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| L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine | |
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Bruno Admin
Numero di messaggi : 3063 Data d'iscrizione : 27.10.08 Località : Napoli Personalized field :
| Titolo: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:09 pm | |
| Cap. VII SEMPLICI (MA NON TANTO) CONSIDERAZIONI SU COSA SIGNIFICA SCRIVERE Su non so più quale rotocalco femminile (ma posseggo la pagina fotocopiata), in un numero della fine del 1994, ho trovato il seguente articoletto non firmato: "Lo zen o l'arte di scrivere un libro" con l'occhiello "Scrivere può essere un esercizio che ci consente di trovare equilibrio e serenità. Ecco alcuni suggerimenti utili": "Scrivere è un addestramento. Come quando si corre, più si fa e meglio viene". Lo dice Natalie Golberg, inse- gnante di scrittura creativa, in un bei libro "Scrivere zen" (editore Ubaldini ,18 mila lire), in cui si spiega che chiunque di noi può servirsi di carta e penna non solo per dare libero sfogo alla propria fantasia, ma per trovare equilibrio, serenità e gioia di vivere. Ecco alcuni preziosi consigli: * Descrivete la luce che entra dalla finestra. Saltateci dentro e scrivete. Non preoccupatevi se è notte e le tende sono tirate, o se preferireste scrivere della luce lontana che si scorge all'orizzonte. Scrivete e basta. * Pensate qualcosa che susciti in voi forti emozioni, positive o negative che siano, e scrivetene come se vi piacesse moltissimo. Arrivate fin dove siete capaci... quindi cambiate registro e scrivetene come se quella cosa vi facesse schifo. Infine scrivetene in tono perfettamente neutrale. * Scegliete un colore, per esempio il rosa, e andate a fare una passeggiata di un quarto d'ora. Durante la passeggia- ta prendete mentalmente nota di tutto ciò che vedete co- lorato rosa. Quindi tornate al quaderno e scrivete. * Scrivete in posti diversi: su una panchina ai giardinetti, sulla metropolitana, al bar. Descrivete ciò che sta succedendo intorno a voi. * Presentate la vostra mattinata. Svegliarsi, far colazio- ne, andare alla fermata dell'autobus. Siate il più precisi possibili. Mettete il rallentatore alla memoria, e ripercorrere ogni dettaglio della mattinata. * Visualizzate imposto che vi piace moltissimo, entrateci dentro, osservatene tutti i particolari. Adesso scrivetene. Potrebbe essere un cantuccio della vostra camera da letto, un vecchio albero sotto il quale siete andati a sedervi per tutta l'estate, un tavolino della paninoteca sotto casa vostra, la riva di un fiume... * Scrivete sul tema "lasciare". Affrontatelo nel modo che preferite, potrebbe essere il vostro divorzio, uscire di casa la mattina, la morte di un amico. * Chi sono le persone che avete amato? * Parlate delle strade della vostra città. * Prendete un libro di poesia. Apritelo in un punto qual- siasi, prendete un verso, partite da lì e scrivete. Vuoi vedere che la produzione degli allievi della Golberg sono i bei "compitini" che Paolini dichiarava di ricevere in Mondadori? Ma siamo seri, caro lettore, ed auguriamo ad i seguaci "dell'insegnante di scrittura creativa" di trovare, con quei procedimenti tutto l'equilibrio e la serenità che vogliono. Suggerirei, però, alla Golberg di dire ai suoi allievi, fra gli altri "preziosi consigli", di leggere anche qualche buon libro di narrativa. Forse impareranno molto di più. A sua volta il giornalista Paolo Mauri ha pubblicato su "Repubblica" del 23 marzo 1985 un corposo articolo dal titolo "Caro Moravia, aiutali tu...", dove, traendo spunto da un referendum di Tuttolibri e dai suoi risultati, si è dilungato a parlare della confusione fra valore di mercato e valore letterario, per poi dedicarsi agli aspiranti scrittori in questi termini: Visto dal basso, caro Moravia, e correggimi se sbaglio, il mestiere dello scrittore è ancora legato a vecchi modelli tramandati dall'anedottica corrente: il "creatore" romanti- co, ispirato dal dio, il "maledetto " che brucia insieme vita e opera. La tecnica, il mestiere, la bottega... mai che se ne parli. Eppure, se non pare strano a un giovane che sogna di 96 fare {'architetto, di dover frequentare l'università e poi uno studio già avviato prima di esercitare in proprio la profes- sione (senza per questo diventare Le Corbusier), sembra invece stranissimo ad un aspirante scrittore (che magari non diventerà mai Joyce) fare un serio apprendistato. E in Italia (non scopro nulla di nuovo) mancano proprio i veri professionisti della scrittura, capaci di metter su un roman- zo decente, adatto al mercato, in grado magari di sfondare all'estero. C'è invece in giro l'idea, per la verità un po'balzana, che solo attraverso il romanzo (la "creazione") ci si possa espri- mere compiutamente. Con il risultato che tutti (o almeno moltissimi) desiderano scrivere o scrivono un romanzo che nelle intenzioni dovrebbe essere un "capolavoro" e spesso è invece un disastro... Ora io non voglio dire che ha profes- sione di "genio" si possa imparare; ma credo che, per chi abbia un minimo d'inclinazione, si possa imparare quella di scrittore a quel livello medio che il mercato appunto chiede. E penso che tu, caro Moravia, sia la persona più indicata - grazie alla tua lunga esperienza - per dare dei consigli circa il mestiere di scrittore a tanti aspiranti scrit- tori. .. Come si scrive un romanzo? Basta avere un 'idea per buttare giù una trama? Che differenza c'è fra romanzo e sceneggiatura? Da dove s'incomincia? Dal primo capitolo o dall'ultimo? Quali sono le trappole più comuni cui va in- contro un romanziere alle prime armi?... D'altro canto l'aspirante scrittore che non sa come si fa, è votato al prodotto di consumo: se aspirasse alla letteratura, se avesse in testa un progetto suo, non gli servirebbe alcun manuale o per meglio dire saprebbe farselo da sé, leggendo gli altri scrittori. Una volta Garcia Marquez ha detto che gli scrittori fra di loro non si leggono, ma si "spiano". Spiano l'altrui mestiere, "rubano" - se possono - i segreti. Alcuni sono elementari. Per esempio: badare alle incongruenze. Bechett può tranquillamente essere incon- gruente, è un amplificatore di incongruenze. Ma lo scrittore che non punta al grande paradosso (che non è cosciente- mente incongruente), no. Faccio un esempio. Ho letto "Piazza Carignano", terzo romanzo diAlain Elkann... 97 E qui, amico lettore, il racconto della trama e "le gravi colpe" dell'autore. Proverò ad elencartele per sommi capi: 1) II lettore si accorge d'essere in un ambiente ricco. 2) Nella pagina dopo eccoci in una libreria, luogo da cui il protagonista esce con un solo libro - rinunciando ai molti che desidera - perché (dichiara) ha pochi soldi. Tré righi sotto, il medesimo (che è senza soldi, ce l'ha detto lui) medita di comprare un vestito. Anzi vorrebbe comprarne tanti, ma non lo fa perché la sua compagna desidera ricevere un regalo per volta. 3) II personaggio previene l'obiezione del lettore: come si può comprare un vestito per un 'altra persona se non si conoscono le misure? E recita le misure a memoria. Obiezione respinta! Ma non previene l'altra e ben più fondata obiezione: come si può acquistare un vestito se non si hanno i denari per comprare dei libri? 4) Alla pagina dopo, quando il giovane dichiara di non essere bruttissimo e nemmeno poverissimo, almeno su que- sto punto dei soldi, il lettore ha già perso la fiducia, se non la pazienza. 5) Ma c'è di più. Accorso per assistere la madre moribonda, il nostro eroe la vede, chissà perché, "cinque minuti ogni due giorni" e sempre circondata da medici ed infermiere. Più avanti però quando la moribonda avrà una crisi e verrà chiamato il medico al suo capezzale, costui non sarà in grado di fare "una diagnosi". 6) Senza contare che la vecchia villa, a venti chilometri da Torino (distanza dichiarata) viene collocata, poco dopo, in una "sperduta campagna". E così via con simili assurde sottigliezze per concludere trionfante: "e non bastava un po' di mestiere per evitarlo?" Io credo, amico lettore che l'articolista abbia volutamente usato il paradosso (forse invidiava Moravia e gli è antipatico Elkann che è il genero di Gianni Agnelli) altrimenti... Comunque l'occasione è buona per dirti che non è che io non voglia dare il dovuto valore al "mestiere"; esso è, come in tutte le professioni, importante, a volte importantissimo, ma contraddirei quanto scrissi nella prefa- zione de "I segreti dell'editoria" se non ribadissi questo per me fondamentale concetto: Non sono molti i veri artisti delle Lettere: non è facile 98 avere l'Idea e tradurla in un componimento poetico, rac- conto o romanzo dall'architettura senza gravi pecche o scompensi. Non è una professione aperta a tutti quella dello scrittore; non basta studiare, dare esami, conseguire una laurea e l'abilitazione, o partecipare ad un concorso. Ci deve essere una dote innata che va successivamente perfe- zionata, senza la quale è inutile insistere. Ed è appunto questo che spesso non si vuoi capire, al dì là di paradossi di giocherelloni o abbagli di faciloni. Chi avesse bisogno di un manuale che insegni "come scrivere un romanzo? basta avere un'idea per buttar giù una trama? che differenza c'è tra romanzo e sceneggiatura? da dove si comincia? dal primo o dall'ultimo capitolo? quali sono le trappole più comuni cui va incontro il romanziere alle prime armi?" non può e non deve fare il narratore: è categorico. Inutile dilungarsi in tentativi che si conclude- ranno tutti miseramente, o tutt'al più con un bei temone scolastico scritto in modo ineccepibile per il giudizio dei tanti, troppi professori di lettere che imperversano nella critica letteraria (e, forse, nelle case editrici). Un romanziere è qualcosa di diverso, ed è uno che magari deve "rubare" o spiare il collega famoso che riconosce quasi come un maestro, ma non certo spulciare, per apprendere, il capitoletto nel manuale scritto sia pure da un Moravia, che d'altra parte eviterebbe banalità tanto penose per dire, se proprio lo ritenesse opportuno, cose ben più importanti. A questo proposito vorrei farti conoscere, caro lettore, un articolo di Vittorio Saltini pubblicato su "Espresso" n° 12/85 dal titolo: "II mestiere di scrivere": "II mestiere della narrativa" dell'inglese Percy Lubbock, del 1921, resta uno dei libri più intelligenti scritti sulla teoria del romanzo. "Ritengo", dice "che nel mestiere della narrativa l'intero problema del metodo sia governato dal problema del punto di vista: il problema del rapporto fra il narratore e la storia". Una storia può essere raccontata da uno o più punti di vista. E Lubbock studia il passaggio (spontaneo o calcolato) da un punto di vista a un altro; le ragioni della scelta e del mutamento del punto di vista; e l'importanza di ciò per la "forma" del romanzo. 99 | |
| | | Bruno Admin
Numero di messaggi : 3063 Data d'iscrizione : 27.10.08 Località : Napoli Personalized field :
| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:09 pm | |
| Già per Henry James teorico e romanziere questi furono problemi centrali. E spesso si attribuisce a Lubbock la tesi che le conquiste formali di James siano un modello irreversibile. Non è così. Il finissimo Lubbock non è il rozzo "evoluzionista " che (come i teorici delle avanguardie) crede che le "forme" s'esauriscano, soppiantate dalle nuove (ad esempio, la "Teoria della prosa" di Skiovskij appare sempli- cistica in confronto alla padronanza che Lubbock già ave- va dei problemi). Le invenzioni formali di James (di cui diremo) gli appa- iono fondamentali (e poi furono seguite ad esempio da Joyce, Woolf, Hemingway, Faulkner, Guimaraes Rosa, sen- za che l'uso sistematico del "monologo intcriore" aggiunga nulla di formalmente sostanziale). Lubbock auspica che romanzieri e critici prendano coscienza delle innovazioni di James. Ma sa che esse comportano restrizioni alla libertà del narratore. Anche dopo James, la vecchia mescolanza dei punti di vista può e dev'essere usata, a seconda della storia che si racconta. James inventò alcuni modi per unificare il punto di vista. Ne "L'età ingrata", giunse a un'integrale "drammatizzazione" del racconto, ridotto a una serie di scene dove il narratore non s'avverte (non assumendo distanza "panoramica") e non entra nella mente dei personaggi. Negli "Ambasciatori ", tutto si racconta dal punto di vista di un unico personaggio, ma con narrazione indiretta (in terza persona, come un narratore impercettibile). Ciò permette di "drammatizzare" (mostra Lubbock) anche la narrazione panoramica e retrospettiva. Prima di James, lo sforzo eroico di ridurre un vasto ro- manzo a una successione di scene senza narrazione pa- noramica (ma variando i punti di vista) si realizza in "Anna Karenina" di Tolstoj. Che però in tal modo s'inibisce ogni "economia narrativa", con qualche danno (ma il danno, secondo me, non è quello che indica Lubbock). Balzac è invece il romanziere di massima tensione narra- tiva nel preparare le scene drammatiche (dove spesso è debole) con grandiose panoramiche "pittoriche", spostando con sfacciata libertà i punti di vista... Questo, amico lettore, è un esempio di "mestiere dello 100 scrivere" e non certo il sapere da dove si comincia e dove si finisce, delizie del genere, perché, lo ribadisco, chi non sa cose così elementari è meglio che non si accinga nemmeno a sporcare i fogli con ciò che scriverà. E ti dirò di più, che quando un autore è davvero grande (e per la verità non è questo il caso al quale si riferisce Mauri) non ha bisogno nemmeno delle teorie di Lubbock, James o altri perché lui stesso sarà ineguagliabile maestro, e il suo modo di scrivere sarà magari studiato e spiato da colleghi di livello più modesto, ma pur sempre tale da non aver mai bisogno di consultare manuali del tipo "Come si scrive un romanzo". Chi invece deve conoscere tutto sulla teoria del romanzo è il recensore (ed il lettore-consulente) onde possa davvero comprendere l'abilità o meno del narratore che si accinge a giudicare. Quale esempio di recensione (anche per ricordare ancora una volta un grande amico) vorrei farti conoscere, caro e paziente lettore, la presentazione che Domenico Rea preparò (nel 1985, e da lì iniziò la nostra amicizia) per Marietti relativa al mio romanzo "Contrappunto borghese" che allora si chiamava: "Miserabili!". In certi momenti questa sorta di summa della borghesia del sud di Bruno Cotronei fa pensare alla tecnica dell'École du regard: "Blocca la macchina, accende la luce interna e fruga nel ripiano sottostante il cruscotto. La mano tocca la superficie calda, rassicurante, di vera pelle, i polpastrelli si soffermano ad accarezzarla, quasi a scoprire le sottili venature. .."In altri momenti l'andatura del romanzo è fluviale, ottocentesca, vasta, larga, e fare il nome del primo ThomasMann non è occasionale, al contrario. Il romanzo di Cotronei è un'ennesima metafora sulla decadenza e sullo sfacelo della famiglia, ma rivisitata ed indagata in maniera spieiata grazie ai molteplici strumenti stilistici e alla capacità sperimentativa di Cotronei. In questa storia, in questa saga, si direbbe, con punte solari-n ibelu ngiche, che parte dagli anni del fascismo e prima ancora e si disfa sui nostri giorni sconsacrati, il cambio di mentalità e di comportamento è stato enorme. La psicologia degli uomini, che avrebbe dovuto arricchirsi, si è 101 inaridita, legata com'è ad alcuni concetti di fondo: il dena- ro, il possesso di qualcosa per una qualsiasi supremazia (o sopraffazione) sugli altri. Fermi a questi piloni realistici sotterranei, putenti come certe fogne a ciclo aperto, che riportano ciascun personag- gio in un alveo pur sempre economico, l'errore e l'errare nell'egoismo e nella ragnatela del vizio sono illimitati. Cotronei ha una maniera di trattare il viscerale psicanali- tico quasi volesse razionalizzare il flusso coscenziale joyciano. L'occhio di Cotronei, con lucidità e minuzia da scienziato, non perde nulla e da un peso alle più sfuggenti cellule della sua tessitura fantastica. Persino la punteggia- tura in questo libro ha un peso determinante. Ha lo strazio dell'ironia e la funzionalità del contrappunto baydniano, seguono alle pause, accelerazioni, vibrazioni. Libro a più piani, con un romanzo nel romanzo, che nasce spontaneo dal letto del gran fiume centrale, va deci- samente qualificato "summa" perché ancora una volta sembra alludere alla ricapitolazione del romanzesco e alla sua morte - la morte del romanzo tanto predicata - e alle riprove delle sue infinite possibilità di rinascita. A certe condizioni, s'intende! E qua in "Miserabili/" di Cotronei è il prepotente legame alla terra d'origine dell'autore e dei suoi personaggi. La connotazione meridionale (e meridionalistica) d'ogni creatura è fondamentale. Senza di essa tutto sballerebbe. Ci ritroveremmo di fronte a quel girare a vuoto di tanta romanzeria contemporanea; mentre l'opera di Cotronei offre notevoli materiali proprio perché i mezzi usati per l'indagine sono della più avanzata tecnologia ed è una costruzione verticale con in cima un segnale d'orizzontamene, un faro fra le nebbia. Per me, scrittore di cose ed uomini limitati da sempre al territorio che è press'a poco anche quello di Cotronei, - Ercolano, Napoli, la piana vesuviana, - "Miserabili!" è una vera e propria scoperta un po' come le tombe egli oggetti che di secolo in secolo vengono alla luce nella terra sacra e archeologica di Ercolano e che ci costringono a rivedere e a risentire tutto daccapo. Un'indagine operata con grandi 102 mezzi. Ciò che si riteneva spremuto ed esaurito (e nella società di Cotronei ha scavato a fondo Michele Prisco), per il vasto patrimonio psicanalitico, la conoscenza pittorica, la partecipazione avanguardistica che sta alle spalle di Cotronei, rinasce e s'innalza in una sorta di gigantesco castello in cui sembra si conservino gl'incunaboli e i catalo- ghi d'impensate intermittenze del cuore e del calcolo, del Bene e del Male. L'offerta sacrificale al Dio oscuro, il suici- dio della creatura umana, che, unica fra volpi e faine, si precipita nel Vesuvio, illumina come una bandiera un panorama di sopravvissuti. Lavorato come un affresco di altre epoche, "Miserabili!" si rivela da vicino un intreccio di "nuances", di grigi nei grigi, di neri meno neri più neri con alcune esplosioni di luci, di "sensazioni di paesaggio" vesuviano, stupendo e freddo, riportato alla filosofica altezza del mito che di questa summa, fra conscio e inconscio fra intorte spirali d'erotismo, fra mostri ed angeli, è il deus ex machina. Ecco, a mio avviso, come si analizza un'opera letteraria, e l'autore così (ma sarebbe stato lo stesso se il giudizio fosse stato negativo purché competentemente analitico) si sente davvero "letto"! Scrivere (e pubblicare) narrativa è meraviglioso, anche se (come ho scritto nell'articolo su Eco) "costa fatica, sangue" e non si può fare, come appare da certi film commerciali, con lo scrittore sereno e disteso dietro un tavolinetto sgombro di carte posto su di un terrazzo o su una spiaggia, mentre la moglie e i figli o meravigliose fanciulle gli svolazzano attorno. Per chi si sente portato a farlo, a scrivere narrativa, è un'esigenza prepotente, ma, tornando a precedenti capitoli, sia Spinosa che Guerri, autori di biografie e non di romanzi, sembrano non capirlo e consigliano altre vie per giungere alla pubblicazione. Guerri racconta "la magnifica storia" di uno (che, mi sembra evidente, è proprio lui) che fece una tesi di laurea, "ci lavorò parecchio e la mandò ad un editore: senza conoscere un cane". Sei mesi dopo venne pubblicata; poi 103 "scrisse e pubblicò altri saggi" ed è convinto che "se oggi si presentasse a un qualsiasi editore con un romanzo sottobraccio glielo pubblicherebbero ad occhi chiusi". Ag- giunge: "mi si dirà la vocazione e l'arte dove la metti? Non la metto da nessuna parte, che stiano dove sono, e se ci sono realmente prima o poi salteranno fuori... continuo a suggerire il saggio, che richiede doti non meno pregevoli, ma per fortuna meno rare... Niente ululati alla luna, ne svisceramenti dell'anima, ma una fatica bestia..." Purtroppo è vero: chi ha acquisito notorietà come articolista della terza pagina di un grande giornale e come autore di una biografia clamorosa (anche se errata secondo la Sacra congregazione) può, per alcune - criticabili ma reali - regole non scritte del mercato editoriale, pubblicare facilmente un romanzo anche se di mediocri qualità. Ma è deviante e dannoso suggerire di scrivere saggi con lo scopo di acquisire una certa notorietà ed un certo numero di conoscenze nell'ambiente giornalistico-editoria- le per ottenere, alla fine, la pubblicazione di un proprio romanzo. Significa strumentalizzare le proprie capacità e ottundere, applicandosi altrove e con procedure diverse, la propria libera predisposizione al narrare. E il suggerimento giunge da chi non sembra apprezzare molto il romanzo se definisce il farlo con espressioni del tipo: "far traboccare l'anima, il cuore e l'arte" o "niente ululati alla luna ne svisceramenti dell'anima", o infine, "butta l'anima sulla carta e poi, orgoglioso della propria anima, pretende che venga resa nota guadagnandoci pure". Non mi sembra, quindi, sincero Guerri quando dice che i suoi suggerimenti tendono ad aiutare gli aspiranti scrittori. Forse a lui scrivere romanzi non è riuscito bene e tira l'acqua al suo mulino di saggista. Vedi, amico lettore, mi sembra davvero incredibile affer- mare, e pubblicarlo su un diffuso giornale, che scrivere un saggio sia più faticoso di un romanzo! Ma cosa ne sa lui dell'improbo lavoro del dialogare con la pagina bianca e non per riempirla di facile pressappochistico linguaggio da saggio d'assalto o di quello rigorosamente tecnico, e quindi limitato, di un saggio cattedratico! Cosa ne sa di quanto 104 studio, biblioteca, occorrano per creare personaggi in un loro habitat e mantenerli coerenti e seguirli nei loro svi- luppi per centinaia e centinaia di pagine indagandone motivazioni ed azioni con una qualità formale coerente e controllata. Vedi, caro lettore, c'è una netta differenziazione fra lo scrivere saggi ed opere narrative, e l'aggiungere all'elencazione che Primo Levi fa "del perché si scrive" nel suo libro "L'altrui mestiere" (che consiglio di leggere anche a Guerri), il "fare" saggi per afferrare una certa notorietà che permetta poi (dopo anni) di far pubblicare un valido e degno romanzo, è (sarebbene possa trovare riscontro in una realtà matrigna) esecrabile perlomeno nelle intenzioni. Se, come da più parti si blatera (e vi credo poco), esiste crisi dal romanzo è ancor più pernicioso deviare chi pos- siede qualità atte a creare le uniche opere dello scrivere (oltre alla poesia) che impinguano e tengono in vita la storia della nostra letteratura. \ 105 | |
