BRUNO COTRONEI E I SUOI LIBRI
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 STORIA COMPARATA:dove studiano e quali titoli conseguono i 5...

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MessaggioTitolo: STORIA COMPARATA:dove studiano e quali titoli conseguono i 5...   STORIA COMPARATA:dove studiano e quali titoli conseguono i 5... EmptyMer Lug 22, 2009 6:56 pm

(Leggete la prefazione allegata al cap.I)
CAP. II

DOVE STUDIANO E QUALI TITOLI SCOLASTICI OTTENGONO I CINQUE PROTAGONISTI


E’ una mattina grigia e fredda del novembre 1882 quando CHURCHILL, che sta per compiere 8 anni, segue riluttante la madre che lo accompagna al collegio St George’s presso Ascot dove dovrà rimanere come interno. Non è certo la famosa Eton dove ha studiato il padre. Lui, Winston, è considerato un ragazzino difficile, per il quale è necessario l’uso di una continua severità e spesso della frusta per ben 15 colpi ogni volta, quando, già dopo tre o quattro, si formano grosse macchie di sangue. Ed è ovvio che il futuro protagonista della Storia ricordi così quel periodo: “Quanto odiavo la scuola, e che vita angosciata ho vissuto per più di due anni! Facevo ben pochi progressi negli studi e proprio nessuno nei giochi. Contavo i giorni e le ore che mancavano alla fine di ogni trimestre, quando sarei tornato a casa da quella schiavitù odiosa e avrei schierato i miei soldatini in battaglia sul pavimento della camera dei giochi”.

Il bambino continua per due anni a lamentarsi, perché i genitori, particolarmente il padre che si candida al Parlamento per la circoscrizione di Birmingham, sono quasi sempre assenti. Inoltre, tranne in storia e geografia, seguita ad andare male negli studi e ad essere, nonostante le percosse, un tenace ribelle. Ma quando, finalmente, a causa della salute cagionevole, viene trasferito a Brighton nel collegio diretto dalle sorelle Thomson, si sente quasi felice e la pagella segnala buoni progressi tranne che in condotta, probabilmente perché i genitori persistono a villeggiare per loro conto, lontani dai figli.

Nemmeno nel 1886, quando il giovane Churchill è ormai un adolescente di 12 anni, riesce a vincere la frustrazione di sentirsi sempre più trascurato dal padre, che nel frattempo è stato nominato Cancelliere dello Scacchiere. Lo ama e lo ammira perdutamente, e sommessamente lo rimprovera per lettera: “Non sei mai venuto a trovarmi la domenica quando eri a Brighton”. Poi piange lacrime amare quando il suo eroe è costretto a dimettersi dalla carica politica, al punto da scagliarsi contro un uomo che fischia al nome paterno dicendogli: “Smettila con questo schiamazzo, radicale col naso rincagnato!”, e ne ricava un po’ di considerazione da Lord Randolph che, dal Marocco, gli invia una moneta d’oro e gli comunica che ha deciso d’inviarlo ad Harrow per proseguire negli studi.

Nella scuola pubblica Churchill entra nell’aprile del 1888, quando ha 14 anni e vi si trova abbastanza bene. Addirittura è felice quando partecipa ad una finta battaglia, nella quale però si limita a portare solo le cartucce. Ciò nonostante scrive alla madre: “Ho portato 100 colpi da distribuire nel folto della mischia, cosicché il mio incarico mi ha consentito di avere una buona visione del campo. E’ stato davvero eccitante, attraverso il fumo si vedeva il nemico avvicinarsi sempre più”. Ma quando la madre, che si fa sempre desiderare, lo va a trovare, lo rimprovera aspramente per il disordine nel quale tiene la sua stanza, riecheggiando il vice direttore che si lamenta per la sua irregolarità negli studi tranne, come al solito, nella storia per la quale Churchill ha una vera e propria passione che gli permette di vincere il primo premio per due trimestri consecutivi. Ma il padre non ha molta stima per il ragazzo, tanto che comunica al direttore che vuole che Winston frequenti la classe militare, anziché quelle regolari. Anni dopo Churchill scrive a tale proposito: “Per anni pensai che mio padre, con la sua esperienza e il suo intuito, avesse colto in me le qualità del genio militare, ma anni dopo seppi che era giunto alla conclusione che non ero abbastanza intelligente per fare l’avvocato”. Niente Oxford e niente laurea quindi, al contrario del padre, ma solo la carriera militare nell’esercito, dove, peraltro, nemmeno è facile accedere. Ci prova per ben due volte senza successo, mentre i genitori viaggiano per tutta Europa, per buona parte del 1892 e per molti mesi del 1893 e, finalmente, in agosto, ottiene 6.309 punti, non sufficienti per entrare in fanteria, ma che gli assicurano il quarto posto nel ruolo della cavalleria.

