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| HITLER IN GONNELLA romanzo, premio Italia di Fantascienza | |
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Bruno Admin
Numero di messaggi : 3063 Data d'iscrizione : 27.10.08 Località : Napoli Personalized field :
| Titolo: HITLER IN GONNELLA romanzo, premio Italia di Fantascienza Dom Dic 28, 2008 6:46 pm | |
| COPERTINA IV DI COPERTINA Hitler in gonnella CAPITOLO PRIMO Il rombo di una moto condotta a velocità folle da un sergente dell’esercito elvetico ruppe la tradizionale quiete dell’antica città situata sull’Aare. I radi passanti si giravano stupiti a osservare con indignazione l’impudente che osava, nelle primissime ore di quella tiepida giornata di agosto del 1984, disturbare il giusto riposo dei laboriosi cittadini della capitale federale svizzera. Un vigile imperiosamente alzò il braccio per fermano, ma il se.rgente, contrariamente a tutti i principi di quell’ordinato paese, accelerò ancora di più il suo rumoroso cavallo d’acciaio e a precipizio s’infilò nel cortile del vetusto Palazzo del Governo. Fu immediatamente attorniato da un nugolo di guardie e costretto a viva forza a fermarsi. I pochi spettatori sospirarono soddisfatti. Finalmente si sarebbe punito quell’incivile, quel disturbatore della quiete pubblica, quell’uomo indegno non solo di indossare la divisa dell’esercito federale, ma anche di potersi considerare un cittadino dell’ordinatissima e civilissima Svizzera. Certamente un figlio degenere contaminato dai tanti immigrati meridionali: italiani, greci, turchi! Ma quell’essere abietto non fu tratto in catene, intorno a lui fu fatto un rispettoso largo e un imponente capitano, che sembrava anche lui improvvisamente infettato da quella mancanza di compostezza caratteristica dei popoli inferiori, lo condusse nella Federale, Adolf Hindenburg. Hitler in gonnella Pochi minuti dopo la dignitosa Berna fu attraversata in tutte le direzioni da motociclisti e automobilisti, alla guida di lunghe limousine nere, che grande sala d’aspetto dello studio privato del Presidente del Consiglio sembravano letteralmente impazziti. Che sconcio per la Confederazione! Molti cittadini si precipitarono a telefonare alla polizia, altri si affacciarono alle piccole finestre dei secolari palazzotti del centro e osservarono stupiti e indignati quel movimento tanto inconsueto nella loro città. Nemmeno i nonni ricordavano una scena simile! Finanche il custode della Torre dell’Orologio fece capolino dal finestrino del tetto a punta. Sicuramente quei maledetti immigrati stavano distruggendo definitivamente tutto il buono della Federazione dei venticinque stati e dei ventidue cantoni. Il Presidente Hindenburg osservò uno per uno gli altri sei membri del Consiglio Federale. Il lungo e asciutto Jacques Boyer, rappresentante del cantone di Vaud, l’enorme e panciuto Karl Beth del San Gallo, l’atletico e giovanile Ludwig MiÀller del cantone di Zurigo, il piccolo e nervoso René Bardot del Neuchàtel, il bell’Andrea Cimotti del Ticino e il magro Kurt Hodler del Turgovia. Tutti avevano il volto assonnato e recavano evidenti tracce di una toilette affrettata: barbe non fatte, abiti stazzonati, cravatte dal nodo imperfetto e un’espressione in cui la meraviglia superava la preoccupazione. «Signori», iniziò Hindenburg, «mi sono permesso di contravvenire alle tradizioni di calma e compostezza che caratterizzano il nostro paese e che lo hanno reso famoso e rispettato nel mondo permettendoci di distinguerci da nazioni isteriche come la Francia, violente come la Germania, discontinue come gli Stati Uniti, categoriche Hitler in gonnella come la Russia, disordinate e squilibrate come l’Italia per comunicarvi delle notizie sconvolgenti che abbisognano di una decisione ponderata, ma rapida». I sei si guardaroro l’un l’altro e sicuramente pensarono che il vecchio Hindenburg fosse improvvisamente impazzito. Quando mai l’avevano visto così agitato, con i folti capelli bianchi non accuratamente pettinati come al solito, ma alla Einstein, la voce alta, le mani tremanti, le gambe che trascinavano i piedi in un continuo movimento strisciante? «No, non sono impazzito, ma potremmo impazzire tutti per la notizia che mi accingo a darvi ... «E la dia!», intervenne Andrea Cimotti. «Sì. Pochi minuti fa un motociclista mi ha recato dall’osservatorio dello Jungfrau questa lettera». Trasse un foglio spiegazzato e incominciò a leggerlo con voce altissima. «Signor presidente, ho l’onore di comunicarle che nel nostro laboratorio nucleare di Eigergletscher abbiamo messo a punto due grandi realizzazioni, il Cullonio 2000, frutto di una scissione, e il raggio Kuta. Non desidero in questa lettera, per ovvi motivi, dilungarmi sull’uno e sull’altro, ma le basti sapere che il primo viene ricavato da minerali che solo nel massiccio dello Jungfrau mi risulta sia possibile trovarne in grandi quantità e quindi inaccessibile ad altre nazioni. Il secondo, frutto di studi che partono dalla stessa materia prima, può essere usato come una speciale lente. Ambedue ci daranno il dominio assoluto e incontrastato su tutte le nazioni del mondo! Desidero in breve spiegarle il perché. Il cullonio 2000 e stato introdotto in quei piccoli cilindri che ufficialmente servono per esperimenti sulle radiazioni e che sono stati messi nei dieci satelliti artificiali lanciati dalla nostra base e che coprono con le loro traiettorie quasi tutta la superficie terrestre. In effetti quei cilindri sono bombe nucleari con potenziale Hitler in gonnella enorme, di ben cento volte maggiore di ogni altra esistente e che possiamo indirizzare dove vogliamo e in qualsiasi momento. Il secondo ci permette di bloccare all’origine o di far invertire la rotta di qualsiasi ogiva nucleare che dovesse partire da ogni parte del mondo. Quindi capacità di distruggere tutto quello che vogliamo e assoluta difesa del nostro suolo. ‘Tutto è già pronto e nel momento stesso in cui leggerà questa mia lettera, nulla potrà esser fatto contro di noi che dovremo invece dettare al mondo la nostre condizioni di predominio che avrà la funzione di mettervi ordine, disciplina e finalmente una pace definitiva. Quello che non seppero realizzare gli americani quando da soli possedevano la bomba atomica, riusciremo sicuramente a realizzarlo noi oggi. ‘Ma le dirò di più. Se i disastrosi cedimenti degli alleati e in particolare dell’italia non avessero sottratto al geniale Adolf Hitler il tempo necessario per realizzare l’avviato programma nucleare, oggi il mondo vivrebbe in pace sotto l’egemonia della grande Germania nazista. Questo lo dico con l’orgoglio di chi ha sangue di quel grande uomo nelle vene. Sì, sono la figlia che egli ebbe nel 1944 di cui solo pochi fidati conoscevano l’esistenza e che fu piccolissima affidata a quelli che risultano