BRUNO COTRONEI E I SUOI LIBRI
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QUI I LIBRI ; LE RECENSIONI RICEVUTE E QUASI TUTTO SULLO SCRITTORE
 
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 L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine

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Bruno
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MessaggioTitolo: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:09 pm

Cap. VII
SEMPLICI (MA NON TANTO)
CONSIDERAZIONI SU COSA SIGNIFICA SCRIVERE
Su non so più quale rotocalco femminile (ma posseggo
la pagina fotocopiata), in un numero della fine del 1994, ho
trovato il seguente articoletto non firmato: "Lo zen o l'arte
di scrivere un libro" con l'occhiello "Scrivere può essere un
esercizio che ci consente di trovare equilibrio e serenità.
Ecco alcuni suggerimenti utili":
"Scrivere è un addestramento. Come quando si corre,
più si fa e meglio viene". Lo dice Natalie Golberg, inse-
gnante di scrittura creativa, in un bei libro "Scrivere zen"
(editore Ubaldini ,18 mila lire), in cui si spiega che
chiunque di noi può servirsi di carta e penna non solo per
dare libero sfogo alla propria fantasia, ma per trovare
equilibrio, serenità e gioia di vivere. Ecco alcuni preziosi
consigli:
* Descrivete la luce che entra dalla finestra. Saltateci
dentro e scrivete. Non preoccupatevi se è notte e le tende
sono tirate, o se preferireste scrivere della luce lontana che
si scorge all'orizzonte. Scrivete e basta.
* Pensate qualcosa che susciti in voi forti emozioni,
positive o negative che siano, e scrivetene come se vi piacesse
moltissimo. Arrivate fin dove siete capaci... quindi cambiate
registro e scrivetene come se quella cosa vi facesse schifo.
Infine scrivetene in tono perfettamente neutrale.
* Scegliete un colore, per esempio il rosa, e andate a fare
una passeggiata di un quarto d'ora. Durante la passeggia-
ta prendete mentalmente nota di tutto ciò che vedete co-
lorato rosa. Quindi tornate al quaderno e scrivete.
* Scrivete in posti diversi: su una panchina ai
giardinetti, sulla metropolitana, al bar. Descrivete ciò che
sta succedendo intorno a voi.
* Presentate la vostra mattinata. Svegliarsi, far colazio-
ne, andare alla fermata dell'autobus. Siate il più precisi
possibili. Mettete il rallentatore alla memoria, e
ripercorrere ogni dettaglio della mattinata.
* Visualizzate imposto che vi piace moltissimo, entrateci
dentro, osservatene tutti i particolari. Adesso scrivetene.
Potrebbe essere un cantuccio della vostra camera da letto,
un vecchio albero sotto il quale siete andati a sedervi per
tutta l'estate, un tavolino della paninoteca sotto casa vostra,
la riva di un fiume...
* Scrivete sul tema "lasciare". Affrontatelo nel modo che
preferite, potrebbe essere il vostro divorzio, uscire di casa la
mattina, la morte di un amico.
* Chi sono le persone che avete amato?
* Parlate delle strade della vostra città.
* Prendete un libro di poesia. Apritelo in un punto qual-
siasi, prendete un verso, partite da lì e scrivete.
Vuoi vedere che la produzione degli allievi della
Golberg sono i bei "compitini" che Paolini dichiarava di
ricevere in Mondadori?
Ma siamo seri, caro lettore, ed auguriamo ad i seguaci
"dell'insegnante di scrittura creativa" di trovare, con quei
procedimenti tutto l'equilibrio e la serenità che vogliono.
Suggerirei, però, alla Golberg di dire ai suoi allievi, fra gli
altri "preziosi consigli", di leggere anche qualche buon
libro di narrativa. Forse impareranno molto di più.
A sua volta il giornalista Paolo Mauri ha pubblicato su
"Repubblica" del 23 marzo 1985 un corposo articolo dal
titolo "Caro Moravia, aiutali tu...", dove, traendo spunto da
un referendum di Tuttolibri e dai suoi risultati, si è
dilungato a parlare della confusione fra valore di mercato e
valore letterario, per poi dedicarsi agli aspiranti scrittori in
questi termini:
Visto dal basso, caro Moravia, e correggimi se sbaglio, il
mestiere dello scrittore è ancora legato a vecchi modelli
tramandati dall'anedottica corrente: il "creatore" romanti-
co, ispirato dal dio, il "maledetto " che brucia insieme vita e
opera. La tecnica, il mestiere, la bottega... mai che se ne
parli. Eppure, se non pare strano a un giovane che sogna di
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fare {'architetto, di dover frequentare l'università e poi uno
studio già avviato prima di esercitare in proprio la profes-
sione (senza per questo diventare Le Corbusier), sembra
invece stranissimo ad un aspirante scrittore (che magari
non diventerà mai Joyce) fare un serio apprendistato. E in
Italia (non scopro nulla di nuovo) mancano proprio i veri
professionisti della scrittura, capaci di metter su un roman-
zo decente, adatto al mercato, in grado magari di sfondare
all'estero.
C'è invece in giro l'idea, per la verità un po'balzana, che
solo attraverso il romanzo (la "creazione") ci si possa espri-
mere compiutamente. Con il risultato che tutti (o almeno
moltissimi) desiderano scrivere o scrivono un romanzo che
nelle intenzioni dovrebbe essere un "capolavoro" e spesso è
invece un disastro... Ora io non voglio dire che ha profes-
sione di "genio" si possa imparare; ma credo che, per chi
abbia un minimo d'inclinazione, si possa imparare quella
di scrittore a quel livello medio che il mercato appunto
chiede. E penso che tu, caro Moravia, sia la persona più
indicata - grazie alla tua lunga esperienza - per dare dei
consigli circa il mestiere di scrittore a tanti aspiranti scrit-
tori. .. Come si scrive un romanzo? Basta avere un 'idea per
buttare giù una trama? Che differenza c'è fra romanzo e
sceneggiatura? Da dove s'incomincia? Dal primo capitolo o
dall'ultimo? Quali sono le trappole più comuni cui va in-
contro un romanziere alle prime armi?...
D'altro canto l'aspirante scrittore che non sa come si fa, è
votato al prodotto di consumo: se aspirasse alla letteratura,
se avesse in testa un progetto suo, non gli servirebbe alcun
manuale o per meglio dire saprebbe farselo da sé, leggendo
gli altri scrittori. Una volta Garcia Marquez ha detto che gli
scrittori fra di loro non si leggono, ma si "spiano". Spiano
l'altrui mestiere, "rubano" - se possono - i segreti.
Alcuni sono elementari. Per esempio: badare alle
incongruenze. Bechett può tranquillamente essere incon-
gruente, è un amplificatore di incongruenze. Ma lo scrittore
che non punta al grande paradosso (che non è cosciente-
mente incongruente), no. Faccio un esempio. Ho letto
"Piazza Carignano", terzo romanzo diAlain Elkann...
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E qui, amico lettore, il racconto della trama e "le gravi
colpe" dell'autore. Proverò ad elencartele per sommi capi:
1) II lettore si accorge d'essere in un ambiente ricco. 2)
Nella pagina dopo eccoci in una libreria, luogo da cui il
protagonista esce con un solo libro - rinunciando ai molti
che desidera - perché (dichiara) ha pochi soldi. Tré righi
sotto, il medesimo (che è senza soldi, ce l'ha detto lui)
medita di comprare un vestito. Anzi vorrebbe comprarne
tanti, ma non lo fa perché la sua compagna desidera
ricevere un regalo per volta. 3) II personaggio previene
l'obiezione del lettore: come si può comprare un vestito per
un 'altra persona se non si conoscono le misure? E recita le
misure a memoria. Obiezione respinta! Ma non previene
l'altra e ben più fondata obiezione: come si può acquistare
un vestito se non si hanno i denari per comprare dei libri?
4) Alla pagina dopo, quando il giovane dichiara di non
essere bruttissimo e nemmeno poverissimo, almeno su que-
sto punto dei soldi, il lettore ha già perso la fiducia, se non la
pazienza. 5) Ma c'è di più. Accorso per assistere la madre
moribonda, il nostro eroe la vede, chissà perché, "cinque
minuti ogni due giorni" e sempre circondata da medici ed
infermiere. Più avanti però quando la moribonda avrà una
crisi e verrà chiamato il medico al suo capezzale, costui
non sarà in grado di fare "una diagnosi". 6) Senza contare
che la vecchia villa, a venti chilometri da Torino (distanza
dichiarata) viene collocata, poco dopo, in una "sperduta
campagna".
E così via con simili assurde sottigliezze per concludere
trionfante: "e non bastava un po' di mestiere per evitarlo?"
Io credo, amico lettore che l'articolista abbia
volutamente usato il paradosso (forse invidiava Moravia e
gli è antipatico Elkann che è il genero di Gianni Agnelli)
altrimenti... Comunque l'occasione è buona per dirti che
non è che io non voglia dare il dovuto valore al "mestiere";
esso è, come in tutte le professioni, importante, a volte
importantissimo, ma contraddirei quanto scrissi nella prefa-
zione de "I segreti dell'editoria" se non ribadissi questo per
me fondamentale concetto:
Non sono molti i veri artisti delle Lettere: non è facile
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avere l'Idea e tradurla in un componimento poetico, rac-
conto o romanzo dall'architettura senza gravi pecche o
scompensi. Non è una professione aperta a tutti quella dello
scrittore; non basta studiare, dare esami, conseguire una
laurea e l'abilitazione, o partecipare ad un concorso. Ci
deve essere una dote innata che va successivamente perfe-
zionata, senza la quale è inutile insistere.
Ed è appunto questo che spesso non si vuoi capire, al dì
là di paradossi di giocherelloni o abbagli di faciloni. Chi
avesse bisogno di un manuale che insegni "come scrivere
un romanzo? basta avere un'idea per buttar giù una trama?
che differenza c'è tra romanzo e sceneggiatura? da dove si
comincia? dal primo o dall'ultimo capitolo? quali sono le
trappole più comuni cui va incontro il romanziere alle
prime armi?" non può e non deve fare il narratore: è
categorico. Inutile dilungarsi in tentativi che si conclude-
ranno tutti miseramente, o tutt'al più con un bei temone
scolastico scritto in modo ineccepibile per il giudizio dei
tanti, troppi professori di lettere che imperversano nella
critica letteraria (e, forse, nelle case editrici). Un romanziere
è qualcosa di diverso, ed è uno che magari deve "rubare" o
spiare il collega famoso che riconosce quasi come un
maestro, ma non certo spulciare, per apprendere, il
capitoletto nel manuale scritto sia pure da un Moravia, che
d'altra parte eviterebbe banalità tanto penose per dire, se
proprio lo ritenesse opportuno, cose ben più importanti.
A questo proposito vorrei farti conoscere, caro lettore,
un articolo di Vittorio Saltini pubblicato su "Espresso" n°
12/85 dal titolo: "II mestiere di scrivere":
"II mestiere della narrativa" dell'inglese Percy Lubbock,
del 1921, resta uno dei libri più intelligenti scritti sulla
teoria del romanzo. "Ritengo", dice "che nel mestiere della
narrativa l'intero problema del metodo sia governato dal
problema del punto di vista: il problema del rapporto fra il
narratore e la storia". Una storia può essere raccontata da
uno o più punti di vista. E Lubbock studia il passaggio
(spontaneo o calcolato) da un punto di vista a un altro; le
ragioni della scelta e del mutamento del punto di vista; e
l'importanza di ciò per la "forma" del romanzo.
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MessaggioTitolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:09 pm

Già per Henry James teorico e romanziere questi furono
problemi centrali. E spesso si attribuisce a Lubbock la tesi
che le conquiste formali di James siano un modello
irreversibile. Non è così. Il finissimo Lubbock non è il rozzo
"evoluzionista " che (come i teorici delle avanguardie) crede
che le "forme" s'esauriscano, soppiantate dalle nuove (ad
esempio, la "Teoria della prosa" di Skiovskij appare sempli-
cistica in confronto alla padronanza che Lubbock già ave-
va dei problemi).
Le invenzioni formali di James (di cui diremo) gli appa-
iono fondamentali (e poi furono seguite ad esempio da
Joyce, Woolf, Hemingway, Faulkner, Guimaraes Rosa, sen-
za che l'uso sistematico del "monologo intcriore" aggiunga
nulla di formalmente sostanziale). Lubbock auspica che
romanzieri e critici prendano coscienza delle innovazioni
di James. Ma sa che esse comportano restrizioni alla libertà
del narratore. Anche dopo James, la vecchia mescolanza
dei punti di vista può e dev'essere usata, a seconda della
storia che si racconta.
James inventò alcuni modi per unificare il punto di vista.
Ne "L'età ingrata", giunse a un'integrale "drammatizzazione"
del racconto, ridotto a una serie di scene dove il narratore non
s'avverte (non assumendo distanza "panoramica") e non
entra nella mente dei personaggi. Negli "Ambasciatori ", tutto si
racconta dal punto di vista di un unico personaggio, ma con
narrazione indiretta (in terza persona, come un narratore
impercettibile). Ciò permette di "drammatizzare" (mostra
Lubbock) anche la narrazione panoramica e retrospettiva.
Prima di James, lo sforzo eroico di ridurre un vasto ro-
manzo a una successione di scene senza narrazione pa-
noramica (ma variando i punti di vista) si realizza in
"Anna Karenina" di Tolstoj. Che però in tal modo s'inibisce
ogni "economia narrativa", con qualche danno (ma il
danno, secondo me, non è quello che indica Lubbock).
Balzac è invece il romanziere di massima tensione narra-
tiva nel preparare le scene drammatiche (dove spesso è
debole) con grandiose panoramiche "pittoriche", spostando
con sfacciata libertà i punti di vista...
Questo, amico lettore, è un esempio di "mestiere dello
100
scrivere" e non certo il sapere da dove si comincia e dove si
finisce, delizie del genere, perché, lo ribadisco, chi non sa
cose così elementari è meglio che non si accinga nemmeno
a sporcare i fogli con ciò che scriverà. E ti dirò di più, che
quando un autore è davvero grande (e per la verità non è
questo il caso al quale si riferisce Mauri) non ha bisogno
nemmeno delle teorie di Lubbock, James o altri perché lui
stesso sarà ineguagliabile maestro, e il suo modo di scrivere
sarà magari studiato e spiato da colleghi di livello più
modesto, ma pur sempre tale da non aver mai bisogno di
consultare manuali del tipo "Come si scrive un romanzo".
Chi invece deve conoscere tutto sulla teoria del romanzo
è il recensore (ed il lettore-consulente) onde possa davvero
comprendere l'abilità o meno del narratore che si accinge a
giudicare. Quale esempio di recensione (anche per ricordare
ancora una volta un grande amico) vorrei farti conoscere,
caro e paziente lettore, la presentazione che Domenico Rea
preparò (nel 1985, e da lì iniziò la nostra amicizia) per
Marietti relativa al mio romanzo "Contrappunto borghese"
che allora si chiamava: "Miserabili!".
In certi momenti questa sorta di summa della borghesia
del sud di Bruno Cotronei fa pensare alla tecnica dell'École
du regard: "Blocca la macchina, accende la luce interna e
fruga nel ripiano sottostante il cruscotto. La mano tocca la
superficie calda, rassicurante, di vera pelle, i polpastrelli si
soffermano ad accarezzarla, quasi a scoprire le sottili
venature. .."In altri momenti l'andatura del romanzo è
fluviale, ottocentesca, vasta, larga, e fare il nome del primo
ThomasMann non è occasionale, al contrario. Il romanzo
di Cotronei è un'ennesima metafora sulla decadenza e
sullo sfacelo della famiglia, ma rivisitata ed indagata in
maniera spieiata grazie ai molteplici strumenti stilistici e
alla capacità sperimentativa di Cotronei.
In questa storia, in questa saga, si direbbe, con punte
solari-n ibelu ngiche, che parte dagli anni del fascismo e
prima ancora e si disfa sui nostri giorni sconsacrati, il
cambio di mentalità e di comportamento è stato enorme. La
psicologia degli uomini, che avrebbe dovuto arricchirsi, si è
101
inaridita, legata com'è ad alcuni concetti di fondo: il dena-
ro, il possesso di qualcosa per una qualsiasi supremazia (o
sopraffazione) sugli altri.
Fermi a questi piloni realistici sotterranei, putenti come
certe fogne a ciclo aperto, che riportano ciascun personag-
gio in un alveo pur sempre economico, l'errore e l'errare
nell'egoismo e nella ragnatela del vizio sono illimitati.
Cotronei ha una maniera di trattare il viscerale psicanali-
tico quasi volesse razionalizzare il flusso coscenziale
joyciano. L'occhio di Cotronei, con lucidità e minuzia da
scienziato, non perde nulla e da un peso alle più sfuggenti
cellule della sua tessitura fantastica. Persino la punteggia-
tura in questo libro ha un peso determinante. Ha lo strazio
dell'ironia e la funzionalità del contrappunto baydniano,
seguono alle pause, accelerazioni, vibrazioni.
Libro a più piani, con un romanzo nel romanzo, che
nasce spontaneo dal letto del gran fiume centrale, va deci-
samente qualificato "summa" perché ancora una volta
sembra alludere alla ricapitolazione del romanzesco e alla
sua morte - la morte del romanzo tanto predicata - e alle
riprove delle sue infinite possibilità di rinascita. A certe
condizioni, s'intende! E qua in "Miserabili/" di Cotronei è il
prepotente legame alla terra d'origine dell'autore e dei suoi
personaggi. La connotazione meridionale (e
meridionalistica) d'ogni creatura è fondamentale. Senza
di essa tutto sballerebbe.
Ci ritroveremmo di fronte a quel girare a vuoto di tanta
romanzeria contemporanea; mentre l'opera di Cotronei
offre notevoli materiali proprio perché i mezzi usati per
l'indagine sono della più avanzata tecnologia ed è una
costruzione verticale con in cima un segnale
d'orizzontamene, un faro fra le nebbia.
Per me, scrittore di cose ed uomini limitati da sempre al
territorio che è press'a poco anche quello di Cotronei, -
Ercolano, Napoli, la piana vesuviana, - "Miserabili!" è una
vera e propria scoperta un po' come le tombe egli oggetti che
di secolo in secolo vengono alla luce nella terra sacra e
archeologica di Ercolano e che ci costringono a rivedere e a
risentire tutto daccapo. Un'indagine operata con grandi
102
mezzi. Ciò che si riteneva spremuto ed esaurito (e nella
società di Cotronei ha scavato a fondo Michele Prisco), per il
vasto patrimonio psicanalitico, la conoscenza pittorica, la
partecipazione avanguardistica che sta alle spalle di
Cotronei, rinasce e s'innalza in una sorta di gigantesco
castello in cui sembra si conservino gl'incunaboli e i catalo-
ghi d'impensate intermittenze del cuore e del calcolo, del
Bene e del Male. L'offerta sacrificale al Dio oscuro, il suici-
dio della creatura umana, che, unica fra volpi e faine, si
precipita nel Vesuvio, illumina come una bandiera un
panorama di sopravvissuti.
Lavorato come un affresco di altre epoche, "Miserabili!"
si rivela da vicino un intreccio di "nuances", di grigi nei
grigi, di neri meno neri più neri con alcune esplosioni di
luci, di "sensazioni di paesaggio" vesuviano, stupendo e
freddo, riportato alla filosofica altezza del mito che di
questa summa, fra conscio e inconscio fra intorte spirali
d'erotismo, fra mostri ed angeli, è il deus ex machina.
Ecco, a mio avviso, come si analizza un'opera letteraria,
e l'autore così (ma sarebbe stato lo stesso se il giudizio
fosse stato negativo purché competentemente analitico) si
sente davvero "letto"!
Scrivere (e pubblicare) narrativa è meraviglioso, anche
se (come ho scritto nell'articolo su Eco) "costa fatica,
sangue" e non si può fare, come appare da certi film
commerciali, con lo scrittore sereno e disteso dietro un
tavolinetto sgombro di carte posto su di un terrazzo o su
una spiaggia, mentre la moglie e i figli o meravigliose
fanciulle gli svolazzano attorno.
Per chi si sente portato a farlo, a scrivere narrativa, è
un'esigenza prepotente, ma, tornando a precedenti capitoli,
sia Spinosa che Guerri, autori di biografie e non di romanzi,
sembrano non capirlo e consigliano altre vie per giungere
alla pubblicazione.
Guerri racconta "la magnifica storia" di uno (che, mi
sembra evidente, è proprio lui) che fece una tesi di laurea,
"ci lavorò parecchio e la mandò ad un editore: senza
conoscere un cane". Sei mesi dopo venne pubblicata; poi
103
"scrisse e pubblicò altri saggi" ed è convinto che "se oggi si
presentasse a un qualsiasi editore con un romanzo
sottobraccio glielo pubblicherebbero ad occhi chiusi". Ag-
giunge: "mi si dirà la vocazione e l'arte dove la metti? Non
la metto da nessuna parte, che stiano dove sono, e se ci
sono realmente prima o poi salteranno fuori... continuo a
suggerire il saggio, che richiede doti non meno pregevoli,
ma per fortuna meno rare... Niente ululati alla luna, ne
svisceramenti dell'anima, ma una fatica bestia..."
Purtroppo è vero: chi ha acquisito notorietà come
articolista della terza pagina di un grande giornale e come
autore di una biografia clamorosa (anche se errata secondo
la Sacra congregazione) può, per alcune - criticabili ma
reali - regole non scritte del mercato editoriale, pubblicare
facilmente un romanzo anche se di mediocri qualità.
Ma è deviante e dannoso suggerire di scrivere saggi con
lo scopo di acquisire una certa notorietà ed un certo
numero di conoscenze nell'ambiente giornalistico-editoria-
le per ottenere, alla fine, la pubblicazione di un proprio
romanzo. Significa strumentalizzare le proprie capacità e
ottundere, applicandosi altrove e con procedure diverse, la
propria libera predisposizione al narrare. E il suggerimento
giunge da chi non sembra apprezzare molto il romanzo se
definisce il farlo con espressioni del tipo: "far traboccare
l'anima, il cuore e l'arte" o "niente ululati alla luna ne
svisceramenti dell'anima", o infine, "butta l'anima sulla
carta e poi, orgoglioso della propria anima, pretende che
venga resa nota guadagnandoci pure".
Non mi sembra, quindi, sincero Guerri quando dice che
i suoi suggerimenti tendono ad aiutare gli aspiranti scrittori.
Forse a lui scrivere romanzi non è riuscito bene e tira
l'acqua al suo mulino di saggista.
Vedi, amico lettore, mi sembra davvero incredibile affer-
mare, e pubblicarlo su un diffuso giornale, che scrivere un
saggio sia più faticoso di un romanzo! Ma cosa ne sa lui
dell'improbo lavoro del dialogare con la pagina bianca e
non per riempirla di facile pressappochistico linguaggio da
saggio d'assalto o di quello rigorosamente tecnico, e quindi
limitato, di un saggio cattedratico! Cosa ne sa di quanto
104
studio, biblioteca, occorrano per creare personaggi in un
loro habitat e mantenerli coerenti e seguirli nei loro svi-
luppi per centinaia e centinaia di pagine indagandone
motivazioni ed azioni con una qualità formale coerente e
controllata.
Vedi, caro lettore, c'è una netta differenziazione fra lo
scrivere saggi ed opere narrative, e l'aggiungere
all'elencazione che Primo Levi fa "del perché si scrive" nel
suo libro "L'altrui mestiere" (che consiglio di leggere anche
a Guerri), il "fare" saggi per afferrare una certa notorietà
che permetta poi (dopo anni) di far pubblicare un valido e
degno romanzo, è (sarebbene possa trovare riscontro in
una realtà matrigna) esecrabile perlomeno nelle intenzioni.
Se, come da più parti si blatera (e vi credo poco), esiste
crisi dal romanzo è ancor più pernicioso deviare chi pos-
siede qualità atte a creare le uniche opere dello scrivere
(oltre alla poesia) che impinguano e tengono in vita la
storia della nostra letteratura.
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MessaggioTitolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:16 pm

