Bruno Admin
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| Titolo: Michelangelo e Raffaello Mer Lug 01, 2009 1:49 pm | |
| VIII MICHELANGELO MICHELANGELO BUONARROTI. (Caprese-Arezzo 1475-1564). È figlio di Ludovico potestà di Chiusi e di Caprese e discende da una antica famiglia fiorentina. Incomincia a studiare sotto la guida di un umanista, ma la sua passione per l'arte e il grande talento naturale convincono il padre a permettergli di entrare nella bottega del Ghirlandaio nel 1488. Dopo appena un anno però Michelangelo preferisce frequentare i giardini medicei dove sono raccolte varie sculture antiche che studia, guidato da Bartoldo di Giovanni. Lorenzo il Magnifico, informato della bravura del giovane Michelangelo, lo accoglie presso di sé e gli permette di frequentare il Poliziano e gli umanisti dai quali Michelangelo assimila le dottrine platoni- che che vedono nel «bello» la pura «idea» faticosamente separata dal peso della materia. Infatti Michelangelo ritiene che il fine ultimo di tutte le tecniche sia il disegno come espressione pura dell'«idea» perché indipen- dente dalla materia. Contrariamente a Leonardo, Michelangelo non ama molto la pittura: la considera inferiore alla scultura in quanto più soggetta all'illusione dei sensi. Egli dipinge forse più per imposizione di altri che per sua libera scelta. Ciò nonostante la sua opera pittorica non è inferiore a quella straordinaria di scultore e di architetto.
Ecco qui su la famosissima e meravigliosa scultura, La pietà Nei suoi dipinti quindi cerca di adeguarsi all'ideale della scultura e domina, per eccezionale forza plastica della sua visione e per profondità di meditazione, tutta la pittura rinascimentale nel suo secondo secolo (il Cinquecento). Nel 1503 esegue il suo primo dipinto, la Sacra Famiglia (detto Tondo Doni) dove traduce il vigoroso e asciutto plasticismo della sua scultura in valori pittorici analoghi, con lo snodarsi di linee e l'attoreigliarsi delle forme dei personaggi in una specie di blocco unico pieno di intcriore energia. Nel 1508 Michelangelo è costretto da papa Giulio II ad affrescare l'intera volta della Cappella Sistina che spesso abbiamo nominato in questo libro per le opere di molti altri pittori. Michelangelo termina il lavoro in quattro anni di immane e solitària fatica, ma ne risulta uno dei più grandi capolavori di • ogni tempo per esecuzione, ideazione e il tormento morale profondissimo che riesce a comunicare.
L'immensa opera è praticamente suddivisa in tré zone: la inferiore di raccordo alle pareti, l'immediatamente sopra, e il centro della volta. Nella prima Michelangelo raffigura gli Antenati di Cristo e le quattro Salvazioni del popolo di Israele. Nella seconda, sette Profeti e cinque Sibille. Nella terza, le nove storie bibliche (Creazione degli astri maggiori e le creazioni degli animali, dell'uomo, di Èva, e poi Peccato originale. Sacrificio di Noè, Diluvio, Ebbrezza di Noè). Ovunque, in ogni scena, in ogni personaggio, c'è dramma e approfondimento psicologico mirabile, e intensità del significato universale. Dal punto di vista formale vi è una quantità di innovazioni e d'invenzioni di una perfezione quasi assoluta. Le prime scene dipinte hanno precisi volumi e limpido rigore; nelle successive, il linguaggio pittorico si esprime con l'energia delle masse che si sintetizza in ampie risoluzioni chiaroscurali. Il Giudizio Universale (foto 16) è l'affresco famosissimo che Michelan-
gelo dipinge sull'intera parete di fondo della Cappella Sistina dal 1536 al 1541. In esso l'artista sconvolge sia la iconografìa tradizionale del tema, quanto i rapporti proporzionali e prospettici della pittura rinascimentale del primo periodo. Tutta la composizione è come una massa unica straripante che sale e scende nel ritmo turbinoso di un moto continuo. Lo spazio naturalistico è assente; c'è solo e dominante il modulo umano. Nell'opera il pathos individuale si scatena con spaventoso impeto come in un cataclisma cosmico. Michelangelo esprime forme e allegorie, luci e sentimenti, desideri sospetti e speranze deluse. Nell'affresco 77 Martirio di S. Pietro (Cappella Paolina in Vaticano 1445/50) Michelangelo NON compone più per nitidi aggregati volumetrici o sonanti contrapposti dinamici, ma per masse dense e opache, tonalità terree subito ravvivate in morbide iridescenze fra desolati paesaggi, dai quali trasmette una sconsolata poesia che riflette la vecchiezza scontrosa e dolorosa e tutta la vita tormentata dell'eccezionale artista. Egli, bisogna ricordarlo, fugge da Firenze nel 1494 turbato dalla morte di Lorenzo e dalla predicazione di Savonarola; rimane deluso e amareggiato nel 1506 per la mancata erezione di un grandioso monumento funebre in Roma per il quale tanto aveva progettato e, dopo altre frustrazioni, nel 1534 abbandona definitivamente Firenze e assiste alla violenta polemica scatenatasi fra i suoi ammiratori e i suoi detrattori, che gli sovrappongono Raffaello .
