noi ormai non ne facevamo più mistero alcuno. Ci recammo insieme a certe saghe campestri...”, .

Mussolini si ritrova quindi a 19 anni (1902) disoccupato, anche se è entrato in politica ed è riuscito a diventare segretario del Circolo Socialista di Gualtieri, dove incomincia a mettersi in luce scrivendo articoli per vari giornali della Sinistra ed improvvisando, con non comune abilità, discorsi su qualsiasi argomento.

Ma la politica, gli articoli e i discorsi gli fruttano solo pochi soldi e nel mese di luglio il futuro Duce si trasferisce in Svizzera, dove fa dapprima il muratore e poi il commesso in un negozio. Ora la politica diviene per lui una vera e propria passione, oltre che un mezzo per tentare di ottenere una migliore collocazione nella vita, e il giovane s’inserisce nell’attività che il Partito Socialista svolge fra gli immigrati italiani. Fra l’altro scrive sul giornale “Avvenire del lavoratore”, riesce a frequentare la rivoluzionaria russa Angelica Balabanoff, che lo aiuta ad approfondire la conoscenza dei classici del socialismo europeo, frequenta per vari mesi le lezioni del grande sociologo Pareto all’Università di Losanna, nella cui fornitissima biblioteca Mussolini, mai sazio di sapere, trascorre lunghe e utilissime ore a fare vaste, anche se disordinate, letture. Però la sua attività di agitatore lo fa arrestare, prima a Berna e poi a Losanna.

Nel 1904 (a 21 anni) l’inquieto giovane trascorre qualche tempo in Francia ed anche qui viene arrestato. Poi, approfittando di un’amnistia che estingue la condanna ad un anno di prigione per renitenza di leva, rientra in Italia e compie disciplinatamente il servizio militare a Verona come bersagliere.

Quando nel settembre 1906 torna alla vita civile, il ventitreenne Mussolini riprende l’attività di maestro elementare come supplente a Tolmezzo, dove non riesce assolutamente ad inserirsi nella scuola, al contrario di quello che gli accade con le donne del paese, con le quali intreccia sordide relazioni che gli rendono “gli ultimi mesi assai tempestosi. Ebbero luogo fra me e il marito della P. spiegazioni assai penose, scambio d’invettive e un pugilato, nel quale la peggio toccò naturalmente al marito, più vecchio e debole di me. Nel paese non si parlava che di questa nostra scandalosa relazione”. Ovviamente nemmeno questa volta la supplenza gli viene rinnovata e Benito torna a Dovia, stanco e sfiduciato, con progetti di emigrare definitivamente in America. Ma, come sempre, presto si risolleva e a novembre ottiene a Bologna, dopo esami scritti e orali, l’abilitazione all’insegnamento della lingua francese nelle scuole secondarie che mette a frutto, dal febbraio 1908, nel collegio Ulisse Calvi di Oneglia, dove gli spetta il titolo di professore.

Finalmente si trova bene e non dà scandalo con amori proibiti. Anzi, stringe amicizia con influenti socialisti con il cui aiuto spera di poter porre le basi per una candidatura politica. Pubblica in appena quattro mesi ben 24 articoli per il settimanale “La lima” e decide di abbandonare definitivamente l’insegnamento, per dedicarsi interamente alla politica e al giornalismo.

Dopo aver partecipato alle lotte dei braccianti in Romagna, nel 1909 Mussolini si trasferisce a Trento, che è ancora austriaca, e, con la raccomandazione della Balabanoff, dirige il segretariato trentino del lavoro e il settimanale “L’avvenire del lavoratore”. Poi, presentato a Cesare Battisti, diviene redattore capo del suo giornale, “Il popolo”.

Il modo di condurre il quotidiano, gli attacchi violenti al partito clericale ed in particolare ad Alcide De Gasperi, conducono Mussolini a ben cinque condanne e più volte in carcere. Infine all’espulsione dal Trentino, dove aveva concepiti sia il romanzo storico “Claudia Particella, l’amante del cardinale” che il saggio “Il Trentino veduto da un socialista”. Entrambi scritti e pubblicati qualche mese dopo, sotto la spinta di un assoluto bisogno di denaro, che costringe Mussolini, nel febbraio del 1910, a scrivere a Cesare Battisti: “Come avrai visto dal giornale che ti ho mandato, mio padre trovasi colpito da paralisi all’ospedale. Per istallarcelo abbiamo vuotato la casa. Bisogna anticipare l’importo per un mese di degenza: tre lire al giorno. La mia crisi finanziaria è acutizzata dal mio faux-menage iniziato nel gennaio Puoi pensare che io non ho scritto Claudia P. per i begli occhi delle Claudie trentine attuali, né del resto per speculare sul “Popolo”. Verbis brevis io ti chiedo 200 lire. Non spaventarti, amico mio, leva da tale somma le 65 lire che ti debbo per la stampa della santa di Susà e le 20 che mi consegnasti a Verona. Rimangono 115. Converrai che romanziere non deprezzò mai a tal punto la sua prosa narrativa. Senti: per il 16 corrente ho uno di quegli impegni che torcono il collo: mandami 65 lire , le altre 50 me le darai quando vorrai. Più che una ricompensa, mi farai un piacere e te ne sarò grato. Ad ogni modo scrivimi subito qualcosa. Spero che non farai il sordo, ma ricordati che stroncherò il romanzo. Absit injuria verbis e ciao, tuo Mussolini”. Nel frattempo, come anche risulta dalla lettera, l’inquieto Benito si unisce a Rachele Guidi, che è la figlia della nuova compagna del padre, rimasto vedovo nel 1905, e il primo settembre nasce la sua primogenita, alla quale dà il nome Edda.