| | | Bruno Admin
Numero di messaggi : 3063 Data d'iscrizione : 27.10.08 Località : Napoli Personalized field :
| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:16 pm | |
| Cap. VIII L'ALTRA EDITORIA Nel romanzo "II pendolo di Foucault", edito nell'ottobre del 1988 da Bompiani (la prima edizione de "I segreti dell'editoria" è dell'aprile 1984), Umberto Eco, forse ispi- randosi ad alcuni passi del mio libro ed alla figura di un noto editore romano, scrive (dalla pagina 192 in poi): Percorremmo il corridoio, salimmo tré scalmi, e passam- mo attraverso una porta a vetri smerigliati. Di colpo en- trammo in un altro universo. Se i locali che avevo visto sinora erano bui, polverosi, slabbrati, questi sembravano la saletta vip di un aereoporto. Musica diffusa, pareti azzurre, una sala d'aspetto confortevole con mobili firmati, le pareti adorne di fotografie in cui s'intravedevano signori con la faccia di deputato che consegnavano una vittoria alata a signori con la faccia di senatore. Su un tavolinetto, gettate con disinvoltura, come nella saletta di un dentista, alcune riviste in carta patinata, "L'arguzia Letteraria, "L'Atanòr poetico", "La Rosa e La spina", "II Verso Libero". Non le avevo mai viste, e dopo seppi il perché: erano diffuse solo presso i clienti della Manuzio. Se all'inizio avevo creduto di essere entrato nella zona direzionale della Garamond, dovetti subito ricredermi. Eravamo negli uffici di un'altra casa editrice. Nell'atrio della Garamond c'era una vetrinetta oscura e appannata, con gli ultimi libri pubblicati, ma i libri della Garamond erano dimessi, con fogli ancora da ritagliare e una sobria copertina grigiastra - dovevano ricordare le pubblicazioni universttarie francesi, con la carta che si faceva gialla in pochi anni, in modo da suggerire che l'autore, specie se giovane, avesse pubblicato da lunga data. Qui c'era un'al- tra vetrinetta, illuminata dall'interno, che ospitava i libri della casa editrice Manuzio, alcuni aperti su pagine ariose: copertine bianche, leggere, ricoperte di plastica trasparente, molto elegante, e una caria tipo riso con bei caratteri nitidi. Le collane della Garamond avevano nomi seri e pensosi, 107 come Studi Umanistici o Pbilosophia. Le collane della Manuzio avevano nomi delicati e poetici: II Fiore che Non Colsi (poesia), La Terra Incognita (narrativa), L'Ora dell'Oleandro (ospitava titoli tipo "Diario di una fanciulla malata "), L'Isola di Pasqua (mi parve di saggistica varia)... Su tutte le copertine, il marchio della casa, un pellicano - sotto una palma, con un motto "io ho quel che ho donato". Belbofu vago e sintetico: il signor Garamond possedeva due case editrici, ecco tutto. Nei giorni seguenti mi resi conto che il passaggio tra la Garamond e la Manuzio era del tutto privato e confidenziale. Di fatto l'ingresso ufficiale della Manuzio era in via Marchese Gualdi e in via Gualdi l'universo purulento di via Sincero Renato lasciava posto a facciate pulite, marciapiedi spaziosi, ingressi con ascensore in alluminio^. Nessuno avrebbe potuto sospettare che un appartamen'to di un vecchio stabile di via Sincero Renato comunicasse, con soli tré scalini di dislivello, con uno stabile di via Gualdi. Per ottenere il permesso il signor Garamond doveva aver fatto salti mortali, credo che si fosse raccomandato a uno dei suoi autori, funzionario del Genio Civile, (vedi quale lentezza e prolissità, a mio avviso gra- tuite, amico lettore, persino in pagine che sono certamente fra le più leggibili di tutto il Pendolo, ma anche quale meticolosa precisione - e quindi ricerca - sulla necessità di permessi per due appartamenti comunicanti di stabili di- versi). Eravamo stati ricevuti subito dalla signora Grazia, blan- damente matronale, foulard di marca e tailleur dello stesso colore delle pareti, che ci aveva introdotto con un accurato sorriso nella stanza del mappamondo. La sala era immensa, ma richiamava alla mente il salo- ne di Palazzo Venezia, con un globo terraqueo all'ingresso, e la scrivania di mogano del signor Garamond là infondo, che pareva di guardarlo con un binocolo rovesciato. Garamond ci aveva fatto cenno di avvicinarsi, e mi ero sentito intimidito. Più tardi, all'ingresso di De Gubematis, Garamond gli sarebbe andato incontro, e questo gesto di cordialità gli avrebbe conferito ancorpiù carisma, perché il visitatore avrebbe visto prima lui che attraversava la sala, e 108 poi l'avrebbe attraversata al braccio dell'ospite, e lo spazio quasi per magia si sarebbe raddoppiato... Fu in quel momento che la signora Grazia annunciò il commendai or De Gubernatis. Il signor Garamond esitò un momento, mi guardò dubbioso, Belbo gli fece un cenno, come per dirgli che ormai poteva fidarsi. Garamond ordi- nò che l'ospite fosse fatto entrare e gli andò incontro. De Gubernatis era in doppiopetto, aveva una rosetta all'oc- chiello, una stilografica al taschino, un quotidiano ripie- gato nella tasca della giacca, una cartella sottobraccio. "Caro commendatore si accomodi, il carissimo amico De Ambrosiis mi ha parlato di Lei, una vita spesa al servizio dello stato. E una vena poetica segreta, non è vero? Faccia, faccia vedere questo tesoro che tiene tra le mani. Le presento due dei miei direttori generali". Lo fece sedere davanti alla scrivania ingombra di ma- noscritti, e accarezzò con le mani vibranti di interesse la copertina dell'opera che gli veniva porta: "Non parli, so tutto. Lei viene da Vipiteno, grande e nobile città. Una vita spesa al servizio delle dogane. E in segreto, giorno per giorno, notte dopo notte, queste pagine agitate dal demone della poesia. La poesia. Ha bruciato la giovinezza di Saffo, e nutrito la canizie di Goethe. Farmaco- dicevano i Greci - veleno e medicina. Naturalmente dovremo leggerla que- sta sia creatura, come minimo io pretendo tré rapporti di lettura, uno interno e due dei consulenti (anonimi, mi dispiace, ma sono persone molto esposte). La Manuzio non pubblica un libro se non è sicura della qualità e la quali- tà, lei lo sa meglio di me, è una cosa impalpabile, bisogna scoprirla con un sesto senso, certe volte un libro ha delle imperfezioni, delle zeppe- anche Svevo scriveva male, Lei mi insegna - ma perdio, si sente un'idea, un ritmo, una forza. Lo so, non me lo dica, appena ho gettato l'occhi sull'incipit di queste sue pagine ho sentito qualcosa, ma non posso giudicare da solo, anche se tante volte - oh quante- i rapporti di lettura erano tiepidi ma io mi sono impuntato perché non si può condannare un autore sen- za essere entrati come dire in sintonia con lui, ecco per esempio io apro a caso questo suo testo e mi cadono gli 109 occhi su di un verso, "come d'autunno, il ciglio smagrito" - bene, con un testo si parte così, un'estasi, un rapimento. Cela dit, caro amico, ab perdio se si potesse fare quello che si vuole/Ma anche l'editoria è un 'industria, la più nobile delle industrie, ma industria. Ma sa quanto costa oggi la tipo- grafia e la carta? Guardi, guardi sul giornale di stamane, a quanto è salita la prime rate a Wall Street. Non ci riguarda, dice? Ci riguarda, invece. Sa che ci tassano anche il magaz- zino? Io non vendo, e quelli tassano le rese. Pago anche l'insuccesso, il calvario del genio che i filistei non riconosco- no. Questa carta velina - è molto fine, mi permetta, che abbia battuto il testo su carta così sottile, si sente il poeta, un cialtrone qualsiasi avrebbe usato carta extra strong, per abbagliare l'occhio e confondere lo spirito, ma questa è poesia scritta col cuore, eh, le parole sconvolgono il mondo- questa carta velina a me costa come carta moneta". Squillò il telefono. Avrei poi appreso che Garamond ave- va schiacciato un bottone sotto la scrivania e la signora Grazia gli aveva passato una telefonata fasulla. "Caro Maestro! Come? Che bello! Grande notizia, si suo- nino le campane. Un nuovo libro Suo è un evento. Ma certo, la Manuzio è fiera, commossa, diro di più, lieta di averLa tra i suoi autori. Ha visto cosa hanno scritto i giornali del suo ultimo poema epico. Cose da Nobel. Purtroppo Lei è in anticipo sui tempi. Abbiamo fatto fatica a vendere tremila copie". Il commendato)-De Gubernatis sbiancava: tremila copie erano per lui un traguardo insperato. "Non hanno coperto i costi di produzione. Vada a vedere al di là della porta a vetri quanta gente ho in redazione. Oggi per rifarmi di un libro io debbo distribuire almeno diecimila copie, e per fortuna di molti se ne vendono anche di più, ma sono scrittori, come dire, con una vocazione diversa, Balzac era grande e vendeva i libri come i panini, Proust era altrettanto grande e ha pubblicato a proprie spese. Lei finirà sulle antologie scolastiche ma non nelle edicole delle stazioni, è successo anche a Joyce che ha pubblicato a proprie spese, come Proust. Di libri come i suoi posso permettermene uno ogni due o tré anni. Mi dia tré 110 anni di tempo". Seguì una lunga pausa. Sul volto di Garamond si dipinse un doloroso imbarazzo. "Come? a sue spese? No, no, non è la cifra, la cifra si può contenere. È la Manuzio che non usa. Certo, lei mi imegna, anche Joyce e Proust. Certo, capisco". Altra pausa sofferta. "Va bene, parliamone. Io sono stato sincero, lei è impaziente, facciamo quel che si dice una joint venture, gli Americani ci insegnano. Passi domani, e faremo una botta di conti. I miei ossequi e la mia ammira- zione". Garamond uscì come da un sogno, e si passò una mano sugli occhi, poi mostrò di sovvenirsi di colpo della presenza dell'ospite. "Scusi. Era uno Scrittore, un vero scrittore, forse un Grande. Eppure proprio per questo. Talora ci si sente umiliati, a fare questo mestiere. Se non ci fosse la vocazio- ne. Ma torniamo a Lei. Ci siamo detti tutto. Le scriverò, diciamo tra un mese. Il suo testo rimane qui, in buone mani". Il commendator De Gubematis era uscito senza parole. Aveva messo piede nella fucina della gloria. Nel capitolo immediatamente seguente Eco si dilunga per altre cinque fittissime pagine sugli editori a pagamento. E per lui un'esigenza inalienabile precisare, approfondire sottilizzare (ed è, secondo me, uno dei suoi difetti come narratore che svela, si può dire, quasi in ogni momento la sua origine di saggista). Ciò non toglie che alcune pagine dei suoi romanzi - in particolare "II nome della rosa" e l'ultimo, "L'isola del giorno prima" (Bompiani settembre 1994) - siano contenutisticamente deliziose. Non sono certo quelle che mi accingo a farti conoscere, ma vorrei che tu le leggessi ora qui, amico lettore. Sono sicuro che non l'hai già fatto perché, pur essendo stato molto venduto, il libro di Eco è stato poco letto e solo qualche grande appassionato o stacanovista delle lettere è giunto fino a pagina 195. Ma queste pagine danno un quadro, anche se troppo pittoresco (ed è quasi una costante in coloro che scrivono per stupire), abbastanza vicino alla realtà. La Manuzio era una casa editrice per APS... Ili Un APS è un Autore a Proprie Spese e la Manuzio è una di quelle imprese che nei paesi anglosassoni si chiamano "vanity press". Fatturato altissimo, spese di gestione mille. Garamond, la signora Grazia, il ragioniere detto direttore amministrativo nel bugigattolo in fondo, e Luciano, lo spedizioniere mutilato, nel vasto magazzino del seminter- rato. "Non ho mai capito come Luciano riesca ad impaccare i libri con un braccio solo", mi aveva detto Belbo, "credo che si aiuti con i denti. D'altra parte non impacca gran che: gli spedizionieri delle case editrici normali spediscono libri ai librai mentre Luciano spedisce solo libri agli auto- ri. La Manuzio non si interessa dei lettori. L'importante, dice il signor Garamond, è che non si tradiscano gli autori, senza lettori si può sopravvivere". Belbo ammirava il signor Garamond. Lo vedeva porta- tore di una forza che a lui era stata negata. Il sistema Manuzio era molto semplice. Poche inserzio- ni sui quotidiani locali, le riviste di categoria, le pubblica- zioni letterarie di provincia, specie quelle che durano pochi numeri. Spazi pubblicitari di media grandezza, con foto dell'autore e poche righe incisive: "un'altissima voce della nostra poesia ", oppure "la nuova prova narrativa dell'autore di Floriana e le sorelle". "A questo punto la rete è tesa", spiegava Belbo, "e gli APS vi cadono a grappoli, se in una rete si cade a grappoli, ma la metafora incongrua è tipica degli autori della Manuzio e ne ho preso il vezzo, mi scusi". "Epoi?" "Prenda il caso De Gubernatis. Tra un mese, mentre il nostro pensionato si macera nell'ansia, una telefonata del signor Garamond lo invita a cena con alcuni scrittori. Appuntamento in un ristorante arabo, molto esclusivo, senza insegne all'esterno: si suona un campanello e si dice il proprio nome a uno spioncino. Interno lussuoso, luci diffuse, musiche esotiche. Garamond stringe la mano al maitre, da del tu al camerieri e rinvia le bottiglie perché quell'annata non lo convince, oppure dice scusami caro, ma questo non è il cuscus che si mangia a Marrakesb. De 112 Gubernatis viene presentato al commissario Caio, tutti i servizi aereoportuali sotto il suo controllo, ma soprattutto l'inventore, l'apostolo del Cosmoranto, il linguaggio per la pace universale, che ne sta discutendo all'Unesco. Poi il professar Tizio, forte tempra di narratore, premio o Petruzzellis della Gattinà 1980, ma anche un luminare della scienza medica. Quanti anni ha insegnato professore? Altri tempi, allora sì che gli studi erano una cosa seria. E la squisita poetessa, la gentile Olinda Mezzofanti Sassabetti, l'autrice di "Casti palpiti" , avrà letto". | |
| | | Bruno Admin
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| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:17 pm | |
| Belbo mi confidò che si era chiesto a lungo perché tutti gli APS di sesso femminile firmassero con due cognomi, Lauretta Solimeni Calcanti, Dora Ardenzi Fiamma, Carolina Pastorelli Cefalù. Perché le scrittrici importanti hanno un cognome solo, salvo Ivy Compton-Bunett, e alcu- ne addirittura neppure il cognome come Colette, un APS si chiama Odolinda Mezzofanti Sassabetti? Perché uno scrit- tore vero scrive per amore della sua opera, e non gli importa di essere conosciuto con uno pseudonimo (davvero è così, Eco? Cosa ne pensi, amico lettore?), vedi Nerval, mentre un APS vuole essere riconosciuto dai vicini, dagli abitanti del quartiere, e di quello dove ha abitato prima. All'uomo basta il suo cognome alla donna no, perché ci sono quelli che la conoscono da signorina e quelli che la conoscono da si- gnora. Per questo usa due nomi. "In breve, serata densa di esperienze intellettuali. De Gubematis avrà l'impressione di bere un cocktail di LDS. ascolterà i pettegolezzi dei commensali, l'aneddoto sapido o<ul grande poeta notoriamente impotente, e che anche come ìoeta non vale gran che, getterà sguardi lucidi di commo- zione sulla nuova edizione dell'Enciclopedia degli Italiani 'llustri che Garamond farà apparire all'improvviso, mo- otrando la pagina al commissario (ha visto, caro, anche Lei ' entrato nel Pantheon, oh, pura giustizia)". Belbo mi aveva mostrato l'enciclopedia. "Un'orafa le ho atto una paternale: invece nessuno è innocente. L'enciclo- pedia la facciamo esclusivamente io e Diotellavi. Ma le 'turo, non è per arrotondare lo stipendio. È una delle cose nù divertenti del mondo, e ogni anno occorre preparare la 113 nuova edizione aggiornata. La struttura è più o meno di questo tipo: una voce si riferisce a uno scrittore celebre, una voce a un APS, e il problema è di calibrare bene l'ordine alfabetico, e non sciupare spazio per gli scrittori celebri. Veda per esempio la lettera L". LAMPEDUSA, Giuseppe Tornasi di (1889-1959). Scrittore siciliano. Visse a lungo ignorato e divenne celebre dopo la morte per il romanzo "II gattopardo". LAMPUSTRI, Adeodato (1919-). Scrittore, educatore, com- battente (una medaglia di bronzo in Africa Orientale), pensatore, narratore e poeta. La sua figura giganteggia nella letteratura italiana del nostro secolo. Il Lampustn si e rivelato sin dal 1959 col primo volume di una trilogia di ampio respiro, "I fratelli Carmassi", vicenda disegnata con crudo realismo e alto afflato poetico di una famiglia di pescatori lucani. A quest'opera, che venne insignita nel 1960 dal premio Petruzzellis della Gattinà, seguirono negli anni successivi, "I benserviti" e "La pantera dagli occhi senza ciglio", che forse ancor più dell'opera prima danno la misura del vigore epico, della sfolgorante immaginazio- ne plastica, del respiro lirico di questo incomparabile arti- sta. Solerte funzionario ministeriale, il Lampustri e stimato nel proprio ambiente come personalità integerrima, padre e sposo esemplare, finissimo oratore. "Il De Gubernatis", spiegò Belbo, "dovrà desiderare di essere presente nell'enciclopedia. Lo avevo sempre detto che quella dei famosissimi era fama fasulla, una cospirazione di critici compiacenti. Ma soprattutto capirà di essere en- trato in una famiglia di scrittori che sono al tempo stesso direttori di enti pubblici, funzionar! bancari, aristocratici, magistrati. Di colpo avrà allargato la cerchia delle sue conoscenze, ora se deve chiedere un favore saprà a chi rivolgersi. Il signor Garamond ha il potere di far uscire il De Gubernatis dalla provincia, di proiettarlo al vertice. Verso la fine della cena Garamond gli dirà all'orecchio di passare il mattino dopo da lui". "E la mattina dopo viene?". "Ci puoi giurare. Passerà la notte insonne sognando la grandezza di Adeodato Lampustri". 