essere i miei genitori, i coniugi Kubler di Zurigo. Sono certa che sarete orgogliosi delle nuove grandezze che si schiudono per la nostra amata patria e non farete alcuna difficoltà a ché il programma mio e dei miei fidati collaboratori si realizzi. ‘Se così non dovesse essere, vi informo che ormai tutta la zona da Interlaken allo Lòtschberg è sotto il nostro controllo e che fedeli neonazisti, svizzeri e tedeschi, sono a mia disposizione per la difesa della nostra roccaforte. Hitler in gonnella Inoltre piccole bombe al cullonio 2000 possono essere sganciate sulle principali città della Confederazione. ‘Vi attendo per le decisioni del caso a Eigergletscher entro le quattordici di oggi, tre agosto 1984. ‘Viva la nostra grande patria neonazista! ‘Dottor Lili Hitler’». Il vecchio depose la lettera con un gesto disperato. «Ecco, signori, quanto ho ricevuto poco fa». I sei consiglieri erano rimasti esterefatti, ma subito Boyer rispose: «Ma è una vera folle! Facciamola arrestare immediatamente”. «E se fosse vero?”, intervenne con voce timorosa Cimotti. «Certo, potrebbe essere», replicò Hindenburg. «Nessuno di voi ignora la fama internazionale di cui la dottoressa Kubler gode, le grandi realizzazioni sue e del suo staff, la posizione che occupa a Ginevra in seno all’Euratom e la cattedra di fisica nucleare che da ben quindici anni ha al Politecnico di Zurigo». «Ma sarà sicuramente impazzita. Se i russi e gli americani non hanno ancora scoperto questo cullonio 2000 e il raggio Kuta, come può averlo fatto lei?», ribadì Boyer. «Signori, calma», intervenne Karl Beth. «I tedeschi e gli svizzeri tedeschi non hanno nulla da invidiare come intelligenza, capacità di studio e genio. Inoltre la attrezzature del nostro centro nucleare non sono seconde a nessun altro al mondo. Anzi tutti i competenti le giudicano quanto di più avanzato esista. Non dimentichiamo gli attestati di stima degli scienziati di tutto il mondo. E poi ...» Un lampo di orgoglio illuminò il grosso viso. «... Se e davvero la figlia di Hitler, ha sangue di genio nelle vene!». «Anche tu sei un nazista», intervenne Bardot e fece per lanciarglisi contro. Hitler in gonnella In breve quella sala, per la prima volta in oltre un secolo di calme, educate e civilissime conversazioni, si tramutò — o ludibrio! — in una specie di parlamento latino: urla, pugni battuti sul tavolo, tentativi di zuffa, epiteti dei peggiori bassifondi. Ma in definitiva i sette degni uomini non avevano la resistenza di un Paietta o di un Almirante degli anni Cinquanta e in breve crollarono esausti nei loro scanni. Il vecchio Hindenburg, che si era tenuto fuori dalla mischia, riprese il dominio della situazione. La sua voce risuonò calma, nonostante la bianca criniera fosse passata dalla forma alla Einstein a quella alla porcospino. Hitler in gonnella CAPITOLO SECONDO Nell’immensa sala dell’hotel Berghaus davanti alla grande vetrata, unica separazione dall’immane abisso, i sette membri del Consiglio Federale sedevano intimiditi mentre, come foglie morte trasportate dal vento, numerose gracchie emettevano il loro rauco suono. Tutto contribuiva a farli sentire piccoli e sperduti. Come in un film dell’orrore, si sentivano proiettati in un mondo ritenuto ormai definitivamente tramontato. Labari e svastiche intrecciate alla tradizionale croce svizzera di grandezze spropositate, drappi neri, fasci Littori e gigantografie del defunto capo del nazismo, dei suoi principali collaboratori, di Mussolini, di Nietzsche e Rosenberg. Numerosissime copie del «Mein Kampf» e de «Il mito del XX secolo», grandi scritte di SVIZZERA UBER ALLES dominavano l’arredamento. Alti e marziali giovani biondi dalla mascella d’acciaio, che indossavano una divisa quasi identica a quella delle SS e donnoni floridi e robusti che tanto assomigliavano alle componenti della squadra di pallacanestro dell’Unione Sovietica in completa tenuta nera, montavano la guardia lungo tutte le pareti della sala. Armi modernissime pendevano dalle loro cinture. Improvvisamente una porta sul fondo venne spalancata e una donna molto simile alla Marlene Dietrich dei suoi films piu famosi comparve con un numeroso seguito. Un fragoroso urlo rimbombò squarciando il pesante silenzio e sommergendo il suono delle gracchie: Hitler in gonnella «Heil, Liii Hitler!». I sette poveretti istintivamente balzarono in piedi. Era la dottoressa Kubler, ma non più nei suoi panni consueti di scienziata. Sembrava tutt’altra persona. Il volto già bello era ora meraviglioso, l’atteggiamento deciso, l’andatura marziale, lo sguardo ad inseguire mete altissime. Le lunghe gambe fasciate da velatissime calze di seta spiccavano sotto una minigonna nera. Il seno piccolo, ma sodo e ben fatto, quasi a ricordare la pubblicità di una famosa marca di reggiseni ricoperto da una sottile maglia di lana, spuntava fra i baveri di una giacca anch’essa nera. Sembrava una regina dei tempi antichi. Guardò con evidente soddisfazione l’apparato e i suoi seguaci e poi, accomodatasi dietro un lungo tavolo, fece cenno ai convocati di sedersi. Li osservò attentamente uno per uno con il suo sguardo penetrante e infine: È questo un gran giorno per la nostra nazione e per il mondo intero. Una nuova era sta per iniziare. Basta con le guerre, basta con i contrasti. Noi, forti della nostra potenza, edificheremo un mondo nuovo, con leggi nuove, con esseri che si dovranno avvicinare alla perfezione a mezzo di un’accurata selezione genetica e di un’educazione mentale rigorosa. «Questa sera, attraverso la televisione del nostro paese collegata in mondovisione, la terra saprà della nostra potenza e del suo destino ... Bardot e Boyer stavano per intervenire, ma un imperioso gesto della nuova Fuhrer li paralizzò. «... Mi rendo conto della vostra perpiessità e dei vostri dubbi sulla veridicità di quanto vi ho comunicato per lettera. Ho pensato anche a questo. Contemporanemente alla trasmissione televisiva avverranno due fatti che Hitler in gonnella convinceranno il mondo e voi che la nostra potenza è reale e non frutto di una o più menti esaltate. «Certamente saprete che i russi hanno in programma per questa sera lo scoppio di una loro bomba nucleare in Siberia. Ebbene, signori, tale scoppio sarà impedito contro la loro volontà da qui, con un semplice abbassare di leva... Un leggero mormorio di stupore percorse il gruppo dei consiglieri, ma la Fùhrer non sembrò nemmeno accorgersene e prosegui: «... Solo dieci minuti dopo nel Pacifico scoppierà una nostra bomba al cullonio 2000 a settemila metri di profondità per non creare molti danni. Il primo e il secondo avvenimento fugheranno ogni residua perplessità». Li osservò con aria compiaciuta, poi: «Finalmente il nostro piccolo paese potrà svolgere il vero ruolo al quale è destinato. Già ora, praticamente sfornito delle armi che davvero contano, esso svolge una funzione non secondaria. Da oggi il nostro compito sarà quello di guidare il mondo». Hodler e Beth scattarono in un improvviso: «Viva Lili Hitler!”