Sempre in Romagna, dove s’è nuovamente stabilito, il giovane socialista , che ha acquisito il marxismo esclusivamente come lotta di classe e lo ha mescolato con gli aspetti irrazionalistici e volontaristici della cultura del tempo, come il vivere pericolosamente e il mito del superuomo di Nietzsche e la funzione della violenza nell’agire storico di Sorel, diviene nel 1910 segretario della Federazione Socialista Forlivese e direttore del giornale “Lotta di classe”, che presto raddoppia le vendite.

I suoi discorsi si moltiplicano e nel 1911 il futuro Duce capeggia la protesta contro la guerra in Libia, ricavandone una condanna a cinque mesi di carcere, ma anche l’assoluta preminenza nel Congresso del Partito Socialista a Reggio Emilia e la direzione dell’importante quotidiano del Partito, “Avanti!”, che si pubblica a Milano, e dalle cui colonne raggiunge, a meno di 30 anni, larghi consensi e una vasta popolarità nazionale, come attesta persino Antonio Gramsci che scrive: “L’Avanti! Diretto dal Mussolini, lentamente, ma sicuramente si viene trasformando in una palestra per gli scrittori sindacalisti e meridionalisti. I Facello, i Lanzillo, i Panunzio, i Ciccotti ne diventano assidui collaboratori: lo stesso Salvemini non nasconde le sue simpatie per Mussolini, che diventa anche il beniamino della Voce di Prezzolini”.

A novembre 1908 HITLER ha ancora del denaro e riesce a sopravvivere per un anno in una buia stanzetta a basso prezzo. E’ ormai completamente solo e trascorre le giornate a leggere nelle biblioteche pubbliche. Poi rimane completamente senza soldi ed incomincia a dormire, come un vero barbone, nei parchi o negli androni dei palazzi e a mangiare facendo la fila avanti alla cucina d’un convento. Infine riesce ad entrare in un ospizio per senzatetto delle suore di carità.

Lui che era un giovane snob, abituato a vivere senza problemi economici, anche se mai nel grande lusso come Churchill e Roosevelt, ora è solo un vagabondo ai margini di tutto! Ne viene però tirato fuori parzialmente da un certo Hanisch, che ha imparato a muoversi nella miseria. I due fanno società: Hitler dipinge quadri e l’altro li vende. Un po’ di denaro torna nelle tasche di Adolf, che alloggia per tre anni in un albergo dei poveri migliore dove usufruisce di un trattamento particolare perché, come pittore di quadretti di maniera, viene pur sempre considerato un artista e, quindi, un intellettuale. In quello strano ambiente trova anche un pubblico ed incomincia ad uscire dalla solitudine e dall’estraniazione in cui è sprofondato.

E’ ormai l’inizio del 1913 e il giovane ventiquattrenne quando sente parlare di politica si trasfigura: s’alza in piedi e incomincia a sproloquiare, ma è ancora lontano dal praticare vera politica attiva. Poi, con maggior calma e al di fuori dell’ospizio, ascolta con attenzione discorsi e dibattiti politici nei quali interviene, dapprima, timidamente e, poi, con più convinzione. In queste occasioni si accorge di riuscire a trascinare gli interlocutori quando ripete ossessivamente il concetto che ha nella mente.

Il giovane Hitler prova un profondo odio per i suoi simili nei quali trasferisce costantemente l’esecrata figura paterna, e diviene sempre più irresistibile in lui il concetto che gli uomini sono molto stupidi e deboli quando sono schiavi di stucchevoli sentimentalismi. Però, per lui, in ogni caso i tedeschi sono superiori agli altri popoli, ma non nel vecchio e cadente Impero Austro-ungarico. Ed è proprio per non prestare servizio militare nella nazione dov’è nato che si trasferisce a Monaco nel maggio 1913, quando ha 24 anni.
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