Cap. VIII
L'ALTRA EDITORIA
Nel romanzo "II pendolo di Foucault", edito nell'ottobre
del 1988 da Bompiani (la prima edizione de "I segreti
dell'editoria" è dell'aprile 1984), Umberto Eco, forse ispi-
randosi ad alcuni passi del mio libro ed alla figura di un
noto editore romano, scrive (dalla pagina 192 in poi):
Percorremmo il corridoio, salimmo tré scalmi, e passam-
mo attraverso una porta a vetri smerigliati. Di colpo en-
trammo in un altro universo. Se i locali che avevo visto
sinora erano bui, polverosi, slabbrati, questi sembravano la
saletta vip di un aereoporto. Musica diffusa, pareti azzurre,
una sala d'aspetto confortevole con mobili firmati, le pareti
adorne di fotografie in cui s'intravedevano signori con la
faccia di deputato che consegnavano una vittoria alata a
signori con la faccia di senatore. Su un tavolinetto, gettate
con disinvoltura, come nella saletta di un dentista, alcune
riviste in carta patinata, "L'arguzia Letteraria, "L'Atanòr
poetico", "La Rosa e La spina", "II Verso Libero". Non le
avevo mai viste, e dopo seppi il perché: erano diffuse solo
presso i clienti della Manuzio.
Se all'inizio avevo creduto di essere entrato nella zona
direzionale della Garamond, dovetti subito ricredermi.
Eravamo negli uffici di un'altra casa editrice. Nell'atrio
della Garamond c'era una vetrinetta oscura e appannata,
con gli ultimi libri pubblicati, ma i libri della Garamond
erano dimessi, con fogli ancora da ritagliare e una sobria
copertina grigiastra - dovevano ricordare le pubblicazioni
universttarie francesi, con la carta che si faceva gialla in
pochi anni, in modo da suggerire che l'autore, specie se
giovane, avesse pubblicato da lunga data. Qui c'era un'al-
tra vetrinetta, illuminata dall'interno, che ospitava i libri
della casa editrice Manuzio, alcuni aperti su pagine ariose:
copertine bianche, leggere, ricoperte di plastica trasparente,
molto elegante, e una caria tipo riso con bei caratteri nitidi.
Le collane della Garamond avevano nomi seri e pensosi,
107
come Studi Umanistici o Pbilosophia. Le collane della
Manuzio avevano nomi delicati e poetici: II Fiore che Non
Colsi (poesia), La Terra Incognita (narrativa), L'Ora
dell'Oleandro (ospitava titoli tipo "Diario di una fanciulla
malata "), L'Isola di Pasqua (mi parve di saggistica varia)...
Su tutte le copertine, il marchio della casa, un pellicano -
sotto una palma, con un motto "io ho quel che ho donato".
Belbofu vago e sintetico: il signor Garamond possedeva
due case editrici, ecco tutto. Nei giorni seguenti mi resi
conto che il passaggio tra la Garamond e la Manuzio era
del tutto privato e confidenziale. Di fatto l'ingresso ufficiale
della Manuzio era in via Marchese Gualdi e in via Gualdi
l'universo purulento di via Sincero Renato lasciava posto a
facciate pulite, marciapiedi spaziosi, ingressi con ascensore
in alluminio^. Nessuno avrebbe potuto sospettare che un
appartamen'to di un vecchio stabile di via Sincero Renato
comunicasse, con soli tré scalini di dislivello, con uno
stabile di via Gualdi. Per ottenere il permesso il signor
Garamond doveva aver fatto salti mortali, credo che si fosse
raccomandato a uno dei suoi autori, funzionario del Genio
Civile, (vedi quale lentezza e prolissità, a mio avviso gra-
tuite, amico lettore, persino in pagine che sono certamente
fra le più leggibili di tutto il Pendolo, ma anche quale
meticolosa precisione - e quindi ricerca - sulla necessità di
permessi per due appartamenti comunicanti di stabili di-
versi).
Eravamo stati ricevuti subito dalla signora Grazia, blan-
damente matronale, foulard di marca e tailleur dello stesso
colore delle pareti, che ci aveva introdotto con un accurato
sorriso nella stanza del mappamondo.
La sala era immensa, ma richiamava alla mente il salo-
ne di Palazzo Venezia, con un globo terraqueo all'ingresso,
e la scrivania di mogano del signor Garamond là infondo,
che pareva di guardarlo con un binocolo rovesciato.
Garamond ci aveva fatto cenno di avvicinarsi, e mi ero
sentito intimidito. Più tardi, all'ingresso di De Gubematis,
Garamond gli sarebbe andato incontro, e questo gesto di
cordialità gli avrebbe conferito ancorpiù carisma, perché il
visitatore avrebbe visto prima lui che attraversava la sala, e
108
poi l'avrebbe attraversata al braccio dell'ospite, e lo spazio
quasi per magia si sarebbe raddoppiato...
Fu in quel momento che la signora Grazia annunciò il
commendai or De Gubernatis. Il signor Garamond esitò un
momento, mi guardò dubbioso, Belbo gli fece un cenno,
come per dirgli che ormai poteva fidarsi. Garamond ordi-
nò che l'ospite fosse fatto entrare e gli andò incontro. De
Gubernatis era in doppiopetto, aveva una rosetta all'oc-
chiello, una stilografica al taschino, un quotidiano ripie-
gato nella tasca della giacca, una cartella sottobraccio.
"Caro commendatore si accomodi, il carissimo amico
De Ambrosiis mi ha parlato di Lei, una vita spesa al
servizio dello stato. E una vena poetica segreta, non è vero?
Faccia, faccia vedere questo tesoro che tiene tra le mani.
Le presento due dei miei direttori generali".
Lo fece sedere davanti alla scrivania ingombra di ma-
noscritti, e accarezzò con le mani vibranti di interesse la
copertina dell'opera che gli veniva porta: "Non parli, so
tutto. Lei viene da Vipiteno, grande e nobile città. Una vita
spesa al servizio delle dogane. E in segreto, giorno per
giorno, notte dopo notte, queste pagine agitate dal demone
della poesia. La poesia. Ha bruciato la giovinezza di Saffo,
e nutrito la canizie di Goethe. Farmaco- dicevano i Greci
- veleno e medicina. Naturalmente dovremo leggerla que-
sta sia creatura, come minimo io pretendo tré rapporti di
lettura, uno interno e due dei consulenti (anonimi, mi
dispiace, ma sono persone molto esposte). La Manuzio non
pubblica un libro se non è sicura della qualità e la quali-
tà, lei lo sa meglio di me, è una cosa impalpabile, bisogna
scoprirla con un sesto senso, certe volte un libro ha delle
imperfezioni, delle zeppe- anche Svevo scriveva male, Lei
mi insegna - ma perdio, si sente un'idea, un ritmo, una
forza. Lo so, non me lo dica, appena ho gettato l'occhi
sull'incipit di queste sue pagine ho sentito qualcosa, ma
non posso giudicare da solo, anche se tante volte - oh
quante- i rapporti di lettura erano tiepidi ma io mi sono
impuntato perché non si può condannare un autore sen-
za essere entrati come dire in sintonia con lui, ecco per
esempio io apro a caso questo suo testo e mi cadono gli
109
occhi su di un verso, "come d'autunno, il ciglio smagrito" -
bene, con un testo si parte così, un'estasi, un rapimento.
Cela dit, caro amico, ab perdio se si potesse fare quello che si
vuole/Ma anche l'editoria è un 'industria, la più nobile delle
industrie, ma industria. Ma sa quanto costa oggi la tipo-
grafia e la carta? Guardi, guardi sul giornale di stamane, a
quanto è salita la prime rate a Wall Street. Non ci riguarda,
dice? Ci riguarda, invece. Sa che ci tassano anche il magaz-
zino? Io non vendo, e quelli tassano le rese. Pago anche
l'insuccesso, il calvario del genio che i filistei non riconosco-
no. Questa carta velina - è molto fine, mi permetta, che
abbia battuto il testo su carta così sottile, si sente il poeta, un
cialtrone qualsiasi avrebbe usato carta extra strong, per
abbagliare l'occhio e confondere lo spirito, ma questa è
poesia scritta col cuore, eh, le parole sconvolgono il mondo-
questa carta velina a me costa come carta moneta".
Squillò il telefono. Avrei poi appreso che Garamond ave-
va schiacciato un bottone sotto la scrivania e la signora
Grazia gli aveva passato una telefonata fasulla.
"Caro Maestro! Come? Che bello! Grande notizia, si suo-
nino le campane. Un nuovo libro Suo è un evento. Ma certo,
la Manuzio è fiera, commossa, diro di più, lieta di averLa
tra i suoi autori. Ha visto cosa hanno scritto i giornali del
suo ultimo poema epico. Cose da Nobel. Purtroppo Lei è in
anticipo sui tempi. Abbiamo fatto fatica a vendere tremila
copie".
Il commendato)-De Gubernatis sbiancava: tremila copie
erano per lui un traguardo insperato.
"Non hanno coperto i costi di produzione. Vada a vedere
al di là della porta a vetri quanta gente ho in redazione.
Oggi per rifarmi di un libro io debbo distribuire almeno
diecimila copie, e per fortuna di molti se ne vendono anche
di più, ma sono scrittori, come dire, con una vocazione
diversa, Balzac era grande e vendeva i libri come i panini,
Proust era altrettanto grande e ha pubblicato a proprie
spese. Lei finirà sulle antologie scolastiche ma non nelle
edicole delle stazioni, è successo anche a Joyce che ha
pubblicato a proprie spese, come Proust. Di libri come i suoi
posso permettermene uno ogni due o tré anni. Mi dia tré
110
anni di tempo". Seguì una lunga pausa. Sul volto di
Garamond si dipinse un doloroso imbarazzo.
"Come? a sue spese? No, no, non è la cifra, la cifra si può
contenere. È la Manuzio che non usa. Certo, lei mi imegna,
anche Joyce e Proust. Certo, capisco".
Altra pausa sofferta. "Va bene, parliamone. Io sono stato
sincero, lei è impaziente, facciamo quel che si dice una
joint venture, gli Americani ci insegnano. Passi domani, e
faremo una botta di conti. I miei ossequi e la mia ammira-
zione".
Garamond uscì come da un sogno, e si passò una mano
sugli occhi, poi mostrò di sovvenirsi di colpo della presenza
dell'ospite. "Scusi. Era uno Scrittore, un vero scrittore, forse
un Grande. Eppure proprio per questo. Talora ci si sente
umiliati, a fare questo mestiere. Se non ci fosse la vocazio-
ne. Ma torniamo a Lei. Ci siamo detti tutto. Le scriverò,
diciamo tra un mese. Il suo testo rimane qui, in buone
mani".
Il commendator De Gubematis era uscito senza parole.
Aveva messo piede nella fucina della gloria.
Nel capitolo immediatamente seguente Eco si dilunga
per altre cinque fittissime pagine sugli editori a pagamento.
E per lui un'esigenza inalienabile precisare, approfondire
sottilizzare (ed è, secondo me, uno dei suoi difetti come
narratore che svela, si può dire, quasi in ogni momento la
sua origine di saggista). Ciò non toglie che alcune pagine
dei suoi romanzi - in particolare "II nome della rosa" e
l'ultimo, "L'isola del giorno prima" (Bompiani settembre
1994) - siano contenutisticamente deliziose. Non sono
certo quelle che mi accingo a farti conoscere, ma vorrei che
tu le leggessi ora qui, amico lettore. Sono sicuro che non
l'hai già fatto perché, pur essendo stato molto venduto, il
libro di Eco è stato poco letto e solo qualche grande
appassionato o stacanovista delle lettere è giunto fino a
pagina 195. Ma queste pagine danno un quadro, anche se
troppo pittoresco (ed è quasi una costante in coloro che
scrivono per stupire), abbastanza vicino alla realtà.
La Manuzio era una casa editrice per APS...
Ili
Un APS è un Autore a Proprie Spese e la Manuzio è una
di quelle imprese che nei paesi anglosassoni si chiamano
"vanity press". Fatturato altissimo, spese di gestione mille.
Garamond, la signora Grazia, il ragioniere detto direttore
amministrativo nel bugigattolo in fondo, e Luciano, lo
spedizioniere mutilato, nel vasto magazzino del seminter-
rato.
"Non ho mai capito come Luciano riesca ad impaccare i
libri con un braccio solo", mi aveva detto Belbo, "credo che
si aiuti con i denti. D'altra parte non impacca gran che:
gli spedizionieri delle case editrici normali spediscono
libri ai librai mentre Luciano spedisce solo libri agli auto-
ri. La Manuzio non si interessa dei lettori. L'importante,
dice il signor Garamond, è che non si tradiscano gli
autori, senza lettori si può sopravvivere".
Belbo ammirava il signor Garamond. Lo vedeva porta-
tore di una forza che a lui era stata negata.
Il sistema Manuzio era molto semplice. Poche inserzio-
ni sui quotidiani locali, le riviste di categoria, le pubblica-
zioni letterarie di provincia, specie quelle che durano
pochi numeri. Spazi pubblicitari di media grandezza, con
foto dell'autore e poche righe incisive: "un'altissima voce
della nostra poesia ", oppure "la nuova prova narrativa
dell'autore di Floriana e le sorelle".
"A questo punto la rete è tesa", spiegava Belbo, "e gli APS
vi cadono a grappoli, se in una rete si cade a grappoli, ma
la metafora incongrua è tipica degli autori della Manuzio
e ne ho preso il vezzo, mi scusi".
"Epoi?"
"Prenda il caso De Gubernatis. Tra un mese, mentre il
nostro pensionato si macera nell'ansia, una telefonata del
signor Garamond lo invita a cena con alcuni scrittori.
Appuntamento in un ristorante arabo, molto esclusivo,
senza insegne all'esterno: si suona un campanello e si dice
il proprio nome a uno spioncino. Interno lussuoso, luci
diffuse, musiche esotiche. Garamond stringe la mano al
maitre, da del tu al camerieri e rinvia le bottiglie perché
quell'annata non lo convince, oppure dice scusami caro,
ma questo non è il cuscus che si mangia a Marrakesb. De
112
Gubernatis viene presentato al commissario Caio, tutti i
servizi aereoportuali sotto il suo controllo, ma soprattutto
l'inventore, l'apostolo del Cosmoranto, il linguaggio per la
pace universale, che ne sta discutendo all'Unesco. Poi il
professar Tizio, forte tempra di narratore, premio o
Petruzzellis della Gattinà 1980, ma anche un luminare
della scienza medica. Quanti anni ha insegnato professore?
Altri tempi, allora sì che gli studi erano una cosa seria. E la
squisita poetessa, la gentile Olinda Mezzofanti Sassabetti,
l'autrice di "Casti palpiti" , avrà letto".
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Bruno
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MessaggioTitolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:17 pm