. me, ma tutti lo dovranno essere. La Svizzera dovrà far corpo unico con i miei seguaci che già sono ben più numerosi di quanto possiate immaginare. Ho qui oltre 100 mila uomini a mia disposizione fra i 7 mila del laboratorio e della centrale e gli oltre 90 mila che in veste di turisti affollano Interlaken, Wengen, Grindelwald e tutta la zona fino al Lòtschberg. Altri milioni converranno presto principalmente dalla vicina Germania e dall’Austria dove la fiaccola nazista non si è mai completamente spenta. Anche àalfltaLia e dall’Ungheria fedeli fascisti e neofascisti sono pronti ad un mio richiamo ... Hitler in gonnella Il mento proteso in avanti e gli occhi luccicanti ricordarono un misto di Mussolini ed Hitler nei loro momenti di trionfo, ma certamente di tanto più belli! “... Signori, o meglio camerati, darete immediatamente ordine a tutti gli organi di comando del nostro paese di mettersi a disposizione mia e dei miei collaboratori. Di fatto, con il vostro avallo, da oggi assumo il potere totalitario della Confederazione Eivetica. Fra un anno i cittadini potranno pronunciarsi attraverso un referendum sul mio governo. Qui a vostra disposizione vi sono telefoni, mezzi televisivi e portaordini per diramare quanto vi ho chiesto. Vi avverto che non sopporterò opposizioni e sapete dalla mia lettera che ho i mezzi per eiiminarle. chi aderirà con entusiasmo avrà importanti incarichi e chi non lo farà sarà punito”. Beth e Hodier scattarono nuovamente in un più entusiastico: «Viva Lili Hitler!» e ad essi si aggiunse, anche se più fiocamente, Andrea Cimotti dal volto simile a Matroianni, l’attore prediletto dal famoso regista Fellini. Ma gli altri nicchiavano. Il vecchio Hindenburg era frastornato, Bardot e Boyer indignati e Mùller incerto. Ai primi due non sembrava vero di poter manifestare chiaramente la loro ammirazione per il nazifascismo del quale ancora rimpiangevano la sconfitta. Il ticinese riteneva opportuno per ora aderire a quella che gli sembrava la parte più forte, ma riservandosi di poter un domani dire di essere stato costretto da una situazione del tutto particolare e per il bene dei propri connazionali. Miiller sentiva l’orgoglio della discendenza tedesca ma avrebbe voluto, da buono svizzero, l’avallo del popolo. Oh, se si fosse potuto subito indire il referendum! Hitler in gonnella La fascinosa Lili si era frattanto alzata e, indicando due specie di valchirie in divisa da maresciallo del Reich opportunamente modificata per belle donne, affermò: «Vi lascio con i feldmarescialli Reina Schnellinger e Herta Beckenbauer che seguiranno e coordineranno l’esecuzione di quanto vi ho chiesto e poi vi condurranno a visitare le nostre postazioni militari e scientifiche e a una rivista dei battaglioni Liii. I camerati Hodler e Beth saranno poi alloggiati presso il Quartier Generale; il Presidente Hindenburg, Bardot e Boyer rimarranno confinati in altra zona. Per Cimotti e Miìller deciderò poi». Rapidamente uscì salutata dal fragoroso urlo di «Heil, Liii Hitler», che sembrò ancora più possente di quello che l’aveva raccolta al suo ingresso. Quella sera i cittadini della Confederazione e quelli del mondo intero si accinsero ad assistere a quella trasmissione in mondovisione che durante tutto il pomeriggio era stata più volte annunciata come la più interessante e importante del secolo. In una vecchia casa della Marina Grande di Sorrento, posta in una splendida posizione sul porticciolo dei pescatori, Amedeo Leone, dopo il lungo riposo pomeridiano, si era preparato un’energetica cena a base di bistecca alta un dito, zabaione, crostacei vari con maionese, annaffiata da un cocktail di sua invenzione e dall’effetto fortemente stimolante e si accingeva a guardare un po’ la televisione prima degli stressanti impegni serali. Era un uomo minuto, dalla scarsa muscolatura, ma tutto scatti e con i nervi sempre pronti. I capelli nerissimi e ampiamente impomatati, i baffetti piccoli e curati con estremo impegno sottolineavano il naso piccolo e regolare e le labbra sottili, volitive e sensuali. Gli occhi scurissimi, lo sguardo fatuo e pieno di un senso di superiorità quasi ad Hitler in gonnella evidenziare la consapevolezza di uno che vale e che piace, una specie di Tiberio Murgia insomma, quello per intenderci che interpretava «Ferribotte» nel film I Soliti ignoti. Da cosa potesse derivare quel senso di superiorità non era facilmente comprensibile a chi lo osservasse per la prima volta o si informasse sulla sua posizione sociale, studi e censo. A ventotto anni Amedeo, figlio di un pescatore palermitano, non aveva un lavoro fisso, aveva studiato fino alla terza media ed era riuscito a venir fuori dalla casa paterna ricca di fratelli e sorelle per abitare in quel quartierino vecchio, ma comodo dove le cose di maggior valore erano un gran lettone con spalliera di ottone e un guardaroba colmo di pantaloni, shorts, camiciole sgargianti firmate dai migliori sarti e un paio di smokings estivi. Nell’ingresso faceva bella mostra di sé una colossale moto giapponese luccicante di cromature e dotatissima di fari, faretti, specchietti retrovisori, decalcomanie, radioregistratore, borse laterali e cosi via. Il padre aveva dedicato tutta la sua intensa vita di lavoro a realizzare le sue aspirazioni attraverso le affermazioni dei figli, e si può dire che vi fosse riuscito. Le femmine si erano sposate o erano fidanzate con persone ricche o di buon livello sociale. I maschi avevano studiato o studiavano con successo ed alcuni occupavano già dei buoni impieghi o esercitavano lucrosi commerci. Solo Amedeo no. Ma Amedeo un lavoro lo aveva e da anni e, se non era dotato culturalmente, aveva un qualcosa in più di cui era profondamente orgoglioso! Negli anni ruggenti della pubertà si era presto reso conto, da opportuni confronti, che il suo membro era ben più grande di quello dei compagni. Tutte le prostitute avvicinate e le poche ragazze indigene che gli era riuscito di Hitler in gonnella conquistare ne rimanevano entusiaste, ma non solo per le dimensioni, così inversamente proporzionali al suo fisico e alla sua altezza, ma anche per la resistenza all’uso che praticamente non aveva limiti. Aveva insomma una o addirittura due marce in più! Ma a che sarebbe servito se il suo aspetto non gli consentiva di conquistare le ragazze o le signore alla cui sola vista il ruggente sesso immediatamente si metteva in azione dandogli una senzazione di forza immane, irrefrenabile? Erano quelli i tempi di Palermo e di Torre del Greco. Le ragazze preferivano accompagnarsi con fusti di cui l’Italia negli anni Settanta era ormai, dopo un’attesa di secoli, ben