114 "Epoi?" "Poi la mattina dopo Garamond gli dirà: ieri sera non ho osato parlarne per non umiliare gli altri, che cosa sublime, non dico i rapporti di lettura entusiasti, dirò di più, positivi, ma io stesso in prima persona ho passato una notte su queste sue pagine. Libro da premio letterario. Grande, gran- de. Tornerà alla scrivania, batterà la mano su manoscritto - ormai sgualcito, usurato dallo sguardo amoroso di perlomeno quattro lettori- sgualcire i manoscritti è compito della signora Grazia - e fisserà l'APS con aria perplessa. Che cosa ne facciamo? Che cosa ne facciamo? chiederà De Gubernatis. E Garamond dirà che sul valore dell'opera non si discute neppure un secondo, ma è chiaro che è una cosa in anticipo sui tempi e quanto a copie non si andrà al di là delle duemila, duemilacinque al massimo. Per De Gubernatis duemila copie sarebbero abbastanza per copri- re tutte le persone che conosce, l'APS non pensa in termini planetari, ovvero il suo pianeta è fatto di volti noti, di compagni di scuola, di direttori di banca, di colleghi inse- gnanti della stessa scuola media, di colonnelli in pensione. Tutte persone che l'APS vuole che entrino nel suo mondo poetico, anche coloro che non vorrebbero come il salumaio o il prefetto. Di fronte al rischio che Garamond si tiri indietro, dopo che tutti in casa, in paese, in ufficio, sanno che ha presentato il manoscritto a un grande editore di Milano, De Gubernatis farà i suoi conti. Potrebbe estinguere il libretto al portatore, chiedere la cessione del quinto, fare un mutuo, vendere quei pochi BOT, Parigi vai bene una messa. Offre timidamente di partecipare alle spese. Garamond si mostrerà turbato, la Manuzio non usa, e poi via - affare fatto, mi ha convinto, infondo anche Proust e Joyce hanno dovuto piegarsi ad una dura necessità, i costi sono tot, noi ne stampiamo per ora duemila copie, ma il contratto sarà per un massimo di diecimila. Calcoli che duecento copie vengono a lei, in omaggio, per inviarle a chi vuole, duecento sono di invio stampa perché vogliamo fare un battagc come fosse l'Angelica dei Golon, e ne distribuia- mo milleseicento. E su queste, lo capisce, niente diritti per lei, ma se il libro va, ristampiamo e a quel punto lei si 115 prende il dodici per cento". Avevo poi visto il contratto tipo che De Gubernatis, ormai in pieno trip poetico, avrebbe firmato senza neppure legge- re, mentre l'amministratore si sarebbe lamentato che il signor Garamond aveva tenuto le spese troppo basse. Dieci pagine di clausole in corpo otto, traduzioni estere, diritti sussidiar!, adattamenti per il teatro, riduzioni radiofoniche e cinematografiche, edizioni Braille per ciechi, cessione del riassunto al Reader's Digest, garanzie in caso di processo per diffamazione, diritto dell'autore di approvare i muta- menti redazionali, competenza del foro di Milano in caso di vertenza. L'APS doveva giungere esausto con l'occhio ormai perduto in sogni di gloria alle clausole deleterie, dove si dice che diecimila è la tiratura massima ma non sipario di tiratura minima, che la somma da pagare non è anco- rata alla tiratura, di cui si è parlato solo a voce, e soprat- tutto che entro un anno l'editore ha il diritto di mandare al macero le copie invendute a meno che l'autore non le rilevi a metà prezzo di copertina. Firma. Il lancio sarebbe stato satrapico. Comunicato stampa in dieci cartelle, con biografia esaggio critico. Nessun pudo- re, tanto nelle redazioni dei giornali sarebbe stato cestinato. Stampa effettiva: mille copie in fogli stesi di cui solo trecentocinquanta rilegati. Duecento all'autore, una cinquantina a librerie secondarie e consorziate, cin- quanta alle riviste di provincia, una trentina per scaramanzia ai giornali, nel caso gli avanzasse una riga fra i libri ricevuti. La copia l'avrebbero mandata in dono agli ospedali o alle carceri-e si capisce perché i primi non guariscono e le seconde non redimano. Nell'estate sarebbe arrivato il premio Petruzzellis della Gattinà, creatura di Garamond. Costo totale: vitto e allog- gio per la giuria, due giorni, e Nike di Samotracia in vermiglione. Telegrammi di felicitazioni degli autori Manuzio. Sarebbe infine arrivato il momento della verità, un anno e mezzo dopo. Garamond gli avrebbe scritto: Amico mio, le avevo detto, Lei è apparso con cinquant'anni di anticipo. Recensioni, lo ha visto, a palate, premi e consensi 116 della critica, ca va sans dire. Ma copie vendute pochine, il pubblico non è pronto. Siamo costretti a sgomberare il magazzino, a termini di contratto (accluso). O al macero, o lei le acquista a metà prezzo di copertina, com'è suo privilegio. De Gubernatis impazzisce dal dolore, i parenti lo con- solano, la gente non ti capisce, certo che se eri dei loro, se mandavi la bustarella a quest'ora ti avevano recensito anche sul Corriere, è tutta una mafia, bisogna resistere. Delle copie omaggio ne sono restate solo cinque, ci sono ancora tante persone importanti da locupetare, non puoi permettere che la tua opera vada al macero a far carta igienica, vediamo quanto si può racimolare, sono soldi ben spesi, si vive una volta sola, diciamo che possiamo acquistarne cinquecento copie e per il resto sic transit gloria mundi. Alla Manuzio sono rimaste 650 copie in fogli stesi, il signor Garamond ne rilega 500 e le invia contrassegno. Consuntivo l'autore ha pagato generosamente i costi di produzione di 2000 copie, la Manuzio ne ha stampate 1000 e ne ha rilegato 850, di cui 500 sono state pagate una seconda volta. Una cinquantina di autori all'anno, e la Manuzio chiude sempre in forte attivo. E senza rimorsi: distribuisce felicità. Ecco, caro amico lettore, il pensiero di Eco sugli aspiranti scrittori e sulle case editrici a pagamento. Il professore- saggista-romanziere di Alessandria, dall'alto dei suoi successi e dei milioni di copie vendute, non ha alcuna pietà ne per gli uni, ne per le altre, e ne traccia un'immagine spieiata per l'intelligenza dei primi e per la mancanza di scrupoli delle seconde. Inoltre parla di "fatturati e di guadagni altissimi", vogliamo analizzarli secondo le cifre e il modus agendi contenuti nelle pagine de "II pendolo di Foucault"? Bisogna, innanzitutto, sapere che la differenza per rilega- tura e carta fra la tiratura di mille o di duemila copie inciderà all'incirca un milione, mentre è quasi completamente inlnfluente fra 500 e 1000 copie. Orbene Garamond (l'edito- 117 rè) fa pagare alle sue "vittime" il costo di stampa per volumi medi di narrativa e di poesia che è lecito supporre non avranno più di 160 pagine, ossia 10 sedicesimi. Costo per mille copie dai 3 ai 4 milioni. Supponiamo chieda 7 milioni. Il suo guadagno lordo ammonterà a 3.500.000 per autore moltipllcato 50 autori all'anno, uguale 175 milioni ai quali bisogna aggiungere la vendita di 500 copie ad autore (ma tutti saranno sempre disposti ad acquistarle?) per diecimila lire (il 50 del prezzo di copertina medio), uguale 5 milioni per 50 autore = 250 milioni. Il fatturato annuo sarà, quindi, (in questo calcolo molto alla buona) di 350 + 250 milioni (ammesso che fatturi tutto) di 600 milioni. Il ricavo lordo di 425 milioni. Ma Eco parla di un ufficio lussuoso (con l'immensa sala del mappamondo) in una via elegante di Milano, di "vasto" magazzino, di tré impiegati, del Premio Petruzzellis della Gattinà, "creatura" della Manuzio, di varia pubblicità, di cene in ristoranti esclusivi, e così via. Credo che come minimo andranno via duecentocinquanta milioni. L'utile netto di Garamond sarà quindi di 175 milioni, ossia meno di quindici milioni al mese dai quali bisognerà ancora detrarre le tasse. Non è certo poco, ma quanta fatica, quante finzioni, quanta nausea inferiore, per l'editore milanese! Nella realtà non romanzesca come si comportano i tanti editori a pagamento, che abbondano fra i medio-piccoli, piccoli e piccolissimi? L'opportunità per saperlo, oltre a varie informazioni raccolte in un lungo periodo di tempo, la fornisce un mio lettore che, qualche anno fa, mi inviò (perché conoscessi le sue vicessitudini di aspirante scrittore) fotocopie di lettere di un prestigioso medio editore non a pagamento, di famosissimi autori, della titolare di una grande casa editrice, di un agenzia letteraria famosa, e (lupus in fabula) di due dei maggiori editori a pagamento. Si tratta di un editore fiorentino che gestisce un Premio Letterario Editoriale molto pubblicizzato su grandi quotidia- ni, in particolare "la Repubblica", e di un altro con sede nella provincia di Siena. Il primo dichiara, nel Catalogo degli Editori Italiani 1988, 60 nuovi titoli all'anno, ed il 118 | |
| | | Bruno Admin
Numero di messaggi : 3063 Data d'iscrizione : 27.10.08 Località : Napoli Personalized field :
| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:20 pm | |
| secondo, sempre sullo stesso catalogo, ben 73. Fra i due ci deve essere (con ogni probabilità) un collegamento ed uno scambio di autori e di cortesie perché l'editore fiorentino inviò al mio lettore la seguente lettera datata 15 aprile 1988: Gentile signor,.., facciamo seguito a quanto tra noi intercorso per comunicarLe che il Suo materiale letterario, partecipante e in evidenza al premio "...", è stato da noi trasmesso - con proposta di pub- blicazione - alla Casa Editrice ..., Firenze-Siena (Direziono: ... - Siena -, Telefono ...), con la quale Lei può mettersi in contatto e direttamente corrispondere, sia per eventuali trat- tative editoriali che - in caso negativo o se comunque lo desidera-per la restituzione del Suo dattiloscritto. Come potrà vedere dal materiale allegato, la Casa Editri- ce. .. (che come diversi altri editori italiani si affida al nostro Settore consulenze) ha molti anni di attività e un Catalogo comprendente trenta collane di narrativa, poesia, saggistica, teatro, storia, arte, filosofia. Attualmente sta selezionando - per tali collane- opere di varia letteratura da inserire nel Programma dei prossimi mesi. Lieti se, in qualche modo, Le saremo stati utili, e se in futuro potremo anche collaborare, Le inviarne i nostri mi- gliori saluti. CASA EDITRICE..., Segreteria del Premio "... ". Il 4 maggio 1988 l'editore della provincia di Siena invia al mio lettore la seguente lettera: La Sua opera ci è stata trasmessa dal Settore Consulenze della ..., con proposta di pubblicazione. Con la massima sollecitudine possibile l'abbiamo esami- nata anche noi, ed avendola trovata interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici, ci fa piacere comunicarLe che è nostra intenzione far uscire il libro in una delle nostre collane. Le inviarne la proposta di edizione nella quale specifi- chiamo tutto quanto riguarda le caratteristiche tecniche dei nostri libri, la tiratura e le ristampe, i diritti d'autore, il sistema di pubblicità, divulgazione e vendita, il servizio relativo alle recensioni, la partecipazione ai Premi letterari per opere edite, il rendiconto delle vendite, ecc. 119 La tiratura indicata all'ari. 1 vuole essere un sondaggio- vuole cioè verificare le reazioni della critica, i risultati dei premi, gli interessi del lettore. Abbiamo, pertanto ritenuto utile non aggravare i costi, nell'interesse di entrambi Si tenga conto, comunque che, sulla base dei risultati della prima edizione, le ristampe sono interamente a carico no- stro. Se la Sua risposta sarà affermativa dovrà trattenere per Sua documentazione, la copia del documento da noi 'con- trofirmala e vorrà farci riavere, al massimo entro 15 giorni dalla ricezione della presente, l'altra copia con la Sua firma per acccttazione. Infine, ove avesse bisogno di ulteriori informazioni e chiarimenti, oppure desiderasse un incontro con noi (gra- ditissimo in quanto non solo permetterebbe di conoscerei ma ci darebbe la possibilità di entrare analiticamente nel mento del Suo lavoro e di UlustrarLe più dettagliatamente quanto curiamo intomo al libro edito), La preghiamo di scriverci o di telefonarci per un appuntamento. Lieti di averLa tra i nostri autori, porgiamo distinti saluti EDITORE... (Dottor...) L'allegato contratto (stampato e riempito nelle parti bian- che con caratteri di macch'na da scrivere) dice- OPERA-CARATTERISTICHE-TIRATURA-DATA DI PUB- BLICAZIONE. ' Ari. 1 - L'editore s'impegna a stampare e porre in vendita per conto dell'Autore il quale, agendo per sé, eredi e aventi causa a qiialsiasi titolo, dichiara di avere tutte le facoltà necessario a stipulare il presente accordo un libro con le seguenti caratteristiche: Autore...; titolo del libro... collana Scrittori Italiani Contemporanei; tiratura 1000 copie- prezzo di copertina L. 13.500; carattere Aster 11/11; giustezza 23- formato 14 x 22 cm; copertina in cartoncino lucido da or 240; rilegatura brossura; carta da gr 80; tavole a colori 1 m copertina; pag. 112 circa. ^rt2- L'editore s'Impegna a pubblicare il libro entro sei mesi dalla data del presente accordo, salvo motivi non imputabili alla sua volontà o, in qualsiasi modo, causati 120 dall'Autore. Il tempo previsto per la pubblicazione decorrerà dal giorno in cui la lettera di conferma perverrà, firmata dall'autore, alla sede dell'Editore. DIRITTI D'AUTORE-RENDICONTI DELLE VENDITE- PROPRIETÀ LETTERARIA E ARTISTICA-ALTRI PROVENTI. Ari. 3 - L'Autore avrà diritto: al 50 del prezzo di copertina delle copie vendute direttamente dall'editore al pubblico, cioè senza l'intervento di intermediar! (librai, distributori, ecc.); al 35 del prezzo di copertina delle copie vendute tramite le librerie, le cartolibrerie, ecc., senza l'intervento dei distributori librari; al 25 del prezzo di copertina delle copie vendute tramite distribu- tore. Ari. 4-11 rendiconto delle vendite sarà effettuato alla scadenza del dodicesimo mese dalla data di pubblicazio- ne del libro. L'Autore potrà comunque richiedere in qual- siasi momento la situazione delle vendite e la liquidazione dei diritti eventualmente maturati. L'Editore effettuerà la liquidazione di tali diritti entro un mese dalla richiesta dell'Autore. Ari. 5 - L'Autore avrà diritto a ricevere gratuitamente cinquanta copie del libro. Ari. 6- Sulle copie date gratuitamente all'autore e su quelle che l'editore riterrà opportuno inviare in saggio, o per servizio stampa, o per promuovere comunque la diffu- sione, non sarà corrisposta all'autore alcuna percentuale. Saranno escluse dal computo delle percentuali anche le "tredicesime" copie che, secondo le consuetudini, vengono date in omaggio ai distributori e ai librai. Ari. 7- La proprietà artistica e letteraria del libro resta all'autore il quale (salvi i rapporti economici con l'editore stabiliti per la prima edizione) potrà disporre in qualsiasi momento del suo lavoro per utilizzarlo nel modo che riterrà più opportuno. Ari. 8 - I proventi netti ricavati da qualsiasi cessione o utilizzazione dell'opera (traduzioni, premi letterari, adat- tamenti cineradiotelevisivi, di registrazione meccanica, ecc.), nessuno escluso, spetteranno per il 75 all'autore e per il 25 all'editore. 121 SPESA DELL 'A UTORE E MODALITÀ DI PAGAMENTO. ^t. 9 - L'autore verserà all'editore la somma di lire quattromilioniottocentomila. Detta somma sarà pagata al- l'editore nel modo seguente: per un terzo alla firma del presente accordo, per un terzo entro trenta giorni dalla firma dell'accordo, per un terzo (a saldo) alla restituzione delle bozze di stampa. I versamenti debbono essere effettuati (con rimessa diretta o a mezzo assegno bancario o vaglia postale o con versamento sul ccp...). L'editore declina ogni responsabilità per versamenti in altro modo effettuati. Art. 10- L'autore potrà effettuare il pagamento anche in rate mensili consecutive fino ad un massimo di sei rate. In questo caso la pubblicazione del libro avverrà entro il ter- mine di versamento dell'ultima rata. La prima rata dovrà essere versata alla firma del presente accordo. Per paga- mento interamente in contanti, alla firma dell'accordo, sarà praticato uno sconto del 10 (e quindi il prezzo per l'autore scende a circa 4.300.000 lire). SERVIZIO STAMPA E RECENSIONI-PUBBLICITA AL- L'OPERA-DI VULGAZIONE. Art. 11- Entro un mese dalla pubblicazione il libro verrà inviato per "servizio stampa e diffusione" e per la promozio- ne delle recensioni ai quotidiani e ai periodici di maggiore tiratura e alle rubriche radiotelevisive specializzate. Ari. 12- L'editore annuncerà l'uscita del libro su "L'In- formatore Editoriale" (notiziario periadico e catalogo del- l'editore). Art. 13 - Forme particolari di pubblicità e propaganda potranno essere concordate fra l'autore e l'editore di volta in volta e caso per caso, e attuate dopo accordi bilateralmente accettati e sottoscritti. Il programma di pro- paganda e diffusione del libro è comunque prerogativa insindacabile dell'editore... (e continua con altri articoli sulla partecipazione ai premi, sul talloncino della SIAE e, principalmente: "qualora il libro, dopo un anno, risulti invenduto, l'editore chiederà all'autore se intende acquista- re, a prezzo di favore, le copie invendute). Invece il contratto di edizione, per un autore non notis- simo, ma con un editore non a pagamento, recita (per 122 sommi capi): ... art. 2) L'editore ha diritto di trasferire in tutto o in parte i diritti acquistati con il presente contratto... 7) L'editore corrisponderà all'autore le seguenti percentuali sul prezzo di copertina meno IVA, dell'edizione brossurata... 8 fino a 6000 copie; per le edizioni rilegate le stesse percentuali verranno conteggiate sul 75 del prezzo di copertina, meno IVA, dedotto il prezzo dell'even- tuale cofanetto; qualora il libro fosse stampato o ristampato nella collana "Tascabile" o in altra forma editoriale "semieconomica", la percentuale sarà del 5; s'intende che verrà escluso dal computo delle percentuali il 10 della tiratura, riservato alla 133 copia d'uso per librerie, al servizio stampa, omaggi, e alle copie risultanti guaste o invendibili; le percentuali maturate sugli esemplari venduti fino al 30 marzo di ogni anno nonché proventi derivanti a qualsiasi titolo dal presente contratto verranno comunicati mediante rendiconti annuali all'Autore entro il 30 giugno e successi- vamente liquidati... II formato del volume, la scelta della carta, i caratteri tipografici e la collezione cui il volume sarà destinato, nonché la tiratura saranno determinati esclusiva- mente dall'editore. 9) II prezzo di copertina e le sue eventuali variazioni saranno fissati dall'Editore che ne darà comunicazione all'Autore... 11) Qualora l'opera si dimo- strasse difficilmente smerciabile, dopo due anni dalla prima pubblicazione l'editore potrà diminuirne il prezzo di co- pertina o procedere a vendite a sconti speciali, pur conti- nuando a mantenere l'opera nel proprio catalogo. Qualora l'opera non risultasse vendibile, l'editore potrà inviarla tutta o in parte al macero, previa offerta di rilievo all'autore a uguale prezzo (del macero), e nulla sarà dovuto all'autore sul ricavo del macero... 12) I proventi della cessione dei diritti secondari dell'opera, qui di seguito elencati, verranno ripartiti come segue: 50 all'autore e 50 all'editore... 14) L'autore si impegna a riservare all'editore il diritto esclusivo ed assoluto di prelazione sulla sua prossima opera (alle stesse condizioni della presente). L'opera dovrà essere offerta all'editore a mezzo raccomandata; la decisione del- l'editore verrà comunicata entro due mesi dalla consegna del dattiloscritto; in caso di risposta negativa l'autore sarà 123 libero di utilizzare l'opera come meglio crederà... (è più che ovvio che se l'autore è molto noto e ben venduto potrà chiedere condizioni più favorevoli e un congnio anticipo). Hai visto, caro lettore, che differenza di condizioni e di tono fra i due contratti? | |
| | | Bruno Admin
Numero di messaggi : 3063 Data d'iscrizione : 27.10.08 Località : Napoli Personalized field :
| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:21 pm | |
| Ora, ritornando all'editore della provincia di Siena e facen- do anche qui un po' di conti, potrai notare che il toscano ha chiesto 4.800.000 lire per la pubblicazione, in mille copie, di un volume di 112 pagine (un volumetto, considerato il peso della caita). Sono quindi 7 sedicesimi ed il costo effettivo si aggirerà sui due milioni e mezzo. L'utile lordo ammonterà quindi a 2.300.000 lire, che va moltipllcato per le 73 novità annue (ammesso che siano tutte a pagamento e di quell'enti- tà). Il totale risultante sarà quindi di circa 168 milioni annui e forse, potrà arricchirsi per qualche copia venduta ai lettori e all'autore stesso se si dovesse comportare (ma ne dubito) come quelli della Manuzio. Se detrai le spese per l'ufficio e il magazzino (certamente non ingenti perché sono ubicati in un paese e non a Milano), di un paio di dipendenti e del catalogo l'utile netto si aggirerà sui cento milioni dai quali bisogna detrarre le tasse. Direi proprio che non è molto! E poi, a quanto pare, sia l'editore di Firenze che quello della provincia di Siena non recitano pantomine come il Garamond di echiana fantasia. Entrambi, come appare dalla corrispondenza intercorsa con il mio lettore, non usano sbrodolamenti elogiativi. Le lettere sono dignitose ed hanno quasi il tono di una seria corrispondenza commer- ciale come di chi venda una prestazione, un servizio e pretenda la giusta mercede. Non fanno intrawedere al- 'esasperato aspirante scrittore, che sarà giunto a loro dopo l'inutile calvario percorso lungo le troppo severe porte dei "grandi" editori, mirabilie e trattamenti da grande scrittore E, a quanto pare, i guadagni non sono eccessivi. Sono parecchi in Italia gli editori e pagamento, alcuni senza grandi mascheramenti, altri che invece arricchiscono, 124 e m qualche modo "truccano", il loro catalogo con qualche piccolo libro di autori prestigiosi, prevalentemente stranieri morti da oltre cinquant'anni e per i quali, ovviamente non e e più da pagare il diritto d'autore, ma semplicemente una traduzione, quando pure quest'ultima non viene copiata con qualche leggera modifica, dalle edizioni economiche dei "grandi" editori. Altri, invece, ma non sono molti alternano pubblicazioni a pagamento con altre sulle quali si rischiano m pane (o tutto o addirittura oltre) i guadagni ottenuti dagli aspiranti meno dotati, non per truccare il catalogo, ma nel sincero desiderio di lanciare autori propri che riescano ad affermarsi ed a vendere nelle opportune sedi, owerosia le librerie del normale circuito. Ti farò qualche nome di editori a pagamento amico lettore, potrai tu scoprire (se lo desideri) a quale delle tré categorie appartengono: "Nuova Autori" di Milano, "Italia Letteraria" di Milano (94 novità all'anno), "Lalli" di Poggibonzi (oltre 70), "Ibiscos Editrice' di Empoli (55), "Book editore" di Bologna (62) debellato" di Torre di Mosto Venezia (80), "Todariana" di Milano (11), "Tracce Edizioni" di Pescara (32), "Firenze Libri" di Firenze (70), "L'Autore" di Firenze, "Gabrieli Editore" di Roma, "Settimo Sigillo" di Roma, "Editrice il Girasole" di Napoli (4), "II Grappolo" di Mercato San Severino Salerno O) Joppolo Editore" di Milano, "Libroitaliano" di Ragusa (subentrato, probabilmente, a "Cultura 2000" sempre di Ragusa) che, a quanto pare, non propone inizialmente i molti libri (di autori a proprie spese o meno) da lui prodotti ogni anno nelle librerie, ma ad un "mailing" formato dagli