Belbo mi confidò che si era chiesto a lungo perché tutti gli
APS di sesso femminile firmassero con due cognomi,
Lauretta Solimeni Calcanti, Dora Ardenzi Fiamma,
Carolina Pastorelli Cefalù. Perché le scrittrici importanti
hanno un cognome solo, salvo Ivy Compton-Bunett, e alcu-
ne addirittura neppure il cognome come Colette, un APS si
chiama Odolinda Mezzofanti Sassabetti? Perché uno scrit-
tore vero scrive per amore della sua opera, e non gli importa
di essere conosciuto con uno pseudonimo (davvero è così,
Eco? Cosa ne pensi, amico lettore?), vedi Nerval, mentre un
APS vuole essere riconosciuto dai vicini, dagli abitanti del
quartiere, e di quello dove ha abitato prima. All'uomo basta
il suo cognome alla donna no, perché ci sono quelli che la
conoscono da signorina e quelli che la conoscono da si-
gnora. Per questo usa due nomi.
"In breve, serata densa di esperienze intellettuali. De
Gubematis avrà l'impressione di bere un cocktail di LDS.
ascolterà i pettegolezzi dei commensali, l'aneddoto sapido
o<ul grande poeta notoriamente impotente, e che anche come
ìoeta non vale gran che, getterà sguardi lucidi di commo-
zione sulla nuova edizione dell'Enciclopedia degli Italiani
'llustri che Garamond farà apparire all'improvviso, mo-
otrando la pagina al commissario (ha visto, caro, anche Lei
' entrato nel Pantheon, oh, pura giustizia)".
Belbo mi aveva mostrato l'enciclopedia. "Un'orafa le ho
atto una paternale: invece nessuno è innocente. L'enciclo-
pedia la facciamo esclusivamente io e Diotellavi. Ma le
'turo, non è per arrotondare lo stipendio. È una delle cose
nù divertenti del mondo, e ogni anno occorre preparare la
113
nuova edizione aggiornata. La struttura è più o meno di
questo tipo: una voce si riferisce a uno scrittore celebre, una
voce a un APS, e il problema è di calibrare bene l'ordine
alfabetico, e non sciupare spazio per gli scrittori celebri.
Veda per esempio la lettera L".
LAMPEDUSA, Giuseppe Tornasi di (1889-1959). Scrittore
siciliano. Visse a lungo ignorato e divenne celebre dopo la
morte per il romanzo "II gattopardo".
LAMPUSTRI, Adeodato (1919-). Scrittore, educatore, com-
battente (una medaglia di bronzo in Africa Orientale),
pensatore, narratore e poeta. La sua figura giganteggia
nella letteratura italiana del nostro secolo. Il Lampustn si e
rivelato sin dal 1959 col primo volume di una trilogia di
ampio respiro, "I fratelli Carmassi", vicenda disegnata con
crudo realismo e alto afflato poetico di una famiglia di
pescatori lucani. A quest'opera, che venne insignita nel
1960 dal premio Petruzzellis della Gattinà, seguirono negli
anni successivi, "I benserviti" e "La pantera dagli occhi
senza ciglio", che forse ancor più dell'opera prima danno
la misura del vigore epico, della sfolgorante immaginazio-
ne plastica, del respiro lirico di questo incomparabile arti-
sta. Solerte funzionario ministeriale, il Lampustri e stimato
nel proprio ambiente come personalità integerrima, padre e
sposo esemplare, finissimo oratore.
"Il De Gubernatis", spiegò Belbo, "dovrà desiderare di
essere presente nell'enciclopedia. Lo avevo sempre detto che
quella dei famosissimi era fama fasulla, una cospirazione
di critici compiacenti. Ma soprattutto capirà di essere en-
trato in una famiglia di scrittori che sono al tempo stesso
direttori di enti pubblici, funzionar! bancari, aristocratici,
magistrati. Di colpo avrà allargato la cerchia delle sue
conoscenze, ora se deve chiedere un favore saprà a chi
rivolgersi. Il signor Garamond ha il potere di far uscire il De
Gubernatis dalla provincia, di proiettarlo al vertice. Verso
la fine della cena Garamond gli dirà all'orecchio di passare
il mattino dopo da lui".
"E la mattina dopo viene?".
"Ci puoi giurare. Passerà la notte insonne sognando la
grandezza di Adeodato Lampustri".
114
"Epoi?"
"Poi la mattina dopo Garamond gli dirà: ieri sera non ho
osato parlarne per non umiliare gli altri, che cosa sublime,
non dico i rapporti di lettura entusiasti, dirò di più, positivi,
ma io stesso in prima persona ho passato una notte su
queste sue pagine. Libro da premio letterario. Grande, gran-
de. Tornerà alla scrivania, batterà la mano su manoscritto
- ormai sgualcito, usurato dallo sguardo amoroso di
perlomeno quattro lettori- sgualcire i manoscritti è compito
della signora Grazia - e fisserà l'APS con aria perplessa.
Che cosa ne facciamo? Che cosa ne facciamo? chiederà De
Gubernatis. E Garamond dirà che sul valore dell'opera non
si discute neppure un secondo, ma è chiaro che è una cosa
in anticipo sui tempi e quanto a copie non si andrà al di là
delle duemila, duemilacinque al massimo. Per De
Gubernatis duemila copie sarebbero abbastanza per copri-
re tutte le persone che conosce, l'APS non pensa in termini
planetari, ovvero il suo pianeta è fatto di volti noti, di
compagni di scuola, di direttori di banca, di colleghi inse-
gnanti della stessa scuola media, di colonnelli in pensione.
Tutte persone che l'APS vuole che entrino nel suo mondo
poetico, anche coloro che non vorrebbero come il salumaio
o il prefetto. Di fronte al rischio che Garamond si tiri
indietro, dopo che tutti in casa, in paese, in ufficio, sanno
che ha presentato il manoscritto a un grande editore di
Milano, De Gubernatis farà i suoi conti. Potrebbe estinguere
il libretto al portatore, chiedere la cessione del quinto, fare
un mutuo, vendere quei pochi BOT, Parigi vai bene una
messa. Offre timidamente di partecipare alle spese.
Garamond si mostrerà turbato, la Manuzio non usa, e poi
via - affare fatto, mi ha convinto, infondo anche Proust e
Joyce hanno dovuto piegarsi ad una dura necessità, i costi
sono tot, noi ne stampiamo per ora duemila copie, ma il
contratto sarà per un massimo di diecimila. Calcoli che
duecento copie vengono a lei, in omaggio, per inviarle a chi
vuole, duecento sono di invio stampa perché vogliamo fare
un battagc come fosse l'Angelica dei Golon, e ne distribuia-
mo milleseicento. E su queste, lo capisce, niente diritti per
lei, ma se il libro va, ristampiamo e a quel punto lei si
115
prende il dodici per cento".
Avevo poi visto il contratto tipo che De Gubernatis, ormai
in pieno trip poetico, avrebbe firmato senza neppure legge-
re, mentre l'amministratore si sarebbe lamentato che il
signor Garamond aveva tenuto le spese troppo basse. Dieci
pagine di clausole in corpo otto, traduzioni estere, diritti
sussidiar!, adattamenti per il teatro, riduzioni radiofoniche
e cinematografiche, edizioni Braille per ciechi, cessione del
riassunto al Reader's Digest, garanzie in caso di processo
per diffamazione, diritto dell'autore di approvare i muta-
menti redazionali, competenza del foro di Milano in caso
di vertenza. L'APS doveva giungere esausto con l'occhio
ormai perduto in sogni di gloria alle clausole deleterie, dove
si dice che diecimila è la tiratura massima ma non sipario
di tiratura minima, che la somma da pagare non è anco-
rata alla tiratura, di cui si è parlato solo a voce, e soprat-
tutto che entro un anno l'editore ha il diritto di mandare al
macero le copie invendute a meno che l'autore non le rilevi
a metà prezzo di copertina. Firma.
Il lancio sarebbe stato satrapico. Comunicato stampa in
dieci cartelle, con biografia esaggio critico. Nessun pudo-
re, tanto nelle redazioni dei giornali sarebbe stato
cestinato. Stampa effettiva: mille copie in fogli stesi di cui
solo trecentocinquanta rilegati. Duecento all'autore, una
cinquantina a librerie secondarie e consorziate, cin-
quanta alle riviste di provincia, una trentina per
scaramanzia ai giornali, nel caso gli avanzasse una riga
fra i libri ricevuti. La copia l'avrebbero mandata in dono
agli ospedali o alle carceri-e si capisce perché i primi non
guariscono e le seconde non redimano.
Nell'estate sarebbe arrivato il premio Petruzzellis della
Gattinà, creatura di Garamond. Costo totale: vitto e allog-
gio per la giuria, due giorni, e Nike di Samotracia in
vermiglione. Telegrammi di felicitazioni degli autori
Manuzio.
Sarebbe infine arrivato il momento della verità, un
anno e mezzo dopo. Garamond gli avrebbe scritto: Amico
mio, le avevo detto, Lei è apparso con cinquant'anni di
anticipo. Recensioni, lo ha visto, a palate, premi e consensi
116
della critica, ca va sans dire. Ma copie vendute pochine, il
pubblico non è pronto. Siamo costretti a sgomberare il
magazzino, a termini di contratto (accluso). O al macero,
o lei le acquista a metà prezzo di copertina, com'è suo
privilegio.
De Gubernatis impazzisce dal dolore, i parenti lo con-
solano, la gente non ti capisce, certo che se eri dei loro, se
mandavi la bustarella a quest'ora ti avevano recensito
anche sul Corriere, è tutta una mafia, bisogna resistere.
Delle copie omaggio ne sono restate solo cinque, ci sono
ancora tante persone importanti da locupetare, non puoi
permettere che la tua opera vada al macero a far carta
igienica, vediamo quanto si può racimolare, sono soldi
ben spesi, si vive una volta sola, diciamo che possiamo
acquistarne cinquecento copie e per il resto sic transit
gloria mundi.
Alla Manuzio sono rimaste 650 copie in fogli stesi, il
signor Garamond ne rilega 500 e le invia contrassegno.
Consuntivo l'autore ha pagato generosamente i costi di
produzione di 2000 copie, la Manuzio ne ha stampate
1000 e ne ha rilegato 850, di cui 500 sono state pagate
una seconda volta. Una cinquantina di autori all'anno, e
la Manuzio chiude sempre in forte attivo.
E senza rimorsi: distribuisce felicità.
Ecco, caro amico lettore, il pensiero di Eco sugli aspiranti
scrittori e sulle case editrici a pagamento. Il professore-
saggista-romanziere di Alessandria, dall'alto dei suoi successi
e dei milioni di copie vendute, non ha alcuna pietà ne per gli
uni, ne per le altre, e ne traccia un'immagine spieiata per
l'intelligenza dei primi e per la mancanza di scrupoli delle
seconde.
Inoltre parla di "fatturati e di guadagni altissimi", vogliamo
analizzarli secondo le cifre e il modus agendi contenuti nelle
pagine de "II pendolo di Foucault"?
Bisogna, innanzitutto, sapere che la differenza per rilega-
tura e carta fra la tiratura di mille o di duemila copie inciderà
all'incirca un milione, mentre è quasi completamente
inlnfluente fra 500 e 1000 copie. Orbene Garamond (l'edito-
117
rè) fa pagare alle sue "vittime" il costo di stampa per volumi
medi di narrativa e di poesia che è lecito supporre non
avranno più di 160 pagine, ossia 10 sedicesimi. Costo per
mille copie dai 3 ai 4 milioni. Supponiamo chieda 7 milioni.
Il suo guadagno lordo ammonterà a 3.500.000 per autore
moltipllcato 50 autori all'anno, uguale 175 milioni ai quali
bisogna aggiungere la vendita di 500 copie ad autore (ma
tutti saranno sempre disposti ad acquistarle?) per diecimila
lire (il 50 del prezzo di copertina medio), uguale 5 milioni
per 50 autore = 250 milioni. Il fatturato annuo sarà, quindi,
(in questo calcolo molto alla buona) di 350 + 250 milioni
(ammesso che fatturi tutto) di 600 milioni. Il ricavo lordo di
425 milioni.
Ma Eco parla di un ufficio lussuoso (con l'immensa sala
del mappamondo) in una via elegante di Milano, di "vasto"
magazzino, di tré impiegati, del Premio Petruzzellis della
Gattinà, "creatura" della Manuzio, di varia pubblicità, di cene
in ristoranti esclusivi, e così via. Credo che come minimo
andranno via duecentocinquanta milioni. L'utile netto di
Garamond sarà quindi di 175 milioni, ossia meno di quindici
milioni al mese dai quali bisognerà ancora detrarre le tasse.
Non è certo poco, ma quanta fatica, quante finzioni, quanta
nausea inferiore, per l'editore milanese!
Nella realtà non romanzesca come si comportano i tanti
editori a pagamento, che abbondano fra i medio-piccoli,
piccoli e piccolissimi?
L'opportunità per saperlo, oltre a varie informazioni
raccolte in un lungo periodo di tempo, la fornisce un mio
lettore che, qualche anno fa, mi inviò (perché conoscessi le
sue vicessitudini di aspirante scrittore) fotocopie di lettere
di un prestigioso medio editore non a pagamento, di
famosissimi autori, della titolare di una grande casa editrice,
di un agenzia letteraria famosa, e (lupus in fabula) di due
dei maggiori editori a pagamento.
Si tratta di un editore fiorentino che gestisce un Premio
Letterario Editoriale molto pubblicizzato su grandi quotidia-
ni, in particolare "la Repubblica", e di un altro con sede
nella provincia di Siena. Il primo dichiara, nel Catalogo
degli Editori Italiani 1988, 60 nuovi titoli all'anno, ed il
118
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Bruno
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MessaggioTitolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:20 pm

secondo, sempre sullo stesso catalogo, ben 73. Fra i due ci
deve essere (con ogni probabilità) un collegamento ed uno
scambio di autori e di cortesie perché l'editore fiorentino
inviò al mio lettore la seguente lettera datata 15 aprile 1988:
Gentile signor,..,
facciamo seguito a quanto tra noi intercorso per comunicarLe
che il Suo materiale letterario, partecipante e in evidenza al
premio "...", è stato da noi trasmesso - con proposta di pub-
blicazione - alla Casa Editrice ..., Firenze-Siena (Direziono:
... - Siena -, Telefono ...), con la quale Lei può mettersi in
contatto e direttamente corrispondere, sia per eventuali trat-
tative editoriali che - in caso negativo o se comunque lo
desidera-per la restituzione del Suo dattiloscritto.
Come potrà vedere dal materiale allegato, la Casa Editri-
ce. .. (che come diversi altri editori italiani si affida al nostro
Settore consulenze) ha molti anni di attività e un Catalogo
comprendente trenta collane di narrativa, poesia, saggistica,
teatro, storia, arte, filosofia.
Attualmente sta selezionando - per tali collane- opere di
varia letteratura da inserire nel Programma dei prossimi mesi.
Lieti se, in qualche modo, Le saremo stati utili, e se in
futuro potremo anche collaborare, Le inviarne i nostri mi-
gliori saluti. CASA EDITRICE..., Segreteria del Premio "... ".
Il 4 maggio 1988 l'editore della provincia di Siena invia al
mio lettore la seguente lettera:
La Sua opera ci è stata trasmessa dal Settore Consulenze
della ..., con proposta di pubblicazione.
Con la massima sollecitudine possibile l'abbiamo esami-
nata anche noi, ed avendola trovata interessante per i
contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori
estetici, ci fa piacere comunicarLe che è nostra intenzione
far uscire il libro in una delle nostre collane.
Le inviarne la proposta di edizione nella quale specifi-
chiamo tutto quanto riguarda le caratteristiche tecniche dei
nostri libri, la tiratura e le ristampe, i diritti d'autore, il
sistema di pubblicità, divulgazione e vendita, il servizio
relativo alle recensioni, la partecipazione ai Premi letterari
per opere edite, il rendiconto delle vendite, ecc.
119
La tiratura indicata all'ari. 1 vuole essere un sondaggio-
vuole cioè verificare le reazioni della critica, i risultati dei
premi, gli interessi del lettore. Abbiamo, pertanto ritenuto
utile non aggravare i costi, nell'interesse di entrambi Si
tenga conto, comunque che, sulla base dei risultati della
prima edizione, le ristampe sono interamente a carico no-
stro.
Se la Sua risposta sarà affermativa dovrà trattenere per
Sua documentazione, la copia del documento da noi 'con-
trofirmala e vorrà farci riavere, al massimo entro 15 giorni
dalla ricezione della presente, l'altra copia con la Sua firma
per acccttazione.
Infine, ove avesse bisogno di ulteriori informazioni e
chiarimenti, oppure desiderasse un incontro con noi (gra-
ditissimo in quanto non solo permetterebbe di conoscerei
ma ci darebbe la possibilità di entrare analiticamente nel
mento del Suo lavoro e di UlustrarLe più dettagliatamente
quanto curiamo intomo al libro edito), La preghiamo di
scriverci o di telefonarci per un appuntamento.
Lieti di averLa tra i nostri autori, porgiamo distinti saluti
EDITORE... (Dottor...)
L'allegato contratto (stampato e riempito nelle parti bian-
che con caratteri di macch'na da scrivere) dice-
OPERA-CARATTERISTICHE-TIRATURA-DATA DI PUB-
BLICAZIONE. '
Ari. 1 - L'editore s'impegna a stampare e porre in vendita
per conto dell'Autore il quale, agendo per sé, eredi e aventi
causa a qiialsiasi titolo, dichiara di avere tutte le facoltà
necessario a stipulare il presente accordo un libro con le
seguenti caratteristiche: Autore...; titolo del libro... collana
Scrittori Italiani Contemporanei; tiratura 1000 copie- prezzo
di copertina L. 13.500; carattere Aster 11/11; giustezza 23-
formato 14 x 22 cm; copertina in cartoncino lucido da or
240; rilegatura brossura; carta da gr 80; tavole a colori 1 m
copertina; pag. 112 circa.
^rt2- L'editore s'Impegna a pubblicare il libro entro sei
mesi dalla data del presente accordo, salvo motivi non
imputabili alla sua volontà o, in qualsiasi modo, causati
120
dall'Autore. Il tempo previsto per la pubblicazione decorrerà
dal giorno in cui la lettera di conferma perverrà, firmata
dall'autore, alla sede dell'Editore.
DIRITTI D'AUTORE-RENDICONTI DELLE VENDITE-
PROPRIETÀ LETTERARIA E ARTISTICA-ALTRI PROVENTI.
Ari. 3 - L'Autore avrà diritto: al 50 del prezzo di
copertina delle copie vendute direttamente dall'editore al
pubblico, cioè senza l'intervento di intermediar! (librai,
distributori, ecc.); al 35 del prezzo di copertina delle
copie vendute tramite le librerie, le cartolibrerie, ecc.,
senza l'intervento dei distributori librari; al 25 del
prezzo di copertina delle copie vendute tramite distribu-
tore.
Ari. 4-11 rendiconto delle vendite sarà effettuato alla
scadenza del dodicesimo mese dalla data di pubblicazio-
ne del libro. L'Autore potrà comunque richiedere in qual-
siasi momento la situazione delle vendite e la liquidazione
dei diritti eventualmente maturati. L'Editore effettuerà la
liquidazione di tali diritti entro un mese dalla richiesta
dell'Autore.
Ari. 5 - L'Autore avrà diritto a ricevere gratuitamente
cinquanta copie del libro.
Ari. 6- Sulle copie date gratuitamente all'autore e su
quelle che l'editore riterrà opportuno inviare in saggio, o
per servizio stampa, o per promuovere comunque la diffu-
sione, non sarà corrisposta all'autore alcuna percentuale.
Saranno escluse dal computo delle percentuali anche le
"tredicesime" copie che, secondo le consuetudini, vengono
date in omaggio ai distributori e ai librai.
Ari. 7- La proprietà artistica e letteraria del libro resta
all'autore il quale (salvi i rapporti economici con l'editore
stabiliti per la prima edizione) potrà disporre in qualsiasi
momento del suo lavoro per utilizzarlo nel modo che
riterrà più opportuno.
Ari. 8 - I proventi netti ricavati da qualsiasi cessione o
utilizzazione dell'opera (traduzioni, premi letterari, adat-
tamenti cineradiotelevisivi, di registrazione meccanica,
ecc.), nessuno escluso, spetteranno per il 75 all'autore e
per il 25 all'editore.
121
SPESA DELL 'A UTORE E MODALITÀ DI PAGAMENTO.
^t. 9 - L'autore verserà all'editore la somma di lire
quattromilioniottocentomila. Detta somma sarà pagata al-
l'editore nel modo seguente: per un terzo alla firma del
presente accordo, per un terzo entro trenta giorni dalla
firma dell'accordo, per un terzo (a saldo) alla restituzione
delle bozze di stampa. I versamenti debbono essere effettuati
(con rimessa diretta o a mezzo assegno bancario o vaglia
postale o con versamento sul ccp...). L'editore declina ogni
responsabilità per versamenti in altro modo effettuati.
Art. 10- L'autore potrà effettuare il pagamento anche in
rate mensili consecutive fino ad un massimo di sei rate. In
questo caso la pubblicazione del libro avverrà entro il ter-
mine di versamento dell'ultima rata. La prima rata dovrà
essere versata alla firma del presente accordo. Per paga-
mento interamente in contanti, alla firma dell'accordo,
sarà praticato uno sconto del 10 (e quindi il prezzo per
l'autore scende a circa 4.300.000 lire).
SERVIZIO STAMPA E RECENSIONI-PUBBLICITA AL-
L'OPERA-DI VULGAZIONE.
Art. 11- Entro un mese dalla pubblicazione il libro verrà
inviato per "servizio stampa e diffusione" e per la promozio-
ne delle recensioni ai quotidiani e ai periodici di maggiore
tiratura e alle rubriche radiotelevisive specializzate.
Ari. 12- L'editore annuncerà l'uscita del libro su "L'In-
formatore Editoriale" (notiziario periadico e catalogo del-
l'editore).
Art. 13 - Forme particolari di pubblicità e propaganda
potranno essere concordate fra l'autore e l'editore di volta
in volta e caso per caso, e attuate dopo accordi
bilateralmente accettati e sottoscritti. Il programma di pro-
paganda e diffusione del libro è comunque prerogativa
insindacabile dell'editore... (e continua con altri articoli
sulla partecipazione ai premi, sul talloncino della SIAE e,
principalmente: "qualora il libro, dopo un anno, risulti
invenduto, l'editore chiederà all'autore se intende acquista-
re, a prezzo di favore, le copie invendute).
Invece il contratto di edizione, per un autore non notis-
simo, ma con un editore non a pagamento, recita (per
122
sommi capi): ... art. 2) L'editore ha diritto di trasferire in
tutto o in parte i diritti acquistati con il presente contratto...
7) L'editore corrisponderà all'autore le seguenti percentuali
sul prezzo di copertina meno IVA, dell'edizione
brossurata... 8 fino a 6000 copie; per le edizioni rilegate
le stesse percentuali verranno conteggiate sul 75 del
prezzo di copertina, meno IVA, dedotto il prezzo dell'even-
tuale cofanetto; qualora il libro fosse stampato o ristampato
nella collana "Tascabile" o in altra forma editoriale
"semieconomica", la percentuale sarà del 5; s'intende che
verrà escluso dal computo delle percentuali il 10 della
tiratura, riservato alla 133 copia d'uso per librerie, al servizio
stampa, omaggi, e alle copie risultanti guaste o invendibili;
le percentuali maturate sugli esemplari venduti fino al 30
marzo di ogni anno nonché proventi derivanti a qualsiasi
titolo dal presente contratto verranno comunicati mediante
rendiconti annuali all'Autore entro il 30 giugno e successi-
vamente liquidati... Cool II formato del volume, la scelta della
carta, i caratteri tipografici e la collezione cui il volume sarà
destinato, nonché la tiratura saranno determinati esclusiva-
mente dall'editore. 9) II prezzo di copertina e le sue
eventuali variazioni saranno fissati dall'Editore che ne darà
comunicazione all'Autore... 11) Qualora l'opera si dimo-
strasse difficilmente smerciabile, dopo due anni dalla prima
pubblicazione l'editore potrà diminuirne il prezzo di co-
pertina o procedere a vendite a sconti speciali, pur conti-
nuando a mantenere l'opera nel proprio catalogo. Qualora
l'opera non risultasse vendibile, l'editore potrà inviarla tutta
o in parte al macero, previa offerta di rilievo all'autore a
uguale prezzo (del macero), e nulla sarà dovuto all'autore
sul ricavo del macero... 12) I proventi della cessione dei
diritti secondari dell'opera, qui di seguito elencati, verranno
ripartiti come segue: 50 all'autore e 50 all'editore... 14)
L'autore si impegna a riservare all'editore il diritto esclusivo
ed assoluto di prelazione sulla sua prossima opera (alle
stesse condizioni della presente). L'opera dovrà essere
offerta all'editore a mezzo raccomandata; la decisione del-
l'editore verrà comunicata entro due mesi dalla consegna
del dattiloscritto; in caso di risposta negativa l'autore sarà
123
libero di utilizzare l'opera come meglio crederà... (è più
che ovvio che se l'autore è molto noto e ben venduto potrà
chiedere condizioni più favorevoli e un congnio anticipo).
Hai visto, caro lettore, che differenza di condizioni e di
tono fra i due contratti?
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Bruno
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MessaggioTitolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:21 pm