dotata, particolarmente di quelli biondi che sempre più somigliavano agli atleti tedeschi, svedesi e americani. Poi il trasferimento a Sorrento e qui la scena era completamente cambiata! Erano apparse le turiste, giovanissime, giovani, di mezza età e vecchie. Amedeo si era accorto con piacere di poter usare sempre più di frequente, a volte quasi continuativamente, quella sua grande forza. Ora piaceva anche prima e non solo durante e dopo. Era diventato sicuro di sé e il suo sguardo aveva acquistato quell' aria di superiorità. Perché studiare o cercarsi un lavoro fisso? Perché tentare attraverso prestiti di aprire un bar o un negozio? Lui un lavoro lo aveva e una dote cosi sviluppata che pochi potevano vantare! Quelle nordiche non desideravano altro che un uomo come lui, piccolo. nero e con un sesso cosi! Le giovani per diletto, le tardone per guadagno, tutte gli andavano bene! Presto si era «fatto un nome». I compaesani lo guardavano con rispetto e invidia, le straniere venivano apposta. L’Ente del Turismo, gli albergatori,i proprietari di Hitler in gonnella nights facevano a gara a chi lo trattava meglio e spesso gli inviavano regali e percentuali. Si sentiva un "arrivato" e avrebbe anche potuto mettere da parte un discreto gruzzolo, se le sue manie spenderecce nei «mesi di riposo» non lo portassero a consumare tutto quello che guadagnava nei sei mesi di alta stagione turistica. Conservava solo gli anelli che di tanto in tanto riceveva in dono. È vero che se avesse voluto aumentare gli incassi avrebbe potuto nei mesi invernali trasferirsi nelle apposite località, ma l’istinto, più che la ragione, gli suggeriva che non bisognava esagerare e chiedere troppo a quel suo sesso superdotato. E poi vuoi mettere l’effetto in un ambiente caldo, pieno di sole e di umori mediterranei in confronto a località fredde e magari con la neve dove abiti imbottiti, cappuccio o altro avrebbero mascherato la sua nera bellezza? L’immagine si formò sul piccolo schermo, cupe montagne e un deserto pietroso apparvero, poi uomini a cavallo e altri che inseguivano i primi, colpi di fucili e grida gutturali. “Uffah! Che rompicazzo, il solito western”, mormorò Amedeo mentre affondava il cucchiaio nello zabaione. Manovrò il telecomando e in rapida sequenza apparvero un balletto, bambini che cantavano, cartoni animati, superuomini con superarmi, missili che fracassavano tutto e missili fracassamissili, un uomo e una donna nudi che si amavano furiosamente. Amedeo fermò la sua attenzione, mentre scostava la tazza con lo zabaione e afferrava il piatto con i crostacei, e poi: “Dilettanti! “, mormorò con sufficienza e superiorità. Cambiò ancora ed ecco la immarcescibile Nicoletta Orsomando che con un' aria fra compresa e spaventata annunciava: «Ci colleghiamo ora in mondovisione con la Svizzera per la trasmissione straordinaria che vi abbiamo comunicato». Hitler in gonnella La sigla, la musica, una graziosa annunciatrice svizzera che pronunciava parole in tre lingue e poi un gran tavolo sormontato da un’immensa croce uncinata intersecata con quella elvetica, al quale sedevano bellissime donne in strane uniformi. Al centro una meravigliosa, moderna, giovane Marlene Dietrich che prese la parola in tedesco, mentre una voce in sottofondo traduceva in italiano. «Donne uomini di tutto il mondo, è Lili Hitler che vi parla, la figlia del Fùhrer della grande Germania, Adolf Hitler. Come ho già fatto diffondere a tutte le agenzie di stampa vi comunico che da oggi ... “Sei bella, ma non mi fai fesso, le solite trasmissioni fantapolitiche. Ma a chi cacchio pensano di interessare...” e con un gesto di fastidio e superiorità ‐lui non lo metteva nel sacco nessuno, era furbo‐ Amedeo cambiò canale e finalmente trovò quello che cercava
Ultima modifica di Bruno il Lun Gen 21, 2013 2:29 pm - modificato 3 volte. | |
| | | Bruno Admin
Numero di messaggi : 3063 Data d'iscrizione : 27.10.08 Località : Napoli Personalized field :
| Titolo: Re: HITLER IN GONNELLA romanzo, premio Italia di Fantascienza Dom Dic 28, 2008 6:54 pm | |
| una bella canzone napoletana. ‐ Terminò il pasto e si accinse all’incontro con la ricca tardona svedese. Hitler in gonnella CAPITOLO TERZO Le reazioni al discorso della fascinosa e imperativa Lilì, ma principalmente alla mancata esplosione nucleare russa e ancor più a quella regolarmente avvenuta nel Pacifico della bomba al cullonio 2000, superarono di gran lunga quelle che avevano accompagnato tutti i più gravi avvenimenti dei già tanto tormentato XX secolo. Sui circa quattro miliardi di abitanti, una gran parte fu colta da sgomento, orrore, folle paura ed anche incredulità. Sì, c’é molta gente pronta, di fronte a possibili disgrazie o ad avvenimenti calamitosi sociali o personali, a far scattare consciamente o inconsciamente l’unico possibile dispositivo di difesa: l’incredulità, la fuga dalla realtà anche se ben presente e confermata da prove irrefutabili. Il mondo nelle mani di un dittatore, o peggio di una dittatrice! La figlia di colui che aveva scatenato la Seconda Guerra Mondiale! Dello sterminatore di milioni di ebrei e di deportati! L’inventore dei bombardamenti a tappeto! L’assertore della razza pura e perfetta! Dio, perché il mondo doveva vivere ancora una disgrazia simile, aggravata dal fatto che nessuno, uomini o Stati, sembrava in grado di opporsi! E poi una donna! E vero che il femminismo aveva fatto passi da gigante negli ultimi anni, ma la gran parte dell’universo femminino aveva sì voluto il progresso, la liberalizzazione, la parificazione e, a parole, la supremazia femminile, ma sempre con la copertura dell’uomo. Così come tanti nei paesi occidentali vogliono la prevalenza di idee e leggi comuniste, ma sempre Hitler in gonnella dietro il paravento della potenza americana che ben si possa opporre ad un’ingerenza diretta e prepotente del gigante russo e del suo partito al potere. Una parte però, e nemmeno tanto piccola. gioì di quella sconvolgente novità. Finalmente riposti sentimenti di nazionalismo, desiderio di governi forti e autoritari, leggi razziste e non ultima la identica soggezione nella quale sarebbero stati ridotti i due colossi degli ultimi quarant’anni, gli USA e gli URSS. potevano esternarsi liberamente. Si scatenò immediatamente la lotta per crearsi benemerenze e per poter essere il o la Quisling del proprio paese. E le donne poi, le vere più esaltate “femministe”, erano all’apice della soddisfazione alla notizia che tutti i posti più importanti dovevano essere loro e che gli uomini, dopo secoli di domimo ‐perlopiù apparente ‐ avrebbero assunto solo posizioni di secondo grado. Nei giorni frenetici che avevano seguito la storica trasmissione televisiva, vi fu tutto un fiorire e un nascere o rinascere di partiti neofascisti nelle varie nazioni. Le bandiere inglese, americana, russa, cinese