Il padre, affetto da sifilide all’insaputa di Winston, gli scrive: “Sono piuttosto sorpreso del tuo tono di esultanza per l’inclusione nel ruolo di Sandhurst. Vi sono due modi di superare un esame, uno degno di lode e l’altro no. Sfortunatamente hai scelto il secondo metodo e sembri molto soddisfatto del successo. (...) Il tuo mancato ingresso in fanteria dimostra in modo inconfutabile il tuo stile di lavoro sciatto, spensierato e irresponsabile, con cui ti sei sempre distinto nelle varie scuole. Non ho mai sentito un giudizio davvero positivo sulla tua condotta nello studio da nessun insegnante o istitutore con cui hai avuto a che fare di volta in volta. Con tutti i vantaggi che hai avuto, con tutte la capacità che ritieni scioccamente di avere e che alcuni parenti ti attribuiscono, con tutti gli sforzi fatti per renderti la vita facile e gradevole, il grande risultato è che guadagni una classe di 2° o 3° rango, valida solo per il brevetto in un reggimento di cavalleria. Ora è bene spiegarti le cose in tutta franchezza. (...) Imprimiti indelebilmente nella mente quanto segue: se la tua condotta e le tue azioni a Sandhurst saranno analoghe a ciò che sono state in altre istituzioni in cui vanamente si è cercato di impartirti una certa educazione, allora la responsabilità che ho di te verrà meno. Lascerò che tu faccia assegnamento su te stesso, dandoti solo l’aiuto necessario per consentirti una vita rispettabile. Sono certo infatti che se non saprai evitare di condurre la vita oziosa, inutile e vana che hai vissuto durante i giorni di scuola e nei mesi seguenti, diverrai null’altro che un rifiuto sociale, uno delle centinaia di falliti delle public schools, fino a precipitare in un’esistenza meschina, infelice e futile. Se così sarà, dovrai sopportare l’intera responsabilità di tali disgrazie. La tua coscienza ti permetterà di ricordare e enumerare tutti gli sforzi per offrirti le migliori opportunità cui ti dava diritto la tua condizione, e come tu le abbia trascurate praticamente tutte”.

Eppure, nonostante la durezza di questa lettera dalla quale il giovane Churchill si difende promettendo tutto intero il suo futuro impegno, il padre gli fa ottenere un brevetto speciale, con cui Winston può entrare in fanteria nel 60° fucilieri. Dopo pochi giorni del Royal Military College egli scrive al padre: “...C’è qualcosa di entusiasmante nel modo militare con cui tutto funziona; penso che mi piacerà moltissimo la vita qui nei prossimi 18 mesi”.

In effetti davvero Churchill si appassiona dei cannoni, delle granate, dei ponti, dei campi d’assedio, delle mappe, del nuovo fucile da 12 libbre, ma la salute lo aiuta poco e, dopo una corsa di un chilometro con fucile ed equipaggiamento, sta male e il medico gli dice che il cuore non sembra molto forte. Ciò nonostante Wiston prosegue, senza risparmiarsi, nei suoi studi militari, nei viaggi, durante i quali scala montagne e nuota nei laghi, e nella vita brillante a Londra, dove spesso fa le ore piccole e cene a notte fonda.