Ora, ritornando all'editore della provincia di Siena e facen-
do anche qui un po' di conti, potrai notare che il toscano ha
chiesto 4.800.000 lire per la pubblicazione, in mille copie, di
un volume di 112 pagine (un volumetto, considerato il peso
della caita). Sono quindi 7 sedicesimi ed il costo effettivo si
aggirerà sui due milioni e mezzo. L'utile lordo ammonterà
quindi a 2.300.000 lire, che va moltipllcato per le 73 novità
annue (ammesso che siano tutte a pagamento e di quell'enti-
tà). Il totale risultante sarà quindi di circa 168 milioni annui e
forse, potrà arricchirsi per qualche copia venduta ai lettori e
all'autore stesso se si dovesse comportare (ma ne dubito)
come quelli della Manuzio.
Se detrai le spese per l'ufficio e il magazzino (certamente
non ingenti perché sono ubicati in un paese e non a
Milano), di un paio di dipendenti e del catalogo l'utile
netto si aggirerà sui cento milioni dai quali bisogna detrarre
le tasse. Direi proprio che non è molto!
E poi, a quanto pare, sia l'editore di Firenze che quello
della provincia di Siena non recitano pantomine come il
Garamond di echiana fantasia. Entrambi, come appare
dalla corrispondenza intercorsa con il mio lettore, non
usano sbrodolamenti elogiativi. Le lettere sono dignitose ed
hanno quasi il tono di una seria corrispondenza commer-
ciale come di chi venda una prestazione, un servizio e
pretenda la giusta mercede. Non fanno intrawedere al-
'esasperato aspirante scrittore, che sarà giunto a loro dopo
l'inutile calvario percorso lungo le troppo severe porte dei
"grandi" editori, mirabilie e trattamenti da grande scrittore
E, a quanto pare, i guadagni non sono eccessivi.
Sono parecchi in Italia gli editori e pagamento, alcuni
senza grandi mascheramenti, altri che invece arricchiscono,
124
e m qualche modo "truccano", il loro catalogo con qualche
piccolo libro di autori prestigiosi, prevalentemente stranieri
morti da oltre cinquant'anni e per i quali, ovviamente non
e e più da pagare il diritto d'autore, ma semplicemente una
traduzione, quando pure quest'ultima non viene copiata
con qualche leggera modifica, dalle edizioni economiche dei
"grandi" editori. Altri, invece, ma non sono molti alternano
pubblicazioni a pagamento con altre sulle quali si rischiano
m pane (o tutto o addirittura oltre) i guadagni ottenuti dagli
aspiranti meno dotati, non per truccare il catalogo, ma nel
sincero desiderio di lanciare autori propri che riescano ad
affermarsi ed a vendere nelle opportune sedi, owerosia le
librerie del normale circuito.
Ti farò qualche nome di editori a pagamento amico
lettore, potrai tu scoprire (se lo desideri) a quale delle tré
categorie appartengono:
"Nuova Autori" di Milano, "Italia Letteraria" di Milano (94
novità all'anno), "Lalli" di Poggibonzi (oltre 70), "Ibiscos
Editrice' di Empoli (55), "Book editore" di Bologna (62)
debellato" di Torre di Mosto Venezia (80), "Todariana" di
Milano (11), "Tracce Edizioni" di Pescara (32), "Firenze Libri"
di Firenze (70), "L'Autore" di Firenze, "Gabrieli Editore" di
Roma, "Settimo Sigillo" di Roma, "Editrice il Girasole" di
Napoli (4), "II Grappolo" di Mercato San Severino Salerno
O) Joppolo Editore" di Milano, "Libroitaliano" di Ragusa
(subentrato, probabilmente, a "Cultura 2000" sempre di
Ragusa) che, a quanto pare, non propone inizialmente i
molti libri (di autori a proprie spese o meno) da lui prodotti
ogni anno nelle librerie, ma ad un "mailing" formato dagli
oltre 50.000 aspiranti narratori e poeti che, nell'arco di quasi
venti anni, hanno partecipato alle "selezioni" da lui proposte
attraverso la stampa.
Come ti dicevo, caro lettore, i nomi che ho appena fatto
non sono che una parte, seppure importante, degli editori a
tutto o a parziale pagamento. Complessivamente sono
parecchi, e, di tanto in tanto, li puoi, con buone possibilità
riconoscere perché appaiono (anche massicciamente) nella
pubblicità dei quotidiani o dei periodici specializzati o delle
125
pagine gialle con inserzioni del tipo: "Editore esamina, per
le proprie collane, nuovi testi..." Di solito non fanno male a
nessuno, anzi.
Diverso è il fenomeno come appare da articoli che
qualche volta occupano più colonne di fogli d'ogni genere
dove giornalisti sembrano improvvisamente scoprire l'edi-
toria a pagamento (nelle sue varie forme) ed il fenomeno
(qualche volta pernicioso) dei premi letterari.
Massimo Mapelli, su un inserto Affari & Finanza di "la
Repubblica" del dicembre 1994, scrive, con le solite impre-
cisioni sul numero degli aspiranti scrittori e sull'entità del
volume d'affari, un articolo dal titolo "Scrittori, impara l'arte
e paga la tua parte":
«Felicitazioni vivissime: lei ha scritto un'opera immortale.
Vorrebbe vederla nelle librerie più prestigiose? Vediamoci
subito e parliamone. Ma non dimentichi il libretto degli
assegni". Tutto è incominciato da una piccola inserzione
vista distrattamente su un quotidiano o sulle pagine gialle.
E così uno dei circa 300 mila aspiranti scrittori italiani ha
finalmente trovato un editore disposto a credere nella sua
vocazione letteraria. Ora, grazie all'inattesa affermazione,
tutto è pronto per l'ingresso nel prestigioso olimpo degli
scrittori. Con una mano sul cuore e l'altra sul portafoglio.
Perché se non ha la fortuna o il merito di suscitare l'atten-
zione di qualche direttore editoriale, invece di guadagnare,
il novello scrittore o poeta deve tirar fuori dei soldi.
Ogni anno sono banditi in Italia circa duemila concorsi
letterari di varia importanza. I più prestigiosi sono general-
mente impermeabili all'avvento di scrittori emergenti e ri-
sultano di fatto "appaltati" dalle case editricipiù importan-
ti. Ma a livelli più bassi esiste una vera proliferazione di
premi minori con un volume d'affari annuo di circa 300
miliardi grazie ai soldi di ignari scrittori in erba.
"Dietro le quinte di un premio da 5 milioni c'è una
macchina organizzativa sei volte più costosa" - afferma
Franco Traili- che cura da 15 anni un dettagliato "Catalo-
go nazionale dei premi letterari". Gli organizzatori di que-
sta kermesse possono essere personaggi a dir poco pittore-
126
sebi. Come l'ex frate francescano Agostino Pensa che -
riposto il saio- ha scoperto fra le gioie secolari una forma di
mecenatismo assai redditizio: attraverso l'Associazione
"Umbria amica" riesce a gestire un gran numero di manife-
stazioni l'anno, tra cui "L'ulivo d'argento", la "Balestra
d'oro", il "Premio Trasimeno". A ogni partecipante chiede
un "contributo di lettura" di 15 mila lire. In questo caso è
un contributo minimo, ma altre volte la richiesta può essere
di 200 mila lire.
Come difendersi dall'inganno dei premi letterari-
patacca? Ne esistono molti organizzati con passione e se-
rietà. Per distinguerli dalle fiere, spesso è sufficiente scoprire
che non pretendono nulla in cambio.
In Liguria opera invece Strio Guerrieri con una serie di
iniziative letterarie collegate al centro culturale "La Magra"
che ogni anno riesce a catturare l'attenzione di centinaia
di scrittori dilettanti grazie alle indimenticabili cerimonie
di premiazione.
Un fenomeno molto diverso è poi quello delle pubblica-
zioni a pagamento. Una pattuglia di agguerriti editori-
stampatori propone edizioni a prezzi che possono variare
da 3 a 30 milioni. Tra i più economici sulla piazza c'è il
calabrese Vincenzo Ursini: per un volume di poesie chiede
solo 2 milioni e mezzo. Ma non sempre si può essere così
fortunati.
Per la verità il fenomeno dei premi, delle accademie,
ecc., è diffusissimo (e più costoso) principalmente per i
pittori dilettanti. Ne scrissi abbondantemente nel mio libro
"I segreti del mondo artistico" (1984). Lì, all'epoca, gli
"Oscar Italia" (230 mila lire), i "Gran prix international d'ari
contemporain" (150 mila lire), i "Great tropy gold busch
espoart" (230 mila lire), "Les salon des nations a Paris" (690
mila lire), le "Nomine ad Accademico con medaglia d'oro"
(30 mila lire), i "Dizionari artisti italiani contemporanei" (55
mila lire), le "Mostre permanenti pinacoteca internazionale
d'arte antica e moderna" (15 mila lire ad opera), le "Enci-
clopedie personaggi contemporanei" (50 mila lire), i "Ves-
sillo europeo delle arti" (100 mila lire), si sprecano. Ma
127
anche per i premi o altro agli scrittori (con costi elevati e,
principalmente con azioni che ricordano quelle di
Garamond o peggio) gli organizzatori non scherzano. Me
ne occupai nel "DopoSegreti dell'editoria" (1985), ed uno
di essi (se non erro) deve essere ben conosciuto dal Franco
Traili intervistato da Mapelli. Si chiamava "Contro la violen-
za" e trattava della "più grande antologia poetica mai
pubblicata in Italia" dove la poesia degli aspiranti poeti
"invitati" sarebbe stata pubblicata "gratuitamente", si chie-
deva di prenotare "solo una copia" dell'antologia a lire
50.000 "prezzo straordinario per lei" (nel 1984), si usava
come "sirena", di echiana (ante litteram) memoria, che "la
prima copia dell'importantissima antologia sarà inviata in
omaggio a Sandro Pertini, che è uno dei più convinti e
accaniti difensori della pace del mondo". Il promotore era
un bolognese noto perché (in premi o altro di pittura)
firmava con dottar, professo!-, perito, docente e non so
quante altre cose. Il secondo invece, il premio letterario
"Concorso Opera Prima", era organizzato dall'editrice
Black-Out (sconosciuta in qualsiasi catalogo della
Bibliografica) di Milano con il patrocinio della Regione
Lombardia e dell'Assessorato alla Cultura e Informazione.
Da una rapida miniinchiesta risultava che il premio era
suddiviso in due settori (romanzò e poesia); due sarebbero
stati i vincitori; le "spese di partecipazione" erano di
150.000 lire più IVA (tutto fatturato); i partecipanti risulta-
vano essere "circa 1000" per settore; si sarebbe poi potuto
"al di fuori del concorso" concordare una pubblicazione
con il "contributo finanziario dell'aspirante scrittore"; i
premi consistevano nella pubblicazione "gratuita" da parte
della Black-Out dei due vincitori, e nell'assegnazione di 20
targhe ad opere meritevoli. Questo sì che è un guadagno
notevole! Calcolai un utile netto (in poco tempo) di 225
milioni del 1985, escluse eventuali tasse. Altro che
Garamond o l'editore di Firenze o quello della provincia di
Siena! Ed i fini speculativi erano talmente evidenti che
anche Tuttolibri dell'8 dicembre 1984, con un articolo di
Ernesto Ferraro, lo stigmatizzava. Il pezzo si concludeva
con: ... Ci interessa invece la questione del patrocinio della
128Regione Lombardia. All'Assessorato minimizzano: il patrocinio
è gratuito, mah chissà, sarà stato qualche funzionario frettoloso,
un patrocinio non si nega a nessuno, non è il caso di drammatizzare...
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MessaggioTitolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:27 pm

Cap. IX
LA PICCOLA EDITORIA
E ALCUNI SUOI PROBLEMI
Nel numero 1/2, gennaio/giugno 1991 della rivista
trimestrale del Sindaco Nazionale Scrittori, "Produzione &
Cultura" alla pagina 22 è stato pubblicato il seguente
articolo dal titolo "Oligarchia culturale allo Strega":
// premio "Strega " ha sempre affidato le sue simpatie a
un'immagine di tolleranza frivola e nonchalante, il suo
stile tra distratto e sportivo (anche se con una regia che da
dietro le quinte lo governava con una mano sapiente). Era
anomalo ed incongruo come una partita a tombola giocata
sul monte Parnaso da una tavolata troppo gremita. Appun-
to è incredibile da un lato e risibile dall'altro che un premio
siffatto abbia deciso bruscamente di darsi dall'edizione
1991 una Commissione consona, graziosamente denomi-
nata Comitato ristretto di lettura che opera con "giudizio
insindacabile" nei confronti dell'ammissione dei libri con-
correnti.
Il comitato della fondazione Maria e Goffredo Bellonci!,
composto da mèmbri che si sono sempre fregiati di
irrinunciabili idealità democratiche e libertarie (Guido
Alberti, Pietro Citati, Cesare Garbali, Natalia Ginzburg,
Renzo Rosso), ha deciso, in accordo col Direttore della
Fondazione, Anna Maria Rimoaldi, di inserire nel vecchio
regolamento del premio alcune disposizioni integrative, che
riconoscono i requisiti necessari per concorrervi esclusiva-
mente alle seguenti Case Editrici (evidentemente considera-
te come una specie doi Gotha editoriale, ammesso di diritto
anche se presenta opere merdiocri): Adelphi, Bompiani,
Editori Riuniti, Einaudi, Feltrinelli, Garzanti, Longanesi,
Marsilio, Mondadori, Rizzali, Rusconi, Sansoni, Selleria,
Sugarco, Vallecchi.
Ne la dirczione della Fondazione Bellone! , ne il Comita-
to hanno pensato di indire sulla questione un'assemblea dei
volanti al Premio. Troppo democratico? Troppo rischioso?
Hanno preferito più sbrigativamente giocare in famiglia
favorendo - magari solo per distrazione - i grandi gruppi
editoriali. Forse non è esattamente così che si difende la
diffusione della cultura in Italia, che nella piccola edito-
ria di qualità trova tanto spesso espressione non
trascurabile. Forse non è esattamente così che si incorag-
giano le iniziative "altre" rispetto all'organigramma
precostituito dell'editoria industriale. In barba alla libertà
di iniziativa culturale e di proposta letteraria, il Comitato
ha realizzato il suo piccolo colpo di mano. Poi magari si è
accorto di averla fatta un po' grossa, e alla norma
iugulatoria per cui "possono concorrere allo Strega solo
opere pubblicate da case editrici titolari da almeno dieci
anni di una collana di narrativa e letteratura di acclarato
significativo valore e i cui libri risultino entrati almeno una
volta nella cinquina", ha aggiunto un contentino-
escamotage che recita: "Rimane ferma la possibilità di
concorrere allo Strega per un'opera di valore, edita da una
casa editrice non in possesso dei requisiti di cui al preceden-
te n. 1, ma che abbia positivamente superato il giudizio
insindacabile del Comitato ristretto di lettura".
Insamma un giocherello oligarchico...
La protesta del Sindacato Nazionale Scrittori è sacrosan-
ta, ma solo su un piano ideale di giustizia e di democrazia
perché, nella pratica, da quando è nato lo Strega è stato
sempre vinto dai grandi editori, ad eccezione dell'edizione
del 1948 quando prevalse Vincenzo Caldarelli edito da una
casa editrice scomparsa (e della quale ignoro tutto), "Meri-
diana". Per tutte le altre edizioni hanno vinto (dati al 1986)
12 volte libri editi da Mondadori, 7 volte ciascuno Einaudi e
Rizzoli, 5 Bompiani, 3 Garzanti, 2 Longanesi, ed una sola
volta Feltrinelli, Vallecchi e Rusconi. Capirai, quindi, amico
lettore, che le affermazioni di Aldo De Jaco, allora segreta-
rio generale del Sindacato, nel suo articolo "Gli scrittori e
gli editori" pubblicato nello stesso numero già citato di
Produzione & Cultura, (Non solo non avrebbe potuto, a suo
tempo, parteciparvi - stante le attuali norme - il Moravia
degli Indifferenti ma anche, perforo un altro esempio, Italo
132
Svevo con tutte le sue opere senza editore, e non stiamo qui
a fare l'elenco di tutti gli autori e di tutte le opere che
sarebbero e saranno escluse dal prossimo- e dai prossimi? -
Premi Strega perché non hanno l'avallo di un editore come
ilfaut.), lasciano purtroppo il tempo che trovano.
Più interessante è invece per questo capitolo del libro
che stai leggendo, lo stesso articolo di De Jaco quando
scrive riferendosi all'articolo di Goffredo Fogli sull'Unità dal
titolo "Scrittori, boicottiamo i grandi editori":
... La nostra piccola polemica con persone che peraltro
stimiamo, come i patron del Premio Strega, non c'entra
niente. L'Unità non se ne è occupata e questo e tutto. In
quanto a quell'ingannevole titolo a sei colonne ....
Ben altro rimprovera agli editori "grossi" Goffredo Fofi (e
sotto sotto anche agli autori): "Nella cultura di massa", egli
scrive, "i libri sono anch'essi una mercé per le masse, quasi
totalmente di "evasione", e dunque di concorso calcolato
alla "manipolabilità delle masse". Che si legga di più o di
meno non mi pare sia un segno- come pensano molti miei
amici - di maggiore civiltà; può essere, anzi certamente è,
un segno di rimbambimento da media e da consenso, da
fuga del pensiero e del gusto. Guardate, per convincervi, le
classifiche dei best-seller".
E come dargli torto? (sebbene io sia propenso - come
qualche suo amico - a valutare favorevolmente il fatto che
si leggono libri...). E Fofi poi aggiunge: «Non bisognerebbe
non collaborare con le grandi case editrici delle concentra-
zioni? Forse sì - se non per lavori marginali, non di "con-
cetto", anonimi e servili, di mera vendita diforza-lavoro- e
in ogni caso non collaborare se si è "autori". Fare questo
non è difficile, per fortuna, essendoci ormai molti piccoli
editori degni di stima e la cui "politica " ed "economia " sono
chiare, esplicite, "controllabili". (È ovvio che bisognerebbe
accettare anche il principio che i libri non dovrebbero essere
la fonte di guadagno stabile per chi scrive, il "lavoro prin-
cipale". Tanto più che nella società del benessere non è
difficile vivere di altro)».
Ma che succede? Fofi aveva cominciato il suo ragiona-
mento con l'esplicita affermazione che il libro è una mercé,
133
una mercé sottoposta a tutte le leggi del profitto. E che
propone egli per fregare i grandi editori? Rivolgersi ai piccoli
e non farsi pagare. Bella invenzione! A dire il vero buona
parte dei libri pubblicati dalla piccola e media editoria
nascono e circolano proprio così, diventano mercé cioè
"dopo" essere usciti dalle mani degli autori (ai quali in
pratica non viene corrisposto compenso alcuno)...
Come hai notato, amico lettore, si paria di piccola editoria
che riguarda, come tutti gli intenti di questo libro, prevalente-
mente la narrativa e la poesia. Ma quali sono questi piccoli
editori?
Spesso negli articoli sui quotidiani, sui rotocalchi a grande
tiratura o nelle riviste specializzate si fa una grande confusio-
ne. A volte vengono considerati piccoli anche Marsilio,
Marietti, Camunia, e così via, che, per appoggi politici o
finanziari, non lo sono affatto al di là del numero di titoli
prodotti. Oppure Sellerie (facente parte, come Marsilio, del
Gotha dello Strega) che venne fortemente appoggiato da un
grande personaggio come Sciasela.
Allora i piccoli che si occupano di narrativa e poesia, quali
sono nella realtà se si escludono quei nomi che ho citato (a
torto o ragione) come editori, tutto o in parte, a pagamento?
Credo che non rimangono altri che (e mi scuso se ne ho
forse escluso qualcuno): "Archinto" di Milano (ma è distribuito
dalla Garzanti ed è editore del diffuso periodico "Leggere")
con 14 novità all'anno; "Costa & Nolan" di Genova con 14
novità (narratori italiani e stranieri); "Edizioni E/O" di Roma
con 15 novità (ma, sembra, tutte di narratori stranieri); "La
Tartaruga" di Milano con 14 novità tutte di narratrici; "Marcos
Y Marcos" di Milano con 8 novità (tutte di stranieri); "Theoria
Edizioni" di Roma con 24 novità (di cui solo poche di narratori
italiani), e forse, con pochissime novità, "Galzerano Editore" di
Casalvelino; "Iperborea" di Milano (tutti narratori scandinavi);
"Ripostes" di Salerno (narratori arabi).
In fondo per chi ama la narrativa e la poesia pubblicata
per meriti e non per denaro (anche se, come abbiamo
abbondantemente visto, spesso chi vale ma non ha o non si
134
è procacciato santi in Paradiso, non viene pubblicato dai
"grandi" e, forse, nemmeno dai piccoli) non ha poi molte
sigle editoriali da compulsare.
Pur con oltre 2000 editori in Italia, solo 4, al di sopra
delle 200 novità all'anno, pubblicano narrativa. Seguono
qualche diecina (compresi alcuni a pagamento) fra gli 83
editori attestati al di sopra dei 50 titoli all'anno. Altri ancora,
ma non sono moltissimi, pubblicano narrativa fra i 343
editori con produzione fra gli 11 e i 50 titoli, mentre sono
del tutto inlnfluenti per quello che affermo, amico lettore, i
637 che riescono a malapena a far uscire da uno a quattro
titoli all'anno! Infine sono praticamente inesistenti, se non
sulla carta e negli elenchi delle Camere di Commercio, gli
altri 600 dei quali il Catalogo degli Editori Italiani non ha
notizie e per i quali è da supporre un'attività nulla.
D'altra parte dai dati ISTAT del 1983 (Cinzia Tani:
"Premiopoli", edizioni Mondadori) risultava che in Italia si
pubblicavano 16.077 titoli di opere in lingua originale dei
quali le prime edizioni del genere "romanzi e racconti
italiani" erano solo 1.343!
Se valutiamo (molto approssivamente) a più di un mi-
gliaio le opere di narrativa prodotte a pagamento, vuoi dire
che gli editori grandi medi e piccoli che pubblicano in
modo normale (o più o meno normale) narrativa italiana,
non mandano in libreria più 100/200 novità all'anno, com-
prendenti, naturalmente, gli autori continuamente pubbli-
cati (e che sfornano nuovi titoli ogni uno o due anni), e gli
esordienti che fanno parte della bagarre letteraria e, pro-
babilmente, politica.
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MessaggioTitolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:27 pm

Perché la narrativa italiana è tanto negletta dai nostri
editori di qualsiasi dimensione, mentre abbonda quella
straniera (all'incirca 5.000 titoli all'anno)?
Ricorderai, amico lettore, che per quanto riguarda la
"grande" editoria già tè ne ho raccontato i motivi. Per i
piccoli, tranne quelli che utilizzano l'esasperazione dei
nostri aspiranti scrittori per trarre i mezzi economici per
rimanere in attività (ma non sempre questo è il solo
motivo), ci sono una serie di problemi connessi proprio alla
135
loro dimensione dalla quale, evidentemente, non possono
o non vogliono sollevarsi.
Un volume di narrativa, amico lettore, diventa
aziendalmente utile solo se si riesce a vendere in molte
migliata di copie. Già il costo per copia scende vertiginosa-
mente se la tiratura aumenta. Ad esempio, e riferendomi a
quei semplici ed approssimativi conticini fatti nel secondo
capitolo di questo libro, per 3.000 copie calcolammo una
spesa (comprensiva di stampa, copertina, disegnatore e
generali) di 7.700 lire (4.000 per la stampa, 700 per la
copertina, 3.000 per disegnatore e generali), pari a L.
23.100.000. Ebbene tirandone 10.000 copie la spesa au-
menta soltanto di circa l6 milioni per la stampa, quella per
la copertina di 4 milioni, mentre le spese generali e di
disegnatore, valutate in quell'esempio a 9 milioni, rimango-
no inalterate, ma vanno suddivise su 10.000 copie. L'im-
porto totale sarà quindi di 43.100.000 lire, owerosia (L.
4.310/copia (così suddivise: 2.800 per la stampa; 610 per la
copertina; 900 per il disegnatore e generali). Il risparmio
sarà di ben 3.390 lire per copia, quasi dimezzandone il
costo! Ed il risparmio non si ferma qui perché la pubblicità,
che valutammo in 9 milioni (con incidenza di L. 3.000 a
copia) rimane inalterata, ma incide ora per sole 900 lire/
copia. Valutando, infine, il diritto d'autore (10 sulle 30.000
lire del prezzo di copertina) il costo globale ammonta a L.
8.210 per copia contro le 13.700 lire che calcolammo per le
3.000 copie.
Nell'ipotesi ideale della vendita di tutte le copie, fatturate
al distributore a L. 15.000, l'utile sarà di ben L. 6.790 per
copia pari all'incirca all'82 della somma investita. Infatti,
tutto compreso, l'editore avrà speso 82.210.000 lire, ma
incassa ben 150 milioni!
Per la verità, caro lettore, non è tutto così semplice, ma
l'esempio basta a dimostrare la tesi.
Allora perché il piccolo editore non stampa narrativa
italiana (salvo poche eccezioni) se non a pagamento?
Perché gli scrittori poco conosciuti non riuscirebbero
mai a vendere, nella struttura del piccolo (e quasi sempre
136
anche in quella del grande), diecimila copie di un titolo, e
quelli di fama (quelli che godono del favore del pubblico)
sono monopolizzati dai grandi editori che vengono preferiti
per il prestigio, la distribuzione ben più efficiente, i premi
ben più facilmente ottenibili, i frequenti contatti quasi alla
pari che intrecciano con grandi editori di altri Paesi, e altri
motivi che cercherò di illustrarti.
In un mio articolo, pubblicato su "il Giornale di Napoli"
del 12 maggio 1989, dal titolo "Ma il problema è la distri-
buzione", scrivevo:
... // difetto è nella programmazione: perché non si riesce,
anche quando si è "grandi", ad indirizzare i gusti del
pubblico che, fortunatamente, non sempre si fa convincere
ad acquistare le molte pubblicazioni scioccamente elitarie,
o quelle di autori raccomandati, ma scarsamente dotati di
talento. A scapito, naturalmente, di aspiranti scrittori bravi
ma senza protezioni, che dovrebbero costituire la linfa dei
futuri successi. I grandi editori rinunciano così a svolgere
un ruolo di guida attraverso investimenti tanto doverosi
quanto intelligenti.
Ma il vero bubbone dell'editoria italiana è la distribuzio-
ne, che danneggia gli stessi grandi editori. Lo denunciava
anche la lettera indirizzata tempo fa dal noto scrittore
Vincenzo Guerrazzi al Sindacato Nazionale degli Scrittori,
nella quale, fra l'altro, affermava: "In molte città questo libro
(La Festa dell'Unità, edito da Rizzali) non è stato distribui-
to". È proprio la distribuzione la rovina dei tanti medio-
piccoli editori, che sono spesso vessati o illusi dalle organiz-
zazioni di distribuzione che stanno sempre più assumendo
la veste di "mammasantissima" nel mondo dei libri, condi-
zionandone programmi e sviluppi.
Alcune ditte distributrici vendono libri come patate mo-
strando scarsissima professionalità; ammantandosi d'una
autorevolezza di molto superiore a quella effettiva, invoglia-
no editori regionali alle pericolose avventure di una mag-
giore tiratura e di costose pubblicità su grandi quotidiani
per poi non distribuire affatto i libri, o sfamandone i tempi, o
limitandosi soltanto ad aspettare che i librai ne chiedano
qualche copia, tardivamente e svogliatamente consegnata. I
137
potenziali lettori che avevano un certo desiderio di leggere
quell'opera, non trovandola subito in vendita, tornano ad
essere facile preda dei libri presentati anche in televisione e
della massa cartacea costituita dalle puntualissime e
trovabilissime riviste illustrate.
A questi danni si aggiungono le spropositate richieste di
sconti, di una somma a fondo perduto per accettare la
distribuzione, e i rendiconti trimestrali spesso elusi e mai
esatti, i pagamenti ritardati, il caos delle giacenze, che si
risolve soltanto quando il piccolo editore esige la "resa"
totale che sarà completata non prima di un anno.
Non c'è salvezza per i medio-piccoli editori se non rie-
scono a trovare un'alternativa ai cattivi distributori (che a
loro capitano quasi sempre) e se non organizzano un tipo
di vendita alternativo e diversificato...
Ecco perché la stragrande maggioranza dei circa 700
editori con produzione fra i 5 ed i 50 titoli all'anno hanno
dovuto specializzarsi nella scolastica, nella saggistica, nella
manualistica, nelle ricette di cucina, nei movimenti religio-
si, e così via, poiché il lettore interessato e a conoscenza
dell'esistenza di quel titolo, se non lo trova subito in libreria
vi torna più volte o finisce per chiederlo direttamente
all'editore. Tutto il contrario di quanto avviene nella narra-
tiva dove l'interesse si sposta facilmente su altri titoli, tranne
che non si tratti di quell'autore notissimo e fortemente
pubblicizzato anche da mamma TV.
Ciò non toglie che anche chi produce libri non di
narrativa venga danneggiato notevolmente dalla distribu-
zione assente o eseguita male o che paga con molto,
troppo ritardo.
Ma il piccolo editore ha scarso potere contrattuale, e, a
differenza dei "grandi", non riesce ad ottenere dai distribu-
tori nessun anticipo, anzi...
In Italia esistono 3 grandi organizzazioni di distribuzione
per la varia: Messaggerie Libri, con sede a Milano e filiali in
tutte le città più importanti; PDE, con sede a Firenze ed una
più che decente presenza in ogni regione; e il Consorzio
Distributori Associati (un insieme di soci regionali abba-
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MessaggioTitolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:30 pm