con al centro una grande svastica e un fascio littorio! Ma la cosa più sensazionale fu l’apprendere che i programmi della Fuhrer prevedevano il ritorno ad una vita sessualmente morale. Abolizione di films, riviste e libri pornografici e della prostituzione ufficiale o ufficiosa, ma di quella femminile! Al suo posto, nel quadro della nuova posizione della donna sessualmente più sensibile e bisognosa di appagamento, quella maschile! Proprio così! Sarebbe stata appoggiata e incoraggiata la prostituzione maschile, addirittura sotto l’egida dello Stato. Sarebbero state riaperte le cosiddette bordelli, ma con prostituti e non prostitute, tenutari e non Hitler in gonnella tenutarie. Le donne avrebbero potuto recavirsi in piena libertà e, col pagamento di una o più «marchette”, soddisfare le proprie esigenze. Nei paesi musulmani non sarebbero stati più gli uomini a possedere un harem, ma le donne! Vecchie leggi sull’adulterio sarebbero tornate in vigore, ma, beninteso, a favore della donna e non dell’uomo. Il delitto d’onore sarebbe stato nuovamente contemplato, ma solo se la moglie avesse ucciso il marito colto in flagrante adulterio. Che mondo e che bazza per le «vere femministe»! I più alti gradi militari, nella magistratura, nei governi, nella diplomazia, nei consigli di amministrazione, nelle università sarebbero stati loro e solo loro. Forse col tempo e con molta prudenza e gradualità, agli uomini sarebbe stata consentita una certa parità di diritti. E i governi come avevano reagito? Al primitivo senso di incredulità e di irrealtà, con grande sgomento quando gli Osservatori Scientifici avevano confermato l’efficacia del cullonio 2000 e del raggio kuta. Reagan aveva immediatamente convocato i ministri alla Casa Bianca che avevano preso posto intorno al tavolo ovale dove i valletti si erano, come sempre, preoccupati di non far mancare i soliti recipienti di vetro ricolmi di caramelle — le piccole manie che contraddistinguono un presidente dall’altro, innanzitutto! — Il sorriso fotogenico era meno smagliante dei solito, ma pur sempre presente, perbacco! Dopo un paio di battute, immancabili in un uomo politico americano, accolte da forzati sorrisi, si erano interpellati gli esperti del Pentagono, generali a cinque stelle, e in una ridda di passaggi di caramelle si era dovuto constatare che non vi era nulla di veramente attivo da fare, se non un tentativo di accordo che salvasse perlomeno gli “States» dall’ideologia e dal predominio nazista. Hitler in gonnella All’immediato pranzo subito approntato e alla presenza della First Lady partecipavano anche i massimi esponenti della CIA. Il quarto potere fu ammesso per venti minuti, mentre le telecamere delle più grandi reti nazionali poterono riprendere le importantissime personalità che bagnavano le labbra nei bicchieri di purissimo cristallo. Più tardi, in una riunione più ristretta e finalmente più riservata, anche Carter fu invitato, naturalmente sempre con un abbondante numero di caramelle. «Allora, mister president, come pensa di risolvere la situazione?”, chiese Carter mentre si grattava un orecchio. “... Io sono riuscito ad ammansire Khomeini nell’Ottanta con alcuni miliardi. Perché non oflrite alla Hitler l’oro di Forte Knox?”. Reagan sorrise, memore del periodo hollywoodiano e delle conferenze televisive, ma presto il sorriso scomparve da quel volto che apparve in tutta la sua drammaticità — gli fosse riuscito così in un film! —, ricco di rughe, di anni e di stanchezza. «Non credo servirebbe. ..» e, rivolto al ministro del tesoro, «... Che ne pensate?» Il personaggio interpellato inghiottì la caramella che stava suggendo e rispose: gravissimo contraccolpo». Il segretario di Stato intervenne: «Se permettete, mister president, non credo che l’oro o i soldi servirebbero, ma solo la forza, l’azione senza paura, il trattarla in modo duro. Ha funzionato con i russi all’inizio della vostra presidenza e funzionerà anche con lei». Reagan spostò bruscamente la coppa con le caramelle e disse, sempre con la voce educata da attore anche se dentro di sé sentiva montargli una rabbia infinita: Hitler in gonnella «Ma come, la forza? E il raggio kuta?” «Ma potrà fermare contemporaneamente tutti i nostri missili?» «E il cullonio 2000?» «Distruzione contro distruzione. Non vi è scelta. L’America non può e non deve cedere, porca puttana... Ah, sorry, mister president». Il primo cittadino fece un vago gesto di perdono, come a dire: «Di pure» e, rivoltosi ai generali: «E voi che ne pensate?» I vertici militari della grande potenza si guardarono l’un l’altro sgomenti e girarono la domanda all’esperto in missilistica, un ometto alla Mickey Rooney. Questi si alzò, estrasse dei fogli da una borsa in pelle e li ripose ordinatamente avanti a sé sul tavolo che, date le dimensioni dell’oratore, gli fungeva come un normale leggio e iniziò: dettagliati dei nostri Osservatori, le analisi di potenza, i calcoli approfonditi. Ho immesso il tutto nel nostro computer e il risultato è sconfortante. Mentre le bombe al cullonio 2000 distruggeranno sicuramente il novanta per cento degli States e l’ottantacinque per cento dei rifugi atomici, il raggio kuta non permetterà assolutamente di raggiungere il covo della Fiìhrer. Forse l’un per cento al massimo del territorio svizzero sarà colpito e ben lontano dallo Jungfrau, dove mi risulta fra l’altro esservi validissimi rifugi atomici...» Guardò intorno sconsolatamente, abbassò il capo e concluse: «Non c’è speranza con la forza, mister president». Sedette e succhiò una caramella. Il Presidente non ebbe la forza di sorridere. Le campagne elettorali, i films, le conferenze sembravano appartenere ad un altro mondo! Poi si rivolse al capo della CIA: Hitler in gonnella «E voi cosa potete fare? Il programma economico che avevo enunciato all’inizio del mio mandato non si è potuto del tutto attuare per le grandi spese che mi avete convinto a fare. Non siete riusciti a sventare prima, non un’indiscrezione, niente. Agite perlomeno ora, perdiana!” e batté forte il pugno sul tavolo centrando una coppa con caramelle che volarono tutt’intorno. Il capo della CIA ne fu impressionato. Mai aveva visto l’Attore così irritato, mai perdere il suo proverbiale fair play. «Sorry, mister president, sorry. Ma come potevamo pensare alla Svizzera? Tutti gli Stati sono sotto il nostro attento controllo con agenti segreti o satelliti spia e uomini di governo a noi devoti e da noi stipendiati. Non solo i paesi dell’area orientale, ma anche l’India, l’Egitto, la Cina, il Pakistan, la Francia, la Gran Bretagna, la Germania, finanche l’Uruguay e l’Italia, ma la Svizzera no, chi ci avrebbe pensato! Con quelle tradizioni! Sarebbe stato come controllare il Lussemburgo, Monaco o San Marino! Sorry, mister president, accettate le mie dimissioni”. «Mister