oltre 50.000 aspiranti narratori e poeti che, nell'arco di quasi venti anni, hanno partecipato alle "selezioni" da lui proposte attraverso la stampa. Come ti dicevo, caro lettore, i nomi che ho appena fatto non sono che una parte, seppure importante, degli editori a tutto o a parziale pagamento. Complessivamente sono parecchi, e, di tanto in tanto, li puoi, con buone possibilità riconoscere perché appaiono (anche massicciamente) nella pubblicità dei quotidiani o dei periodici specializzati o delle 125 pagine gialle con inserzioni del tipo: "Editore esamina, per le proprie collane, nuovi testi..." Di solito non fanno male a nessuno, anzi. Diverso è il fenomeno come appare da articoli che qualche volta occupano più colonne di fogli d'ogni genere dove giornalisti sembrano improvvisamente scoprire l'edi- toria a pagamento (nelle sue varie forme) ed il fenomeno (qualche volta pernicioso) dei premi letterari. Massimo Mapelli, su un inserto Affari & Finanza di "la Repubblica" del dicembre 1994, scrive, con le solite impre- cisioni sul numero degli aspiranti scrittori e sull'entità del volume d'affari, un articolo dal titolo "Scrittori, impara l'arte e paga la tua parte": «Felicitazioni vivissime: lei ha scritto un'opera immortale. Vorrebbe vederla nelle librerie più prestigiose? Vediamoci subito e parliamone. Ma non dimentichi il libretto degli assegni". Tutto è incominciato da una piccola inserzione vista distrattamente su un quotidiano o sulle pagine gialle. E così uno dei circa 300 mila aspiranti scrittori italiani ha finalmente trovato un editore disposto a credere nella sua vocazione letteraria. Ora, grazie all'inattesa affermazione, tutto è pronto per l'ingresso nel prestigioso olimpo degli scrittori. Con una mano sul cuore e l'altra sul portafoglio. Perché se non ha la fortuna o il merito di suscitare l'atten- zione di qualche direttore editoriale, invece di guadagnare, il novello scrittore o poeta deve tirar fuori dei soldi. Ogni anno sono banditi in Italia circa duemila concorsi letterari di varia importanza. I più prestigiosi sono general- mente impermeabili all'avvento di scrittori emergenti e ri- sultano di fatto "appaltati" dalle case editricipiù importan- ti. Ma a livelli più bassi esiste una vera proliferazione di premi minori con un volume d'affari annuo di circa 300 miliardi grazie ai soldi di ignari scrittori in erba. "Dietro le quinte di un premio da 5 milioni c'è una macchina organizzativa sei volte più costosa" - afferma Franco Traili- che cura da 15 anni un dettagliato "Catalo- go nazionale dei premi letterari". Gli organizzatori di que- sta kermesse possono essere personaggi a dir poco pittore- 126 sebi. Come l'ex frate francescano Agostino Pensa che - riposto il saio- ha scoperto fra le gioie secolari una forma di mecenatismo assai redditizio: attraverso l'Associazione "Umbria amica" riesce a gestire un gran numero di manife- stazioni l'anno, tra cui "L'ulivo d'argento", la "Balestra d'oro", il "Premio Trasimeno". A ogni partecipante chiede un "contributo di lettura" di 15 mila lire. In questo caso è un contributo minimo, ma altre volte la richiesta può essere di 200 mila lire. Come difendersi dall'inganno dei premi letterari- patacca? Ne esistono molti organizzati con passione e se- rietà. Per distinguerli dalle fiere, spesso è sufficiente scoprire che non pretendono nulla in cambio. In Liguria opera invece Strio Guerrieri con una serie di iniziative letterarie collegate al centro culturale "La Magra" che ogni anno riesce a catturare l'attenzione di centinaia di scrittori dilettanti grazie alle indimenticabili cerimonie di premiazione. Un fenomeno molto diverso è poi quello delle pubblica- zioni a pagamento. Una pattuglia di agguerriti editori- stampatori propone edizioni a prezzi che possono variare da 3 a 30 milioni. Tra i più economici sulla piazza c'è il calabrese Vincenzo Ursini: per un volume di poesie chiede solo 2 milioni e mezzo. Ma non sempre si può essere così fortunati. Per la verità il fenomeno dei premi, delle accademie, ecc., è diffusissimo (e più costoso) principalmente per i pittori dilettanti. Ne scrissi abbondantemente nel mio libro "I segreti del mondo artistico" (1984). Lì, all'epoca, gli "Oscar Italia" (230 mila lire), i "Gran prix international d'ari contemporain" (150 mila lire), i "Great tropy gold busch espoart" (230 mila lire), "Les salon des nations a Paris" (690 mila lire), le "Nomine ad Accademico con medaglia d'oro" (30 mila lire), i "Dizionari artisti italiani contemporanei" (55 mila lire), le "Mostre permanenti pinacoteca internazionale d'arte antica e moderna" (15 mila lire ad opera), le "Enci- clopedie personaggi contemporanei" (50 mila lire), i "Ves- sillo europeo delle arti" (100 mila lire), si sprecano. Ma 127 anche per i premi o altro agli scrittori (con costi elevati e, principalmente con azioni che ricordano quelle di Garamond o peggio) gli organizzatori non scherzano. Me ne occupai nel "DopoSegreti dell'editoria" (1985), ed uno di essi (se non erro) deve essere ben conosciuto dal Franco Traili intervistato da Mapelli. Si chiamava "Contro la violen- za" e trattava della "più grande antologia poetica mai pubblicata in Italia" dove la poesia degli aspiranti poeti "invitati" sarebbe stata pubblicata "gratuitamente", si chie- deva di prenotare "solo una copia" dell'antologia a lire 50.000 "prezzo straordinario per lei" (nel 1984), si usava come "sirena", di echiana (ante litteram) memoria, che "la prima copia dell'importantissima antologia sarà inviata in omaggio a Sandro Pertini, che è uno dei più convinti e accaniti difensori della pace del mondo". Il promotore era un bolognese noto perché (in premi o altro di pittura) firmava con dottar, professo!-, perito, docente e non so quante altre cose. Il secondo invece, il premio letterario "Concorso Opera Prima", era organizzato dall'editrice Black-Out (sconosciuta in qualsiasi catalogo della Bibliografica) di Milano con il patrocinio della Regione Lombardia e dell'Assessorato alla Cultura e Informazione. Da una rapida miniinchiesta risultava che il premio era suddiviso in due settori (romanzò e poesia); due sarebbero stati i vincitori; le "spese di partecipazione" erano di 150.000 lire più IVA (tutto fatturato); i partecipanti risulta- vano essere "circa 1000" per settore; si sarebbe poi potuto "al di fuori del concorso" concordare una pubblicazione con il "contributo finanziario dell'aspirante scrittore"; i premi consistevano nella pubblicazione "gratuita" da parte della Black-Out dei due vincitori, e nell'assegnazione di 20 targhe ad opere meritevoli. Questo sì che è un guadagno notevole! Calcolai un utile netto (in poco tempo) di 225 milioni del 1985, escluse eventuali tasse. Altro che Garamond o l'editore di Firenze o quello della provincia di Siena! Ed i fini speculativi erano talmente evidenti che anche Tuttolibri dell'8 dicembre 1984, con un articolo di Ernesto Ferraro, lo stigmatizzava. Il pezzo si concludeva con: ... Ci interessa invece la questione del patrocinio della 128Regione Lombardia. All'Assessorato minimizzano: il patrocinio è gratuito, mah chissà, sarà stato qualche funzionario frettoloso, un patrocinio non si nega a nessuno, non è il caso di drammatizzare... | |
| | | Bruno Admin
Numero di messaggi : 3063 Data d'iscrizione : 27.10.08 Località : Napoli Personalized field :
| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:27 pm | |
| Cap. IX LA PICCOLA EDITORIA E ALCUNI SUOI PROBLEMI Nel numero 1/2, gennaio/giugno 1991 della rivista trimestrale del Sindaco Nazionale Scrittori, "Produzione & Cultura" alla pagina 22 è stato pubblicato il seguente articolo dal titolo "Oligarchia culturale allo Strega": // premio "Strega " ha sempre affidato le sue simpatie a un'immagine di tolleranza frivola e nonchalante, il suo stile tra distratto e sportivo (anche se con una regia che da dietro le quinte lo governava con una mano sapiente). Era anomalo ed incongruo come una partita a tombola giocata sul monte Parnaso da una tavolata troppo gremita. Appun- to è incredibile da un lato e risibile dall'altro che un premio siffatto abbia deciso bruscamente di darsi dall'edizione 1991 una Commissione consona, graziosamente denomi- nata Comitato ristretto di lettura che opera con "giudizio insindacabile" nei confronti dell'ammissione dei libri con- correnti. Il comitato della fondazione Maria e Goffredo Bellonci!, composto da mèmbri che si sono sempre fregiati di irrinunciabili idealità democratiche e libertarie (Guido Alberti, Pietro Citati, Cesare Garbali, Natalia Ginzburg, Renzo Rosso), ha deciso, in accordo col Direttore della Fondazione, Anna Maria Rimoaldi, di inserire nel vecchio regolamento del premio alcune disposizioni integrative, che riconoscono i requisiti necessari per concorrervi esclusiva- mente alle seguenti Case Editrici (evidentemente considera- te come una specie doi Gotha editoriale, ammesso di diritto anche se presenta opere merdiocri): Adelphi, Bompiani, Editori Riuniti, Einaudi, Feltrinelli, Garzanti, Longanesi, Marsilio, Mondadori, Rizzali, Rusconi, Sansoni, Selleria, Sugarco, Vallecchi. Ne la dirczione della Fondazione Bellone! , ne il Comita- to hanno pensato di indire sulla questione un'assemblea dei volanti al Premio. Troppo democratico? Troppo rischioso? Hanno preferito più sbrigativamente giocare in famiglia favorendo - magari solo per distrazione - i grandi gruppi editoriali. Forse non è esattamente così che si difende la diffusione della cultura in Italia, che nella piccola edito- ria di qualità trova tanto spesso espressione non trascurabile. Forse non è esattamente così che si incorag- giano le iniziative "altre" rispetto all'organigramma precostituito dell'editoria industriale. In barba alla libertà di iniziativa culturale e di proposta letteraria, il Comitato ha realizzato il suo piccolo colpo di mano. Poi magari si è accorto di averla fatta un po' grossa, e alla norma iugulatoria per cui "possono concorrere allo Strega solo opere pubblicate da case editrici titolari da almeno dieci anni di una collana di narrativa e letteratura di acclarato significativo valore e i cui libri risultino entrati almeno una volta nella cinquina", ha aggiunto un contentino- escamotage che recita: "Rimane ferma la possibilità di concorrere allo Strega per un'opera di valore, edita da una casa editrice non in possesso dei requisiti di cui al preceden- te n. 1, ma che abbia positivamente superato il giudizio insindacabile del Comitato ristretto di lettura". Insamma un giocherello oligarchico... La protesta del Sindacato Nazionale Scrittori è sacrosan- ta, ma solo su un piano ideale di giustizia e di democrazia perché, nella pratica, da quando è nato lo Strega è stato sempre vinto dai grandi editori, ad eccezione dell'edizione del 1948 quando prevalse Vincenzo Caldarelli edito da una casa editrice scomparsa (e della quale ignoro tutto), "Meri- diana". Per tutte le altre edizioni hanno vinto (dati al 1986) 12 volte libri editi da Mondadori, 7 volte ciascuno Einaudi e Rizzoli, 5 Bompiani, 3 Garzanti, 2 Longanesi, ed una sola volta Feltrinelli, Vallecchi e Rusconi. Capirai, quindi, amico lettore, che le affermazioni di Aldo De Jaco, allora segreta- rio generale del Sindacato, nel suo articolo "Gli scrittori e gli editori" pubblicato nello stesso numero già citato di Produzione & Cultura, (Non solo non avrebbe potuto, a suo tempo, parteciparvi - stante le attuali norme - il Moravia degli Indifferenti ma anche, perforo un altro esempio, Italo 132 Svevo con tutte le sue opere senza editore, e non stiamo qui a fare l'elenco di tutti gli autori e di tutte le opere che sarebbero e saranno escluse dal prossimo- e dai prossimi? - Premi Strega perché non hanno l'avallo di un editore come ilfaut.), lasciano purtroppo il tempo che trovano. Più interessante è invece per questo capitolo del libro che stai leggendo, lo stesso articolo di De Jaco quando scrive riferendosi all'articolo di Goffredo Fogli sull'Unità dal titolo "Scrittori, boicottiamo i grandi editori": ... La nostra piccola polemica con persone che peraltro stimiamo, come i patron del Premio Strega, non c'entra niente. L'Unità non se ne è occupata e questo e tutto. In quanto a quell'ingannevole titolo a sei colonne .... Ben altro rimprovera agli editori "grossi" Goffredo Fofi (e sotto sotto anche agli autori): "Nella cultura di massa", egli scrive, "i libri sono anch'essi una mercé per le masse, quasi totalmente di "evasione", e dunque di concorso calcolato alla "manipolabilità delle masse". Che si legga di più o di meno non mi pare sia un segno- come pensano molti miei amici - di maggiore civiltà; può essere, anzi certamente è, un segno di rimbambimento da media e da consenso, da fuga del pensiero e del gusto. Guardate, per convincervi, le classifiche dei best-seller". E come dargli torto? (sebbene io sia propenso - come qualche suo amico - a valutare favorevolmente il fatto che si leggono libri...). E Fofi poi aggiunge: «Non bisognerebbe non collaborare con le grandi case editrici delle concentra- zioni? Forse sì - se non per lavori marginali, non di "con- cetto", anonimi e servili, di mera vendita diforza-lavoro- e in ogni caso non collaborare se si è "autori". Fare questo non è difficile, per fortuna, essendoci ormai molti piccoli editori degni di stima e la cui "politica " ed "economia " sono chiare, esplicite, "controllabili". (È ovvio che bisognerebbe accettare anche il principio che i libri non dovrebbero essere la fonte di guadagno stabile per chi scrive, il "lavoro prin- cipale". Tanto più che nella società del benessere non è difficile vivere di altro)». Ma che succede? Fofi aveva cominciato il suo ragiona- mento con l'esplicita affermazione che il libro è una mercé, 133 una mercé sottoposta a tutte le leggi del profitto. E che propone egli per fregare i grandi editori? Rivolgersi ai piccoli e non farsi pagare. Bella invenzione! A dire il vero buona parte dei libri pubblicati dalla piccola e media editoria nascono e circolano proprio così, diventano mercé cioè "dopo" essere usciti dalle mani degli autori (ai quali in pratica non viene corrisposto compenso alcuno)... Come hai notato, amico lettore, si paria di piccola editoria che riguarda, come tutti gli intenti di questo libro, prevalente- mente la narrativa e la poesia. Ma quali sono questi piccoli editori? Spesso negli articoli sui quotidiani, sui rotocalchi a grande tiratura o nelle riviste specializzate si fa una grande confusio- ne. A volte vengono considerati piccoli anche Marsilio, Marietti, Camunia, e così via, che, per appoggi politici o finanziari, non lo sono affatto al di là del numero di titoli prodotti. Oppure Sellerie (facente parte, come Marsilio, del Gotha dello Strega) che venne fortemente appoggiato da un grande personaggio come Sciasela. Allora i piccoli che si occupano di narrativa e poesia, quali sono nella realtà se si escludono quei nomi che ho citato (a torto o ragione) come editori, tutto o in parte, a pagamento? Credo che non rimangono altri che (e mi scuso se ne ho forse escluso qualcuno): "Archinto" di Milano (ma è distribuito dalla Garzanti ed è editore del diffuso periodico "Leggere") con 14 novità all'anno; "Costa & Nolan" di Genova con 14 novità (narratori italiani e stranieri); "Edizioni E/O" di Roma con 15 novità (ma, sembra, tutte di narratori stranieri); "La Tartaruga" di Milano con 14 novità tutte di narratrici; "Marcos Y Marcos" di Milano con 8 novità (tutte di stranieri); "Theoria Edizioni" di Roma con 24 novità (di cui solo poche di narratori italiani), e forse, con pochissime novità, "Galzerano Editore" di Casalvelino; "Iperborea" di Milano (tutti narratori scandinavi); "Ripostes" di Salerno (narratori arabi). In fondo per chi ama la narrativa e la poesia pubblicata per meriti e non per denaro (anche se, come abbiamo abbondantemente visto, spesso chi vale ma non ha o non si 134 è procacciato santi in Paradiso, non viene pubblicato dai "grandi" e, forse, nemmeno dai piccoli) non ha poi molte sigle editoriali da compulsare. Pur con oltre 2000 editori in Italia, solo 4, al di sopra delle 200 novità all'anno, pubblicano narrativa. Seguono qualche diecina (compresi alcuni a pagamento) fra gli 83 editori attestati al di sopra dei 50 titoli all'anno. Altri ancora, ma non sono moltissimi, pubblicano narrativa fra i 343 editori con produzione fra gli 11 e i 50 titoli, mentre sono del tutto inlnfluenti per quello che affermo, amico lettore, i 637 che riescono a malapena a far uscire da uno a quattro titoli all'anno! Infine sono praticamente inesistenti, se non sulla carta e negli elenchi delle Camere di Commercio, gli altri 600 dei quali il Catalogo degli Editori Italiani non ha notizie e per i quali è da supporre un'attività nulla. D'altra parte dai dati ISTAT del 1983 (Cinzia Tani: "Premiopoli", edizioni Mondadori) risultava che in Italia si pubblicavano 16.077 titoli di opere in lingua originale dei quali le prime edizioni del genere "romanzi e racconti italiani" erano solo 1.343! Se valutiamo (molto approssivamente) a più di un mi- gliaio le opere di narrativa prodotte a pagamento, vuoi dire che gli editori grandi medi e piccoli che pubblicano in modo normale (o più o meno normale) narrativa italiana, non mandano in libreria più 100/200 novità all'anno, com- prendenti, naturalmente, gli autori continuamente pubbli- cati (e che sfornano nuovi titoli ogni uno o due anni), e gli esordienti che fanno parte della bagarre letteraria e, pro- babilmente, politica. | |
| | | Bruno Admin
Numero di messaggi : 3063 Data d'iscrizione : 27.10.08 Località : Napoli Personalized field :
| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:27 pm | |
| Perché la narrativa italiana è tanto negletta dai nostri editori di qualsiasi dimensione, mentre abbonda quella straniera (all'incirca 5.000 titoli all'anno)? Ricorderai, amico lettore, che per quanto riguarda la "grande" editoria già tè ne ho raccontato i motivi. Per i piccoli, tranne quelli che utilizzano l'esasperazione dei nostri aspiranti scrittori per trarre i mezzi economici per rimanere in attività (ma non sempre questo è il solo motivo), ci sono una serie di problemi connessi proprio alla 135 loro dimensione dalla quale, evidentemente, non possono o non vogliono sollevarsi. Un volume di narrativa, amico lettore, diventa aziendalmente utile solo se si riesce a vendere in molte migliata di copie. Già il costo per copia scende vertiginosa- mente se la tiratura aumenta. Ad esempio, e riferendomi a quei semplici ed approssimativi conticini fatti nel secondo capitolo di questo libro, per 3.000 copie calcolammo una spesa (comprensiva di stampa, copertina, disegnatore e generali) di 7.700 lire (4.000 per la stampa, 700 per la copertina, 3.000 per disegnatore e generali), pari a L. 23.100.000. Ebbene tirandone 10.000 copie la spesa au- menta soltanto di circa l6 milioni per la stampa, quella per la copertina di 4 milioni, mentre le spese generali e di disegnatore, valutate in quell'esempio a 9 milioni, rimango- no inalterate, ma vanno suddivise su 10.000 copie. L'im- porto totale sarà quindi di 43.100.000 lire, owerosia (L. 4.310/copia (così suddivise: 2.800 per la stampa; 610 per la copertina; 900 per il disegnatore e generali). Il risparmio sarà di ben 3.390 lire per copia, quasi dimezzandone il costo! Ed il risparmio non si ferma qui perché la pubblicità, che valutammo in 9 milioni (con incidenza di L. 3.000 a copia) rimane inalterata, ma incide ora per sole 900 lire/ copia. Valutando, infine, il diritto d'autore (10 sulle 30.000 lire del prezzo di copertina) il costo globale ammonta a L. 8.210 per copia contro le 13.700 lire che calcolammo per le 3.000 copie. Nell'ipotesi ideale della vendita di tutte le copie, fatturate al distributore a L. 15.000, l'utile sarà di ben L. 6.790 per copia pari all'incirca all'82 della somma investita. Infatti, tutto compreso, l'editore avrà speso 82.210.000 lire, ma incassa ben 150 milioni! Per la verità, caro lettore, non è tutto così semplice, ma l'esempio basta a dimostrare la tesi. Allora perché il piccolo editore non stampa narrativa italiana (salvo poche eccezioni) se non a pagamento? Perché gli scrittori poco conosciuti non riuscirebbero mai a vendere, nella struttura del piccolo (e quasi sempre 136 anche in quella del grande), diecimila copie di un titolo, e quelli di fama (quelli che godono del favore del pubblico) sono monopolizzati dai grandi editori che vengono preferiti per il prestigio, la distribuzione ben più efficiente, i premi ben più facilmente ottenibili, i frequenti contatti quasi alla pari che intrecciano con grandi editori di altri Paesi, e altri motivi che cercherò di illustrarti. In un mio articolo, pubblicato su "il Giornale di Napoli" del 12 maggio 1989, dal titolo "Ma il problema è la distri- buzione", scrivevo: ... // difetto è nella programmazione: perché non si riesce, anche quando si è "grandi", ad indirizzare i gusti del pubblico che, fortunatamente, non sempre si fa convincere ad acquistare le molte pubblicazioni scioccamente elitarie, o quelle di autori raccomandati, ma scarsamente dotati di talento. A scapito, naturalmente, di aspiranti scrittori bravi ma senza protezioni, che dovrebbero costituire