stanza autonomi), con sede a Bologna. Poi esistono singoli
distributori, buoni e meno buoni, con capacità operative in
genere molto più limitate e che entrano ed escono da
notevoli crisi economiche.
Le prime tré organizzazioni, in modo molto decrescente,
diffìcilmente accettano di distribuire piccoli editori con pochi
titoli, basse tirature e una scarsissima presenza nella pubblicità
e nelle trasmissioni televisive.
Tutti (o quasi) i distributori, oltre a consegnare i volumi in
libreria, dovrebbero "promuoverli" facendo continuamente
girare loro addetti (spesso pochi o addirittura uno solo) presso
i punti di vendita con il cosiddetto "copertinario" (le copertine
delle novità dei loro rappresentati) ed è fin troppo ovvio che
l'interesse del libraio si concentra su quelle che sembrano più
interessanti, o che cosi gli vengono fatte apparire.
Dei nomi che, amico lettore, più ti attirano in libreria
EINAUDI, FELTRINELLI, IL MULINO, LATERZA,
LONGANESI e MARSILIO sono distribuiti da Messaggerie
Libri; ADELPHI e BOMPIANI dalla distribuzione propria del
Gruppo Fabbri; MONDADORI e SPERLING & KUPFER
dalla distribuzione propria di Mondadori; MARIETTI dalla
PDE; NEWTON & COMPTON e SUGARCO dal Consorzio;
DE AGOSTINI, GARZANTI, MURSIA, RIZZOLI e RUSCONI
ognuno dalla propria distribuzione. Dei piccoli di "qualità",
infine, ARCHINTO da Garzanti; COSTA & NOLAN, LA
TARTARUGA e THEORIA da Messaggeria Libri, ed EDI-
ZIONI E/O da PDE.
Ripeto, caro lettore, che uno dei problemi fondamentali
del piccolo editore è costituita dal suo scarso peso contrat-
tuale che lo opprime quanto tratta con gli stampatori (vuoi
mettere poter assicurare una massiccia continuità di lavoro
o addirittura avere stabilimenti propri, contro il commis-
sionare pochi titoli, con scarsissime tirature all'anno?), con
le cartiere che potrebbero praticare grossi sconti di quanti-
tà, con i concessionari di pubblicità dei giornali (dove il
costo a modulo, per quantità e conoscenze o appartenenza
allo stesso gruppo editoriale, varia moltissimo), e... per i
premi letterarii
139
Su questi ultimi, amico lettore, già hai potuto leggere
qualcosa nelle prime pagine di questo capitolo. Devi sapere,
(se già non ne sei a conoscenza) che i grandi premi dei quali
tutti i giornali danno, con molta evidenza, più volte notizia, e
le cui cerimonie di premiazione sono a lungo riprese in
televisione, sono: il Campiello, lo Strega, il Viareggio, il
Bancarella, ed il Bagutta. Ebbene (al 1986) il primo è stato
vinto 12 volte su 24 da Mondadori, da Rizzoli 3 volte e poi
Einaudi, Mursia, Longanesi e Vallecchi (quand'era "grande");
del secondo già abbiamo detto; il terzo è stato vinto da
Einaudi per 13 volte, Mondadori 12 volte, e Vallecchi e
Bompiani e Rizzoli, e così via, solo prima della guerra
compaiono Ceschina, Alpes, Atlante e Circoli; il quarto è
stato vinto da Rizzoli per 12 volte, da Mondadori per 5, da
Garzanti, Bompiani e Rusconi per 3 volte ciascuno, poi
Feltrinelli, Mursia e Sugarco; il quinto da Mondadori per 12
volte, Garzanti ed Einaudi per 6 volte ognuno, Rizzoli per 5
volte, e Vallecchi, Ceschina, Adelphi, Bompiani, Sellerie
(con Leonardo Sciasela), e Cappelli (noto ed importante
editore anche a pagamento, come attesta la storia di Italo
Svevo che pubblicò, mettendo mano al portafoglio - 7.800
lire dell'epoca per mille copie -, con questo editore "La
coscienza di Zeno" nel 1923).
Seguono poi premi anche molto importanti come: il
Fiuggi (con ricchissima dotazione, ex regno di Ciarrapico e
di Andreotti), il Tevere, il Città di Roma, lo Scanno, il
Fregene, il Balzan, il Comisso, il Mondello, il Napoli, e il
Grinzane-Cavour. E poi tanti altri di importanza calante, ma
tutti sempre preda dei grandi editori.
Ora, amico lettore, i primi 5 premi ed alcuni degli altri
conferiscono all'opera narrativa che la vince (e a quelli
delle terzine o cinquine finaliste), oltre al prestigio una
potenzialità di vendita ulteriore che va dalle 25 mila alle
100 mila copie e più! Come vuoi che un piccolo editore
possa cimentarsi nella narrativa quando i "grandi", con
manovre degne di quelle usate in politica per la formazione
di un nuovo governo, come dettagliatamente racconta
Cinzia Tani in "Premiopoli", brigano (anche con l'aiuto dei
loro autorevoli scrittori quasi sempre mèmbri di giuria) per
140
aggiudicarseli e per usufruire dei vantaggi pubblicitari e di
vendita? È un impresa davvero impossibile!
Eppure, nonostante tutto, quando i libri dei medio-
piccoli editori sono posti in vendita e mostrati più o meno
alla pari (senza enormi vetrine ed altissime pile per i
"grandi"), i risultati non sono poi molto lontani. Anzi,
qualche volta, vengono giustamente ribaltati premiando il
libro migliore senza più i condizionamenti della sigla edi-
toriale e del nome dell'autore, come spesso avviene presso
due lodevoli organizzazioni. Si tratta della COVES di San
Giuliano Milanese, che gestisce tutte le edicole e librerie
presso centinaia di stazioni ferroviarie italiane, e di Stavolta
Editore di Pordenone, che pubblica ed invia a diecine di
migliala di famiglie italiane ogni mese un bei catalogo
illustrato a colori (II Compralibro) dove di libri nuovi a
metà prezzo sono mostrate le copertine e le caratteristiche
con pari evidenza.
Ecco perché quando fu organizzato il Salone del Libro di
Torino i piccoli editori incominciarono a pensare di parteci-
pare compatti nonostante le spese non lievi per i loro
smunti e stiracchiati bilanci.
Nel mio saggio "II 2° Salone del Libro, owerosia Un
colossale abbaglio", pubblicato nel giugno 1989, il primo
capitolo diceva:
Nel nostro/elice Paese, forse più che negli altri, si consu-
mano ogni giorno ingiustizie, soprusi e truffe di ogni gene-
re, e più che mai il cittadino si sente indifeso e preso in giro
dal grande Potere e dai tantissimi suoi derivati.
Il fatto di per se stesso è gravissimo, ma da noi diviene
macroscopico perché in teoria viviamo in regime di demo-
crazia e di libertà. Non esiste, ci dicono, qui da noi ditta-
tura di destra o di sinistra, ne il peso opprimente del Capi-
tale. La Costituzione fissa dei principi nei quali il governo, il
parlamento e i poteri di ogni genere debbono operare. Nella
realtà, la tristissima realtà di ogni giorno, non è così, e noi,
normali cittadini che non facciamo parte del potere ne
intrallazziamo con esso, ci ritroviamo, quando di tanto in
tanto ci risvegliamo dal sogno, come fantocci facilmente
141
manovrati dalle mani del o dei marionettisti che tendono
e mollano i fili facendoci muovere il capo o gli arti a loro
/oy y e- c'Y(>'yic) 'vi, (>
In fondo, tranne rare e luminose eccezioni, è sempre
stato così, ma oggi i fili, seppure ben più efficaci di quelli
di altri tempi, sono sottilissimi impalpabili non facilmente
individuabili. E i marionettisti si moltiplicano, sono do-
vunque e comandano in ogni attività dell'essere umano
con un'arroganza che non si cura più della Costituzione,
della legge, dei controlli perché, alla lunga, hanno sempre
ragione loro, e tutti noi, con chiara o confusa consapevo-
lezza, ci rifugiamo nelle obliante attività di vacanzieri, di
spettatori televisivi o calcistici o nella lettura di libri di
evasione.
I libri, eccoci al punto, seppure in teoria tanto impor-
tanti perché costituiscono la spina dorsale della cultura,
rappresentano un qualcosa che è abbastanza misero per il
Potere perché facilmente superabile dai più moderni e
potenti mezzi televisivi, o da quelli preponderanti dei
quotidiani e dei luccicanti periodici illustrati. Se poi si
considera il loro valore nell'oggi sempre più importante
dio-denaro, rappresentano ben piccola cosa; un fatturato
teorico di 2.700 miliardi che si riduce, per la distribuzio-
ne, a non più di 1.800 miliardi annui: microscopica
pozzanghera nel mare di quasi un milione di miliardi del
movimento monetario annuale italiano!
Eppure anche in questo piccolo "giro" esistono
sopraffazioni, abusi, truffe, raggiri, inganni, delusioni e
abbagli. Proprio di essi vogliamo occuparci in questo volu-
me, relativamente al recentissimo 2° Salone del Libro di
Torino, nella speranza che, da cittadini comuni, si riesca
perlomeno in una regione marginale del grande
bailamme finanziario-operativo del nostro Paese, a se-
gnare qualche punto a favore dei piccoli, degli indifesi, dei
lontani dal Potere.
Cos'era successo a Torino?
Nel 1988 il "finanziere" Guido Accornero e il libraio
Angelo Pezzana, anche con il contributo finanziario di Enti
142
Pubblici (che dovrebbero gestire oculatamente i nostri
soldi), realizzarono di raccogliere sotto un unico e acco-
gliente tetto, quello di Torino Esposizioni, oltre ai soliti 95
grandi e medi editori italiani, una gran parte dei 343 piccoli-
medi e perlomeno qualcuno dei 989 piccolissimi. Negli
intenti dichiarati, e che in teoria avranno fruttato i contributi
pubblici, bisognava porre anche i medio-piccoli e picco-
lissimi editori (tanto sacrificati nelle librerie) in condizioni
di farsi conoscere dal grosso pubblico senza discriminati
barriere. Ben 553 editori parteciparono (e quindi anche una
parte dei piccoli e piccolissimi). Ci furono 110.000 visitatori,
e 210.000 copie di libri furono vendute per un importo di
circa 5 miliardi così (fu comunicato) ripartite: 9 milioni al
giorno per ognuno dei grandi, 4 milioni per i medi, e un
milione e mezzo per i piccoli. Un'ulteriore conferma che le
differenze come capacità di vendita (quando vengono posti
quasi sullo stesso piano ) fra i grossi, i medi e i piccoli
editori non erano poi tanto grandi.
Evidentemente non era poi questo il vero obiettivo una
volta ottenuti i contributi pubblici, ed il secondo anno, nel
1989, gli organizzatori continuarono a tempestare anche i
piccoli e piccolissimi editori con depliants con colorate
fotografie di: affollatissimo padiglione, affollatissimi stands,
paradisiaca immagine di Torino Esposizioni, di scrittori in
convegni e alle interviste. E poi un testo che diceva (fra
l'altro):
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MessaggioTitolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:31 pm

LE CIFRE CHE PARLANO CHIARO <t 110.000 visitatori
hanno "divorato" la mostra * Migliaio di librai vis-a-vis con
gli editori * Un giro d'affari di miliardi per gli espositori (e
nell'89 queste cifre sono destinate ad aumentare!)
* TUTTI GLI EDITORI IN BUONA LUCE * Tutti gli stands
saranno su un unico livello, distribuiti in due padiglioni
comunicanti. * Sono creati vari poli di attrazione per
orientare il flusso dei visitatori in tutte le aree espositive *
Sono stati introdotti 2 nuovi tipi di stand preallestiti da 64
mq e da soli 5 mq * C'È UN SOLO MODO PER NON FARSI
RUBARE SPAZIO NELL'EDITORIA ITALIANA: COMPILARE
LA CARTOLINA E RISPEDIRLA SUBITO AL SALONE DEL
LIBRO.
143
Come può, amico lettore, il piccolissimo editore ,quello
dal fatturato di 50 milioni annui, resistere a queste affascinan-
ti "sirene" del Salone?
Sì, a conti fatti, per quanto si limiti allo stand più piccolo, fra
una cosa e l'altra, dovrà investire circa 5 milioni, il 10 del suo
fatturato! Potrebbe, in alternativa, finalmente decidersi a
comprare ben 15 moduli pubblicitari su "la Repubblica" o una
diecina sul "Corriere della sera", ma al Salone si vende,
s'incontrano librai e distributori. Forse per lui è dawero
l'occasione buona! I piccoli non hanno venduto per un
milione e mezzo al giorno nell'edizione dell'88? Ed ora con 5
giorni di mostra lui non potrà vendere per 5 milioni e rifarsi?
Che quello di Torino sia proprio il salone dei piccoli
editori lo affermano proprio (oltre agli organizzatori) la
Repubblica (Daniela Pasti) che scrive: ... Non c'è da stupire
se questi risultati hanno fatto venire l'acquolina in
bocca agli editori, abituati a una routine di vacche
magre, e il Corriere della sera (Antonio Debenedetti) con:
Qualcuno già parla di una festa della piccola e piccolis-
sima editoria... E l'editore da la sua adesione, si prepara e
parte per Torino.
Caro lettore non mi dilungherò sulla organizzazione non
perfetta e sulle traversie che il piccolo deve subire per colpa
dell'esclusivista dei trasporti, di quello delle sedie e delle
luci, ma ti dirò, che, relegato com'è nei padiglioni 3 e 3B, si
accorge che quasi tutti i visitatori si concentrano nel padi-
glione 2 dove su un bei viale con verde e panchine si
affacciano i seguenti editori: Zanichelli (64 mq), Einaudi (96
mq), Mondadori (192 mq), Electa (96 mq), Cantini (48 mq),
Giunti (64 mq), Fabbri (128 mq), Archinto (un "piccolo" ma
editore di un diffuso pel-iodico, l6 mq), Giorgio Mondadori
(48 mq), Utet (96 mq), Buffetti (64 mq). E non basta, nelle
immediate vicinanze della zona sfacciatamente "eletta", vi
sono: Mursia (64 mq), Angeli (32 mq), Rizzoli (192 mq),
Garzanti (128 mq), Rusconi (112 mq), Michelin (64 mq),
Masson (128 mq), Messaggerie (96 mq), Leonardo
(Mondadori, l6 mq), Adelphi (64 mq), ancora Mondadori
(96 mq), De Agostini (128 mq), e qualche altro dei soliti e dei
notissimi. Nella zona più o meno vicina e prospiciente la
144
grande piazza che, con il gran viale costituisce il "cuore e
l'attrazione" (affermazione della stampa) del Salone: La
Nuova Italia, Laterza, Bollati-Boringhieri, II Mulino, La Stam-
pa, II Sole 24 Ore, Sellerie, Newton e Compton, con
corollario di Unicopli, Feltrinelli, Marsilio, Marietti, Editori
Riuniti, Sperling e Kupfer. Unici dei notissimi un po'
decentrati, ma non tantissimo: Longanesi e Sugarco.
Come se già non fosse sufficiente i grandi danno spettaco-
lo (forse memori delle dichiarazioni di Riva di anni prima,
che sosteneva la necessità dello spettacolo nelle librerie). Lo
confermava Franco Marcovaldi su un numero di maggio '89
de "La Stampa":
Appagati dall'atmosfera d'insieme che ogni manifestazio-
ne di massa garantisce (luci, colori, varia umanità, merci
sui banconi, stelle e stelline da riconoscere: "Hai visto
Gawonski? E quello non era Castellaneta?"), gironzolano
ammucchiando gadgets, yo-yo, borse... L'editore Horus offre,
a chi compra "I misteri di Torino", una visita guidata nella
capitale della magia, Rizzoli lancia la caccia la tesoro per
tutta la città con l'obiettivo di scoprire i nascondigli di una
ventina di scrittori della casa. Le edizioni Abete regalano,
assieme al libro di Stanislao Nievo, un alberello vero.
Mondadori punta su due performers di sicuro richiamo come
Cljiambretti e Grillo per presentare la "festa degli Oscar"...
Infine un pizzico di mondanità con cocktaiis, rinfreschi e
feste. Il clou si è avuto con Mondadori per una cena d'autore,
con menù che presentava, tra l'altro, asparagi alla Rugarli,
uovo in camicia nera di Spinosa (quello per il quale, amico
lettore, il problema degli aspiranti scrittori era un falso
problema), pennette di La Capria, sorbetto di Corrado
Augias, gran dessert di Forattini.
Vedi che razza di Fiera, amico lettore? Davvero la festa dei
piccoli e piccolissimi editori! Che, poveretti si disperano e
protestano perché davanti ai loro stands (ai quali, per la
bontà degli organizzatori, si può giungere solo dopo quelli
dei "grandi") passano in pochi e già stanchi e già pieni di
acquisti e deplicants.
Ciò nonostante trionfale Emanuele Monta su "La Stampa"
del 17 maggio scrive:
145
... scrittori e saggisti sul podio come il calciatore Cabrini
(proprio un ottimo esempio di scrittore, amico lettore!) che
presentava "Io, Antonio"..., Carmen Liera Moravia, "Loia e
gli altri",,. Mentre gli autori intrattenevano i lettori (certo,
l'affascinante Carmen con le storie dei suoi amori avrebbe
potuto farlo davvero bene!), fra gli stands (dei "grandi") la
solita animazione e molte risate per il comico Pino
Caruso... Soddisfatti alla Feltrinelli che in quattro giorni ha
venduto libri per 40 milioni, 90 milioni alla Utet, 54 alla
Rizzoli, 50 alla De Agostini. Il record assoluto però è della
Mondadori con 220 milioni d'incasso... Poi il tono di
Monta perde lo splendore ed aggiunge: ... La protesta di un
gruppo di piccoli editori del padigline 3B, già nell'aria da
sabato sera, è divenuta contestazione aperta con distribu-
zione di volantini. Gli espositori lamentano di essere igno-
rati dai mass media e rimproverano la dirczione di averli
relegati ai margini della manifestazione, "chiusi dentro
ridicole gabbiette indicate più per commerciare ortaggi che
per esporre libri". Si legge ancora nel volantino, che i suc-
cessi del Salone sono "frutto soprattutto della partecipazione
attiva e convinta di una miriade di piccoli editori che
hanno affrontato spese ingentissime pur di essere presenti.
Se i promotori si possono gloriare delle 850 presenze lo
devono proprio a noi, agli 800 piccoli editori che hanno
pagato quanto i grandi, ma non abbiamo le stesse forze per
richiamare gente".
Ed in effetti è vero, amico lettore, senza i piccoli anche i
conti degli organizzatori non tornerebbero. Accornero e
compagni avevano sommariamente comunicato (La stampa
del 24 maggio, pagina 24) che la manifestazione era costata
4 miliardi e che era stata coperta nel seguente modo: L.
1.160.000.000 dagli enti pubblici!, 1.500.000.000 dagli spon-
sor, il resto (owerosia, caro lettore, 1.340.000.000) con la
vendita dei biglietti e degli spazi espositivi. Da un somma-
rio calcolo da me eseguito, la sola vendita degli spazi
dovrebbe aver dato quasi un miliardo e seicento milioni! E
gli strombazzati 120.000 visitatori a seimila lire ognuno
(costo del biglietto) non danno 720 milioni? Manca quindi
dal conteggio più di un miliardo! Che fine ha fatto?
146
Poco ci importerebbe se gli enti pubblici (ossia noi
cittadini contribuenti) non avessero versato più di un mi-
liardo, e se non risultasse che i piccoli hanno versato
all'incirca (solo per lo spazio espositivo) un altro miliardo e
passa.
Vuoi vedere che i "grandi", che oltre ad incassare i tanto
sbandierati milioni di vendite, hanno anche usufruito di
sconti, mentre i piccoli (che avranno venduto libri solo per
qualche centinaio di migliala di lire a testa) hanno pagato,
nette nette, le 200 mila lire a metro quadrato oltre alla
domanda di ammissione e tutto il resto?
Ebbene, caro lettore, pensi che Accornero si sia dimesso?
No, per amordidio, ha anzi chiesto per gli anni a venire
nuovi contributi (e li ha ottenuti) ed i perdenti, come
sempre, sono stati i piccoli.
Ma anche loro hanno colpe: il non associarsi, l'essere
troppo entusiasticamente ingenui.
E la triste esperienza li avrà ulteriormente convinti a non
pubblicare narrativa di esordienti o poco conosciuti autori
italiani (e sono i soli che gli vengono consentiti dal mer-
cato) se non a pagamento. Speriamo, però, con qualche
eccezione!
147
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MessaggioTitolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:35 pm