president, sto mettendo a punto un piano per altre vie. Datemi tempo, allora». Reagan osservò gli altri membri della riunione e ne cercò il consenso con lo sguardo. Nessuno disse nulla. Allora: «Fate quello che potete e anche quello che non potete. Tutte le speranze sono su di voi. Mi riferirete. Speriamo che la Hitler ce ne dia il tempo e che Dio ci aiuti». Anche al Kremlino si era tenuta una riunione fra i maggiori membri del Praesidium, militari e del KGB. Analoghi i risultati con l'unica variante che un generale aveva anche proposto l’invasione della Svizzera e in particolare dello Jungfrau con un lancio di venti divisioni di paracadutisti, Hitler in gonnella ma il disgraziato era stato immediatamente silurato ed inviato in un posto subalterno a Vladivostok sul Pacifico. Al Consiglio dei Primi Ministri della Comunità Europea vi era stata battaglia grossa e per un pelo non cruenta. Antichi rancori, vecchie sospettate simpatie, possibilità di rivalsa, accuse sparate da un membro all’altro senza pietà rivelarono che in fondo nulla era cambiato, nonostante le apparenze, negli ultimi quarant’anni. Francesi contro tedeschi, inglesi contro italiani, greci contro tutti. Ma come al solito nessun costrutto. In Cina si impiantarono un paio di processi e si confidò sulla lontananza e sul miliardo di abitanti. In India, in Pakistan, in Iran, in Africa centromeridionale avevano già tanti guai loro a cui pensare che poca attenzione fu riservata alla Fùhrer e si attese l’evolversi degli eventi. Nell’America centrale e in quella del Sud molti Stati accolsero quasi con gioia la novità che con ogni probabilità li avrebbe rafforzati. Gravi preoccupazioni invece nei paesi produttori di petrolio e qualche proposta di minacciare di far saltare i pozzi, ma senza seguito. Terrore infine, e davvero giustificato, in Israele dove vi furono alcuni suicidi, specialmente fra alti membri del servizio segreto. Hitler in gonnella CAPITOLO QUARTO Le feldmarescialle Reina Schnellinger ed Herta Beckenbauer, fiere ed altere del loro eccelso ruolo, della loro smagliante bellezza che molto si avvicinava a quella delle gemelle Kessler dei tempi migliori, e delle loro sobrie divise nere ricche di decorazioni, avevano condotto i sette membri del Consiglio Federale lungo il pianoro del Konkordialplatz dove, schierati in ordine perfetto, vi erano alcuni battaglioni Liii. Il loro apparire venne salutato da un altissimo «Heil Liii Hitler» che si spezzò in mille echi che ritornavano dalle tante pareti rocciose, dagli orgogliosi picchi, dai canaloni imponenti e rintronavano rombanti nei condotti uditivi dei massimi esponenti della Confederazione Elvetica. Il pesante e massiccio Beth, preso da gioia ed entusiasmo con il faccione illuminato da un gran sorriso, rivaleggiava con il magro Hodler nell’agitarsi ed elogiare tutto quello che vedeva. Anche Mùller sembrava contagiato dall’entusiasmo e sempre più si sentiva orgoglioso della sua origine tedesca e sempre meno ricordava che in fin dei conti tedesco, sì, lo era, ma svizzero, di qùella Svizzera nota per i secoli di neutralità e di non ingerenza negli affari politici degli altri Stati. Il vecchio Presidente si trascinava pesantemente e con tristezza pensava allo strano destino dei nomi. Adolf Hindenburg, il suo; Adolf come Hitler e Hindenburg come il Hitler in gonnella capo di Stato tedesco che nel 1933 affidò proprio a Hitler il cancellierato, aprendogli così la via al potere assoluto. Cimotti atteggiava il bel viso a composto interesse e di tanto in tanto rivolgeva alle due stupende mare‐scialle qualche complimento sulla perfetta organizzazione e si tormentava nel dubbio se fosse il caso o meno di elogiarle anche per la loro avvenenza. Boyer e Bardot, sempre più irritati e sempre più memori della sfilata delle truppe naziste sotto l’Arco di Trionfo a Parigi, mascheravano a stento il desiderio di ribellione che, come la piena di un fiume impetuoso, andava sempre più montando dentro di loro e si auguravano che tutto fosse solo una pagliacciata e un incubo dovuto a cattiva digestione. Poi la sfilata perfetta delle Ariane e degli Ariani purissimi, alti, biondi, robusti e atletici che esegui‐vano, in perfetto sincronismo, il famoso «passo dell’oca». Infine la visita ai laboratori e alla sala delle leve che comandavano i raggi kuta. Ne rimasero profondamente colpiti e, dietro imperiosi inviti, diramarono gli ordini per un totale passaggio di poteri alla Fuhrer e alle sue più dirette collaboratrici. Nel giro di pochi giorni la Svizzera fu tutto un focolaio nazista; modesti i tentativi di reazione, immediatamente soffocati nel sangue. Ma non solo la Svizzera fu subito a disposizione di Lilì; anche la Germania occidentale, l’Austria e infine la Germania orientale. La cortina di ferro fu definitivamente eliminata e la Svizzera, con l’annessione dei territori appartenenti ai vecchio Reich, divenne una grande nazione con confini orientali che si spingevano fino a Brest‐Litovsk e includevano la vecchia Prussia. L’esercito modernissimo poteva contare su oltre due milioni di donne e uomini e aveva, con un’attivissima , il completo Hitler in gonnella controllo di tutti i principali uffici, ministeri, stazioni radiotelevisive, basi missilistiche, centrali nucleari, principali industrie, quotidiani e periodici; insomma di tutto quello che contava. Spesso i cittadini del nuovo grande Stato potevano ammirare la loro Fuhrer sempre più bella che in chiave femminista sfoggiava un’ eloquenza trascinante che tanto ricordava quella del padre. Colonne di entusiasti, come in un pellegrinaggio, ma sempre sotto stretto controllo della ), si recavano ad Eigergletscher dove erano immessi alla visione diretta, anche se a decine di metri di distanza, della divina Lili. Ma chi era davvero questa donna bella, intelligente e autoritaria come una dea? Perché si era rivelata solo a quarant’anni, anche se ne dimostrava molti di meno? Qual era stata la sua vita precedente? Come e quando aveva appreso di essere la figlia del Genio del Male del XX secolo? Il mistero più fitto avvolgeva i suoi precedenti. Si sapeva solo dei suoi trascorsi di studiosa, ma anche su questi non è che si conoscesse molto aldifuori del ristretto ambiente scientifico mondiale. Lili Kubler aveva trascorso un’infanzia serena e tranquilla, nulla di più e nulla di meno di quella dei tanti bimbi che affollavano l’elegante quartiere residenziale che si estende fra i fiumi Limmat e Sihl. Sul grande viale alberato e silenzioso che ne costituisce il cuore si affacciavano ville di varie dimensioni, l’aspetto prevalente era caratterizzato da uno stile moderno e funzionale, con uno o due piani, ampie portefinestre, schematiche strutture e grande uso di cristallo e di alluminio. Solo nella zona più centrale qualche antica villa, ricca di