Nel frattempo il padre, che va sempre più peggiorando sia mentalmente che fisicamente, decide di girare il mondo accompagnato dalla moglie, e Churchill fa giusto in tempo a raggiungerli alla stazione per salutarli, frammisto a numerose personalità fra le quali fa spicco il Primo Ministro Rosebery.

Ora, dopo averla quasi snobbata, la sua passione è l’equitazione, in cui eccelle e desidera ardentemente entrare in cavalleria, contrastato dal padre che, dalla California, gli nega il permesso. Poi il giovane, sempre più sicuro di sé, s’impegna, anche con lettere pubblicate su giornali, in una polemica sulla chiusura dell’Empire Theatre e in proposito scrive al fratello minore “Hai letto gli articoli sul tumulto all’Empire sabato scorso? Ero io a capo dei rivoltosi, e ho arringato la folla!”.

A fine novembre 1894, improvvisamente, Churchill viene a sapere che al padre restano solo sei mesi di vita, ma non qual è la sua vera malattia che gli era stata sempre nascosta. Insiste allora con la madre perché riporti Lord Randolph a casa, mentre il principe di Galles invia il suo medico personale a visitare l’infermo, che non è più in grado di apprezzare i buoni risultati che Winston consegue agli esami, dove si classifica ventesimo su 130.

In una mattina piena di sole che fa luccicare la neve il padre di Churchill muore pochi giorni prima di compiere 46 anni, allineandosi con quasi tutti gli uomini della famiglia nella precocità della morte e creando, questa volta del tutto involontariamente, un nuovo complesso nel figlio: quello di una terribile tara ereditaria.

Nemmeno un mese dopo, ed esattamente il 20 febbraio 1895, Churchill conclude i suoi studi con il brevetto d’ufficiale e il grado di secondo luogotenente.

Mentre il presidente repubblicano Harrison, dietro la spinta dei capitalisti concede forti incentivi ai settori privati dell’economia e stabilisce tariffe doganali fortemente protezionistiche per le imprese statunitensi, in casa ROOSEVELT viene deciso di non far frequentare al piccolo Franklin le scuole pubbliche primarie, ma di affidarlo, fra il 1888 e il 1890 ad una maestra tedesca e poi, nei due anni successivi, a un’istitutrice svizzera, che gli insegnano, fra l’altro, a parlare correntemente il tedesco ed il francese.

E’ uno spettacolo confortante vedere l’intera famiglia composta dal padre anziano e affettuoso, dalla mamma giovane bella ed elegante, e dal ragazzo sereno e attento, girare per qualche mese ogni anno attraverso l’Europa e visitare città, regioni e musei con la curiosità e l’attenzione di turisti colti, pronti a distinguere le caratteristiche e le differenze dei vari popoli europei, come la libertà inglese, l’obbedienza tedesca e l’allegria italiana.

Nemmeno i periodi riservati allo studio sono spiacevoli per il giovane Roosevelt, perché li alterna, in compagnia del padre, con partite di caccia e pesca, lunghi giri a cavallo e appassionanti gare di golf. Tutto gli è permesso per l’agiatezza e l’affetto dei genitori e la sua esistenza sembra un perenne gioco. A 14 anni lo si vede sovente condurre sul fiume Hudson, con notevole perizia, la barca paterna lunga 21 metri. E’ quella la sua vera passione e desidera frequentare l’accademia navale di Annapolis per diventare ufficiale di marina, ma, per una volta, i genitori non lo accontentano e preferiscono inviarlo, nel settembre 1896, alla scuola di Croton nel Massachusetts.

Si tratta di una scuola privata fondata dal pastore Peabody sul modello del famoso collegio inglese di Eton, quello dove studiò il padre di Churchill e che invece non fu consentito a Winston. E per la prima volta Franklin prende contatto con una rigida disciplina che genera, ai deboli, danni morali irreversibili, mentre ai forti irrobustisce il carattere per tutta la vita.