Cap. X
ASPIRANTI CHE DIVENTANO ESORDIENTI
Nel 1986 Cristina Benussi e Giulio Lughi dell'Università
di Trieste hanno pubblicato per i tipi di Marsillo (con
contributi finanziari del Ministero della pubblica istmzione,
e dell'Università di Trieste, Istituto di filologia moderna) il
saggio: "II romanzo d'esordio tra immaginario e mercato".
I due studiosi hanno preso in esame buona parte di
coloro che erano riusciti a pubblicare il primo romanzo fra
il 1975 e il 1983 inviando loro un questionario di 18
domande.
Il criterio di scelta è stato di "pescare" fra le grandi case
editrici e di altre "di vario taglio, ma di diffusione nazionale
e che comunque sembrassero attente alla continuità del
tono editoriale e alla qualità dei testi" non entrando nel
merito se qualche esordiente sia stato pubblicato col pa-
gamento di vii moneta o di altro, perché "se il romanzo è
una cosa splendidamente impura non si vede perché
metodologicamente sia necessario illudersi di espungere
dall'indagine tutti quegli elementi che in realtà fanno parte
della vanità, dei compromessi e delle debolezze che
sostanziano qualsiasi commercio interpersonale ed
interculturale".
Evidentemente debbo pensare, amico lettore, che editori
come "Nuova Autori", "Italia Letteraria", "Lalli",
"Todariana", e "Firenze Libri" non sono state considerati da
Benussi e Lughi "di diffusione nazionale o attente alla
continuità del tono editoriale e alla qualità dei testi" perché
nessun loro autore è stato preso in esame, mentre editori
come "All'insegna del pesce d'oro" (Scheiwiller)", "Città
Armoniosa", "Nuova Cartia", "Erba Voglio", "Ed. Meridio-
nale", "Ottaviano" e "Rebellato", scomparsi da ogni catalo-
go, sono stati gratificati di una qualche stima potendo
annoverare perlomeno un loro autore preso in considera-
zione dagli studiosi triestini che l'hanno fatto anche per
149
editori come "Spada (o "Nuova Spada"), "Cappelli", "La
pietra", "Carabba", "Italo Svevo", "Vannini" e "Bonechi" che
dichiarano sui cataloghi della Bibliografia di non occuparsi
di narrativa.
Gli autori a cui è stato inviato il questionario erano
inizialmente 106, ma, non avendo risposto nonostante
numerosi solleciti in 26, quelli presi realmente in esame
si sono ridotti ad 80 dei quali 61 (compresi Umberto
Eco e Susanna Agnelli) pubblicati da editori "grandi" e
medi come: Mondadori, Sellerie, Marsilio, Dall'Oglio,
Rizzoli, Feltrinelli, Bompiani, Einaudi, Longanesi,
Garzanti, Rusconi, Guanda, Vallecchi, Sugarco, Mursia,
Lucarini.
Come primo risultato mi sembra di poter dedurre che in
otto anni gli esordienti di "qualità" ammontano in media a
circa otto ogni 365 giorni a cui vanno aggiunti altri che
sono stati oggetto di dimenticanza da parte degli studiosi
triestini. Anche a voler valutare il numero degli esclusi con
larghezza, non credo che complessivamente gli esordienti
pubblicati da case note e di una buona importanza abbiano
superato, nel periodo preso in esame, le 12/15 unità al-
l'anno! Se, poi, si includono quelli pubblicati da Case, che,
pur non essendo molto conosciute specialmente per la
narrativa, per Benussi e Lughi, hanno comunque i requisiti,
giungeremo ad una ventina di esordienti all'anno. Se,
infine, si considerano anche gli esordienti delle Case senza
i requisiti (per i due studiosi triestini), si potrebbe, con
grande approssimazione, valutare il numero complessivo in
50 all'anno, perché, specialmente presso questi ultimi edi-
tori, una gran quantità è costituita da poeti pubblicati per la
prima volta.
Ebbene, secondo Benussi e Lughi che hanno elaborato
le risposte degli esordienti, ben 1'80 di loro è stato
raccomandato perché "risulta", per un motivo o per l'altro,
aver spedito il manoscritto attraverso una presentazione o
qualcosa del genere"!
In particolare:
1) Giovanni Turgi Prosperi: "ho cominciato a scrivere
sollecitato da Valentino Bompiani a raccogliere episodi
150
della mia vita, inquadrandoli nell'avventura occorsa a mia
madre nel 1944".
2) Susanna Agnelli: "Sono venuti a prenderlo" (il mano-
scritto, amico lettore).
3) Vincenzo Pardini: "Ho spedito per caso e incredulo,
sollecitato da un amico giornalista, a Enzo Siciliano".
4) Gesualdo Bufalino: "Avevo scoperto delle vecchie
foto ottocentesche. Le vide Sellerie, volle pubblicarle in
volume. Io scrissi un'introduzione che piacque a Sciasela.
Mi telefonò per chiedermi se avevo nel cassetto qualcosa.
Io avevo il mio romanzo e una traduzione delle
Contrerimes di Toulet. Parlai della traduzione e tacqui del
romanzo. Elvira Sellerie accettò di pubblicare la traduzione
e insistette ancora una volta a telefono: "Ho scommesso con
Sciasela che Lei ha un romanzo nel cassetto". Capitolai".
5) Umberto Eco: Quindi appena si è diffusa la notizia
che avevo un romanzo, gli editori me lo hanno chiesto, e in
molti. Non ho avuto che da scegliere. E siccome Valentino
Bompiani (mio editore da sempre) era entusiasta del ma-
noscritto, la scelta finale è stata quella che doveva essere.
Anche con gli editori stranieri non ci sono stati problemi. Di
solito si è trattato di scegliere a chi darlo".
6) Gaetano Tumiati: "Lavoravo alla Mondadori e l'ho
presentato al direttore editoriale della Mondadori che co-
noscevo bene".
7) Giulio Barattieri: "L'ho portato di persona a un diri-
gente editoriale che conoscevo".
Cool Olivo Bini: "Attraverso un comune amico, editore
anche lui ma non di narrativa, per il quale eseguivo tradu-
zioni, versioni ed altri lavori di redazione. Ho lasciato fare a
questo amico che, essendo appunto editore, sapeva muo-
versi meglio di me (ho scoperto in seguito che non aveva
letto il manoscritto)".
9) Diego Zandel: "Svolgo da anni un'attività di recenso-
re, ho contatti continui con le case editrici, anche attraverso
forme di consulenze esterne".
10) Cesare Lanza: "Come giornalista conoscevo molti
editori: il più amico era Massimo Pini, che aveva già
pubblicato una mia inchiesta, ed ho pensato a lui".
151
11) Fausta Garavini: "Nessuna presentazione salvo quel-
la (inutile) del mio proprio nome accademico; conoscenze
ne avevo, comunque, un po' dappertutto".
12) Laura Mancinelli: "Mi sono rivolta all'editore per il
quale già avevo lavorato come germanista e a cui ero
vincolata da una clausola di contratto molto precisa. Il
manoscritto è stato subito accettato, con molta sorpresa da
parte dei consulenti della casa editrice che mi considerava-
no una germanista a tempo pieno, senza richiesta di cam-
biamenti o correzioni".
13) Claudio Marabini: "Conoscenze, il prestigio della
casa, il fatto che presso la stessa (Mondadori) già avevo
pubblicato un libro di critica letteraria".
14) Francesco Volpini: "Mi sono rivolto a tutte le case
editrici... però mi ci sono rivolto sempre con professioni-
smo direi, mai alla ventura o spedendo dattiloscritti per
posta".
15) Corrado Augias: "Credo che per arrivare a pubblica-
re, in genere, bisogna far parte di un certo 'giro'. Qualche
volta in senso deteriore di privilegio immeritato. Altre volte
perché il manoscritto geniale che arriva dalla provincia (in
senso intellettuale, non geografico) è un invenzione da
rotocalco. Le 'forme' cambiano velocemente e bisogna
saperlo in tempo".
16) Pieraldo Marasi: "Questo e quello. Poi sono approda-
to da Linder".
17) Marcelle Stagliene: "Sono caposervizio culturale del
'Giornale' diretto da Montanelli dal 1974 ero amico di Erich
Linder, il maggiore agente letterario al mondo. Fu lui ad
offrirsi per 'rappresentare' il libro: insieme, durante la
stesura, ne parlammo con Pautasso della Rizzoli".
18) Alessandro Serpieri: "Non ho spedito il manoscritto.
L'ho dato a dei redattori della Bompiani che conoscevo per
altre ragioni, come critico letterario. Poi mi sono affidato ad
un agente, a Linder".
19) Giampiero Comolli: "Attraverso delle conoscenze
indirette: gli amici degli amici. Mi sono rivolto cioè a quegli
amici che avevano un qualche amico o conoscente (a me
personalmente sconosciuto) in qualche modo inserito in
152
una qualche casa editrice. Ho però l'impressione che anche
questa forma di trasmissione dell'opera prima sia un canale
piuttosto saturo: l'amico che lavora nell'editoria è pieno di
opere scritte dagli amici dei suoi amici". (Difatti, caro
lettore, ecco perché è approdato a Cappelli che, sembra,
pubblichi anche percependo un contributo dagli autori).
20) Claudio Piersanti: "Casa di nessuno è arrivato per caso
alla Feltrinelli. Lo aveva in lettura un amico che a sua volta la
ha passato a un redattore incontrato al ristorante. Amico di
amici".
21) Ugo Dotti: "Mi sono servito di una piccola amicizia,
peraltro occasionale".
22) Ferruccio Ulivi: "In nessuna di queste forme: solo
attraverso... una sollecita, generosa, amicale mediazione".
23) Carmelo Samonà: "Non ho agenti letterari. Ho dato il
mio primo romanzo in lettura a Einaudi, Mondadori e
Rizzoli. Il parere 'ufficioso' di queste ultime due case non è
stato positivo, da quanto ho capito; quello di Einaudi
invece subito sollecito e positivo; ma devo molto di questo
consenso a Elsa Morante e a Natalia Ginzburg, che mi sono
amiche e hanno caldeggiato la pubblicazione, credo, in
modo determinante".
È una conferma, amico lettore, di ciò che hai letto nei
capitoli precedenti di questo libro, ossia che in Italia se non
si hanno santi in paradiso le possibilità di venir pubblicati
dai "grandi" editori sono pari a quelle di vincere uno dei
primi premi delle lotterie nazionali.
Infatti, ad attenersi alle percentuali comunicate da
Benussi e Lughi, i l6 esordienti (il 20 di 80) che hanno
pubblicato senza raccomandazioni sono, con ogni probabi-
lità, da ricercare fra i 19 che, all'epoca, non comparivano
nelle collane dei grandi e medi editori, che più su ti ho
elencato, e che hanno fatto la loro prima apparizione di
narratori con: "All'insegna del pesce d'oro", "Città Armonio-
sa", "Nuova Cartia", "Cappelli", "Rebellato", "Erba voglio",
"Bonechi", "Italo Svevo", "Ed. Meridionale", "Bastogi",
"Ottaviano", "Spada", "La pietra", e "Vannini". In effetti (e
con tutte le possibilità di errare da parte mia) dal solito e
153
prezioso Catalogo dei libri in commercio del 1991 risulta
che Maria Luisa Ardizzone ha pubblicato solo 3 libri e tutti
con "All'insegna del pesce d'oro"; Olivo Bin (Città Armonio-
sa), Gianni Boari (Nuova Cartia), Nicola Ferjancic (Erba
voglio), Nicchia Furian Raffo (Bonechi), Francesco Jatta (Ed.
Meridionale), Luigi Podda (La pietra) e Giacario Ravazzin
(Cappelli) non risultano affatto, nemmeno per il libro con il
quale esordirono; Paola Faccioli (Rebellato), Anna Ventura
(Carabba) e Giovanna Vizzari (Vannini) hanno pubblicato
altri libri, ma con editori praticamente sconosciuti;
Domenico Pertica ha pubblicato altri 4 libri, ma sempre con
Spada; Lydia Stix (All'insegna del pesce d'oro-Scheiwiller)
risulta solo con il libro d'esordio pubblicato ormai nel
lontano 1978; invece Giampiero Comolli (Cappelli) ha pub-
blicato anche 3 libri con Theoria, Giuseppe Neri (Bastogi) ha
pubblicato prevalentemente saggi con Rusconi e Sansoni,
Lalla Kezich ha pubblicato anche con Camunia e Rizzoli
Enrico Palandri (Erba voglio) ha pubblicato altri 3 libri con
Feltrinelli e Garzanti e Bompiani, Luigi Testaferrata (Città
Armoniosa) ha pubblicato anche con Rusconi. Si deve quindi
supporre (e chiedo scusa se sbaglio) che senza raccoman-
dazioni siano giunti all'esordio solo corrispondendo dei
contributi all'editore, e non è assolutamente una vergogna
per loro (tutt'al più lo è per la "grande" editoria), perché se
successivamente molti di loro sono scomparsi come scrittori,
altri hanno probabilmente continuato nello stesso modo, ma
ben 5 su 18 sono stati finalmente apprezzati e pubblicati dai
"grandi", o (ed è una misera malignità) hanno a loro volta
trovato santi in paradiso!
Vediamo cosa è successo ai raccomandati, a quei 6l che
sono giunti, negli anni 1975/1983, alla grande e media
editoria.
Dei 4 esordienti con Mondadori nell'83, di cui parlò il
direttore editoriale Paolini (che ebbero come presentatori 4
grandi scrittori come Sciasela, Ginzburg, Pointiggia e Citati),
Luigi Del Rè è scomparso; Santamaura non è più nel
catalogo di Mondadori ed ha pubblicato un solo altro libro
con Marietti; Eugenio Vitarelli è anche lui scomparso dal
154
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MessaggioTitolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:36 pm