colonne, stucchi, fregi e capitelli. Sia le une che le altre divise dalla strada da curatissimi prati contornati da ordinatissme siepi. Nella zona posteriore folti Hitler in gonnella giardini con alti alberi perlopiù sempreverdi. Solo di rado si poteva intravvedere una piscina e qualche campo di tennis. I proprietari erano banchieri, alti funzionari, industriali, ricchi commercianti e professionisti di successo. Il dottor Hugo Kubler apparteneva a quest’ultima categoria e con la moglie Ellen aveva posto la massima attenzione nella realizzazione della sua villa, che non era delle più lussuose, ma certamente fra quelle arredate ed eseguite con maggior gusto. Particolarmente le aiuole colme di fiori e la serra ricca di piante tropicali e di una ventina di varietà di orchidee, costituivano il suo hobby, la sua valvola di sicurezza dopo le stressanti giornate trascorse all’ospedale Cantonale dove era primario chirurgo. Immancabilmente ogni pomeriggio, alle sei in punto, la sua alta, distinta figura compariva sul cancello d’ingresso accolta dalla biondissima e graziosa giovane moglie e da una figurina magra, longilinea, con un visetto minuto e angoloso e occhi bellissimi, ma in fondo ai quali vi era un qualcosa di strano e misterioso. Fra le due, Ellen e la bambina, una Liii di dieci anni, la più infantile sembrava senz’altro Ellen, piena di slanci e curiosità che facevano contrasto con la compostezza dell’altra. Liii legava poco con le compagne di scuola o con le vicine di casa o con i figlioli degli amici di mamma e papà; ma proprio quando non ne poteva fare a meno e partecipava a giochi o conversazioni, il suo carattere forte, a volte violento, si manifestava e immediatamente diveniva protagonista. Ma a scuola o negli sports che il padre la forzava a praticare non emergeva per nulla. Era svogliata, quasi assente e il suo sguardo sembrava inseguire chissà quali cose lontane. Usava appartarsi non appena poteva farlo, seguire il cammino infaticabile di una colonna di formiche, le evoluzioni dei pesci nella vasca o il volo felice Hitler in gonnella degli uccelli. Poi improvvisamente un piede prepotente schiacciava le formiche, una mano cercava di afferrare i pesci o un bastone manovrato con abilità e cattiveria distruggeva i nidi degli uccelli. Cosa mai la tormentava? Forse l’aver appreso di non essere la figlia naturale di Hugo ed Ellen che figli non potevano averne? Era stato uno shock quando quelli che aveva considerato i suoi veri genitori glielo avevano detto, usando molta dolcezza ed esortandola a non sentirsi diminuita, ma anzi conscia di essere stata fortemente voluta e ancor più amata. Inoltre non doveva considerarsi un essere raro, perché bambini rimasti orfani e poi adottati ve ne erano tanti. Qualcuno anche nelle ville del loro quartiere. Il vero affetto non è solo un fatto di sangue, avevano aggiunto, ma principalmente una conquista lenta da attuarsi giorno per giorno. Ma i suoi genitori naturali chi erano, come si chiamavano, dove erano morti? A queste domande i Kubler erano stati più evasivi; le avevano detto solo che era stata trovata viva, a soli pochi mesi di vita, fra i resti di un incidente automobilistico e al brefotrofio, dove era stata condotta subito, non erano riusciti ad individuare alcun parente, mentre i corpi dei genitori che viaggiavano con lei erano rimasti carbonizzati. Doveva dimenticarli, avevano concluso con dolcezza, e considerare che i suoi veri genitori erano proprio loro, Hugo ed Ellen con i quali viveva da allora e che avevano fatto di lei lo scopo e la gioia della propria esistenza. Gli anni passavano e la vita si snodava con un ritmo tranquillo e ordinato: la casa, la scuola, il nuoto, il tennis, il pattinaggio sul ghiaccio, il cinema, le compere in Bahnhofstrasse, l’arteria principale di Zurigo, dove i Hitler in gonnella lussuosi negozi si susseguivano senza soluzione di continuità. L’estate la trascorreva al mare, in Italia, a Venezia, Cattolica, e un anno nel meraviglioso golfo di Napoli, a Capri, Ischia e Sorrento. Durante le ferie invernali si recavano a sciare a St. Moritz, a Grindelwald o a Wengen e proprio nella piana soleggiata di questo grazioso paesino montano sul quale domina la cresta argentata della Jungfrau, Liii era sembrata scuotersi dalla sua apatia e dai suoi misteriosi pensieri. Forse per la prima volta nella sua vita incominciò a partecipare, se non proprio con entusiasmo ma con un certo interesse, a balli e gite che i giovani villeggianti organizzavano in continuazione. Aveva diciassette anni ed era ormai una stupenda ragazza. La sua rassomiglianza con Marlene Dietrich era impressionante. I ragazzi glielo avevano detto e le facevano una corte ossessiva che lei respingeva con alterigia e insofferenza. Ma una sera, a uno dei soliti balli, qualcosa aveva rotto quella maschera di indifferenza e superiorità che nascondeva forse un profondo senso di isolamento e di mancato vero inserimento nell’ambiente della gioventù dorata che da tanti anni era costretta a frequentare. Karl, brillante studente del Politecnico di Zurigo, era un bel giovanotto, non molto alto, ma atletico e con un grande accattivante sorriso che lo rendeva l’idolo delle ragazze della comitiva. La invitò a ballare e la strinse a sé, mentre le sussurrava non i soliti banali complimenti, ma — o forse le sembrò così —qualcosa di diverso. Improvvisamente le chiese: «Sei mai stata a letto con un uomo?» «No, perché dovrei farlo?» | |
| | | Bruno Admin
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| Titolo: Re: HITLER IN GONNELLA romanzo, premio Italia di Fantascienza Dom Dic 28, 2008 6:55 pm | |
| «Perché? Ma diavolo, perché è bello. Fare l’amore è la cosa più bella del mondo!» «Non ci ho mai pensato seriamente». «Ma se lo fanno tutti. Alcuni non pensano ad altro”. «Sono degli stupidi!» «Sarà, ma è normale farlo. Tutte le ragazze della nostra comitiva lo hanno già fatto e lo fanno continuamente”. «A me non va!”, affermò decisa e conclusiva Lili. «Ma come fai a saperlo?”, chiese Karl mentre le accarezzava dolcemente il seno e le labbra sfioravano umide e calde il collo, le guancie, la nuca, le labbra di Liii e la lingua, come un serpente, tentava di schiuderle. La ragazza rimase indifferente e passiva. «Forse non sei normale», la schernì il giovane. «... Ma come, sei l’unica. Che ti raccontano le amiche? Lo sai, per i cantoni, che ognuna di loro ha avuto ed ha un’attiva vita sessuale già dai quindici anni o anche prima?» «A me non va e non m’importa nulla del sesso e dell’amore!», replicò cocciuta, ma non lo respinse né si allontanò dal giovane che continuava le sue manovre sul viso e sul corpo di Lili. Poi improvvisamente si staccò da lei. “Allora davvero non sei normale... Sai che ti dico? Ti riaccompagno in albergo. Non ho tempo da perdere io con le frigide! Mi