Il giovane Roosevelt, nonostante non abbia mai frequentato una scuola, si adatta bene ai sistemi del collegio, ma non eccelle particolarmente negli studi. Poi, improvvisamente, a 16 anni, tenta l’avventura. Scappa dalla scuola per arruolarsi come marinaio nella guerra contro la Spagna nella quale gli Stati Uniti colgono una folgorante vittoria e ottengono Puerto Rico, Guam, le Filippine e il protettorato su Cuba, divenendo così una potenza imperiale e coloniale. Però Roosevelt non vi partecipa perché un attacco di scarlattina lo fa rientrare riluttante a casa. E’ mortificato per l’insuccesso: avrebbe voluto ad ogni costo ricalcare le orme avventurose del padre garibaldino a Napoli, o del nonno materno che aveva navigato nei mari della Cina, o del cugino Theodore Roosevelt, che, da Sottosegretario alla Marina, è un tenace sostenitore della politica di forza e riesce a trasformare gli Stati Uniti in un’agguerrita potenza navale.

Nell’autunno del 1900, Roosevelt, conclusi gli studi a Croton, entra, a vele spiegate, nella prestigiosa università di Harvard e immediatamente ha dei problemi, perché nella contemporanea guerra anglo-boera, lui, che è di origine olandese, parteggia per i boeri, aprendo a loro favore una sottoscrizione. Ma la stragrande maggioranza dei suoi più eleganti colleghi sono a favore degli aristocratici inglesi e considerano i coloni olandesi del Sud Africa “sudici e barbuti”. Così non lo ammettono nel Porcellian, che è il club studentesco più esclusivo del quale sempre hanno fatto parte i Roosevelt.

Per la prima volta nella sua vita fortunata di ragazzo ricco e amato dai genitori, Franklin si sente escluso. Non dalla sorte, ma da altri uomini. E’ una specie di doccia gelata per lui e lo costringe a valutare in modo ben diverso da come ha fatto in precedenza i diseredati e gli oppressi. Incomincia a professarsi progressista in vari articoli, che pubblica sul periodico dell’università, Crimson. Comprende quanto sia, in democrazia, più importante il favore popolare e la forza della massa e tenta di mettersi alla testa dei 600 studenti disorganizzati, fino ad allora dominati da un centinaio di bulletti che si sono arrogati il diritto di comandare per privilegio di casta. Infatti scrive: “C’è un dovere molto più alto di quello di votare per il vostro amico personale, ed è quello di trovare per tutta la classe dei capi che meritino veramente questo posto (...) Nessuno dovrebbe essere eletto per la casta, ma tutti a seconda delle loro capacità”. Poco dopo Roosevelt diviene il direttore di Crimson, ma la sua soddisfazione è mitigata dalla morte del padre settantaduenne..

Proprio negli anni in cui Franklin frequenta l’università, il presidente McKinley viene assassinato e gli subentra Theodore Roosevelt che annette l’Oklaoma e il Nuovo Messico.

Nel 1904 Roosevelt consegue il primo livello di lauree universitarie, il Bachelor of arts e, successivamente, invece di conseguire la laurea vera e propria di Master of arts, supera l’esame di stato che gli consente l’esercizio della professione d’avvocato.
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MessaggioTitolo: Re: STORIA COMPARATA:dove studiano e quali titoli conseguono i 5...   STORIA COMPARATA:dove studiano e quali titoli conseguono i 5... EmptyMer Lug 22, 2009 7:00 pm

Il piccolo STALIN, pur non vivendo negli splendori abbacinanti nei quali sono cresciuti Churchill e Roosevelt e non muovendosi mai dalle miserie di Gori, a 4 anni abita in una casa meno povera e stretta di quella natale. E’ vero che il prete ortodosso al quale la madre fa da cameriera lo tratta con distacco, ma non gli nega la possibilità di accedere alla sua piccola biblioteca e di sfogliare le pagine di qualche libro. Il bambino potrebbe quindi essere più sereno, se non fosse per le visite che, di tanto in tanto, il padre gli fa, e allora riprendono le dure e ingiustificate percosse a lui e alla madre. Di conseguenza nel piccolo Stalin si sviluppa, giorno dopo giorno, la convinzione che tutti coloro che esercitano un’autorità su altre persone somigliano al padre e quindi vanno duramente odiate.