la linfa dei futuri successi. I grandi editori rinunciano così a svolgere un ruolo di guida attraverso investimenti tanto doverosi quanto intelligenti. Ma il vero bubbone dell'editoria italiana è la distribuzio- ne, che danneggia gli stessi grandi editori. Lo denunciava anche la lettera indirizzata tempo fa dal noto scrittore Vincenzo Guerrazzi al Sindacato Nazionale degli Scrittori, nella quale, fra l'altro, affermava: "In molte città questo libro (La Festa dell'Unità, edito da Rizzali) non è stato distribui- to". È proprio la distribuzione la rovina dei tanti medio- piccoli editori, che sono spesso vessati o illusi dalle organiz- zazioni di distribuzione che stanno sempre più assumendo la veste di "mammasantissima" nel mondo dei libri, condi- zionandone programmi e sviluppi. Alcune ditte distributrici vendono libri come patate mo- strando scarsissima professionalità; ammantandosi d'una autorevolezza di molto superiore a quella effettiva, invoglia- no editori regionali alle pericolose avventure di una mag- giore tiratura e di costose pubblicità su grandi quotidiani per poi non distribuire affatto i libri, o sfamandone i tempi, o limitandosi soltanto ad aspettare che i librai ne chiedano qualche copia, tardivamente e svogliatamente consegnata. I 137 potenziali lettori che avevano un certo desiderio di leggere quell'opera, non trovandola subito in vendita, tornano ad essere facile preda dei libri presentati anche in televisione e della massa cartacea costituita dalle puntualissime e trovabilissime riviste illustrate. A questi danni si aggiungono le spropositate richieste di sconti, di una somma a fondo perduto per accettare la distribuzione, e i rendiconti trimestrali spesso elusi e mai esatti, i pagamenti ritardati, il caos delle giacenze, che si risolve soltanto quando il piccolo editore esige la "resa" totale che sarà completata non prima di un anno. Non c'è salvezza per i medio-piccoli editori se non rie- scono a trovare un'alternativa ai cattivi distributori (che a loro capitano quasi sempre) e se non organizzano un tipo di vendita alternativo e diversificato... Ecco perché la stragrande maggioranza dei circa 700 editori con produzione fra i 5 ed i 50 titoli all'anno hanno dovuto specializzarsi nella scolastica, nella saggistica, nella manualistica, nelle ricette di cucina, nei movimenti religio- si, e così via, poiché il lettore interessato e a conoscenza dell'esistenza di quel titolo, se non lo trova subito in libreria vi torna più volte o finisce per chiederlo direttamente all'editore. Tutto il contrario di quanto avviene nella narra- tiva dove l'interesse si sposta facilmente su altri titoli, tranne che non si tratti di quell'autore notissimo e fortemente pubblicizzato anche da mamma TV. Ciò non toglie che anche chi produce libri non di narrativa venga danneggiato notevolmente dalla distribu- zione assente o eseguita male o che paga con molto, troppo ritardo. Ma il piccolo editore ha scarso potere contrattuale, e, a differenza dei "grandi", non riesce ad ottenere dai distribu- tori nessun anticipo, anzi... In Italia esistono 3 grandi organizzazioni di distribuzione per la varia: Messaggerie Libri, con sede a Milano e filiali in tutte le città più importanti; PDE, con sede a Firenze ed una più che decente presenza in ogni regione; e il Consorzio Distributori Associati (un insieme di soci regionali abba- | |
| | | Bruno Admin
Numero di messaggi : 3063 Data d'iscrizione : 27.10.08 Località : Napoli Personalized field :
| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:30 pm | |
| stanza autonomi), con sede a Bologna. Poi esistono singoli distributori, buoni e meno buoni, con capacità operative in genere molto più limitate e che entrano ed escono da notevoli crisi economiche. Le prime tré organizzazioni, in modo molto decrescente, diffìcilmente accettano di distribuire piccoli editori con pochi titoli, basse tirature e una scarsissima presenza nella pubblicità e nelle trasmissioni televisive. Tutti (o quasi) i distributori, oltre a consegnare i volumi in libreria, dovrebbero "promuoverli" facendo continuamente girare loro addetti (spesso pochi o addirittura uno solo) presso i punti di vendita con il cosiddetto "copertinario" (le copertine delle novità dei loro rappresentati) ed è fin troppo ovvio che l'interesse del libraio si concentra su quelle che sembrano più interessanti, o che cosi gli vengono fatte apparire. Dei nomi che, amico lettore, più ti attirano in libreria EINAUDI, FELTRINELLI, IL MULINO, LATERZA, LONGANESI e MARSILIO sono distribuiti da Messaggerie Libri; ADELPHI e BOMPIANI dalla distribuzione propria del Gruppo Fabbri; MONDADORI e SPERLING & KUPFER dalla distribuzione propria di Mondadori; MARIETTI dalla PDE; NEWTON & COMPTON e SUGARCO dal Consorzio; DE AGOSTINI, GARZANTI, MURSIA, RIZZOLI e RUSCONI ognuno dalla propria distribuzione. Dei piccoli di "qualità", infine, ARCHINTO da Garzanti; COSTA & NOLAN, LA TARTARUGA e THEORIA da Messaggeria Libri, ed EDI- ZIONI E/O da PDE. Ripeto, caro lettore, che uno dei problemi fondamentali del piccolo editore è costituita dal suo scarso peso contrat- tuale che lo opprime quanto tratta con gli stampatori (vuoi mettere poter assicurare una massiccia continuità di lavoro o addirittura avere stabilimenti propri, contro il commis- sionare pochi titoli, con scarsissime tirature all'anno?), con le cartiere che potrebbero praticare grossi sconti di quanti- tà, con i concessionari di pubblicità dei giornali (dove il costo a modulo, per quantità e conoscenze o appartenenza allo stesso gruppo editoriale, varia moltissimo), e... per i premi letterarii 139 Su questi ultimi, amico lettore, già hai potuto leggere qualcosa nelle prime pagine di questo capitolo. Devi sapere, (se già non ne sei a conoscenza) che i grandi premi dei quali tutti i giornali danno, con molta evidenza, più volte notizia, e le cui cerimonie di premiazione sono a lungo riprese in televisione, sono: il Campiello, lo Strega, il Viareggio, il Bancarella, ed il Bagutta. Ebbene (al 1986) il primo è stato vinto 12 volte su 24 da Mondadori, da Rizzoli 3 volte e poi Einaudi, Mursia, Longanesi e Vallecchi (quand'era "grande"); del secondo già abbiamo detto; il terzo è stato vinto da Einaudi per 13 volte, Mondadori 12 volte, e Vallecchi e Bompiani e Rizzoli, e così via, solo prima della guerra compaiono Ceschina, Alpes, Atlante e Circoli; il quarto è stato vinto da Rizzoli per 12 volte, da Mondadori per 5, da Garzanti, Bompiani e Rusconi per 3 volte ciascuno, poi Feltrinelli, Mursia e Sugarco; il quinto da Mondadori per 12 volte, Garzanti ed Einaudi per 6 volte ognuno, Rizzoli per 5 volte, e Vallecchi, Ceschina, Adelphi, Bompiani, Sellerie (con Leonardo Sciasela), e Cappelli (noto ed importante editore anche a pagamento, come attesta la storia di Italo Svevo che pubblicò, mettendo mano al portafoglio - 7.800 lire dell'epoca per mille copie -, con questo editore "La coscienza di Zeno" nel 1923). Seguono poi premi anche molto importanti come: il Fiuggi (con ricchissima dotazione, ex regno di Ciarrapico e di Andreotti), il Tevere, il Città di Roma, lo Scanno, il Fregene, il Balzan, il Comisso, il Mondello, il Napoli, e il Grinzane-Cavour. E poi tanti altri di importanza calante, ma tutti sempre preda dei grandi editori. Ora, amico lettore, i primi 5 premi ed alcuni degli altri conferiscono all'opera narrativa che la vince (e a quelli delle terzine o cinquine finaliste), oltre al prestigio una potenzialità di vendita ulteriore che va dalle 25 mila alle 100 mila copie e più! Come vuoi che un piccolo editore possa cimentarsi nella narrativa quando i "grandi", con manovre degne di quelle usate in politica per la formazione di un nuovo governo, come dettagliatamente racconta Cinzia Tani in "Premiopoli", brigano (anche con l'aiuto dei loro autorevoli scrittori quasi sempre mèmbri di giuria) per 140 aggiudicarseli e per usufruire dei vantaggi pubblicitari e di vendita? È un impresa davvero impossibile! Eppure, nonostante tutto, quando i libri dei medio- piccoli editori sono posti in vendita e mostrati più o meno alla pari (senza enormi vetrine ed altissime pile per i "grandi"), i risultati non sono poi molto lontani. Anzi, qualche volta, vengono giustamente ribaltati premiando il libro migliore senza più i condizionamenti della sigla edi- toriale e del nome dell'autore, come spesso avviene presso due lodevoli organizzazioni. Si tratta della COVES di San Giuliano Milanese, che gestisce tutte le edicole e librerie presso centinaia di stazioni ferroviarie italiane, e di Stavolta Editore di Pordenone, che pubblica ed invia a diecine di migliala di famiglie italiane ogni mese un bei catalogo illustrato a colori (II Compralibro) dove di libri nuovi a metà prezzo sono mostrate le copertine e le caratteristiche con pari evidenza. Ecco perché quando fu organizzato il Salone del Libro di Torino i piccoli editori incominciarono a pensare di parteci- pare compatti nonostante le spese non lievi per i loro smunti e stiracchiati bilanci. Nel mio saggio "II 2° Salone del Libro, owerosia Un colossale abbaglio", pubblicato nel giugno 1989, il primo capitolo diceva: Nel nostro/elice Paese, forse più che negli altri, si consu- mano ogni giorno ingiustizie, soprusi e truffe di ogni gene- re, e più che mai il cittadino si sente indifeso e preso in giro dal grande Potere e dai tantissimi suoi derivati. Il fatto di per se stesso è gravissimo, ma da noi diviene macroscopico perché in teoria viviamo in regime di demo- crazia e di libertà. Non esiste, ci dicono, qui da noi ditta- tura di destra o di sinistra, ne il peso opprimente del Capi- tale. La Costituzione fissa dei principi nei quali il governo, il parlamento e i poteri di ogni genere debbono operare. Nella realtà, la tristissima realtà di ogni giorno, non è così, e noi, normali cittadini che non facciamo parte del potere ne intrallazziamo con esso, ci ritroviamo, quando di tanto in tanto ci risvegliamo dal sogno, come fantocci facilmente 141 manovrati dalle mani del o dei marionettisti che tendono e mollano i fili facendoci muovere il capo o gli arti a loro /oy y e- c'Y(>'yic) 'vi, (> In fondo, tranne rare e luminose eccezioni, è sempre stato così, ma oggi i fili, seppure ben più efficaci di quelli di altri tempi, sono sottilissimi impalpabili non facilmente individuabili. E i marionettisti si moltiplicano, sono do- vunque e comandano in ogni attività dell'essere umano con un'arroganza che non si cura più della Costituzione, della legge, dei controlli perché, alla lunga, hanno sempre ragione loro, e tutti noi, con chiara o confusa consapevo- lezza, ci rifugiamo nelle obliante attività di vacanzieri, di spettatori televisivi o calcistici o nella lettura di libri di evasione. I libri, eccoci al punto, seppure in teoria tanto impor- tanti perché costituiscono la spina dorsale della cultura, rappresentano un qualcosa che è abbastanza misero per il Potere perché facilmente superabile dai più moderni e potenti mezzi televisivi, o da quelli preponderanti dei quotidiani e dei luccicanti periodici illustrati. Se poi si considera il loro valore nell'oggi sempre più importante dio-denaro, rappresentano ben piccola cosa; un fatturato teorico di 2.700 miliardi che si riduce, per la distribuzio- ne, a non più di 1.800 miliardi annui: microscopica pozzanghera nel mare di quasi un milione di miliardi del movimento monetario annuale italiano! Eppure anche in questo piccolo "giro" esistono sopraffazioni, abusi, truffe, raggiri, inganni, delusioni e abbagli. Proprio di essi vogliamo occuparci in questo volu- me, relativamente al recentissimo 2° Salone del Libro di Torino, nella speranza che, da cittadini comuni, si riesca perlomeno in una regione marginale del grande bailamme finanziario-operativo del nostro Paese, a se- gnare qualche punto a favore dei piccoli, degli indifesi, dei lontani dal Potere. Cos'era successo a Torino? Nel 1988 il "finanziere" Guido Accornero e il libraio Angelo Pezzana, anche con il contributo finanziario di Enti 142 Pubblici (che dovrebbero gestire oculatamente i nostri soldi), realizzarono di raccogliere sotto un unico e acco- gliente tetto, quello di Torino Esposizioni, oltre ai soliti 95 grandi e medi editori italiani, una gran parte dei 343 piccoli- medi e perlomeno qualcuno dei 989 piccolissimi. Negli intenti dichiarati, e che in teoria avranno fruttato i contributi pubblici, bisognava porre anche i medio-piccoli e picco- lissimi editori (tanto sacrificati nelle librerie) in condizioni di farsi conoscere dal grosso pubblico senza discriminati barriere. Ben 553 editori parteciparono (e quindi anche una parte dei piccoli e piccolissimi). Ci furono 110.000 visitatori, e 210.000 copie di libri furono vendute per un importo di circa 5 miliardi così (fu comunicato) ripartite: 9 milioni al giorno per ognuno dei grandi, 4 milioni per i medi, e un milione e mezzo per i piccoli. Un'ulteriore conferma che le differenze come capacità di vendita (quando vengono posti quasi sullo stesso piano ) fra i grossi, i medi e i piccoli editori non erano poi tanto grandi. Evidentemente non era poi questo il vero obiettivo una volta ottenuti i contributi pubblici, ed il secondo anno, nel 1989, gli organizzatori continuarono a tempestare anche i piccoli e piccolissimi editori con depliants con colorate fotografie di: affollatissimo padiglione, affollatissimi stands, paradisiaca immagine di Torino Esposizioni, di scrittori in convegni e alle interviste. E poi un testo che diceva (fra l'altro): | |
| | | Bruno Admin
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| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:31 pm | |
| LE CIFRE CHE PARLANO CHIARO <t 110.000 visitatori hanno "divorato" la mostra * Migliaio di librai vis-a-vis con gli editori * Un giro d'affari di miliardi per gli espositori (e nell'89 queste cifre sono destinate ad aumentare!) * TUTTI GLI EDITORI IN BUONA LUCE * Tutti gli stands saranno su un unico livello, distribuiti in due padiglioni comunicanti. * Sono creati vari poli di attrazione per orientare il flusso dei visitatori in tutte le aree espositive * Sono stati introdotti 2 nuovi tipi di stand preallestiti da 64 mq e da soli 5 mq * C'È UN SOLO MODO PER NON FARSI RUBARE SPAZIO NELL'EDITORIA ITALIANA: COMPILARE LA CARTOLINA E RISPEDIRLA SUBITO AL SALONE DEL LIBRO. 143 Come può, amico lettore, il piccolissimo editore ,quello dal fatturato di 50 milioni annui, resistere a queste affascinan- ti "sirene" del Salone? Sì, a conti fatti, per quanto si limiti allo stand più piccolo, fra una cosa e l'altra, dovrà investire circa 5 milioni, il 10 del suo fatturato! Potrebbe, in alternativa, finalmente decidersi a comprare ben 15 moduli pubblicitari su "la Repubblica" o una diecina sul "Corriere della sera", ma al Salone si vende, s'incontrano librai e distributori. Forse per lui è dawero l'occasione buona! I piccoli non hanno venduto per un milione e mezzo al giorno nell'edizione dell'88? Ed ora con 5 giorni di mostra lui non potrà vendere per 5 milioni e rifarsi? Che quello di Torino sia proprio il salone dei piccoli editori lo affermano proprio (oltre agli organizzatori) la Repubblica (Daniela Pasti) che scrive: ... Non c'è da stupire se questi risultati hanno fatto venire l'acquolina in bocca agli editori, abituati a una routine di vacche magre, e il Corriere della sera (Antonio Debenedetti) con: Qualcuno già parla di una festa della piccola e piccolis- sima editoria... E l'editore da la sua adesione, si prepara e parte per Torino. Caro lettore non mi dilungherò sulla organizzazione non perfetta e sulle traversie che il piccolo deve subire per colpa dell'esclusivista dei trasporti, di quello delle sedie e delle luci, ma ti dirò, che, relegato com'è nei padiglioni 3 e 3B, si accorge che quasi tutti i visitatori si concentrano nel padi- glione 2 dove su un bei viale con verde e panchine si affacciano i seguenti editori: Zanichelli (64 mq), Einaudi (96 mq), Mondadori (192 mq), Electa (96 mq), Cantini (48 mq), Giunti (64 mq), Fabbri (128 mq), Archinto (un "piccolo" ma editore di un diffuso pel-iodico, l6 mq), Giorgio Mondadori (48 mq), Utet (96 mq), Buffetti (64 mq). E non basta, nelle immediate vicinanze della zona sfacciatamente "eletta", vi sono: Mursia (64 mq), Angeli (32 mq), Rizzoli (192 mq), Garzanti (128 mq), Rusconi (112 mq), Michelin (64 mq), Masson (128 mq), Messaggerie (96 mq), Leonardo (Mondadori, l6 mq), Adelphi (64 mq), ancora Mondadori (96 mq), De Agostini (128 mq), e qualche altro dei soliti e dei notissimi. Nella zona più o meno vicina e prospiciente la 144 grande piazza che, con il gran viale costituisce il "cuore e l'attrazione" (affermazione della stampa) del Salone: La Nuova Italia, Laterza, Bollati-Boringhieri, II Mulino, La Stam- pa, II Sole 24 Ore, Sellerie, Newton e Compton, con corollario di Unicopli, Feltrinelli, Marsilio, Marietti, Editori Riuniti, Sperling e Kupfer. Unici dei notissimi un po' decentrati, ma non tantissimo: Longanesi e Sugarco. Come se già non fosse sufficiente i grandi danno spettaco- lo (forse memori delle dichiarazioni di Riva di anni prima, che sosteneva la necessità dello spettacolo nelle librerie). Lo confermava Franco Marcovaldi su un numero di maggio '89 de "La Stampa": Appagati dall'atmosfera d'insieme che ogni manifestazio- ne di massa garantisce (luci, colori, varia umanità, merci sui banconi, stelle e stelline da riconoscere: "Hai visto Gawonski? E quello non era Castellaneta?"), gironzolano ammucchiando gadgets, yo-yo, borse... L'editore Horus offre, a chi compra "I misteri di Torino", una visita guidata nella capitale della magia, Rizzoli lancia la caccia la tesoro per tutta la città con l'obiettivo di scoprire i nascondigli di una ventina di scrittori della casa. Le edizioni Abete regalano, assieme al libro di Stanislao Nievo, un alberello vero. Mondadori punta su due performers di sicuro richiamo come Cljiambretti e Grillo per presentare la "festa degli Oscar"... Infine un pizzico di mondanità con cocktaiis, rinfreschi e feste. Il clou si è avuto con Mondadori per una cena d'autore, con menù che presentava, tra l'altro, asparagi alla Rugarli, uovo in camicia nera di Spinosa (quello per il quale, amico lettore, il problema degli aspiranti scrittori era un falso problema), pennette di La Capria, sorbetto di Corrado Augias, gran dessert di Forattini. Vedi che razza di Fiera, amico lettore? Davvero la festa dei piccoli e piccolissimi editori! Che, poveretti si disperano e protestano perché davanti ai loro stands (ai quali, per la bontà degli organizzatori, si può giungere solo dopo quelli dei "grandi") passano in pochi e già stanchi e già pieni di acquisti e deplicants. Ciò nonostante trionfale Emanuele Monta su "La Stampa" del 17 maggio scrive: 145 ... scrittori e saggisti sul podio come il calciatore Cabrini (proprio un ottimo esempio di scrittore, amico lettore!) che presentava "Io, Antonio"..., Carmen Liera Moravia, "Loia e gli altri",,. Mentre gli autori intrattenevano i lettori (certo, l'affascinante Carmen con le storie dei suoi amori avrebbe potuto farlo davvero bene!), fra gli stands (dei "grandi") la solita animazione e molte risate per il comico Pino Caruso... Soddisfatti alla Feltrinelli che in quattro giorni ha venduto libri per 40 milioni, 90 milioni alla Utet, 54 alla Rizzoli, 50 alla De Agostini. Il record assoluto però è della Mondadori con 220 milioni d'incasso... Poi il tono di Monta perde lo splendore ed aggiunge: ... La protesta di un gruppo di piccoli editori del padigline 3B, già nell'aria da sabato sera, è divenuta contestazione aperta con distribu- zione di volantini. Gli espositori lamentano di essere igno- rati dai mass media e rimproverano la dirczione di averli relegati ai margini della manifestazione, "chiusi dentro ridicole gabbiette indicate più per commerciare ortaggi che per esporre libri". Si legge ancora nel volantino, che i suc- cessi del Salone sono "frutto soprattutto della partecipazione attiva e convinta di una miriade di piccoli editori che hanno affrontato spese ingentissime pur di essere presenti. Se i promotori si possono gloriare delle 850 presenze lo devono proprio a noi, agli 800 piccoli editori che hanno pagato quanto i grandi, ma non abbiamo le stesse forze per richiamare gente". Ed in effetti è vero, amico lettore, senza i piccoli anche i conti degli organizzatori non tornerebbero. Accornero e compagni avevano sommariamente comunicato (La stampa del 24 maggio, pagina 24) che la manifestazione era costata 4 miliardi e che era stata coperta nel seguente modo: L. 1.160.000.000 dagli enti pubblici!, 1.500.000.000 dagli spon- sor, il resto (owerosia, caro lettore, 1.340.000.000) con la vendita dei biglietti e degli spazi espositivi. Da un somma- rio calcolo da me eseguito, la sola vendita degli spazi dovrebbe aver dato quasi un miliardo e seicento milioni! E gli strombazzati 120.000 visitatori a seimila lire ognuno (costo del biglietto) non danno 720 milioni? Manca quindi dal conteggio più di un miliardo! Che fine ha fatto? 146 Poco ci importerebbe se gli enti pubblici (ossia noi cittadini contribuenti) non avessero versato più di un mi- liardo, e se non risultasse che i piccoli hanno versato all'incirca (solo per lo spazio espositivo) un altro miliardo e passa. Vuoi vedere che i "grandi", che oltre ad incassare i tanto sbandierati milioni di vendite, hanno anche usufruito di sconti, mentre i piccoli (che avranno venduto libri solo per qualche centinaio di migliala di lire a testa) hanno pagato, nette nette, le 200 mila lire a metro quadrato oltre alla domanda di ammissione e tutto il resto? Ebbene, caro lettore, pensi che Accornero si sia dimesso? No, per amordidio, ha anzi chiesto per gli anni a venire nuovi contributi (e li ha ottenuti) ed i perdenti, come sempre, sono stati i piccoli. Ma anche loro hanno colpe: il non associarsi, l'essere troppo entusiasticamente ingenui. E la triste esperienza li avrà ulteriormente convinti a non pubblicare narrativa di esordienti o poco conosciuti autori italiani (e sono i soli che gli vengono consentiti dal mer- cato) se non a pagamento. Speriamo, però, con qualche eccezione! 147 | |