catalogo Mondadori, ma ha pubblicato altri 2 libri con
Theoria; mentre l'unico che sembra essere stato un decente
investimento per il colosso di Segrate è Vincenzo Pardini
che, non solo è ancora presente nel catalogo Mondadori,
ma ha anche pubblicato altri libri con Einaudi e Theoria.
Proseguendo nell'esame: Leila Baiardo (Bompiani),
Giulio Barattieri (Rizzoli), Carlo Brera (Longanesi), Graziella
Civiletti (Bompiani), Gabriella Drudi (Einaudi), Gianmarco
Gallinari (Feltrinelli), Boggi Carampelli (Guanda), Gina
Marpillero (Mondadori), Sofia Scandurra (Bompiani), Anto-
nio Steffenoni (Rizzoli), Giovanni Turgi Prosperi
(Longanesi), Paolo Vittorelli (Rizzoli), e Francesco Volpini
(Rizzoli) sembra siano del tutto scomparsi perché il Catalogo
della Bibliografica 1991 non riporta affatto i loro nomi;
Renato Besana (Rizzoli) ha scritto un solo altro libro in
collaborazione; Antonio Campobasso (Feltrinelli), Maria Pa-
ola Cantele (Mondadori), Mario Isotti (Rizzoli), Romana
Pucci (Einaudi), non hanno pubblicato più nulla; Francesco
Biamonti (Einaudi), ha pubblicato un solo altro libro sempre
con lo stesso editore; Giulio Del Tredici (Einaudi) ha pub-
blicato un solo altro libro con All'insegna del pesce d'oro-
Scheiwiller; Ugo Dotti (Rizzoli) non è più nel catalogo
Rizzoli, ma ha pubblicato saggi con altri editori; Fausta
Garavini (Vallecchi) non risulta più come autrice Vallecchi,
ma ha pubblicato saggi con altri; Cesare Lanza (Sugarco)
non risulta più in catalogo con il romanzo d'esordio, ma
con un altro libro sempre pubblicato da Sugarco; Pieraldo
Marasi (Sugarco) ha pubblicato altri due libri con editori
non molto conosciuti; Claudio Piersanti (Feltrinelli) non
risulta più in catalogo Feltrinelli ed ha pubblicato solo 1/2
libri con editori poco conosciuti; Alessandro Serpieri
(Bompiani) ha pubblicato poco di altro e prevalentemente
saggi; Ferruccio Ulivi (Mondadori) ha pubblicato moltissi-
mo, ma saggi; Giuseppe Vaccarino (Marsilio) non risulta
più in catalogo Marsilio e ha pubblicato tré saggi con
piccoli editori; Sandro Zanotto (Rusconi) ha pubblicato
pochi altri libri con All'insegna del pesce d'oro; Valentino
Zeichen (Lucarini) ha pubblicato altri due libri con Guanda;
Nelson Cenci (Rizzoli) non è più in catalogo Rizzoli ed ha
155
pubblicato un solo altro libro con Dall'Oglio; Tommaso di
Ciaula (Feltrinelli) non risulta più in catalogo Feltrinelli, ma
lo stesso libro è stato edito da Loescher; Marcelle Stagliene
(Rizzoli) ha pubblicato con Forni dei proverbi genovesi e
forse un romanzo con Bompiani; Elisabetta Pierallini
(Vallecchi) non risulta più in catalogo Vallecchi ed ha
pubblicato un altro libro con Camunia; Fabrizia Ramondino
(Einaudi) ha pubblicato ancora 1/2 volte con lo stesso
editore dell'esordio e un libro con La Tartaruga; Gaetano
Tumiati (Mursia) ha pubblicato altri due libri di cui uno con
Mondadori; Diego Zandel (Mondadori) ha pubblicato un
altro libro con Rusconi; Ippolita Avalli (Feltrinelli) ha pub-
blicato altri due libri con Rizzoli.
Meglio mi sembra, amico lettore, siano andati: Maria
Luisa Anguirre D'amico (Sellerie) che ha pubblicato altri
quattro libri con Sellerie, Rizzoli e Mondadori; Alan D.
Artieri (Dall'Oglio) che ha pubblicato numerosi libri con
Dall'Oglio e Mondadori; Vincenzo Cerami (Garzanti) che
ha pubblicato numerosi altri libri con Garzanti e Theoria;
Massimo Griffo (Rusconi) che ha pubblicato altri tré libri
con lo stesso editore; Laura Mancinelli (Einaudi) che ha
pubblicato numerosi altri libri con lo stesso editore;
Annalisa Moncada (Longanesi) che ha pubblicato altri tré
libri con Mondadori; Carmelo Samonà (Einaudi) che ha
pubblicato numerosi altri libri.
A parte Eco e Susanna Agnelli, che sono Eco e Agnelli,
mi sembra che abbiano avuto un notevole successo:
Corrado Augias (Rizzoli) che, a parte gli altri cinque libri
pubblicati, ha "sfondato" in televisione con la trasmissione
Telefono giallo; Barbara Alberti (Marsilio) sia per le
numerosissime ed estrose apparizioni in televisione, che
per i molti libri pubblicati con Mondadori; Isabella Bossi
Fedrigotti (Longanesi) che è ormai molto nota ed apprezza-
ta; Gesualdo Bufalino (Sellerie) che si è rivelato finissimo
scrittore; Daniele Del Giudice (Einaudi), altri due libri con
Einaudi; Claudio Marabini (Mondadori), altri libri con
Rizzoli; Stanislao Nievo (Mondadori), Antonio Tabucchi
(Bompiani) e Pier Vittorio Tondellli (Feltrinelli) molto ap-
prezzati anche dal pubblico.
156
Bisogna, quindi trarre le conclusioni, amico lettore. De-
gli ottanta esordienti che si sono presentati scalpitanti sulla
linea di partenza del loro incontro con il pubblico e con la
critica, 6l sono partiti avantaggiati perché erano riusciti ad
approdare alla "grande" editoria sia pure, a quanto loro
stessi ammettono, con delle spinte. Di essi oltre 20 (all'in-
circa il 40) sono risultati inutili o addirittura dannosi per
gli editori togliendo spazio ad aspiranti sconosciuti di
talento (ve ne sono stati, vi sono e, spero, vi saranno) che
avrebbero potuto dare ben di più all'editore e, in qualche
caso, alla letteratura del nostro Paese. Un'altra trentina
hanno dato dei risultati decenti, mentre solo 4 o 5 (a parte
Agnelli ed Eco) possono essere considerati (in tutto o solo
in parte) come coloro che unitamente ad altri prenderanno
il posto dei vecchi autori del best-seller all'italiana. Non
pochi, per la verità, ma bisogna suddividere il loro numero
per ben 8 anni!
Inoltre il pubblicare solo raccomandati mette ancora una
volta in evidenza l'inutilità di quel costoso apparato di
segreteria e di lettura in uso presso i "grandi" editori. È un
apparato che, con ogni evidenza, non si accorge del vero
talento, come dimostra l'episodio del Gattopardo
ricestinato denunciato da Troncarelli nell'Europeo" del 1°
giugno 1985:
Giuseppe Pontiggia l'aveva previsto. In un suo racconto
pubblicato da Mondadori c'è l'odissea di un dattiloscritto
anonimo nel labirinto di una moderna, arrogante casa
editrice. Naturalmente il testo viene respinto. Poi si scopre
che era Dostoevskij. La realtà ha superato la fantasia. La
storia immaginata da Pontiggia si è svolta davvero e ha
avuto come protagoniste alcune delle più prestigiose case
editrici italiane, a cominciare proprio dalla Mondadori. Il
testo-civetta, lo specchietto per le allodole, non poteva che
essere l'opera più incompresa dell'editoria nastrano, l'esem-
pio proverbiale dell'incomunicabilità tra lo scrittore e i
mandarini della carta stampata: "II Gattopardo " di Giusep-
pe Tornasi di Lampedusa, più volte rifiutato prima di essere
riconosciuto come capolavoro e dato alle stampe.
La "beffa" è stata ideata da un conterraneo di
157
Lampedusa: il nobile siciliano Luigi Bruno di Belmonte.
Autore di romanzi che fecero scandalo negli anni Sessanta,
di soggetti cinematografici per produttori come Franco
Cristaldi e Dino De Laurentis; amico di Ernest Hemingway
e di Lucbino Visconti, era uno dei personaggi tipici della
Dolce Vita, celebre per le notti brave e i giorni perduti... ma
eccolo di nuovo: un "pupo" siciliano che si è ribellato al
puparo, per difendere i deboli e gli oppressi. Ma perché? Lo
abbiamo chiesto direttamente a Luigi Bruno di Belmonte.
"Non ci crederà, leggendo "Europeo". L'estate scorsa c'era
un suo articolo, sì firmato Troncargli (quello che, caro
lettore, ho citato nel capitolo II), sull'editoria. È vero 'quello
che scriveva. In Italia ci sono migliaio di giovani scrittori
poco conosciuti e di non più giovani misconosciuti. L'edi-
toria preferisce gli stranieri affermati. Così ho pensato di
fare una prova e tirare un sasso in piccionaia. Ho preso il
Gattopardo egli ho cambiato il titolo; l'ho chiamato "Sulle
orme delle gloria ". Anche il nome dell'autore, ovviamente:
Lampedusa è diventato il mio cuoco: Giovanni Barone.
ho cambiato solo i nomi di persona... ho mandato un
"campione" per avere un giudizio rapido: le prime qua-
ranta pagine. È una parte inconfondibile, con quel rosario
recitato in apertura e la visita del Principe al bordello
accompagnato da un prete... Ubo mandato a Mondadori,
Dall'Oglio, Rusconi, Einaudi, Bompiani e De Agostini. Solo
la De Agostini ha risposto che era uno scherzo... mi pre-
sentavo come un estraneo dell'ambiente: che so, un petro-
liere, che aveva ricevuto per combinazione questo mano-
scritto, insieme ad altri che inviarne loro (erano i miei
inediti) da un'amico che è morto. Io dicevo esplicitamente
che il morto ero io, Bruno di Belmonte... "
"Io ho vissuto indirettamente l'angosce e l'amarezza di
Tornasi di Lampedusa che ho conosciuto a Palermo, alla libreria
Flaccovio, luogo d'incontro d'intellettuali. Era molto
amareggiato per i rifiuti degli editori. Il suo è un caso assoluta-
mente emblematico. Incompreso da Elio Vittorini, da Italo
Calvino, da Natalia Ginzburg, da tutti, fu scoperto per caso solo
molto tempo dopo da Giorgio Bassani. Poi è divenuto un best-
seller... È un testo impossibile da confondere con un altro".
158
"... Non basta neppure il Gattopardo per sfondare il
muro di omertà e di indifferenza delle case editrici. È
successo questo: Einaudi e Bompiani non hanno risposto.
Forse non l'hanno ancora letto. Ma allora hanno tempi di
lettura lentissimi, visto che le altre hanno risposto e che
quaranta pagine non sono lunghissime! La Mondadori, la
Rusconi e la Dall'Oglio, invece hanno restituito il dattilo-
scritto con lettere di cortese rifiuto. La De Agostini ha
riconosciuto il testo. Mi ha scritto Vincenzo Ceppellini
chiedendomi che razza di scherzo era. Io ho risposto
"Congratulazioni!". Ma ho risposto anche alle altre case
editrici, raccontando tutta la storia e dicendo: come si può
ritenere valido il rifiuto a una autore interessantissimo ma
sconosciuto... quando un comitato di lettura non sa non
dico riscoprire il Gattopardo, ma neanche ritenerlo idoneo
alla pubblicazione! È evidente che il sistema dei "lettori"
non funziona".
"Ho sempre sostenuto che i "lettori" dei libri devono
essere scelti fra la gente comune mediante annunci sui
giornali. Perché è la gente comune che un domani affolle-
rà o diserterà le librerie. Chi sono i "lettori" delle case
editrici? Sono spesso degli sconosciuti protetti dall'anonimato
che si permettono di assassinare gli scrittori e che magari
proiettano nel lavoro degli altri le loro frustrazioni di scrittori
falliti. Dentro di loro la serenità di giudizio viene svilita
dall'arroganza che fa sentire un brigadiere un generale,
quando ha un po' di potere in mano. E poi anche nel
migliore dei casi, i "lettori" sono oberati da una tale massa di
dattiloscritti che non hanno ne tempo ne la possibilità di
leggere con attenzione. Tanto è vero che anche i miei sono
spesso stati rinviati senza che nessuno li abbia sfogliati... Ho
cosparso di colla le pagine: ed erano ancora intatte!".
":.. Mondadori ha taciuto. Allora io ho scritto direttamente
a Mario Formenton, presidente ed amministratore delegato,
mandando una copia ai consiglieri d'amministrazione
per conoscenza, il 17 aprile scorso... E chiedevo più fidu-
cia per gli scritti "mode in Italy" e un sistema più serio di
leggere i testi... Nulla. Neppure una lettera d'insulti. Ma c'è
stato di peggio... Prendiamo il caso della Dall'Oglio.
159
Quando mi hanno rimandato il manoscritto, ho chiesto
spiegazioni senza rivelare la "beffa" mi ha risposto il 19
aprile un certo signor Romano, che io avevo conosciuto a
Milano. Mi ha detto: Non ho tempo ne voglia- e la volontà è
incoercibile- di darle un giudizio critico...".
Bisogna, però, dire, amico lettore che mi hai seguito fin
qui spero con interesse oltre che con pazienza che non
apprezzo la "beffa" perché oltretutto, quaranta, anche se
"inconfondibili" pagine sono davvero poche e, per quanto
ormai famoso, il Gattopardo non è la Divina Commedia e
non è obbligatorio conoscerlo a memoria o riconoscerlo a
primo fiuto. Non mi vanno prodezze siffatte, non mi va lo
strumentalizzare lacune mnemoniche che possono essere
umane e comprensibili, ma perbacco, sono pure quaranta
pagine che dovrebbero rivelare originalità e talento ad un
"lettore" esperto!
Non condivido, quindi, la beffa, ma la condanna, o
quanto meno una nota di biasimo, a molti lettori editoriali e
all'intero apparato editoriale di giudizio, sì!
I risultati dell'episodio anche se criticabile (come
criticabile è l'incollare i fogli del dattiloscritto), sono un'ul-
teriore conferma della carenza e dell'inutilità del sistema
che condanna tanti validi apiranti scrittori sconosciuti e non
raccomandati o non pronti ad inchinarsi in mortificanti
salamelecchi, a rimanere impubblicati o farlo con editori a
tutto (o parziale) pagamento, con il risultato di un impatto
carente con il pubblico e con la critica.
Eppure di quei l6 o 19 presi in esame (insieme con gli
altri 6l) dal saggio di Benussi e Lughi ben 3, ed in
particolare Enrico Palandri, sono pur riusciti ad emergere
con una certa evidenza.
160
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Cap. XI
ASPIRANTI, COSA FARE?
All'incirca nove anni fa un critico letterario di notorietà
locale mi telefonò per chiedenni di ricevere una signora
che aveva da poco pubblicato un romanzo con un editore
bolognese dalle molte novità annue di saggistica, filosofia,
medicina e scolastica, ben distribuito in tutto il territorio
nazionale e che, si sapeva nell'ambiente, pubblicava anche
narrativa ma col contributo (massiccio) degli autori. Mi
disse che era una mia ammiratrice ed aveva letto dei miei
romanzi e i due saggi sull'editoria per i quali, in quel
periodo, mi giungevano da ogni parte recensioni,
segnalazioni e dattiloscritti (ma non "caterve" come alla
Ramondino), e lettere di questo tipo:
Gentile Cotronei,
dato che non mi è possibile parlare su "Annabella" del suo
libro "I segreti dell'editoria", e non gliene enuncio le ra-
gioni per non sembrare, ingiustamente, simile ai personag-
gi del libro stesso, desidero ringraziarla comunque per
avermelo mandato e dirle quanto mi ha interessato,
amareggiato e, le confesso, anche divertito la sua lettura.
Purtroppo la situazione, così ben fotografata da lei, è
quella che è, e temo che non cambierà ancora per molto
tempo. Possiamo però sperarlo.
Con molti cordiali saluti.
Laura B. Piccoli
Egregio Signore,
avevo adocchiato alla stazione Usuo volume sull'editoria e
mi ero detto: "Che cosa può insegnare a me, che ho lavorato
per quarant'anni nel settore editoriale?" Ma, venuto a più
miti consigli, l'ho comprato e ...letto in un fiato. Tante,
troppe cose non le sapevo o le sapevo in versione
edulcorata...
161
Gentile Signore,
mi è gradito inviarle un articolo dove ho avuto I occasione
di citare il suo coraggioso libro "I segreti dell'editoria , che
ho molto apprezzato!
Cordialmente . ,,.
Dana Martelli
Risposi al critico di invitare la signora ed il marito, un
affermato professionista, a cena da me un paio di giorni
dopo quando, mia moglie ed io avremmo, comerà ormai
consuetudine, ricevuto il grande Domenico (Mimi) Rea e la
mo! ^' signora venne, timida ed agitata, mi chiese una
dedica su un mio libro e quasi non mostrava il suo (grande
e cartonato). Quando poi giunse Rea, quasi gli si inginoc-
chiò davanti affrettandosi a chiedergli un autografo.
Ma meno di un'ora dopo a tavola, sarà stato il vino, i
cibi rafforzanti, incominciò a prender coraggio e a dire (
alla presenza di un vecchio e grande scrittore come Rea, e
alla mia ormai più che competente sui fatti editoriali) che le
vendite del suo libro andavano benissimo ed il distributore
per Napoli le aveva comunicato di aver venduto, m un solo
mese, più di 3.000 copie!
Rea ed io ( che quando ci andava bene a Napoli m un
anno non vendevamo più di mille copie) ci guardammo e
decidemmo di punire quella assurda arroganza o quella
grande stupidità, e incominciammo a sottoporia ad un
fuoco incrociato di battute e di domande.
Il marito fremeva, la signora era neivosetta, temeva una
reazione scomposta, non il duellare in punta di fioretto m
uso fra gente di lettere.
E Rea ed io , impietositi, decidemmo di smetterla cam-
biando argomento.
II giorno dopo, feci ciò che avevo fatto più volte con
tante case editrici di ogni dimensione per conoscere la
situazione e descriverla, telefonai all'editore bolognese e
seppi indirettamente, che l'edizione era costata ali autrice
ben 12 milioni (più di 30 di oggi) e la tiratura non aveva
superato le mille unità!
162
Non più di due anni fa un'altra signora che frequentavo,
ottima moglie e splendida madre, mi disse di aver scritto e
pubblicato un libro con un piccolo editore milanese (ben
noto per la richiesta, attraverso pubblicità sui giornali, di
autori a pagamento) e che me ne avrebbe fatto dono di una
copia per avere il mio giudizio. Mi scappò (e mi dispiace)
da chiederle: "Quanto hai pagato?". Arrossì, ma mi rispose:
"Niente, ci mancherebbe. Anzi, quel mio parente che vive a
Milano mi ha detto che il mio romanzo è in testa nelle
vendite nelle librerie!"
Ma come si fa, amico lettore, ad essere tanto stupidi e
disinformati?
Con i chiari di luna del mondo editoriale, con un
pubblico torpido per la narrativa anche di grandi e cono-
sciuti scrittori che si smuove solo per gli autori sempre
presenti in televisione, e per Di Pietro, Occhetto, ed ora per
il Papa (sceso in lizza con Mondadori - e non con una delle
tante case editrici cattoliche - con un "cartonato" da 25.000
lire!), loro, autrici modeste e persone sconosciute, con libri
normali e non scandalosi, e nemmeno molto pubblicizzati
ed assolutamente non recensiti da quelli che contano, " in
testa nelle vendite"? E a chi lo dicono?, non ad amiche
danarose ed ingioiellate fra un pasticcino ed una partita di
gin o di cun-cain, ma a gente del mestiere!
Vedi, amico lettore, ti ho raccontato i due episodi per
caratterizzare un certo tipo di aspirante scrittore, quello
deleterio, quello privo di profonda cultura, quello che
legge poco e male, quello che non sa ben guardarsi attorno
e da ciò che vede trarre insegnamento ed ispirazione,
quello disinformato. E un vero narratore non può permet-
tersi di esserlo mai, anche se fornito di grande talento.
Non è a questi aspiranti scrittori che mi riferisco nel
libro che stai leggendo. Son proprio loro che autorizzano i
Guerri, gli Alpino e tanti altri a non considerare con molto
rispetto gli aspiranti scrittori ed i loro problemi. Son quelli
che scrivono per farsi belli fra amici che ignorano tutto del
mondo letterario, fra fornitori e parrucchieri, commessi di
negozio e sarti che hanno per idoli i personaggi di moda, i
163
Beautifui e i best-seller commerciali stranieri descriventi
un mondo solo consumistico e di facciata.
Si scrive per istanze diverse, e giustamente si vuoi essere
pubblicati, se si è validi autori, e letti da tantissimi, come
scriveva Berchet nella sua "Lettera semiseria" pubblicata nel
1816:
... Sentirono essi che la verissima delle Muse è la Fi-
lantropia e che l'arte loro aveva un fine ben più sublime
che il diletto momentaneo di pochi oziosi. Però, avidi di
richiamare l'arte a' di lei principi, indirizzandolo al per-
fezionamento morale del maggior numero de' loro com-
patrioti, eglino non gridarono come Orazio: Satis est
equitem nobis plaudere; non mirarono a plagiare un
Mecenate, a gratificarsi un Augusto, a procurarsi un
seggio al banchetto dei grandi; non ambirono isoli batti-
mani di un branco di scioperati raccolti nell'anticamera
del Principe.
Oltredichè non è da tacersi come insieme a questo pio
sentimento congiurasse anche nelle anime di que' poeti
la sete della gloria, ardentissima sempre ne' sovrani
ingegni, e sprone inevitabile a far bene. Eglino aveva
letto che in Grecia la corona del lauro non l'accordava-
no ne principi, ne Accademie, ma cento e cento mila
persone convenute da ogni parte in Tebe e in Olimpia.
Avevano letto che i canti di Omero, di Tirteo non erano
misteri di letterati, ma canzoni di popolo. Avevano letto
che Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane non si faceva-
no belli della lode de' loro compagni di mestiere; ma
anelavano al plauso di trentamila spettatori; e l'ottene-
vano. Quindi, agitati da castissima invidia, vollero
anch'essi quel plauso e quella corona. Ma e in che modo
conseguirla?...Lambiccarono allora essi con più fine
critica quelle opere, onde scoprire di che malie
profittavandi in Grecia i poeti per guadagnarsi tanto
suffragio dai loro contemporanei. Videro che queste
malie erano i loro Dei, la loro religione, le loro supersti-
zioni, le loro leggi, i loro riti, i loro costumi, la storia
loro, le loro tradizioni volgari, la geografia loro, le loro
opinioni, i loro pregiudizi, le fogge loro, ecc. ecc. ecc...
164
^ Ecco la chiave del successo del best-seller all'italiana che
e anche best-seller di qualità, e che non va mai confuso con
consumistici personaggi o evanescenti mode del momento
Ma i nostri "grandi" editori con i loro lettori-consulenti
sono ancora m grado di capirlo, o seguono anche il criterio
denunciato dalla francese De Staél in un'articolo pubblicato
nel 1816 sulla "Biblioteca italiana"?
...Havvi oggidì nella letteratura italiana una classe di
eruditi che vanno continuamente razzolando le antiche
ceneri per trovarvi forse qualche granello d'oro: ed un'altra
di scrittori senz'olirò capitale che molta fiducia nella loro
lingua armoniosa, donde raccozzano suoni vuoti d'ogni
pensiero, esclamazioni, declamazioni, invocazioni che
stordiscono gli orecchi e trovan sordi i cuori altrui perché
non esaltano dal cuore dello scrittore.
Guarda, non sono solo le "grandi" strutture editoriali
Anche editori medio-piccoli, direttori di rivistelle letterarie
professori di letteratura italiana e tanti altri. Credono di far
parte di un mondo privato e solo a fatica debbono prima o
poi, ammettervi chi conquista il favore del pubblico dei
lettori, e, a volte, se ne fanno tanto trascinare che'non
riescono a veder altro, perdendo le fila di quella via
intermedia che, alla fine, risulta sempre la migliore
Forse, caro lettore-aspirante scrittore, ti sarà capitato in
uno dei tuoi tentativi, di sentirti rispondere che sì il tuo
lavoro e buono, interessante, ben delineato, affronta bene
temi d attualità e ricorda con perizia e senza noie ferite del
nostro Paese, educative per la vita d'oggi, ma non è
d evasione, ne letterariamente sublime. Si agisce per sche-
mi, per "linee editoriali", per altre diavolerie spesso
ingiustificate specialmente e solo se non fai parte della
bagarre letteraria.
E la nostra narrativa muore o boccheggia e validi ri-
cambi, che dovrebbero solo essere incoraggiati, restano al
palo per anni o per sempre!
Ed il problema degli aspiranti scrittori non raccomandati
permane gravissimo ed ancora irrisolto.
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Bruno
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MessaggioTitolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:39 pm

Ma quanti ne sono?
165
Non certo i 100, 200, 300 mila, che , con impeto e tanto
per far polemica e senza alcuna documentazione, Guerri,
Arpino o altri hanno detto. Tantomeno i " 50 milioni
d'italiani" che secondo Umberto Eco (nella prefazione al
libro di Fabio Mauri "121 modi di non pubblicare un libro"
edito da II Mulino) "producono almeno un manoscritto nel
corso della loro vita terrena" (indirettamente smentito dallo
stesso Mauri, funzionario per vent'anni di Bompiani, che
nella lunga nota a pagina 20 fornisce numeri infinitamente
inferiori).
Le uniche cifre che abbiamo a disposizione per determi-
nare, con un minimo di veridicità, il numero degli aspiranti
scrittori ci vengono fomite dalle dichiarazioni (che già
conosci) di Bergamaschi (Einaudi), Gelli (Garzanti), Paolini
(Mondadori), Pautasso (Rizzoli), Giardina (Rusconi) che
affermano di ricevere ogni anno, rispettivamente, la se-
guente quantità di dattiloscritti: 551, 1.500, 2.800, 1.200 e
1.300, per un totale di 7.351!
E allora?
Se ragionevolmente si tien conto delle dimensioni delle
case editrici nominate e della semplice considerazione che
un aspirante può inviare più opere (ad esempio un romanzo
e una raccolta di racconti o di poesie) a più editori contem-
poraneamente e che il rimanente della grande e media
editoria (la piccola riceverà gli stessi dattiloscritti rifiutati
dagli altri) potrà al massimo raccogliere un quantitativo pari
a quello dei cinque "grandi" citati e se, infine, si può arguire
con una certa logica che l'anno successivo molti degli stessi
aspiranti rifiutati ci riproverà con nuove opere, direi che
tutt'al più si tratterà di 15.000 veri aspiranti in continua
attività (perche a quelli che, dopo anni di inutili tentativi,
mollano scoraggiati, subentrano altri nuovi).
D'altra parte nessuna smentita è mai giunta a ciò che
pubblicai su "Panorama" del 26 gennaio 1986:
E' vero che in Italia pochi sono i lettori e molti, in
proporzione, quelli che scrivono, ma questi vanno distinti
da coloro che tentano di pubblicare la loro opera, che non
sono i contornila spesso sbandierati, bensì, su dati attendibi-
li, al massimo quindicimila.
166
/ grandi editori ricevono troppi dattiloscritti e tante
raccomandazioni che non di rado prevalgono. Ciò non
consente sovente un'oculata scelta e rende possibile e
scusabile (fino ad un certo punto) il non riuscire a cogliere
con immediatezza veri talenti del tipo Moravia, Svevo,
Morselli, Tornasi di Lampedusa, o Berto, che in varia misu-
ra hanno trovato ostacoli per la pubblicazione delle loro
opere più famose.
Molti piccoli editori guadagnano stampando a paga-
mento opere più o meno valide di aspiranti delusi o ansiosi
di essere scrittori veri, ossia pubblicati.
Premi esclusivamente per opere prime sono nati a mio
avviso nella stragrande maggioranza con intenti speculati-
vi, anche se avallati da assessorati alla Cultura o da riviste
letterarie. A parte "spese di adesione" (se ci sono o meno),
non è poi tanto maligno pensare che nominativi di parte-
cipanti possono essere trasmessi agli editori a pagamento
per eventuali proposte di edizione...
Su "Paese sera" del 31 dicembre 1985 scrissi anche:
...Molti aspiranti scrittori si meritano ( anche se non è
mai giustificato) il commercio e la strumentalizzazione che
nasce sulla loro vanità perché leggono poco o nulla la storia
della letteratura, i classici o valide opere contemporanee, e
inviano dattiloscritti financo ad editori che hanno pubbli-
cato saggi specifici sull'argomento dove si denuncia la spe-
culazione, si fa luce su cosa c'è dietro e li si invita a
riflettere, a documentarsi prima di gettarsi a capofitto in
una cieca mischia per la pubblicazione.
Ora, caro amico, mi auguro che tu non sia fra questi, e se
ti ho definito aspirante scrittore e non soltanto scrittore c'è
un motivo. Ad esempio il moderno Dizionario Garzanti alla
voce scrittore recita: "chi specificatamente per professio-
ne, scrive opere con intento artistico".
Quindi tu, anche se hai composto poesie, racconti,
romanzi, ancora non puoi essere considerato scrittore: tè
ne manca la professionalità, e la pubblicazione e la diffu-
sione. D'altra parte per "entrare" in una delle due associa-
167
zioni italiane di scrittori, il Sindacato Nazionale Scrittori (di
cui fanno parte i più importanti autori) e il Sindacato dei
Liberi Scrittori (sono entrambe a Roma), occorrono nume-
rose pubblicazioni se l'editore che ti ha pubblicato (rego-
larmente registrato) non è particolarmente importante,
altrimenti può bastarne anche una sola se l'editore è uno
di quelli noti e presenti in ogni libreria.
Ma prima di pensare ai sindacati e al diritto di definirti
scrittore, vuoi con me riesaminare la situazione?
Ormai sai tutto della disperata condizione di chi ha
scritto e vuole essere pubblicato da un editore non a
pagamento. Ma anche quelli che accettano il denaro
dell'autore, salvo deprecabili e non numerose eccezioni,
chiedono una qualità, di contenuti e forma, decente.
Allora, innanzitutto, devi fare un sincero, crudele esa-
me di coscienza.
Rileggi quanto hai scritto con occhio possibilmente
disincantato. Compra libri, storie della letteratura, e con-
fronta con mente serena e giudica, dal paragone, il tuo
elaborato.
Solo le idee non bastano. Ne basta solo saper scivere.
Se hai amici sinceri e colti, sottoponi a loro quanto hai
scritto e chiedi un giudizio spieiato, minuzioso.
Non superi la prova?
Smetti, o ritenta ancora. Se il nuovo giudizio non cambia
o cambia di poco, smetti definitivamente e dedicati allo
studio, al lavoro, insomma a quello che già fai o che
comunque ti è più congeniale (che a quanto pare non è lo
scrivere): ti sarà più facile "sfondare".
Superi la prova brillantemente?
Non ti esaltare e cerca nuove persone degne di fede.
I giudizi sono davvero tutti buoni?Sei pronto a gettarti
nella mischia e a soffrire?
Allora sei maturo per tentare, con umiltà e pazienza!
Scrivi, scrivi, e scrivi ancora, riguarda, modifica, correg-
gi. All'inizio devi farlo ancor di più degli scrittori profes-
sionisti, al contrario di quello che questi ultimi dichiarano,
perché "per mestiere" e nome si possono abbreviare le
cose.
168
Certo, è bello e qualificante essere scrittori: è solo da
pochi; gli onori, qualche volta la ricchezza, giungono!
Vuoi quindi pubblicare, ma non hai santi in paradiso e
non vuoi approdare ai piccoli editori che pubblicano a
pagamento, ne vuoi tentare di scrivere saggi interessanti
(come suggeriva Guerri) o di inserirti fra giornalisti pubbli-
cisti o professionisti (come suggeriva Spinosa), a parte che
non è del tutto vero che agli editori non giungono saggi
(dalle dichiarazioni di Sandra Bergamaschi sono circa 1'8
del totale dei dattiloscritti).
Allora il tuo problema (e quello di tutti i veri autori) è
davvero grave!
Ce lo conferma Alberto Scarponi che, in un articolo dal
titolo "Una politica degli autori" pubblicato su "Produzione
& Cultura" del settembre-dicembre 1994, scrive:
In Italia oggi molti si chiedono come andrà a finire. Lo
facciamo anche noi, in particolare (ma siamo isoli proba-
bilmente) ci chiediamo come andrà a finire per gli scrittori.
Ora, se volessimo decifrare tale destino guardando al
mercato del libro, e del libro letterario in specie, finiremmo
nel più nero pessimismo... cala il totale delle copie vendute...
nell'Impero della Notizia e dei suoi cortigiani (lo spettacolo, le
star, il pettegolezzo, il presenzialismo) sipario di un libro, di
un libro letterario in specie, soltanto quando fa scandalo,
quando fa immagine, quando fa festa, al massimo quando
fa informazione, non quando fa letteratura. Dunque nella
società di massa lo scrittore, salvo (si licet) il bestsellerista (che
fa molto notizia per numeri e altre droghe esotiche nella
repubblica delle lettere), è destinato alla malora.
Peggio che andar di notte (il peggio non è mai morto), se
diamo retta alle profezie di quelle apocalittiche cassandre
che giudicano ormai eterno e definitivo il potere assoluto
della pappa icon ica (televisiva)...
Infatti (mi perdoni chi l'avesse già osservato a mia
insaputa, ma credo di dire una cosa nuova) i libri stentano
ad essere pubblicati semplicemente perché la pubblicità non
li finanzia. A ben guardare, non c'è al mondo (letteralmen-
te) nessuna operazione culturale a stampa che parta come
impresa autonoma in grado di reggersi sul mercato. Anzi
169
perfino i giornali, che talvolta non hanno niente a che fare
con la cultura ma sono in ogni caso produttori di quel bene
essenziale nella società di massa che è l'informazione, in
realtà entrano in circuito come veicoli pubblicitari e solo
dopo, istauratesi il circolo virtuoso, divengono potenze in-
formative (talvolta anche politiche e culturali). Una breve
nota al margine per aggiungere un altro esempio: il cinema
autonomo va sempre più perdendo peso a vantaggio della
televisione e proprio perché la pubblicità ha scarso interesse
a sostenerlo nelle poco frequentate sale cinematografiche.
Come sempre, allora, l'ideale staccato dall'interesse fa
magre figure. Altrimenti detto: il mercato, che ha una
logica economica, si disinteressa della cultura in quanto
tale; semplicemente può adoperarla per i suoi fini. Il che è
assai razionale, ma non viene tenuto nel debito conto
quando sipario di cultura, di arte, di autori, di creatività
e dei guai che a loro capitano, lì abbandonati al mercato.
Il primo guaio è che l'autore nuovo (pittore, compositore,
regista, drammaturgo, romanziere, poeta che sia) ovvia-
mente sta fuori dal mercato. Non occorre qui inventariare
ne tutte le possibili strade d'ingresso ne tutte le possibili
figure d'autore nuovo. Resta che costui, se vuole entrarci e
rimanerci, deve presentarsi in veste di soggetto economico,
di libero professionista (che è quanto dire, di impren-
ditore di se stesso).
Qui sta il punto (un primo punto): se non si vuole che gli
autori in generale e, per quel che ci interessa più diretta-
mente, gli scrittori scompaiono del tutto, sommersi dalla
loro controfigura commerciale, che talora non ha più
niente di creativo, la società deve favorire e tutelare
l'inserimento degli autori creativi nel mercato come liberi
professionisti.
Occorre, quindi, una vera e propria politica degli
autori. Non basta affidarsi alla certezza che questi lavo-
ratori autonomi saranno tutelati (nella loro libertà con-
trattuale, nella loro esigenza di giustizia fiscale, ecc.)
come tutti gli altri lavoratori autonomi. C'è bisogno di
uno specifico atteggiamento di promozione professionale
da parte dello Stato verso i portatori di una funzione
170
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MessaggioTitolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:42 pm