Ciò nonostante la mamma coltiva il sogno di farlo diventare prete, ma bisogna pur pagare le tasse scolastiche per fare frequentare al bambino la scuola religiosa che, solo da poco, ammette fra i suoi studenti i figli dei contadini o degli operai. Con grande tenacia la donna riesce a far ottenere al figlio una borsa di studio e ad avere la gioia di vederlo ogni mattina frequentare il collegio teologico. Però, quando Stalin ha dieci anni, nel 1889, il padre torna ad imperversare e, di forza, conduce il bambino a Tiflis ad imparare il mestiere nel calzaturificio. Ma la mamma non si arrende e torna a riprenderlo, vincendo, fra un diluvio di percosse, una durissima battaglia.

Stalin entra a far parte del coro della chiesa, dove mette in mostra buone doti vocali. Frequenta la scuola dove si appassiona alla letteratura georgiana, privilegiando i racconti romantici di Kazbegi sull’eroica resistenza delle tribù montane del Caucaso contro i conquistatori russi. Lo fa letteralmente impazzire il personaggio di Koba, una specie di Robin Hood caucasico, che sconfigge i cosacchi e difende i diritti dei contadini.

Nel 1894, quando ha quattordici anni compiuti, Stalin ritorna a Tiflis per frequentarne il seminario che, mancando un’università in tutto il Caucaso per la precisa volontà delle autorità russe, raccoglie tutti i giovani georgiani che tendono a raggiungere un’istruzione superiore, senza però avere, nella grande maggioranza, alcuna intenzione di diventare sacerdoti.

L’atmosfera del seminario è severa militaresca e repressiva: oltre a pregare in piedi per molto tempo ogni giorno, si deve studiare intensamente antico slavo ecclesiastico, teologia, latino, greco, storia e letteratura russa. Nonostante, o proprio per questo, il continuo frugare dei monaci fra gli abiti e i cassetti degli studenti, serpeggiano violente idee sovversive.

Stalin non vi si trova male e studia intensamente, sviluppando una memoria prodigiosa. I compagni lo rispettano anche per la forza fisica che racchiude in un corpo solido anche se non alto.

Comunque sia, le dure esperienze di Gori e la continua repressione nel seminario, sviluppano nel giovane la voglia di apprendere, specialmente dai testi proibiti che riesce a procacciarsi in qualche modo. Legge Darwin, Comte, Marx e Plechanov, che è il primo marxista russo. Fonda successivamente, insieme con altri studenti, un circolo di studi socialista, del quale diventa un capo del tutto intollerante per chi non è d’accordo con lui. In Stalin studente si sviluppa sempre di più l’adesione all’idea marxista dell’inevitabilità della guerra di classe e della necessità di distruggere l’attuale ordine sociale, ingiusto e corrotto. Condisce il tutto con l’innata passionalità e l’odio che si è sviluppato contro il padre, in tal modo egli finisce con l’identificare i suoi nemici come nemici della storia.

D’altra parte nel Caucaso, dove vi sono giacimenti petroliferi, raffinerie, un oleodotto e una ferrovia in costruzione, è attivo un circolo marxista chiamato Messame Dassy dove studenti e operai entrano in contatto. Lì Stalin conosce un giovane, Lado Keckoveli, che, avendo tre anni più di lui, aveva frequentato prima sia la scuola di Gori che il seminario di Tiflis. Il giovane futuro protagonista della storia ammira, quasi adora, Keckoveli, che oltretutto possiede il fascino di essere un clandestino e di aver imparato a fare il tipografo per produrre quasi un milione di copie di pubblicazioni illegali. Lo frequenta intensamente apprendendo moltissimo su Marx, la rivoluzione proletaria e sui metodi per svilupparla. Tutto ciò rafforza la decisione di Stalin di lasciare il seminario per dedicarsi anima e corpo a fare l’agitatore e il rivoluzionario di professione, e, nel maggio 1899, quando già da un anno in Russia è stato fondato il Partito Operaio Socialdemocratico d’ispirazione marxista, egli viene espulso dal Seminario per non essersi presentato, senza motivi noti, agli esami di fine anno.