| | | Bruno Admin
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| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:35 pm | |
| Cap. X ASPIRANTI CHE DIVENTANO ESORDIENTI Nel 1986 Cristina Benussi e Giulio Lughi dell'Università di Trieste hanno pubblicato per i tipi di Marsillo (con contributi finanziari del Ministero della pubblica istmzione, e dell'Università di Trieste, Istituto di filologia moderna) il saggio: "II romanzo d'esordio tra immaginario e mercato". I due studiosi hanno preso in esame buona parte di coloro che erano riusciti a pubblicare il primo romanzo fra il 1975 e il 1983 inviando loro un questionario di 18 domande. Il criterio di scelta è stato di "pescare" fra le grandi case editrici e di altre "di vario taglio, ma di diffusione nazionale e che comunque sembrassero attente alla continuità del tono editoriale e alla qualità dei testi" non entrando nel merito se qualche esordiente sia stato pubblicato col pa- gamento di vii moneta o di altro, perché "se il romanzo è una cosa splendidamente impura non si vede perché metodologicamente sia necessario illudersi di espungere dall'indagine tutti quegli elementi che in realtà fanno parte della vanità, dei compromessi e delle debolezze che sostanziano qualsiasi commercio interpersonale ed interculturale". Evidentemente debbo pensare, amico lettore, che editori come "Nuova Autori", "Italia Letteraria", "Lalli", "Todariana", e "Firenze Libri" non sono state considerati da Benussi e Lughi "di diffusione nazionale o attente alla continuità del tono editoriale e alla qualità dei testi" perché nessun loro autore è stato preso in esame, mentre editori come "All'insegna del pesce d'oro" (Scheiwiller)", "Città Armoniosa", "Nuova Cartia", "Erba Voglio", "Ed. Meridio- nale", "Ottaviano" e "Rebellato", scomparsi da ogni catalo- go, sono stati gratificati di una qualche stima potendo annoverare perlomeno un loro autore preso in considera- zione dagli studiosi triestini che l'hanno fatto anche per 149 editori come "Spada (o "Nuova Spada"), "Cappelli", "La pietra", "Carabba", "Italo Svevo", "Vannini" e "Bonechi" che dichiarano sui cataloghi della Bibliografia di non occuparsi di narrativa. Gli autori a cui è stato inviato il questionario erano inizialmente 106, ma, non avendo risposto nonostante numerosi solleciti in 26, quelli presi realmente in esame si sono ridotti ad 80 dei quali 61 (compresi Umberto Eco e Susanna Agnelli) pubblicati da editori "grandi" e medi come: Mondadori, Sellerie, Marsilio, Dall'Oglio, Rizzoli, Feltrinelli, Bompiani, Einaudi, Longanesi, Garzanti, Rusconi, Guanda, Vallecchi, Sugarco, Mursia, Lucarini. Come primo risultato mi sembra di poter dedurre che in otto anni gli esordienti di "qualità" ammontano in media a circa otto ogni 365 giorni a cui vanno aggiunti altri che sono stati oggetto di dimenticanza da parte degli studiosi triestini. Anche a voler valutare il numero degli esclusi con larghezza, non credo che complessivamente gli esordienti pubblicati da case note e di una buona importanza abbiano superato, nel periodo preso in esame, le 12/15 unità al- l'anno! Se, poi, si includono quelli pubblicati da Case, che, pur non essendo molto conosciute specialmente per la narrativa, per Benussi e Lughi, hanno comunque i requisiti, giungeremo ad una ventina di esordienti all'anno. Se, infine, si considerano anche gli esordienti delle Case senza i requisiti (per i due studiosi triestini), si potrebbe, con grande approssimazione, valutare il numero complessivo in 50 all'anno, perché, specialmente presso questi ultimi edi- tori, una gran quantità è costituita da poeti pubblicati per la prima volta. Ebbene, secondo Benussi e Lughi che hanno elaborato le risposte degli esordienti, ben 1'80 di loro è stato raccomandato perché "risulta", per un motivo o per l'altro, aver spedito il manoscritto attraverso una presentazione o qualcosa del genere"! In particolare: 1) Giovanni Turgi Prosperi: "ho cominciato a scrivere sollecitato da Valentino Bompiani a raccogliere episodi 150 della mia vita, inquadrandoli nell'avventura occorsa a mia madre nel 1944". 2) Susanna Agnelli: "Sono venuti a prenderlo" (il mano- scritto, amico lettore). 3) Vincenzo Pardini: "Ho spedito per caso e incredulo, sollecitato da un amico giornalista, a Enzo Siciliano". 4) Gesualdo Bufalino: "Avevo scoperto delle vecchie foto ottocentesche. Le vide Sellerie, volle pubblicarle in volume. Io scrissi un'introduzione che piacque a Sciasela. Mi telefonò per chiedermi se avevo nel cassetto qualcosa. Io avevo il mio romanzo e una traduzione delle Contrerimes di Toulet. Parlai della traduzione e tacqui del romanzo. Elvira Sellerie accettò di pubblicare la traduzione e insistette ancora una volta a telefono: "Ho scommesso con Sciasela che Lei ha un romanzo nel cassetto". Capitolai". 5) Umberto Eco: Quindi appena si è diffusa la notizia che avevo un romanzo, gli editori me lo hanno chiesto, e in molti. Non ho avuto che da scegliere. E siccome Valentino Bompiani (mio editore da sempre) era entusiasta del ma- noscritto, la scelta finale è stata quella che doveva essere. Anche con gli editori stranieri non ci sono stati problemi. Di solito si è trattato di scegliere a chi darlo". 6) Gaetano Tumiati: "Lavoravo alla Mondadori e l'ho presentato al direttore editoriale della Mondadori che co- noscevo bene". 7) Giulio Barattieri: "L'ho portato di persona a un diri- gente editoriale che conoscevo". Olivo Bini: "Attraverso un comune amico, editore anche lui ma non di narrativa, per il quale eseguivo tradu- zioni, versioni ed altri lavori di redazione. Ho lasciato fare a questo amico che, essendo appunto editore, sapeva muo- versi meglio di me (ho scoperto in seguito che non aveva letto il manoscritto)". 9) Diego Zandel: "Svolgo da anni un'attività di recenso- re, ho contatti continui con le case editrici, anche attraverso forme di consulenze esterne". 10) Cesare Lanza: "Come giornalista conoscevo molti editori: il più amico era Massimo Pini, che aveva già pubblicato una mia inchiesta, ed ho pensato a lui". 151 11) Fausta Garavini: "Nessuna presentazione salvo quel- la (inutile) del mio proprio nome accademico; conoscenze ne avevo, comunque, un po' dappertutto". 12) Laura Mancinelli: "Mi sono rivolta all'editore per il quale già avevo lavorato come germanista e a cui ero vincolata da una clausola di contratto molto precisa. Il manoscritto è stato subito accettato, con molta sorpresa da parte dei consulenti della casa editrice che mi considerava- no una germanista a tempo pieno, senza richiesta di cam- biamenti o correzioni". 13) Claudio Marabini: "Conoscenze, il prestigio della casa, il fatto che presso la stessa (Mondadori) già avevo pubblicato un libro di critica letteraria". 14) Francesco Volpini: "Mi sono rivolto a tutte le case editrici... però mi ci sono rivolto sempre con professioni- smo direi, mai alla ventura o spedendo dattiloscritti per posta". 15) Corrado Augias: "Credo che per arrivare a pubblica- re, in genere, bisogna far parte di un certo 'giro'. Qualche volta in senso deteriore di privilegio immeritato. Altre volte perché il manoscritto geniale che arriva dalla provincia (in senso intellettuale, non geografico) è un invenzione da rotocalco. Le 'forme' cambiano velocemente e bisogna saperlo in tempo". 16) Pieraldo Marasi: "Questo e quello. Poi sono approda- to da Linder". 17) Marcelle Stagliene: "Sono caposervizio culturale del 'Giornale' diretto da Montanelli dal 1974 ero amico di Erich Linder, il maggiore agente letterario al mondo. Fu lui ad offrirsi per 'rappresentare' il libro: insieme, durante la stesura, ne parlammo con Pautasso della Rizzoli". 18) Alessandro Serpieri: "Non ho spedito il manoscritto. L'ho dato a dei redattori della Bompiani che conoscevo per altre ragioni, come critico letterario. Poi mi sono affidato ad un agente, a Linder". 19) Giampiero Comolli: "Attraverso delle conoscenze indirette: gli amici degli amici. Mi sono rivolto cioè a quegli amici che avevano un qualche amico o conoscente (a me personalmente sconosciuto) in qualche modo inserito in 152 una qualche casa editrice. Ho però l'impressione che anche questa forma di trasmissione dell'opera prima sia un canale piuttosto saturo: l'amico che lavora nell'editoria è pieno di opere scritte dagli amici dei suoi amici". (Difatti, caro lettore, ecco perché è approdato a Cappelli che, sembra, pubblichi anche percependo un contributo dagli autori). 20) Claudio Piersanti: "Casa di nessuno è arrivato per caso alla Feltrinelli. Lo aveva in lettura un amico che a sua volta la ha passato a un redattore incontrato al ristorante. Amico di amici". 21) Ugo Dotti: "Mi sono servito di una piccola amicizia, peraltro occasionale". 22) Ferruccio Ulivi: "In nessuna di queste forme: solo attraverso... una sollecita, generosa, amicale mediazione". 23) Carmelo Samonà: "Non ho agenti letterari. Ho dato il mio primo romanzo in lettura a Einaudi, Mondadori e Rizzoli. Il parere 'ufficioso' di queste ultime due case non è stato positivo, da quanto ho capito; quello di Einaudi invece subito sollecito e positivo; ma devo molto di questo consenso a Elsa Morante e a Natalia Ginzburg, che mi sono amiche e hanno caldeggiato la pubblicazione, credo, in modo determinante". È una conferma, amico lettore, di ciò che hai letto nei capitoli precedenti di questo libro, ossia che in Italia se non si hanno santi in paradiso le possibilità di venir pubblicati dai "grandi" editori sono pari a quelle di vincere uno dei primi premi delle lotterie nazionali. Infatti, ad attenersi alle percentuali comunicate da Benussi e Lughi, i l6 esordienti (il 20 di 80) che hanno pubblicato senza raccomandazioni sono, con ogni probabi- lità, da ricercare fra i 19 che, all'epoca, non comparivano nelle collane dei grandi e medi editori, che più su ti ho elencato, e che hanno fatto la loro prima apparizione di narratori con: "All'insegna del pesce d'oro", "Città Armonio- sa", "Nuova Cartia", "Cappelli", "Rebellato", "Erba voglio", "Bonechi", "Italo Svevo", "Ed. Meridionale", "Bastogi", "Ottaviano", "Spada", "La pietra", e "Vannini". In effetti (e con tutte le possibilità di errare da parte mia) dal solito e 153 prezioso Catalogo dei libri in commercio del 1991 risulta che Maria Luisa Ardizzone ha pubblicato solo 3 libri e tutti con "All'insegna del pesce d'oro"; Olivo Bin (Città Armonio- sa), Gianni Boari (Nuova Cartia), Nicola Ferjancic (Erba voglio), Nicchia Furian Raffo (Bonechi), Francesco Jatta (Ed. Meridionale), Luigi Podda (La pietra) e Giacario Ravazzin (Cappelli) non risultano affatto, nemmeno per il libro con il quale esordirono; Paola Faccioli (Rebellato), Anna Ventura (Carabba) e Giovanna Vizzari (Vannini) hanno pubblicato altri libri, ma con editori praticamente sconosciuti; Domenico Pertica ha pubblicato altri 4 libri, ma sempre con Spada; Lydia Stix (All'insegna del pesce d'oro-Scheiwiller) risulta solo con il libro d'esordio pubblicato ormai nel lontano 1978; invece Giampiero Comolli (Cappelli) ha pub- blicato anche 3 libri con Theoria, Giuseppe Neri (Bastogi) ha pubblicato prevalentemente saggi con Rusconi e Sansoni, Lalla Kezich ha pubblicato anche con Camunia e Rizzoli Enrico Palandri (Erba voglio) ha pubblicato altri 3 libri con Feltrinelli e Garzanti e Bompiani, Luigi Testaferrata (Città Armoniosa) ha pubblicato anche con Rusconi. Si deve quindi supporre (e chiedo scusa se sbaglio) che senza raccoman- dazioni siano giunti all'esordio solo corrispondendo dei contributi all'editore, e non è assolutamente una vergogna per loro (tutt'al più lo è per la "grande" editoria), perché se successivamente molti di loro sono scomparsi come scrittori, altri hanno probabilmente continuato nello stesso modo, ma ben 5 su 18 sono stati finalmente apprezzati e pubblicati dai "grandi", o (ed è una misera malignità) hanno a loro volta trovato santi in paradiso! Vediamo cosa è successo ai raccomandati, a quei 6l che sono giunti, negli anni 1975/1983, alla grande e media editoria. Dei 4 esordienti con Mondadori nell'83, di cui parlò il direttore editoriale Paolini (che ebbero come presentatori 4 grandi scrittori come Sciasela, Ginzburg, Pointiggia e Citati), Luigi Del Rè è scomparso; Santamaura non è più nel catalogo di Mondadori ed ha pubblicato un solo altro libro con Marietti; Eugenio Vitarelli è anche lui scomparso dal 154 | |
| | | Bruno Admin
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| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:36 pm | |
| catalogo Mondadori, ma ha pubblicato altri 2 libri con Theoria; mentre l'unico che sembra essere stato un decente investimento per il colosso di Segrate è Vincenzo Pardini che, non solo è ancora presente nel catalogo Mondadori, ma ha anche pubblicato altri libri con Einaudi e Theoria. Proseguendo nell'esame: Leila Baiardo (Bompiani), Giulio Barattieri (Rizzoli), Carlo Brera (Longanesi), Graziella Civiletti (Bompiani), Gabriella Drudi (Einaudi), Gianmarco Gallinari (Feltrinelli), Boggi Carampelli (Guanda), Gina Marpillero (Mondadori), Sofia Scandurra (Bompiani), Anto- nio Steffenoni (Rizzoli), Giovanni Turgi Prosperi (Longanesi), Paolo Vittorelli (Rizzoli), e Francesco Volpini (Rizzoli) sembra siano del tutto scomparsi perché il Catalogo della Bibliografica 1991 non riporta affatto i loro nomi; Renato Besana (Rizzoli) ha scritto un solo altro libro in collaborazione; Antonio Campobasso (Feltrinelli), Maria Pa- ola Cantele (Mondadori), Mario Isotti (Rizzoli), Romana Pucci (Einaudi), non hanno pubblicato più nulla; Francesco Biamonti (Einaudi), ha pubblicato un solo altro libro sempre con lo stesso editore; Giulio Del Tredici (Einaudi) ha pub- blicato un solo altro libro con All'insegna del pesce d'oro- Scheiwiller; Ugo Dotti (Rizzoli) non è più nel catalogo Rizzoli, ma ha pubblicato saggi con altri editori; Fausta Garavini (Vallecchi) non risulta più come autrice Vallecchi, ma ha pubblicato saggi con altri; Cesare Lanza (Sugarco) non risulta più in catalogo con il romanzo d'esordio, ma con un altro libro sempre pubblicato da Sugarco; Pieraldo Marasi (Sugarco) ha pubblicato altri due libri con editori non molto conosciuti; Claudio Piersanti (Feltrinelli) non risulta più in catalogo Feltrinelli ed ha pubblicato solo 1/2 libri con editori poco conosciuti; Alessandro Serpieri (Bompiani) ha pubblicato poco di altro e prevalentemente saggi; Ferruccio Ulivi (Mondadori) ha pubblicato moltissi- mo, ma saggi; Giuseppe Vaccarino (Marsilio) non risulta più in catalogo Marsilio e ha pubblicato tré saggi con piccoli editori; Sandro Zanotto (Rusconi) ha pubblicato pochi altri libri con All'insegna del pesce d'oro; Valentino Zeichen (Lucarini) ha pubblicato altri due libri con Guanda; Nelson Cenci (Rizzoli) non è più in catalogo Rizzoli ed ha 155 pubblicato un solo altro libro con Dall'Oglio; Tommaso di Ciaula (Feltrinelli) non risulta più in catalogo Feltrinelli, ma lo stesso libro è stato edito da Loescher; Marcelle Stagliene (Rizzoli) ha pubblicato con Forni dei proverbi genovesi e forse un romanzo con Bompiani; Elisabetta Pierallini (Vallecchi) non risulta più in catalogo Vallecchi ed ha pubblicato un altro libro con Camunia; Fabrizia Ramondino (Einaudi) ha pubblicato ancora 1/2 volte con lo stesso editore dell'esordio e un libro con La Tartaruga; Gaetano Tumiati (Mursia) ha pubblicato altri due libri di cui uno con Mondadori; Diego Zandel (Mondadori) ha pubblicato un altro libro con Rusconi; Ippolita Avalli (Feltrinelli) ha pub- blicato altri due libri con Rizzoli. Meglio mi sembra, amico lettore, siano andati: Maria Luisa Anguirre D'amico (Sellerie) che ha pubblicato altri quattro libri con Sellerie, Rizzoli e Mondadori; Alan D. Artieri (Dall'Oglio) che ha pubblicato numerosi libri con Dall'Oglio e Mondadori; Vincenzo Cerami (Garzanti) che ha pubblicato numerosi altri libri con Garzanti e Theoria; Massimo Griffo (Rusconi) che ha pubblicato altri tré libri con lo stesso editore; Laura Mancinelli (Einaudi) che ha pubblicato numerosi altri libri con lo stesso editore; Annalisa Moncada (Longanesi) che ha pubblicato altri tré libri con Mondadori; Carmelo Samonà (Einaudi) che ha pubblicato numerosi altri libri. A parte Eco e Susanna Agnelli, che sono Eco e Agnelli, mi sembra che abbiano avuto un notevole successo: Corrado Augias (Rizzoli) che, a parte gli altri cinque libri pubblicati, ha "sfondato" in televisione con la trasmissione Telefono giallo; Barbara Alberti (Marsilio) sia per le numerosissime ed estrose apparizioni in televisione, che per i molti libri pubblicati con Mondadori; Isabella Bossi Fedrigotti (Longanesi) che è ormai molto nota ed apprezza- ta; Gesualdo Bufalino (Sellerie) che si è rivelato finissimo scrittore; Daniele Del Giudice (Einaudi), altri due libri con Einaudi; Claudio Marabini (Mondadori), altri libri con Rizzoli; Stanislao Nievo (Mondadori), Antonio Tabucchi (Bompiani) e Pier Vittorio Tondellli (Feltrinelli) molto ap- prezzati anche dal pubblico. 156 Bisogna, quindi trarre le conclusioni, amico lettore. De- gli ottanta esordienti che si sono presentati scalpitanti sulla linea di partenza del loro incontro con il pubblico e con la critica, 6l sono partiti avantaggiati perché erano riusciti ad approdare alla "grande" editoria sia pure, a quanto loro stessi ammettono, con delle spinte. Di essi oltre 20 (all'in- circa il 40) sono risultati inutili o addirittura dannosi per gli editori togliendo spazio ad aspiranti sconosciuti di talento (ve ne sono stati, vi sono e, spero, vi saranno) che avrebbero potuto dare ben di più all'editore e, in qualche caso, alla letteratura del nostro Paese. Un'altra trentina hanno dato dei risultati decenti, mentre solo 4 o 5 (a parte Agnelli ed Eco) possono essere considerati (in tutto o solo in parte) come coloro che unitamente ad altri prenderanno il posto dei vecchi autori del best-seller all'italiana. Non pochi, per la verità, ma bisogna suddividere il loro numero per ben 8 anni! Inoltre il pubblicare solo raccomandati mette ancora una volta in evidenza l'inutilità di quel costoso apparato di segreteria e di lettura in uso presso i "grandi" editori. È un apparato che, con ogni evidenza, non si accorge del vero talento, come dimostra l'episodio del Gattopardo ricestinato denunciato da Troncarelli nell'Europeo" del 1° giugno 1985: Giuseppe Pontiggia l'aveva previsto. In un suo racconto pubblicato da Mondadori c'è l'odissea di un dattiloscritto anonimo nel labirinto di una moderna, arrogante casa editrice. Naturalmente il testo viene respinto. Poi si scopre che era Dostoevskij. La realtà ha superato la fantasia. La storia immaginata da Pontiggia si è svolta davvero e ha avuto come protagoniste alcune delle più prestigiose case editrici italiane, a cominciare proprio dalla Mondadori. Il testo-civetta, lo specchietto per le allodole, non poteva che essere l'opera più incompresa dell'editoria nastrano, l'esem- pio proverbiale dell'incomunicabilità tra lo scrittore e i mandarini della carta stampata: "II Gattopardo " di Giusep- pe Tornasi di Lampedusa, più volte rifiutato prima di essere riconosciuto come capolavoro e dato alle stampe. La "beffa" è stata ideata da un conterraneo di 157 Lampedusa: il nobile siciliano Luigi Bruno di Belmonte. Autore di romanzi che fecero scandalo negli anni Sessanta, di soggetti cinematografici per produttori come Franco Cristaldi e Dino De Laurentis; amico di Ernest Hemingway e di Lucbino Visconti, era uno dei personaggi tipici della Dolce Vita, celebre per le notti brave e i giorni perduti... ma eccolo di nuovo: un "pupo" siciliano che si è ribellato al puparo, per difendere i deboli e gli oppressi. Ma perché? Lo abbiamo chiesto direttamente a Luigi Bruno di Belmonte. "Non ci crederà, leggendo "Europeo". L'estate scorsa c'era un suo articolo, sì firmato Troncargli (quello che, caro lettore, ho citato nel capitolo II), sull'editoria. È vero 'quello che scriveva. In Italia ci sono migliaio di giovani scrittori poco conosciuti e di non più giovani misconosciuti. L'edi- toria preferisce gli stranieri affermati. Così ho pensato di fare una prova e tirare un sasso in piccionaia. Ho preso il Gattopardo egli ho cambiato il titolo; l'ho chiamato "Sulle orme delle gloria ". Anche il nome dell'autore, ovviamente: Lampedusa è diventato il mio cuoco: Giovanni Barone. ho cambiato solo i nomi di persona... ho mandato un "campione" per avere un giudizio rapido: le prime qua- ranta pagine. È una parte inconfondibile, con quel rosario recitato in apertura e la visita del Principe al bordello accompagnato da un prete... Ubo mandato a Mondadori, Dall'Oglio, Rusconi, Einaudi, Bompiani e De Agostini. Solo la De Agostini ha risposto che era uno scherzo... mi pre- sentavo come un estraneo dell'ambiente: che so, un petro- liere, che aveva ricevuto per combinazione questo mano- scritto, insieme ad altri che inviarne loro (erano i miei inediti) da un'amico che è morto. Io dicevo esplicitamente che il morto ero io, Bruno di Belmonte... " "Io ho vissuto indirettamente l'angosce e l'amarezza di Tornasi di Lampedusa che ho conosciuto a Palermo, alla libreria Flaccovio, luogo d'incontro d'intellettuali. Era molto amareggiato per i rifiuti degli editori. Il suo è un caso assoluta- mente emblematico. Incompreso da Elio Vittorini, da Italo Calvino, da Natalia Ginzburg, da tutti, fu scoperto per caso solo molto tempo dopo da Giorgio Bassani. Poi è divenuto un best- seller... È un testo impossibile da confondere con un altro". 