sociale che, se venisse svuotata di senso (come siamo in
pericolo di vedere oggi in Italia), darebbe un deficit netto
di sviluppo socio-economico e un rischiosissimo
arretramento di civiltà.
Come i fiumi e i monti straripano e franano quando
l'uomo non garantisce l'equilibrio ecologico, così è certo
che l'impatto con il nuovo, le tensioni etiche, i conflitti
d'interesse, i cambiamenti sociali risultano devastanti per
gli individui senza una diffusa elaborazione culturale di
tali dinamiche e senza per essi la sicurezza psicologica
che deriva dalla sensazione di partecipare, tramite il gioco
della fruizione artistica, a una identità collettiva, a una
cultura.
Che una politica degli autori sia una necessità nella
società moderna è dimostrato praticamente da quanto
fanno in questo campo, ciascuno alla propria maniera,
un po' tutti i paesi europei, Francia e Germania in primo
luogo , ma poi Svizzera ed Austria, Norvegia e Belgio,
Spagna ed Ungheria, ecc, ecc. E non va dimenticato che
persino gli Usa, spesso portati a modello di laissez-faire
liberistico anche nella cultura, hanno una intensissima
politica culturale del tipo cui stiamo alludendo, condotta
per la via della detassazione dei profitti investiti nella
cultura (chi non ha conosciuto qui in Italia almeno uno
studioso o uno scrittore o un artista titolare di una borsa
di studio annuale che aveva tale origine?) e non soltanto
per questa via.
Il nostro Stato brilla tristemente per la pomposa fiducia
nella spontaneità del genio italico con cui si cerca di
coprire il furbo (ma poi e davvero furbo?) calcolo contabile
delle somme risparmiate. Qui da noi si riterrebbe atto di
generoso mecenatismo statale quello che sarebbe solo
accorta strategia politica a vantaggio della società tutta e
della stessa economia.
I danni che nascono dalla disattenzione con cui si è
guardato alla Siae e alla sua (voluta?) crisi...Ma il caso
più clamoroso e forse più istruttivo è quello dell'oggetto
misterioso chiamato Enap (Ente Nazionale di assistenza e
previdenza per pittori e scultori, musicisti, scrittori e autori
171
drammatici). Quasi nessuno in Italia sa che esiste e nessu-
no sa o vuole sapere a che cosa serva. E ciò semplicemente
perché la sua funzione è di sostenere e promuovere le
attività di alcuni tipi di autori: scrittori, drammaturghi,
musicisti, pittori e scultori. La congiura (del silenzio e di
altro) è tale che, nientemeno, ci si arroga il diritto di non
versare i finanziamenti dovuti per legge o, in altri casi, si
interpreta la norma con termini irridenti per gli autori o,
ancora, quando si può si cerca di abolire, nella massima
sordina, senza tante discussioni, la legge esistente tanto
fastidiosa.
Qualcuno probabilmente vorrebbe raccontarci la favo-
la della fine dell'assistenzialismo. Ma,a parte il fatto che
qui si porrebbe drasticamente fine a un assistenzialismo
che non c'è mai stato, ne in senso buono ne in senso
cattivo, sarebbe molto meglio, invece di giocare con le
parole, guardare alle necessità del paese e porre mano a
una sana politica culturale di promozione degli autori.
Anche il congresso degli scrittori europei ha caldeggia-
to un'interessante proposta d'innovazione giuridica nel
campo del diritto d'autore che darebbe la possibilità
(anche in Italia) di reperire una fonte notevole di
finanziamento da utilizzare per le tanto necessario politi-
che di sostegno all'attività degli autori, e quindi anche a
quella dei nuovi autori. Ce ne da notizia, caro lettore,
Hans Peter Bleuel in un lunghissimo articolo pubblicato
sullo stesso numero di "Produzione & Cultura".
In sostanza gli scrittori euroei sostengono che "le eco-
nomie nazionali traggono profìtto dalla produzione di
cultura: il giro d'affari che il media business trae da opere
coperte da copyright all'interno dell'UE è stimato tra i 120
e 200 milioni di sterline". Si chiede, quindi : "che, analoga-
mente a quanto previsto per i beni materiali, sia ricono-
sciuto legalmente il diritto perpetuo alla proprietà in-
tellettuale. Che sia introdotto un diritto d'autore col-
lettivo (DAC) il quale entri in vigore alla scadenza del
consueto diritto d'autore post mortem e vada a van-
taggio della categoria degli autori creativi viventi,
172
attraverso una ragionevole provvigione sullo sfruttamento
delle opere letterarie ed artistiche".
Che il problema degli aspiranti scrittori non raccomanda-
ti ci sia ed abbia caratteri di estrema gravita è, quindi, vero,
e bisognerebbe adoprarsi in tutti i modi per risolverlo
rompendo definitivamente quell'atteggiamento ironico,
astioso, "omertoso" di autori del tipo Guerri, Spinosa,
Arpino, Eco, e tanti altri.
Qualcuno ha tentato di farlo. Lo apprenderai leggendo
l'articolo, dal titolo "Aspiranti scrittori ed editoria: una propo-
sta", che pubblicai sul settimanale "Napoli Oggi" del 4 dicem-
bre 1986:
Fui buon indovino quando alle pagine 122 e 123 del
mio pamphiet " II doposegreti dell'editoria", terminato nel-
l'aprile '85, annunciai che numerose iniziative per gli
aspiranti scrittori sarebbero state promosse. Ora, a parte
iniziative prevalentemente speculative, c'è stato lo scrittore
Tondelli che ha selezionato, presentato e fatto pubblicare
alcuni aspiranti in un unico volume; l'Espresso con il suo
noto concorso; la biblioteca diMonza con un altro concorso
dal nome "Scritture Anni Ottanta " e infine due articoli
particolarmente importanti per la firma degli autori e la
grande diffusione dei fogli sui quali sono apparsi. Il primo,
dal titolo "Gli Erodi dell'editoria" di Furio Colombo
(Tuttolibri di sabato 18 ottobre), spezza una lancia in favore
di chi ha voglia di scrivere e di essere pubblicato e condanna
autori già noti ed assisi in pompa magna nelle cattedrali del
libro, che sono annoiati dalla massa di dattiloscritti che
giunge a loro e agli editori, e vorrebbero che tale massa
cartacea fosse sbattuta via se chi la manda non e
quantomeno un conoscente o un frequentatore di certi ben
definiti ambienti. Nel secondo, di Ceno Pampaloni ( "II
giornale" del 19 ottobre), si prospetta una soluzione per gli
aspiranti a mezzo di varie selezioni regionali a cura di
biblioteche, e la pubblicazione di alcune opere migliori da
parte di un qualche prestigioso editore medio che sia, per lo
scopo e solo per quello, finanziato con soldi pubblici.
Suppongo che i soliti maligni e poveri di spirito potranno
173
definire Tondelli, i responsabili della biblioteca di Monza,
l'Espresso, Colombo e Pampaloni profittatori per voler sfrut-
tare un filone che tira e che può procurare facili consensi, e
non è da escludere del tutto. Probabilmente nulla o quasi è
totalmente puro, ma qualcuno deve pur occuparsi del
possibile spreco di veri talenti, che non è detto che debbano
per forza attendere situazioni fortunate anteepost mortem.
Colombo afferma che gli editori e i lettori editoriali deb-
bono aver pazienza e leggere i manoscritti: è il loro mestie-
re! Ed io aggiungo: certo che lo è, ci mancherebbe se non
cercassero nel nostro Paese ricambi alla nostra letteratura
un pò stanca nei vecchi, e non sempre davvero valida nei
nuovi pubblicati.
Non si può solo rivolgersi al mercato straniero, ne accet-
tare solo i raccomandati provenienti - è bene ribadirlo -
sempre o quasi dalla stessa cosiddetta bagarre letteraria.
Spesso i raccomandati non sono i più validi esponenti di
quanto c'è di nuovo in Italia in questo settore. Son
proprio loro che ottenebrano le scelte dei grandi e medi
editori; ma ciò non vuoi dire che non si comprenda come
la massa di dattiloscritti degli sconosciuti freni oltre ogni
dire una lucida decisione. No, non bisogna santificare
tutti gli aspiranti; essi, insieme ai raccomandati, dovreb-
bero essere sottoposti ad una specie di esame senza
favoritismi e pietismi di alcun genere e, come altri pro-
fessionisti, debbono essere abilitati a poter esercitare. Do-
vranno possedere talento (più che mai indispensabile per
questo genere di attività) e cultura storica e letteraria. Non
è ammissibile che una qualsiasi massaia o impiegato del
catasto (sono solo esempi, non offese) possano scrivere
senza aver mai letto testi importanti di maestri d'ogni
tempo ed aree culturali. E ciò avviene purtroppo non di
rado squalificando l'intero settore. Se c'è il talento innato
deve essere accompagnato da cultura. Ed ecco quindi la
mia proposta, che può essere naturalmente ampliata e
modificata. Una commissione finanziata dall'Associazio-
ne Italiana Editori, che si avvalga anche di qualche con-
tributo statale di certo non gravoso in confronto ai tanti
soldi mal spesi della finanza pubblica, dovrebbe giudicare
174
/ dattiloscritti e sottoporre i candidati che abbiano supera-
to questa prova, ad un intelligente esame orale di stona e
letteratura italiana e straniera. Ma i nomi (per evitare
favoritismi) non si dovrebbero conoscere, ed uno o più
notai dovrebbero mascherarli, come si usa m concorsi
Dubbiici I respinti potranno presentarsi solo una seconda
volta e mai più accolti, dopo un ulteriore bocciatura.
promossi invece conseguirebbero il diritto di chiedere agi
editori e agli scrittori noti un giudizio ed una spinta alia
t/ubblicazione. ,
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MessaggioTitolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:43 pm

A questo punto mi si potrebbe obiettare che troppo
complesso o macchinoso potrebbe essere vagliare diecine
di migliaio di aspiranti scrittori. Tal'è il numeromfat ti
che comunemente viene indicato in un Paese dove s(
ritiene che tutti abbiano l'uzzolo di scrivere, e questo e
probabilmente vero. Ma coloro che riescono a condurre a
termine un'opera completa, a correggerla, a farla
dattiloscrivere ed inviarla ad un editore non sono poi
moltissimi; non saranno certo più di quindicimila che
sono poi a parte deboli ricambi, sempre gli stessi, dispe-^
rati tenaci e spesso presuntuosi. Il loro numero quindi e
ben minore delle masse di aspiranti a un qualsiasi con-
corso pubblico e naturalmente andrà decrescendo con il
passre degli anni e le difficoltà della prova da superare.
Si potrebbe ancora chiedere quale reale beneficio ti a>-
ranno gli aspiranti scrittori dal poter presentare a editori i
propri lavori (ora sicuramente buoni) quando si troveran-
no a cozzare contro la legittima riserva sulla vencibilita e
di conseguenza sull'insuccesso economico eh tale opera-
zione E qui forse la bontà della proposta di Pampaloni
salta fuori nel far finanziare la pubblicazione di testi che
pur aziendalmente non positivi, siano invece utili per la
nostra storia letteraria. Si potrebbe quindi risottoporre tali
testi una volta respinti per questo motivo, alla commissio-
ne che potrà assegnarli, con adeguato contributo, a un
editore che s'impegni a pubblicarli, a pubblicizzarli e a
diffonderli.
Come vedi, amico lettore, anche la soluzione è comples-
175
sa, e la mia proposta, come quella di Pampaloni, dovrebbe
essere ripresa in esame ampliata, migliorata, e finalmente
applicata. Ma sono già trascorsi più di sette anni!
Per altri, come per la scrittrice Silvana La Spina di 46
anni, insegnante ed autrice di " Scirocco" pubblicato da "La
Tartaruga" (14 titoli all'anno ed anche di scrittori stranieri),
non ci sono problemi ad essere pubblicati. Così afferma in
un suo articolo dal titolo "II Talento? un dono degli dei"
uscito (corredato da una fotografia che la mostra con un bei
cappellone e collo di pelliccia) da quel rotocalco di cui non
ricordo più il nome che, nella stessa pagina, pubblicava
l'articolo sullo zen e l'arte di scrivere un libro, che ho già
citato in un capitolo precedente.
La Spina dice:
Per tutta la vita ho cercato di...non scrivere. Perché
sapevo che con carta e penna si compiono fatiche inumane
(e questo è vero, amico lettore). ,5b/o le prime tré pagine
di un libro sono un dono degli dei: tutto il resto è sudore.
Persottrarmi al mio destino di narratrice mi sono inven-
tata di tutto: un primo matrimonio giovanissima, poi an-
nullato dalla Sacra Rota. Un secondo. E tré figli. Poi verso
i 32, 33 anni, mi sono arresa: la voglia di scrivere era
diventata bisogno, urgenza. Scrivevo solo per me, senza
aver l'ansia di pubblicare: sapevo che prima o poi nella mia
vita sarebbre successo qualcosa di bello. E' successo: ho
spedito un manoscritto al "Premio Tedeschi per la lettera-
tura gialla", bandito dalla Mondadori. Non è arrivato nem-
meno in finale . Però qualcuno si è preso la briga di
segnalarlo a Laura Lepetit, direttrice della Tartaruga. Ho
firmato il contratto poco dopo: "Morte a Palermo", il mio
primo libro, è andato esaurito. Da allora non ho mai
smesso di scrivere: la mattina mi alzo presto e lavoro due o
tré ore, prima di recarmi al liceo dove insegno da anni. La
sera mi rimetto alla scrivania per un paio d'ore: ma alle
otto smetto e vedo il telegiornale. Se continuassi poi non
riuscirei a prendere sonno di notte: la scrittura mi da una
grande eccitazione. Non potrei lavorare se fossi serena:
perché i miei libri escono/fiori dalla mia immaginazione,
176
dalle mie visioni e forse dalla mia sofferenza. Presto ostato
tardi, nella mia vita, e io mi sono trovata sovraccaricata di
responsabilità: non ho vissuto l'adolescenza, non l'ho con-
sumata, e perciò credo, sono rimasta un pò ragazzina
anche adesso che ho quasi quarantasei anni: con questo
fervore, con il mio bisogno di raccontare storie. Son sempre
incinta di un nuovo libro. E questo mi tiene al riparo dalla
solitudine.
Per la cronaca, della scrittrice che hai appena letto, sul
catalogo della Bibliografica risulta in commercio un solo
libro che è, appunto "Morte a Palermo" del 1987. Tutti i
suoi parti, quindi, (ad esclusione del primo e dell'ultimo)
sembrano essere stati aborti.
Ma tant'é se sei donna, prova con La Tartaruga, non si sa
mai!
E poi sempre nella stessa pagina dello stesso rotocalco
c'è un trafiletto dal titolo "A.A.A. Esordienti cercansi".
Eccolo:
Ha un nome battagliero "Circolo del Festival", perché
come dicono i fondatori "si propone di appestare l'aria
sempre più artefattta del mondo della letteratura con episo-
di di vita vera". Piccola, ma battagliera casa editrice (per la
produzione si appoggia a un editore più grosso, Pacini) - di
Pisa, amico lettore con 30 novità all'anno di Arte, critica
letteraria, linguistica, medicina, storia, secondo il catalogo
degli editori del 1988 - pubblica unicamente scrittori
esordienti, ma con un criterio ben preciso: che abbiano
qualcosa da dire. Dietro i titoli che compongono le due
collane-"I senza storia "e "I vagabondi" - vicende di vita
vera, personaggi di grosso spessore umano. Il più grosso
successo editoriale de "II circolo del Festival" è stato "II
vecchio resina" di Ugo Garzelli, pubblicato nella collana "I
vagabondi": storie di provincia scritte da un amministrato-
re senza alcuna ambizione se non che i suoi racconti
venissero letti dagli amici: per questo aveva fatto riprodurre
una trentina di copie con il ciclostile e le aveva regalate.
Scoperto dalla piccola casa editrice il manoscritto è diven-
tato un successo. Tra gli altri titoli, "Questa vita a più non
177
posso", scritto da Pasquale Spadi, che ha soggiornato a
lungo in cllnica psichiatrica e "La donna che rideva con il
naso", di Katia Sassoni.
Chi volesse sottoporre il proprio manoscritto agli editori
può inviarlo al "Circolo del Festival", Via Ferrer 1, Santa
Croce sull'Arno, 56029 Pisa, telefono 0571/34445.
Speriamo bene, caro lettore, manda pure il tuo dattilo-
scritto alla piccola e dinamica (a quanto pare) casa editrice
pisana, ma non mandarlo assolutamente ad un certo dottor
Finzi che cerca nuovi autori, come appare da una striscetta
di carta bianca saltata fuori, imprevista e credo inopportu-
na, dalla busta (inviata a tanti) contenente, su carta rosa, il
bando del concorso letterario di narrativa e poesia "Merate"
edizione 1995, che ha come enti patrocinatori: la regione
Lombardia, la provincia di Como, il comprensorio lecchese
e il comune di Merate.
Nonostante tutti i patrocinatori chiede contributi di 20
mila e 15 mila lire ogni breve racconto ed ogni poesia, e poi
permette (o è stato un colpo di mano?) l'inserimento della
striscetta del dott. Finzi.
E così, amico lettore, il cerchio si chiude. Nulla cambia in
questo Paese.
Auguri!
178
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MessaggioTitolo: Re: L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA dal cap. VII alla fine   L'ASPIRANTE SCRITTORE e L'EDITORIA  dal cap. VII alla fine EmptyGio Gen 08, 2009 12:45 pm

BIBLIOGRAFIA

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181
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