Dopo aver frequentato le prime due classi di scuola elementare nel paese natale MUSSOLINI, che si è mostrato sveglio e intelligente ma anche con un carattere ribelle e da piccolo teppista, viene iscritto, come interno, al collegio dei preti salesiani di Faenza, dove trascorre gli anni più difficili della sua infanzia e della sua adolescenza.

Infatti, mentre a Dovia il ragazzo passa gran parte della sua giornata in assoluta libertà con la sola costrizione di qualche ora di scuola e viene poche volte punito dalle cinghiate paterne, impartite però col calore selvaggio di un padre che tutto sommato ama il figlio, nel collegio ogni cosa è diversa e impersonale. Innanzitutto c’è una disciplina ossessiva con un sorvegliante in tonaca che non lo perde mai di vista. Poi, ed è per Mussolini il fatto più traumatizzante, “A tavola noi ragazzi sedevamo in tre reparti. Io dovevo sempre sedere in fondo e mangiare coi più poveri . Potrei forse dimenticare le formiche nel pane della terza classe. Ma che noi bambini fossimo divisi in classi sociali, mi brucia ancora nell’anima”.

Da qui nel ragazzo decenne (1893) si sviluppa ancora di più l’innato senso di ribellione che si esprime con una continua indisciplina e gli procura una serie di punizioni severe da parte di insegnanti, che sembrano crudeli e sadici. Non sono buoni i rapporti neppure con i compagni di classe o di camerata che, invece di aiutarsi fra di loro, sono sempre pronti alla delazione. E nel giovane Mussolini scompare, giorno dopo giorno, quel senso di cameratismo che provava per i suoi compagni di gioco a Dovia e subentra, irreversibile, l’incapacità che sempre proverà a stabilire veri rapporti d’amicizia, come confesserà molti anni dopo: “Io non posso avere amici, io non ne ho. Primo per il mio temperamento, poi per il mio concetto degli uomini. Perciò non sento la mancanza né d’intimità né di discussione”.
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MessaggioTitolo: Re: STORIA COMPARATA:dove studiano e quali titoli conseguono i 5...   STORIA COMPARATA:dove studiano e quali titoli conseguono i 5... EmptyMer Lug 22, 2009 7:03 pm

Nel 1894 tutto ciò sbocca addirittura nella violenza, e Mussolini, preso da tavola un coltello, insegue e ferisce alla mano un compagno: “Le grida del ferito richiamarono l’istitutore, il quale mi acciuffò e mi rinchiuse immediatamente in uno stanzino. Atterrito da quanto avevo fatto, mi misi a piangere e a implorare perdono, ma nessuno si fece vivo. (...) La notte era già inoltrata quando udii camminare alla mia volta. Diedi un balzo. Poi misero la chiave nella toppa e una voce cavernosa (...) mi ordinò :‘Esci! La tua coscienza è nera come il carbone. Tu dormirai con i cani di guardia stasera, poiché chi tenta di uccidere i propri compagni non deve più avere contatti con loro’. E ciò detto mi abbandonò in mezzo al corridoio.(...) Un latrato dei cani mi fece ritornare suoi miei passi. I cani s’allontanarono. Attraversai rapidamente il cortile per recarmi nella mia camerata. Ma il cancello d’ingresso alla scala era chiuso. Lo scossi. Inutilmente. Il rumore del ferro richiamò i cani. Fu quello un momento di tremenda paura. Mi arrampicai sul cancello e riuscii a scavalcarlo, non tanto in fretta però da non lasciare un lembo inferiore dei miei pantaloni fra i denti aguzzi di quelle bestie feroci. Ero salvo. Ma ormai estenuato. Avevo appena la forza di gemere. Dopo molto tempo l’istitutore della mia camerata ebbe pietà di me. Mi raccolse e mi condusse a letto. Alla mattina non potei alzarmi. Avevo la febbre altissima. Deliravo. Dopo tre giorni fui giudicato e condannato alle seguenti pene e cioè: alla retrocessione dalla quarta alla seconda elementare, all’angolo fino alla fine dell’anno, alla privazione della pietanza, a otto giorni d’isolamento in un camerino di fronte all’aula della quinta ginnasiale. Non mi espulsero dal collegio perché le vacanze estive erano imminenti. Si trattava di poche settimane. Espiai le mie pene, senza chiedere, come mi veniva consigliato, il perdono e la grazia del direttore”.<?xml:namespace prefix = o ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:office" /><o:p></o:p>