158 "... Non basta neppure il Gattopardo per sfondare il muro di omertà e di indifferenza delle case editrici. È successo questo: Einaudi e Bompiani non hanno risposto. Forse non l'hanno ancora letto. Ma allora hanno tempi di lettura lentissimi, visto che le altre hanno risposto e che quaranta pagine non sono lunghissime! La Mondadori, la Rusconi e la Dall'Oglio, invece hanno restituito il dattilo- scritto con lettere di cortese rifiuto. La De Agostini ha riconosciuto il testo. Mi ha scritto Vincenzo Ceppellini chiedendomi che razza di scherzo era. Io ho risposto "Congratulazioni!". Ma ho risposto anche alle altre case editrici, raccontando tutta la storia e dicendo: come si può ritenere valido il rifiuto a una autore interessantissimo ma sconosciuto... quando un comitato di lettura non sa non dico riscoprire il Gattopardo, ma neanche ritenerlo idoneo alla pubblicazione! È evidente che il sistema dei "lettori" non funziona". "Ho sempre sostenuto che i "lettori" dei libri devono essere scelti fra la gente comune mediante annunci sui giornali. Perché è la gente comune che un domani affolle- rà o diserterà le librerie. Chi sono i "lettori" delle case editrici? Sono spesso degli sconosciuti protetti dall'anonimato che si permettono di assassinare gli scrittori e che magari proiettano nel lavoro degli altri le loro frustrazioni di scrittori falliti. Dentro di loro la serenità di giudizio viene svilita dall'arroganza che fa sentire un brigadiere un generale, quando ha un po' di potere in mano. E poi anche nel migliore dei casi, i "lettori" sono oberati da una tale massa di dattiloscritti che non hanno ne tempo ne la possibilità di leggere con attenzione. Tanto è vero che anche i miei sono spesso stati rinviati senza che nessuno li abbia sfogliati... Ho cosparso di colla le pagine: ed erano ancora intatte!". ":.. Mondadori ha taciuto. Allora io ho scritto direttamente a Mario Formenton, presidente ed amministratore delegato, mandando una copia ai consiglieri d'amministrazione per conoscenza, il 17 aprile scorso... E chiedevo più fidu- cia per gli scritti "mode in Italy" e un sistema più serio di leggere i testi... Nulla. Neppure una lettera d'insulti. Ma c'è stato di peggio... Prendiamo il caso della Dall'Oglio. 159 Quando mi hanno rimandato il manoscritto, ho chiesto spiegazioni senza rivelare la "beffa" mi ha risposto il 19 aprile un certo signor Romano, che io avevo conosciuto a Milano. Mi ha detto: Non ho tempo ne voglia- e la volontà è incoercibile- di darle un giudizio critico...". Bisogna, però, dire, amico lettore che mi hai seguito fin qui spero con interesse oltre che con pazienza che non apprezzo la "beffa" perché oltretutto, quaranta, anche se "inconfondibili" pagine sono davvero poche e, per quanto ormai famoso, il Gattopardo non è la Divina Commedia e non è obbligatorio conoscerlo a memoria o riconoscerlo a primo fiuto. Non mi vanno prodezze siffatte, non mi va lo strumentalizzare lacune mnemoniche che possono essere umane e comprensibili, ma perbacco, sono pure quaranta pagine che dovrebbero rivelare originalità e talento ad un "lettore" esperto! Non condivido, quindi, la beffa, ma la condanna, o quanto meno una nota di biasimo, a molti lettori editoriali e all'intero apparato editoriale di giudizio, sì! I risultati dell'episodio anche se criticabile (come criticabile è l'incollare i fogli del dattiloscritto), sono un'ul- teriore conferma della carenza e dell'inutilità del sistema che condanna tanti validi apiranti scrittori sconosciuti e non raccomandati o non pronti ad inchinarsi in mortificanti salamelecchi, a rimanere impubblicati o farlo con editori a tutto (o parziale) pagamento, con il risultato di un impatto carente con il pubblico e con la critica. Eppure di quei l6 o 19 presi in esame (insieme con gli altri 6l) dal saggio di Benussi e Lughi ben 3, ed in particolare Enrico Palandri, sono pur riusciti ad emergere con una certa evidenza. 160 | |
| | | Bruno Admin
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| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:39 pm | |
| Cap. XI ASPIRANTI, COSA FARE? All'incirca nove anni fa un critico letterario di notorietà locale mi telefonò per chiedenni di ricevere una signora che aveva da poco pubblicato un romanzo con un editore bolognese dalle molte novità annue di saggistica, filosofia, medicina e scolastica, ben distribuito in tutto il territorio nazionale e che, si sapeva nell'ambiente, pubblicava anche narrativa ma col contributo (massiccio) degli autori. Mi disse che era una mia ammiratrice ed aveva letto dei miei romanzi e i due saggi sull'editoria per i quali, in quel periodo, mi giungevano da ogni parte recensioni, segnalazioni e dattiloscritti (ma non "caterve" come alla Ramondino), e lettere di questo tipo: Gentile Cotronei, dato che non mi è possibile parlare su "Annabella" del suo libro "I segreti dell'editoria", e non gliene enuncio le ra- gioni per non sembrare, ingiustamente, simile ai personag- gi del libro stesso, desidero ringraziarla comunque per avermelo mandato e dirle quanto mi ha interessato, amareggiato e, le confesso, anche divertito la sua lettura. Purtroppo la situazione, così ben fotografata da lei, è quella che è, e temo che non cambierà ancora per molto tempo. Possiamo però sperarlo. Con molti cordiali saluti. Laura B. Piccoli Egregio Signore, avevo adocchiato alla stazione Usuo volume sull'editoria e mi ero detto: "Che cosa può insegnare a me, che ho lavorato per quarant'anni nel settore editoriale?" Ma, venuto a più miti consigli, l'ho comprato e ...letto in un fiato. Tante, troppe cose non le sapevo o le sapevo in versione edulcorata... 161 Gentile Signore, mi è gradito inviarle un articolo dove ho avuto I occasione di citare il suo coraggioso libro "I segreti dell'editoria , che ho molto apprezzato! Cordialmente . ,,. Dana Martelli Risposi al critico di invitare la signora ed il marito, un affermato professionista, a cena da me un paio di giorni dopo quando, mia moglie ed io avremmo, comerà ormai consuetudine, ricevuto il grande Domenico (Mimi) Rea e la mo! ^' signora venne, timida ed agitata, mi chiese una dedica su un mio libro e quasi non mostrava il suo (grande e cartonato). Quando poi giunse Rea, quasi gli si inginoc- chiò davanti affrettandosi a chiedergli un autografo. Ma meno di un'ora dopo a tavola, sarà stato il vino, i cibi rafforzanti, incominciò a prender coraggio e a dire ( alla presenza di un vecchio e grande scrittore come Rea, e alla mia ormai più che competente sui fatti editoriali) che le vendite del suo libro andavano benissimo ed il distributore per Napoli le aveva comunicato di aver venduto, m un solo mese, più di 3.000 copie! Rea ed io ( che quando ci andava bene a Napoli m un anno non vendevamo più di mille copie) ci guardammo e decidemmo di punire quella assurda arroganza o quella grande stupidità, e incominciammo a sottoporia ad un fuoco incrociato di battute e di domande. Il marito fremeva, la signora era neivosetta, temeva una reazione scomposta, non il duellare in punta di fioretto m uso fra gente di lettere. E Rea ed io , impietositi, decidemmo di smetterla cam- biando argomento. II giorno dopo, feci ciò che avevo fatto più volte con tante case editrici di ogni dimensione per conoscere la situazione e descriverla, telefonai all'editore bolognese e seppi indirettamente, che l'edizione era costata ali autrice ben 12 milioni (più di 30 di oggi) e la tiratura non aveva superato le mille unità! 162 Non più di due anni fa un'altra signora che frequentavo, ottima moglie e splendida madre, mi disse di aver scritto e pubblicato un libro con un piccolo editore milanese (ben noto per la richiesta, attraverso pubblicità sui giornali, di autori a pagamento) e che me ne avrebbe fatto dono di una copia per avere il mio giudizio. Mi scappò (e mi dispiace) da chiederle: "Quanto hai pagato?". Arrossì, ma mi rispose: "Niente, ci mancherebbe. Anzi, quel mio parente che vive a Milano mi ha detto che il mio romanzo è in testa nelle vendite nelle librerie!" Ma come si fa, amico lettore, ad essere tanto stupidi e disinformati? Con i chiari di luna del mondo editoriale, con un pubblico torpido per la narrativa anche di grandi e cono- sciuti scrittori che si smuove solo per gli autori sempre presenti in televisione, e per Di Pietro, Occhetto, ed ora per il Papa (sceso in lizza con Mondadori - e non con una delle tante case editrici cattoliche - con un "cartonato" da 25.000 lire!), loro, autrici modeste e persone sconosciute, con libri normali e non scandalosi, e nemmeno molto pubblicizzati ed assolutamente non recensiti da quelli che contano, " in testa nelle vendite"? E a chi lo dicono?, non ad amiche danarose ed ingioiellate fra un pasticcino ed una partita di gin o di cun-cain, ma a gente del mestiere! Vedi, amico lettore, ti ho raccontato i due episodi per caratterizzare un certo tipo di aspirante scrittore, quello deleterio, quello privo di profonda cultura, quello che legge poco e male, quello che non sa ben guardarsi attorno e da ciò che vede trarre insegnamento ed ispirazione, quello disinformato. E un vero narratore non può permet- tersi di esserlo mai, anche se fornito di grande talento. Non è a questi aspiranti scrittori che mi riferisco nel libro che stai leggendo. Son proprio loro che autorizzano i Guerri, gli Alpino e tanti altri a non considerare con molto rispetto gli aspiranti scrittori ed i loro problemi. Son quelli che scrivono per farsi belli fra amici che ignorano tutto del mondo letterario, fra fornitori e parrucchieri, commessi di negozio e sarti che hanno per idoli i personaggi di moda, i 163 Beautifui e i best-seller commerciali stranieri descriventi un mondo solo consumistico e di facciata. Si scrive per istanze diverse, e giustamente si vuoi essere pubblicati, se si è validi autori, e letti da tantissimi, come scriveva Berchet nella sua "Lettera semiseria" pubblicata nel 1816: ... Sentirono essi che la verissima delle Muse è la Fi- lantropia e che l'arte loro aveva un fine ben più sublime che il diletto momentaneo di pochi oziosi. Però, avidi di richiamare l'arte a' di lei principi, indirizzandolo al per- fezionamento morale del maggior numero de' loro com- patrioti, eglino non gridarono come Orazio: Satis est equitem nobis plaudere; non mirarono a plagiare un Mecenate, a gratificarsi un Augusto, a procurarsi un seggio al banchetto dei grandi; non ambirono isoli batti- mani di un branco di scioperati raccolti nell'anticamera del Principe. Oltredichè non è da tacersi come insieme a questo pio sentimento congiurasse anche nelle anime di que' poeti la sete della gloria, ardentissima sempre ne' sovrani ingegni, e sprone inevitabile a far bene. Eglino aveva letto che in Grecia la corona del lauro non l'accordava- no ne principi, ne Accademie, ma cento e cento mila persone convenute da ogni parte in Tebe e in Olimpia. Avevano letto che i canti di Omero, di Tirteo non erano misteri di letterati, ma canzoni di popolo. Avevano letto che Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane non si faceva- no belli della lode de' loro compagni di mestiere; ma anelavano al plauso di trentamila spettatori; e l'ottene- vano. Quindi, agitati da castissima invidia, vollero anch'essi quel plauso e quella corona. Ma e in che modo conseguirla?...Lambiccarono allora essi con più fine critica quelle opere, onde scoprire di che malie profittavandi in Grecia i poeti per guadagnarsi tanto suffragio dai loro contemporanei. Videro che queste malie erano i loro Dei, la loro religione, le loro supersti- zioni, le loro leggi, i loro riti, i loro costumi, la storia loro, le loro tradizioni volgari, la geografia loro, le loro opinioni, i loro pregiudizi, le fogge loro, ecc. ecc. ecc... 164 ^ Ecco la chiave del successo del best-seller all'italiana che e anche best-seller di qualità, e che non va mai confuso con consumistici personaggi o evanescenti mode del momento Ma i nostri "grandi" editori con i loro lettori-consulenti sono ancora m grado di capirlo, o seguono anche il criterio denunciato dalla francese De Staél in un'articolo pubblicato nel 1816 sulla "Biblioteca italiana"? ...Havvi oggidì nella letteratura italiana una classe di eruditi che vanno continuamente razzolando le antiche ceneri per trovarvi forse qualche granello d'oro: ed un'altra di scrittori senz'olirò capitale che molta fiducia nella loro lingua armoniosa, donde raccozzano suoni vuoti d'ogni pensiero, esclamazioni, declamazioni, invocazioni che stordiscono gli orecchi e trovan sordi i cuori altrui perché non esaltano dal cuore dello scrittore. Guarda, non sono solo le "grandi" strutture editoriali Anche editori medio-piccoli, direttori di rivistelle letterarie professori di letteratura italiana e tanti altri. Credono di far parte di un mondo privato e solo a fatica debbono prima o poi, ammettervi chi conquista il favore del pubblico dei lettori, e, a volte, se ne fanno tanto trascinare che'non riescono a veder altro, perdendo le fila di quella via intermedia che, alla fine, risulta sempre la migliore Forse, caro lettore-aspirante scrittore, ti sarà capitato in uno dei tuoi tentativi, di sentirti rispondere che sì il tuo lavoro e buono, interessante, ben delineato, affronta bene temi d attualità e ricorda con perizia e senza noie ferite del nostro Paese, educative per la vita d'oggi, ma non è d evasione, ne letterariamente sublime. Si agisce per sche- mi, per "linee editoriali", per altre diavolerie spesso ingiustificate specialmente e solo se non fai parte della bagarre letteraria. E la nostra narrativa muore o boccheggia e validi ri- cambi, che dovrebbero solo essere incoraggiati, restano al palo per anni o per sempre! Ed il problema degli aspiranti scrittori non raccomandati permane gravissimo ed ancora irrisolto. | |
| | | Bruno Admin
Numero di messaggi : 3063 Data d'iscrizione : 27.10.08 Località : Napoli Personalized field :
| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:39 pm | |
| Ma quanti ne sono? 165 Non certo i 100, 200, 300 mila, che , con impeto e tanto per far polemica e senza alcuna documentazione, Guerri, Arpino o altri hanno detto. Tantomeno i " 50 milioni d'italiani" che secondo Umberto Eco (nella prefazione al libro di Fabio Mauri "121 modi di non pubblicare un libro" edito da II Mulino) "producono almeno un manoscritto nel corso della loro vita terrena" (indirettamente smentito dallo stesso Mauri, funzionario per vent'anni di Bompiani, che nella lunga nota a pagina 20 fornisce numeri infinitamente inferiori). Le uniche cifre che abbiamo a disposizione per determi- nare, con un minimo di veridicità, il numero degli aspiranti scrittori ci vengono fomite dalle dichiarazioni (che già conosci) di Bergamaschi (Einaudi), Gelli (Garzanti), Paolini (Mondadori), Pautasso (Rizzoli), Giardina (Rusconi) che affermano di ricevere ogni anno, rispettivamente, la se- guente quantità di dattiloscritti: 551, 1.500, 2.800, 1.200 e 1.300, per un totale di 7.351! E allora? Se ragionevolmente si tien conto delle dimensioni delle case editrici nominate e della semplice considerazione che un aspirante può inviare più opere (ad esempio un romanzo e una raccolta di racconti o di poesie) a più editori contem- poraneamente e che il rimanente della grande e media editoria (la piccola riceverà gli stessi dattiloscritti rifiutati dagli altri) potrà al massimo raccogliere un quantitativo pari a quello dei cinque "grandi" citati e se, infine, si può arguire con una certa logica che l'anno successivo molti degli stessi aspiranti rifiutati ci riproverà con nuove opere, direi che tutt'al più si tratterà di 15.000 veri aspiranti in continua attività (perche a quelli che, dopo anni di inutili tentativi, mollano scoraggiati, subentrano altri nuovi). D'altra parte nessuna smentita è mai giunta a ciò che pubblicai su "Panorama" del 26 gennaio 1986: E' vero che in Italia pochi sono i lettori e molti, in proporzione, quelli che scrivono, ma questi vanno distinti da coloro che tentano di pubblicare la loro opera, che non sono i contornila spesso sbandierati, bensì, su dati attendibi- li, al massimo quindicimila. 166 / grandi editori ricevono troppi dattiloscritti e tante raccomandazioni che non di rado prevalgono. Ciò non consente sovente un'oculata scelta e rende possibile e scusabile (fino ad un certo punto) il non riuscire a cogliere con immediatezza veri talenti del tipo Moravia, Svevo, Morselli, Tornasi di Lampedusa, o Berto, che in varia misu- ra hanno trovato ostacoli per la pubblicazione delle loro opere più famose. Molti piccoli editori guadagnano stampando a paga- mento opere più o meno valide di aspiranti delusi o ansiosi di essere scrittori veri, ossia pubblicati. Premi esclusivamente per opere prime sono nati a mio avviso nella stragrande maggioranza con intenti speculati- vi, anche se avallati da assessorati alla Cultura o da riviste letterarie. A parte "spese di adesione" (se ci sono o meno), non è poi tanto maligno pensare che nominativi di parte- cipanti possono essere trasmessi agli editori a pagamento per eventuali proposte di edizione... Su "Paese sera" del 31 dicembre 1985 scrissi anche: ...Molti aspiranti scrittori si meritano ( anche se non è mai giustificato) il commercio e la strumentalizzazione che nasce sulla loro vanità perché leggono poco o nulla la storia della letteratura, i classici o valide opere contemporanee, e inviano dattiloscritti financo ad editori che hanno pubbli- cato saggi specifici sull'argomento dove si denuncia la spe- culazione, si fa luce su cosa c'è dietro e li si invita a riflettere, a documentarsi prima di gettarsi a capofitto in una cieca mischia per la pubblicazione. Ora, caro amico, mi auguro che tu non sia fra questi, e se ti ho definito aspirante scrittore e non soltanto scrittore c'è un motivo. Ad esempio il moderno Dizionario Garzanti alla voce scrittore recita: "chi specificatamente per professio- ne, scrive opere con intento artistico". Quindi tu, anche se hai composto poesie, racconti, romanzi, ancora non puoi essere considerato scrittore: tè ne manca la professionalità, e la pubblicazione e la diffu- sione. D'altra parte per "entrare" in una delle due associa- 167 zioni italiane di scrittori, il Sindacato Nazionale Scrittori (di cui fanno parte i più importanti autori) e il Sindacato dei Liberi Scrittori (sono entrambe a Roma), occorrono nume- rose pubblicazioni se l'editore che ti ha pubblicato (rego- larmente registrato) non è particolarmente importante, altrimenti può bastarne anche una sola se l'editore è uno di quelli noti e presenti in ogni libreria. Ma prima di pensare ai sindacati e al diritto di definirti scrittore, vuoi con me riesaminare la situazione? Ormai sai tutto della disperata condizione di chi ha scritto e vuole essere pubblicato da un editore non a pagamento. Ma anche quelli che accettano il denaro dell'autore, salvo deprecabili e non numerose eccezioni, chiedono una qualità, di contenuti e forma, decente. Allora, innanzitutto, devi fare un sincero, crudele esa- me di coscienza. Rileggi quanto hai scritto con occhio possibilmente disincantato. Compra libri, storie della letteratura, e con- fronta con mente serena e giudica, dal paragone, il tuo elaborato. Solo le idee non bastano. Ne basta solo saper scivere. Se hai amici sinceri e colti, sottoponi a loro quanto hai scritto e chiedi un giudizio spieiato, minuzioso. Non superi la prova? Smetti, o ritenta ancora. Se il nuovo giudizio non cambia o cambia di poco, smetti definitivamente e dedicati allo studio, al lavoro, insomma a quello che già fai o che comunque ti è più congeniale (che a quanto pare non è lo scrivere): ti sarà più facile "sfondare". Superi la prova brillantemente? Non ti esaltare e cerca nuove persone degne di fede. I giudizi sono davvero tutti buoni?Sei pronto a gettarti nella mischia e a soffrire? Allora sei maturo per tentare, con umiltà e pazienza! Scrivi, scrivi, e scrivi ancora, riguarda, modifica, correg- gi. All'inizio devi farlo ancor di più degli scrittori profes- sionisti, al contrario di quello che questi ultimi dichiarano, perché "per mestiere" e nome si possono abbreviare le cose. 168 Certo, è bello e qualificante essere scrittori: è solo da pochi; gli onori, qualche volta la ricchezza, giungono! Vuoi quindi pubblicare, ma non hai santi in paradiso e non vuoi approdare ai piccoli editori che pubblicano a pagamento, ne vuoi tentare di scrivere saggi interessanti (come suggeriva Guerri) o di inserirti fra giornalisti pubbli- cisti o professionisti (come suggeriva Spinosa), a parte che non è del tutto vero che agli editori non giungono saggi (dalle dichiarazioni di Sandra Bergamaschi sono circa 1'8 del totale dei dattiloscritti). Allora il tuo problema (e quello di tutti i veri autori) è davvero grave! Ce lo conferma Alberto Scarponi che, in un articolo dal titolo "Una politica degli autori" pubblicato su "Produzione & Cultura" del settembre-dicembre 1994, scrive: In Italia oggi molti si chiedono come andrà a finire. Lo facciamo anche noi, in particolare (ma siamo isoli proba- bilmente) ci chiediamo come andrà a finire per gli scrittori. Ora, se volessimo decifrare tale destino guardando al mercato del libro, e del libro letterario in specie, finiremmo nel più nero pessimismo... cala il totale delle copie vendute... nell'Impero della Notizia e dei suoi cortigiani (lo spettacolo, le star, il pettegolezzo, il presenzialismo) sipario di un libro, di un libro letterario in specie, soltanto quando fa scandalo, quando fa immagine, quando fa festa, al massimo quando fa informazione, non quando fa letteratura. Dunque nella società di massa lo scrittore, salvo (si licet) il bestsellerista (che fa molto notizia per numeri e altre droghe esotiche nella repubblica delle lettere), è destinato alla malora. Peggio che andar di notte (il peggio non è mai morto), se diamo retta alle profezie di quelle apocalittiche cassandre che giudicano ormai eterno e definitivo il potere assoluto della pappa icon ica (televisiva)... Infatti (mi perdoni chi l'avesse già osservato a mia insaputa, ma credo di dire una cosa nuova) i libri stentano ad essere pubblicati semplicemente perché la pubblicità non li finanzia. A ben guardare, non c'è al mondo (letteralmen- te) nessuna operazione culturale a stampa che parta come impresa autonoma in grado di reggersi sul mercato. Anzi 169 perfino i giornali, che talvolta non hanno niente a che fare con la cultura ma sono in ogni caso produttori di quel bene essenziale nella società di massa che è l'informazione, in realtà entrano in circuito come veicoli pubblicitari e solo dopo, istauratesi il circolo virtuoso, divengono potenze in- formative (talvolta anche politiche e culturali). Una breve nota al margine per aggiungere un altro esempio: il cinema autonomo va sempre più perdendo peso a vantaggio della televisione e proprio perché la pubblicità ha scarso interesse a sostenerlo nelle poco frequentate sale cinematografiche. Come sempre, allora, l'ideale staccato dall'interesse fa magre figure. Altrimenti detto: il mercato, che ha una logica economica, si disinteressa della cultura in quanto tale; semplicemente può adoperarla per i suoi fini. Il che è assai razionale, ma non viene tenuto nel debito conto quando sipario di cultura, di arte, di autori, di creatività e dei guai che a loro capitano, lì abbandonati al mercato. Il primo guaio è che l'autore nuovo (pittore, compositore, regista, drammaturgo, romanziere, poeta che sia) ovvia- mente sta fuori dal mercato. Non occorre qui inventariare ne tutte le possibili strade d'ingresso ne tutte le possibili figure d'autore nuovo. Resta che costui, se vuole entrarci e rimanerci, deve presentarsi in veste di soggetto economico, di libero professionista (che è quanto dire, di impren- ditore di se stesso). Qui sta il punto (un primo punto): se non si vuole che gli autori in generale e, per quel che ci interessa più diretta- mente, gli scrittori scompaiono del tutto, sommersi dalla loro controfigura commerciale, che talora non ha più niente di creativo, la società deve favorire e tutelare l'inserimento degli autori creativi nel mercato come liberi professionisti. Occorre, quindi, una vera e propria politica degli autori. Non basta affidarsi alla certezza che questi lavo- ratori autonomi saranno tutelati (nella loro libertà con- trattuale, nella loro esigenza di giustizia fiscale, ecc.) come tutti gli altri lavoratori autonomi. C'è bisogno di uno specifico atteggiamento di promozione professionale da parte dello Stato verso i portatori di una funzione 170 | |
| | | Bruno Admin
Numero di messaggi : 3063 Data d'iscrizione : 27.10.08 Località : Napoli Personalized field :
| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:42 pm | |
| sociale che, se venisse svuotata di senso (come siamo in pericolo di vedere oggi in Italia), darebbe un deficit netto di sviluppo socio-economico e un rischiosissimo arretramento di civiltà. Come i fiumi e i monti straripano e franano quando l'uomo non garantisce l'equilibrio ecologico, così è certo che l'impatto con il nuovo, le tensioni etiche, i conflitti d'interesse, i cambiamenti sociali risultano devastanti per gli individui senza una diffusa elaborazione culturale di tali dinamiche e senza per essi la sicurezza psicologica che deriva dalla sensazione di partecipare, tramite il gioco della fruizione artistica, a una identità collettiva, a una cultura. Che una politica degli autori sia una necessità nella società moderna è dimostrato praticamente da quanto fanno in questo campo, ciascuno alla propria maniera, un po' tutti i paesi europei, Francia e Germania in primo luogo , ma poi Svizzera ed Austria, Norvegia e Belgio, Spagna ed Ungheria, ecc, ecc. E non va dimenticato che persino gli Usa, spesso portati a modello di laissez-faire liberistico anche nella cultura, hanno una intensissima politica culturale del tipo cui stiamo alludendo, condotta per la via della detassazione dei profitti investiti nella cultura (chi non ha conosciuto qui in Italia almeno uno studioso o uno scrittore o un artista titolare di una borsa di studio annuale che aveva tale origine?) e non soltanto per questa via. Il nostro Stato brilla tristemente per la pomposa fiducia nella spontaneità del genio italico con cui si cerca di coprire il furbo (ma poi e davvero furbo?) calcolo contabile delle somme risparmiate. Qui da noi si riterrebbe atto di generoso mecenatismo statale quello che sarebbe solo accorta strategia politica a vantaggio della società tutta e della stessa economia. I danni che nascono dalla disattenzione con cui si è guardato alla Siae e alla sua (voluta?) crisi...Ma il caso più clamoroso e forse più istruttivo è quello dell'oggetto misterioso chiamato Enap (Ente Nazionale di assistenza e previdenza per pittori e scultori, musicisti, scrittori e autori 171 drammatici). Quasi nessuno in Italia sa che esiste e nessu- no sa o vuole sapere a che cosa serva. E ciò semplicemente perché la sua funzione è di sostenere e promuovere le attività di alcuni tipi di autori: scrittori, drammaturghi, musicisti, pittori e scultori. La congiura (del silenzio e di altro) è tale che, nientemeno, ci si arroga il diritto di non versare i finanziamenti dovuti per legge o, in altri casi, si interpreta la norma con termini irridenti per gli autori o, ancora, quando si può si cerca di abolire, nella massima sordina, senza tante discussioni, la legge esistente tanto fastidiosa. Qualcuno probabilmente vorrebbe raccontarci la favo- la della fine dell'assistenzialismo. Ma,a parte il fatto che qui si porrebbe drasticamente fine a un assistenzialismo che non c'è mai stato, ne in senso buono ne in senso cattivo, sarebbe molto meglio, invece di giocare con le parole, guardare alle necessità del paese e porre mano a una sana politica culturale di promozione degli autori. Anche il congresso degli scrittori europei ha caldeggia- to un'interessante proposta d'innovazione giuridica nel campo del diritto d'autore che darebbe la possibilità (anche in Italia) di reperire una fonte notevole di finanziamento da utilizzare per le tanto necessario politi- che di sostegno all'attività degli autori, e quindi anche a quella dei nuovi autori. Ce ne da notizia, caro lettore, Hans Peter Bleuel in un lunghissimo articolo pubblicato sullo stesso numero di "Produzione & Cultura". In sostanza gli scrittori euroei sostengono che "le eco- nomie nazionali traggono profìtto dalla produzione di cultura: il giro d'affari che il media business trae da opere coperte da copyright all'interno dell'UE è stimato tra i 120 e 200 milioni di sterline". Si chiede, quindi : "che, analoga- mente a quanto previsto per i beni materiali, sia ricono- sciuto legalmente il diritto perpetuo alla proprietà in- tellettuale. Che sia introdotto un diritto d'autore col- lettivo (DAC) il quale entri in vigore alla scadenza del consueto diritto d'autore post mortem e vada a van- taggio della categoria degli autori creativi viventi, 172 attraverso una ragionevole provvigione sullo sfruttamento delle opere letterarie ed artistiche". Che il problema degli aspiranti scrittori non raccomanda- ti ci sia ed abbia caratteri di estrema gravita è, quindi, vero, e bisognerebbe adoprarsi in tutti i modi per risolverlo rompendo definitivamente quell'atteggiamento ironico, astioso, "omertoso" di autori del tipo Guerri, Spinosa, Arpino, Eco, e tanti altri. Qualcuno ha tentato di farlo. Lo apprenderai leggendo l'articolo, dal titolo "Aspiranti scrittori ed editoria: una propo- sta", che pubblicai sul settimanale "Napoli Oggi" del 4 dicem- bre 1986: Fui buon indovino quando alle pagine 122 e 123 del mio pamphiet " II doposegreti dell'editoria", terminato nel- l'aprile '85, annunciai che numerose iniziative per gli aspiranti scrittori sarebbero state promosse. Ora, a parte iniziative prevalentemente speculative, c'è stato lo scrittore Tondelli che ha selezionato, presentato e fatto pubblicare alcuni aspiranti in un unico volume; l'Espresso con il suo noto concorso; la biblioteca diMonza con un altro concorso dal nome "Scritture Anni Ottanta " e infine due articoli particolarmente importanti per la firma degli autori e la grande diffusione dei fogli sui quali sono apparsi. Il primo, dal titolo "Gli Erodi dell'editoria" di Furio Colombo (Tuttolibri di sabato 18 ottobre), spezza una lancia in favore di chi ha voglia di scrivere e di essere pubblicato e condanna autori già noti ed assisi in pompa magna nelle cattedrali del libro, che sono annoiati dalla massa di dattiloscritti che giunge a loro e agli editori, e vorrebbero che tale massa cartacea fosse sbattuta via se chi la manda non e quantomeno un conoscente o un frequentatore di certi ben definiti ambienti. Nel secondo, di Ceno Pampaloni ( "II giornale" del 19 ottobre), si prospetta una soluzione per gli aspiranti a mezzo di varie selezioni regionali a cura di biblioteche, e la pubblicazione di alcune opere migliori da parte di un qualche prestigioso editore medio che sia, per lo scopo e solo per quello, finanziato con soldi pubblici. Suppongo che i soliti maligni e poveri di spirito potranno 173 definire Tondelli, i responsabili della biblioteca di Monza, l'Espresso, Colombo e Pampaloni profittatori per voler sfrut- tare un filone che tira e che può procurare facili consensi, e non è da escludere del tutto. Probabilmente nulla o quasi è totalmente puro, ma qualcuno deve pur occuparsi del possibile spreco di veri talenti, che non è detto che debbano per forza attendere situazioni fortunate anteepost mortem. Colombo afferma che gli editori e i lettori editoriali deb- bono aver pazienza e leggere i manoscritti: è il loro mestie- re! Ed io aggiungo: certo che lo è, ci mancherebbe se non cercassero nel nostro Paese ricambi alla nostra letteratura un pò stanca nei vecchi, e non sempre davvero valida nei nuovi pubblicati. Non si può solo rivolgersi al mercato straniero, ne accet- tare solo i raccomandati provenienti - è bene ribadirlo - sempre o quasi dalla stessa cosiddetta bagarre letteraria. Spesso i raccomandati non sono i più validi esponenti di quanto c'è di nuovo in Italia in questo settore. Son proprio loro che ottenebrano le scelte dei grandi e medi editori; ma ciò non vuoi dire che non si comprenda come la massa di dattiloscritti degli sconosciuti freni oltre ogni dire una lucida decisione. No, non bisogna santificare tutti gli aspiranti; essi, insieme ai raccomandati, dovreb- bero essere sottoposti ad una specie di esame senza favoritismi e pietismi di alcun genere e, come altri pro- fessionisti, debbono essere abilitati a poter esercitare. Do- vranno possedere talento (più che mai indispensabile per questo genere di attività) e cultura storica e letteraria. Non è ammissibile che una qualsiasi massaia o impiegato del catasto (sono solo esempi, non offese) possano scrivere senza aver mai letto testi importanti di maestri d'ogni tempo ed aree culturali. E ciò avviene purtroppo non di rado squalificando l'intero settore. Se c'è il talento innato deve essere accompagnato da cultura. Ed ecco quindi la mia proposta, che può essere naturalmente ampliata e modificata. Una commissione finanziata dall'Associazio- ne Italiana Editori, che si avvalga anche di qualche con- tributo statale di certo non gravoso in confronto ai tanti soldi mal spesi della finanza pubblica, dovrebbe giudicare 174 / dattiloscritti e sottoporre i candidati che abbiano supera- to questa prova, ad un intelligente esame orale di stona e letteratura italiana e straniera. Ma i nomi (per evitare favoritismi) non si dovrebbero conoscere, ed uno o più notai dovrebbero mascherarli, come si usa m concorsi Dubbiici I respinti potranno presentarsi solo una seconda volta e mai più accolti, dopo un ulteriore bocciatura. promossi invece conseguirebbero il diritto di chiedere agi editori e agli scrittori noti un giudizio ed una spinta alia t/ubblicazione. , | |
| | | Bruno Admin
Numero di messaggi : 3063 Data d'iscrizione : 27.10.08 Località : Napoli Personalized field :
| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:43 pm | |
| A questo punto mi si potrebbe obiettare che troppo complesso o macchinoso potrebbe essere vagliare diecine di migliaio di aspiranti scrittori. Tal'è il numeromfat ti che comunemente viene indicato in un Paese dove s( ritiene che tutti abbiano l'uzzolo di scrivere, e questo e probabilmente vero. Ma coloro che riescono a condurre a termine un'opera completa, a correggerla, a farla dattiloscrivere ed inviarla ad un editore non sono poi moltissimi; non saranno certo più di quindicimila che sono poi a parte deboli ricambi, sempre gli stessi, dispe-^ rati tenaci e spesso presuntuosi. Il loro numero quindi e ben minore delle masse di aspiranti a un qualsiasi con- corso pubblico e naturalmente andrà decrescendo con il passre degli anni e le difficoltà della prova da superare. Si potrebbe ancora chiedere quale reale beneficio ti a>- ranno gli aspiranti scrittori dal poter presentare a editori i propri lavori (ora sicuramente buoni) quando si troveran- no a cozzare contro la legittima riserva sulla vencibilita e di conseguenza sull'insuccesso economico eh tale opera- zione E qui forse la bontà della proposta di Pampaloni salta fuori nel far finanziare la pubblicazione di testi che pur aziendalmente non positivi, siano invece utili per la nostra storia letteraria. Si potrebbe quindi risottoporre tali testi una volta respinti per questo motivo, alla commissio- ne che potrà assegnarli, con adeguato contributo, a un editore che s'impegni a pubblicarli, a pubblicizzarli e a diffonderli. Come vedi, amico lettore, anche la soluzione è comples- 175 sa, e la mia proposta, come quella di Pampaloni, dovrebbe essere ripresa in esame ampliata, migliorata, e finalmente applicata. Ma sono già trascorsi più di sette anni! Per altri, come per la scrittrice Silvana La Spina di 46 anni, insegnante ed autrice di " Scirocco" pubblicato da "La Tartaruga" (14 titoli all'anno ed anche di scrittori stranieri), non ci sono problemi ad essere pubblicati. Così afferma in un suo articolo dal titolo "II Talento? un dono degli dei" uscito (corredato da una fotografia che la mostra con un bei cappellone e collo di pelliccia) da quel rotocalco di cui non ricordo più il nome che, nella stessa pagina, pubblicava l'articolo sullo zen e l'arte di scrivere un libro, che ho già citato in un capitolo precedente. La Spina dice: Per tutta la vita ho cercato di...non scrivere. Perché sapevo che con carta e penna si compiono fatiche inumane (e questo è vero, amico lettore). ,5b/o le prime tré pagine di un libro sono un dono degli dei: tutto il resto è sudore. Persottrarmi al mio destino di narratrice mi sono inven- tata di tutto: un primo matrimonio giovanissima, poi an- nullato dalla Sacra Rota. Un secondo. E tré figli. Poi verso i 32, 33 anni, mi sono arresa: la voglia di scrivere era diventata bisogno, urgenza. Scrivevo solo per me, senza aver l'ansia di pubblicare: sapevo che prima o poi nella mia vita sarebbre successo qualcosa di bello. E' successo: ho spedito un manoscritto al "Premio Tedeschi per la lettera- tura gialla", bandito dalla Mondadori. Non è arrivato nem- meno in finale . Però qualcuno si è preso la briga di segnalarlo a Laura Lepetit, direttrice della Tartaruga. Ho firmato il contratto poco dopo: "Morte a Palermo", il mio primo libro, è andato esaurito. Da allora non ho mai smesso di scrivere: la mattina mi alzo presto e lavoro due o tré ore, prima di recarmi al liceo dove insegno da anni. La sera mi rimetto alla scrivania per un paio d'ore: ma alle otto smetto e vedo il telegiornale. Se continuassi poi non riuscirei a prendere sonno di notte: la scrittura mi da una grande eccitazione. Non potrei lavorare se fossi serena: perché i miei libri escono/fiori dalla mia immaginazione, 176 dalle mie visioni e forse dalla mia sofferenza. Presto ostato tardi, nella mia vita, e io mi sono trovata sovraccaricata di responsabilità: non ho vissuto l'adolescenza, non l'ho con- sumata, e perciò credo, sono rimasta un pò ragazzina anche adesso che ho quasi quarantasei anni: con questo fervore, con il mio bisogno di raccontare storie. Son sempre incinta di un nuovo libro. E questo mi tiene al riparo dalla solitudine. Per la cronaca, della scrittrice che hai appena letto, sul catalogo della Bibliografica risulta in commercio un solo libro che è, appunto "Morte a Palermo" del 1987. Tutti i suoi parti, quindi, (ad esclusione del primo e dell'ultimo) sembrano essere stati aborti. Ma tant'é se sei donna, prova con La Tartaruga, non si sa mai! E poi sempre nella stessa pagina dello stesso rotocalco c'è un trafiletto dal titolo "A.A.A. Esordienti cercansi". Eccolo: Ha un nome battagliero "Circolo del Festival", perché come dicono i fondatori "si propone di appestare l'aria sempre più artefattta del mondo della letteratura con episo- di di vita vera". Piccola, ma battagliera casa editrice (per la produzione si appoggia a un editore più grosso, Pacini) - di Pisa, amico lettore con 30 novità all'anno di Arte, critica letteraria, linguistica, medicina, storia, secondo il catalogo degli editori del 1988 - pubblica unicamente scrittori esordienti, ma con un criterio ben preciso: che abbiano qualcosa da dire. Dietro i titoli che compongono le due collane-"I senza storia "e "I vagabondi" - vicende di vita vera, personaggi di grosso spessore umano. Il più grosso successo editoriale de "II circolo del Festival" è stato "II vecchio resina" di Ugo Garzelli, pubblicato nella collana "I vagabondi": storie di provincia scritte da un amministrato- re senza alcuna ambizione se non che i suoi racconti venissero letti dagli amici: per questo aveva fatto riprodurre una trentina di copie con il ciclostile e le aveva regalate. Scoperto dalla piccola casa editrice il manoscritto è diven- tato un successo. Tra gli altri titoli, "Questa vita a più non 177 posso", scritto da Pasquale Spadi, che ha soggiornato a lungo in cllnica psichiatrica e "La donna che rideva con il naso", di Katia Sassoni. Chi volesse sottoporre il proprio manoscritto agli editori può inviarlo al "Circolo del Festival", Via Ferrer 1, Santa Croce sull'Arno, 56029 Pisa, telefono 0571/34445. Speriamo bene, caro lettore, manda pure il tuo dattilo- scritto alla piccola e dinamica (a quanto pare) casa editrice pisana, ma non mandarlo assolutamente ad un certo dottor Finzi che cerca nuovi autori, come appare da una striscetta di carta bianca saltata fuori, imprevista e credo inopportu- na, dalla busta (inviata a tanti) contenente, su carta rosa, il bando del concorso letterario di narrativa e poesia "Merate" edizione 1995, che ha come enti patrocinatori: la regione Lombardia, la provincia di Como, il comprensorio lecchese e il comune di Merate. Nonostante tutti i patrocinatori chiede contributi di 20 mila e 15 mila lire ogni breve racconto ed ogni poesia, e poi permette (o è stato un colpo di mano?) l'inserimento della striscetta del dott. Finzi. E così, amico lettore, il cerchio si chiude. Nulla cambia in questo Paese. Auguri! 178 | |
| | | Bruno Admin
Numero di messaggi : 3063 Data d'iscrizione : 27.10.08 Località : Napoli Personalized field :
| Titolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine Gio Gen 08, 2009 12:45 pm | |
| BIBLIOGRAFIA
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