IX RAFFAELLO RAFFAELLO SANZIO. (Urbino 1483-1520). È figlio di un modesto pittore urbinate e più che col padre, Raffaello s'impratichisce dal 1497 nella bottega del Perugino, mentre già aveva conosciuto ed apprezzato da ragazzo l'opera di Piero della Francesco. Nel 1500 gli viene attribuita la qualifica di maestro e supera gli schemi del Perugino nello Sposalizio della Vergine (1504 per la chiesa di S. Francesco in Città del Castello): le due parti della composizione (l'architettura del fondo e le figure in primo piano) si saldano in una stupenda unità visuale. Ciò avviene per la coordinazione perfetta dei valori di luce e spazio e per il ritmo che collega i personaggi in primissimo, primo e successivi piani. Nel 1504 Raffaello si trasferisce a Firenze dove studia Signorelli, Leonardo e i fiamminghi che vengono da lui assimilati in modo lento, sorvegliato e personale. Una serie di capolavori gli permettono d'imporsi (il Ritratto d'ignota detta «la Muta», Urbino, Palazzo Ducale e la Madonna del Granduca) e rappresentano un'altissima fusione di modi leonardeschi (principalmente la struttura piramidale) e di perspicacia disegnativa addirittura superiore a quella di un fiammingo. Nel 1508 Raffaello è a Roma da Giulio II che gli affida la decorazione del suo nuovo appartamento in Vaticano. Sono tré sale: la Segnatura, Eliodoro e quella dell'incendio di Borgo. La prima l'affresca fra il 1508 e il 1511 con quattro medaglioni (la Teologia, la Filosofia e Astronomia, la Giustizia e la Poesia) e quattro grandi scene (la Disputa del Sacramento, la Scuola di Atene
(foto 17), le Virtù del Giudice e il Parnaso). Sono soggetti allegorici dove Raffaello afferma l'aspirazione ad un ordine universale che proviene dall'ar- monia del Vero, del Bene e del Bello. Ciò è rispecchiato formalmente da un rigoroso impianto spaziale e di composizione delle scene. C'è tradizione classica, spazialità di modello umbro e luminismo (particolare risalto della luce in un dipinto), sfociami in una monumentale visione unitaria. C'è, come ha rilevato Taine, «la felicità unica d'una doppia educazione che, dopo ' avergli indicato l'innocenza e la purezza cristiane, gli fece sentire la gioia e la forza pagane». Tra il 1512 e il 1514 Raffaello affresca la seconda sala con allusivi riferimenti storici e biblici. In quest'opera, in particolare nella Cacciata di Eliodoro dal tempio, Raffaello affronta un soggetto di violenta drammati- cità e lo esprime pittoricamente con la contrapposizione di compatti gruppi di personaggi e colossali masse architettoniche a grandi spazi vuoti con uso ispirato di contrasti chiaroscurali. Sia il favore papale, che l'unanime riconoscimento di letterati ed umanisti fra i più noti, fanno considerare a Roma Raffaello il sommo degli artisti. È anche nominato architetto della nuova fabbrica di San Pietro, ma continua a prediligere la pittura di tutti i generi, compresa la ritrattistica che lo vede più che mai ricercato e prestigioso autore di opere nelle quali si manifesta un perfetto equilibrio psicofìsico. In sostanza in questo grandissimo esponente della pittura rinascimentale, la spontanea poesia delle forme si unisce ad una ricerca lucida e razionale dell'impianto compositivo. La sua è una pittura del tutto originale nono- stante le molte influenze subite (non ultima quella di Michelangelo dopo quella leonardesca). La sua concezione di esprimere in pittura la propria visione della realtà è profondamente classica. Egli inoltre cerca, insieme alla pienezza plastica, la completa identità fra forma e spazio ed usa tonalità grigio-argentee, arancioni o vermiglie accompagnate ad un segno energico e vibrante. Come contenuti Raffaello mira alla realizzazione totale della verità religiosa e della conoscenza naturalistica e storica nel rispetto però della limpidità assoluta della forma, trasfigurata dall'intelligenza. Nella Madonna Sistina (1513), che è stata per lungo tempo considerata il «massimo» della pittura mondiale, Raffaello realizza una formidabile concezione aerea e scenografica. »[/size] | |
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