Ormai al ragazzo non conviene tornare per un terzo anno ai Salesiani e, dopo accese discussioni in famiglia, viene deciso che deve assolutamente proseguire negli studi e che ci si dovrà sobbarcarsi del notevole sacrificio di pagare la retta di un istituto laico di Forlimpopoli, il collegio Giosué Carducci dove Mussolini entra nell’ottobre 1894 per frequentarvi, da interno, la quinta elementare.

Mentre in tutt’Italia fermentano agitazioni di lavoratori e si costituisce a Milano la prima Camera del Lavoro e in Sicilia i Fasci dei Lavoratori, viene fondato il Partito Socialista Italiano. Ma il Primo Ministro Crispi firma i decreti di scioglimento delle nuove organizzazioni e, a Milano, il generale Bava Beccaris fa sparare cannonate sui dimostranti che protestano per il carovita. Come se non bastasse, il corpo di spedizione italiano in Eritrea viene sbaragliato ad Adua dall’esercito del negus etiopico Menelik e Crispi è costretto a dimettersi e a riconoscere la piena sovranità dell’Etiopia.

Invece al giovane Mussolini la vita e gli studi sembrano più facili nel nuovo collegio dove non vi sono discriminazioni sociali e gli insegnanti sono più comprensivi.

Ciò nonostante il carattere del ragazzo, seppure avviato a un buon miglioramento, lo trascina ancora ad intemperanze che costringono il direttore del Carducci ad espellerlo come interno e a riammetterlo come esterno per gli ultimi tre anni che mancano al diploma.

Certo il giovane Mussolini non si è del tutto normalizzato: stargli vicino non è molto gradevole per quella strana timidezza che improvvisamente si trasforma in orgogliosa irruenza e che, comunque, lo rende un ragazzo interessante ed importante fra i suoi coetanei. Egli va abbastanza bene in tutte le materie e, a volte, brilla in storia, geografia e italiano, dove riesce immediatamente a comprendere la sostanza di ciò che studia. Indubbiamente quasi tutti i suoi insegnanti lo stimano, al punto che, quando nel gennaio 1901 muore Giuseppe Verdi, gli affidano il compito di commemorare in pubblico il grande musicista. Senza batter ciglio, Mussolini improvvisa un caloroso discorso che, partendo dall’opera artistica di Verdi, presto si trasforma in comizio politico sulla situazione italiana durante il Risorgimento in parallelo con l’attualità, e il quotidiano socialista “Avanti!” pubblica un trafiletto nel quale viene scritto: “Ieri sera al teatro comunale il compagno studente Mussolini commemorava Giuseppe Verdi, pronunciando un applaudito discorso”. Pochi mesi dopo, e prima che il giovane compia 18 anni, giunge il sospirato diploma di maestro elementare

Quando HITLER bambino incomincia a frequentare la scuola elementare, il padre non ha motivo per lamentarsi di lui perché i maestri gli assicurano che il piccolo scolaro è tutto sommato brillante anche se è testardo e non si applica con la dovuta e fruttuosa costanza. Invece alla scuola media di Linz, dove Hitler viene iscritto nel 1900, è un vero disastro: voti bassissimi e la sufficienza solo in disegno. Ciò nonostante il padre non demorde dal fermo proposito che il figlio si diplomi come lui e, come lui, diventi un ottimo funzionario statale. Lo sorveglia e lo punisce continuamente e gli impedisce, per quanto gli è possibile, di giocare alla guerra e di leggere le storie d’avventura dei pellerossa nordamericani. Ma, quando il giovane non ha ancora compiuto 14 anni, Alois Hitler muore e il ragazzo chiede insistentemente alla madre di lasciare la Realschule per dedicarsi agli studi artistici. Non viene accontentato ed è costretto, con risultati ancor più disastrosi, ad andare nel collegio di Steyr fin quando, nel 1905, a 16 anni, un’infezione polmonare induce la madre, che teneramente lo ama, a consentirgli di tentare l’esame di ammissione all’Accademia di Belle arti di Vienna.

In fondo però il giovane Adolf non è ansioso di farlo, ma solo di godersi la vita e per ben due anni non sostiene l’esame, ma si gingilla a fare disegni, a dipingere, a vestirsi come i giovanotti benestanti, mostrando orgogliosamente un elegante bastone da passeggio nero con il manico d’avorio, e a spacciarsi per studente universitario.

Come platea ha principalmente un amico più giovane appassionato di musica, al quale continuamente dice di sentirsi un vero genio artistico che avrebbe mostrato il suo talento prevalentemente nell’arte pittorica, e, forse, anche nell’architettura e nelle belle lettere.

I due si recano sovente a teatro e Hitler assume come suo eroe Richard Wagner di cui ammira tutto: la teatralità, la dimensione epica delle sue opere e, non ultimo, il suo antisemitismo. E già in quegli anni Hitler descrive dettagliatamente al fedele amico di come un giorno avrebbe salvato il popolo tedesco.

Poi la madre che, permettendo a Hitler di attingere dal lascito paterno e di poter spendere interamente la pensione che gli spetta quale figlio di un funzionario statale deceduto, gli consente di condurre quella vita scioperata, si accorge di essere affetta da un cancro al seno e insiste perché Adolf si trasferisca a Vienna e finalmente si presenti all’esame di ammissione all’Accademia.

E’ l’ottobre 1907 quando il giovane ormai diciottenne sostiene l’esame. Senza ottenere successo. Ciò nonostante fa credere alla madre ed ai parenti di essere entrato a vele spiegate nella desiata scuola di pittura. Ma lo choc è stato violento ed odia quei professori, “maledetti ebrei”, che lo hanno respinto. Inoltre gli giunge notizia della malattia e delle condizioni disperate della madre dalla quale si precipita per assisterla amorevolmente fino alla morte, che gli procura un immenso dolore. Poi, incassata la magra eredità, torna a Vienna con il fedele amico, che, al contrario di lui, non ha difficoltà ad essere ammesso al Conservatorio di Musica.

I due vivono insieme in una linda, anche se superaffollata, camera d’affitto e conducono la vita affascinante degli studenti d’arte che vivono indipendenti e lontano dalle famiglie in una grande città. Fra di loro i due giovani parlano spesso di donne e Hitler lo fa con ardore, ma non risulta che abbia rapporti sessuali. L’amico, ai sempre più repentini sbalzi d’umore di Adolf, lo definisce “completamente squilibrato”. Inoltre, insospettito del fatto che mentre lui esce ogni giorno presto di casa per frequentare il Conservatorio Hitler rimane a letto, gli chiede dei suoi studi all’Accademia, provocando una vera e propria crisi nervosa in Adolf. Questi gli confessa la mancata ammissione e il suo odio verso i professori che, del tutto ingiustificatamente, l’hanno bocciato, ma gli dice anche di essere sicuro di poter divenire un architetto autodidatta e di trionfare nella vita nonostante tutto.

In effetti Hitler è continuamente per strada e fa bozzetti dei più interessanti edifici, ma, quando l’amico nel luglio 1908 si trasferisce per le vacanze a Linz per poi tornare a Vienna in novembre, non si fa trovare. E’ scomparso nell’anonimato della grande città perché non ha il coraggio di confessare di essere stato, nell’autunno 1908, nuovamente respinto dall’Accademia. E con questo traumatico avvenimento si concludono definitivamente gli studi, veri o tentati, di Hitler.
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