troverò un’altra ragazza che abbia giusti istinti e desideri... Basta che mi giri intorno, che credi?” Improvvisa e possente una grande ira pervase Lili impadronendosi di ogni fibra del suo corpo, così come un placido lago viene turbato repentinamente da una violenta bufera e rompe la diga che lo tratteneva e dilaga incontenibile nella sottostante vallata. Gli occhi fiammeggiavano, i muscoli erano tesi e il piede, così come Hitler in gonnella faceva da bambina, schiacciò con tutta la forza quello di Karl. Avrebbe voluto distruggerlo, annientano quell’uomo, quel maledetto maschio! Il giovane rimase per un attimo interdetto e maggiormente ammirò quella meraviglia di ragazza che l’ira rendeva ancora più bella e desiderabile. Ma era troppo esperto ormai per farlo trasparire e proruppe, per tutta risposta, in una grande risata. «Ah, dici che non sono normale? Che non ho desideri sessuali come le ragazzine che frequenti? Ma guarda, il gran’uomo!... Su, andiamo nella tua stanza, fammi vedere tu se sei normale o così bravo come pensi! Hai paura?» «Paura io? Questa é davvero comica... Andiamoci, andiamoci subito». I due fecero a lungo l’amore. Liii, dopo quello scoppio d’ira, era contratta e timorosa, ma negli amplessi graffiò con rabbia e crudeltà le spalle, la schiena il torace del suo partner. Non provò nessun particolare piacere fisico, anzi. Ma fece di tutto per mostrare passione e appagamento. Hitler in gonnella CAPITOLO QUINTO Dopo quella prima esperienza con Karl, Lilì incominciò ad avere, a regolari scadenze, rapporti sessuali con vari ragazzi, ma faceva molta attenzione a non legarsi con nessuno di loro ed evitava che la cosa si ripetesse più volte con lo stesso. Non provava piacere e il sesso le era indifferente, ma in qualche modo la faceva sentire, se non proprio inserita, un pò meno isolata. Le compagne invece davano un’importanza prevalente all’amore, ai loro partners, alle loro avventure. Era il loro argomento prediletto, di gran lunga più trattato dello sport, della scuola, dei vestiti, dei viaggi o delle villeggiature. E non solo delle loro personali esperienze andavano continuamente blaterando, ma anche di quelle delle amiche, di lontane conoscenti, delle attrici famose e finanche di quelle dei loro genitori. Liii non interveniva mai in quelle vuote conversazioni che a volte duravano delle ore. Solo molto di rado accennava alle sue esperienze sessuali e subito le amiche si facevano attente a quanto diceva quella misteriosa ragazza che sembrava indifferente a tutto e che così poco parlava. “Quanto sono stupide! Che razza di oche”, pensava di loro Liii. Ma lei in definitiva a cosa pensava di così importante da farla sentire di tanto superiore? A nulla! La sua mente vagava quasi sempre nel nulla! Ma, scava scava, una cosa le piaceva, anche se non con continuità: il far soffrire uomini o animali, ma non moralmente, bensì fisicamente. Hitler in gonnella Così come da bambina ‐ in modo forse inconscio ‐ schiacciava le formiche, ammazzava gli innocenti pesci racchiusi nelle piccole vasche e distruggeva i nidi degli uccelli con maggiore gioia se contenevano uova o neonati, ora nei rapporti amorosi tormentava il partner e cercava, con le unghie, con i denti, con piccoli calci, di farlo soffrire, forse per punire la sua mascolinità. Questo le aveva creato la fama di grande amatrice. Pensavano, gli illusi, che fosse il risultato di un incontenibile orgasmo! Anche dominare le piaceva e quasi sempre negli amplessi assumeva posizioni tutt’altro che passive, e più dell’uomo che della donna. Con le amiche poi, quando le andava a genio e non poteva proprio evitarlo, dettava legge. Non certo per quello che diceva, ma per un innato senso di superiorità. Era insomma dotata di carisma e tutto quello che diceva o faceva, fossero anche le cose più banali, erano accolte con sommo interesse e rispetto da chi le stava vicino. Da qualche tempo il padre le aveva regalato numerosi libri di storia e particolarmente quelli sul Grande Conflitto che aveva insanguinato il mondo negli anni ‘39/’45. La pregava di leggerli dicendole che erano la sua passione e che tanto avrebbe voluto discutere con lei dei vari episodi e dei protagonisti di quegli anni e precedenti. Liii non amava lo studio, né la storia, ma provava un affetto misto a tenerezza per Hugo e si sforzò di accontentarlo. Stranamente quegli episodi, quei fatti la interessarono più di qualsiasi romanzo che avesse mai letto. E i protagonisti, che figure interessanti! Stalin, Hitler, Mussolini, Churchill, Roosevelt e i vari generali e ammiragli, i marescialli, i collaborazionisti, i traditori, le spie, i partigiani. E poi le stragi, le deportazioni, i bombardamenti, le grandi battaglie, i missili, la bomba atomica. Che periodo! Che anni! Hitler in gonnella Incominciò a chiedersi clii avesse ragione, se le potenze dell’Asse, Germania, Italia e Giappone, o le grandi democrazie come gli Stati Uniti, l’Inghilterra e la Francia. E la Russia come si inseriva? E la Svizzera che aveva fatto? Incominciò a parlarne con il padre che le forni altri libri che raccontavano del trattato di pace che ne era scaturito. Non cercava, contrariamente a quanto faceva in altre occasioni, di influenzarla o di indirizzarla. Esponeva fatti, senza commenti. Lili non era studiosa. A scuola andava avanti di classe in classe solo per l’indubbia notevole intelligenza e per la prodigiosa memoria e si accingeva, in quel suo diciottesimo anno di vita, a concludere le scuole medie superiori. Il giorno del conseguimento del diploma i genitori la festeggiarono con particolare affetto e le mostrarono il dono che le avevano preparato, una piccola automobile tutta nera. Ma non sfuggi a Lili lo stato esasperato di tensione che Hugo cercava di mascherare e che contrastava in modo così stridente con quel suo carattere calmo ed equilibrato in ogni occasione. Inizialmente pensò si trattasse di commozione dovuta al diploma della figlia, ma poi si accorse che vi era ben altro quando il medico la prese per la mano e la condusse nel suo luminoso studio le cui pareti erano letteralmente tappezzate di libri e dove, negli ultimi tempi, tante piacevoli ore avevano trascorso a parlare sui trattati di storia che Lilì aveva letto e sui vari episodi che più l’avevano interessata. In una grande poltrona un anziano e serio signore con i capelli tutti bianchi e una rotonda pancetta li attendeva con a lato una borsa colma di fascicoli dai quali si effondeva un acuto odore di vecchio, di chiuso, di muffa. Hitler in gonnella «Siediti, cara. Dobbiamo parlarti di cose di grande importanza. Fai molta attenzione a quanto ti diremo sia il notaio Kulm che io». La ragazza, come al solito, non disse nulla, ma si sentiva turbata, agitata. Sedette sul divano di fronte ai vecchio Kulm e fu presto raggiunta da Hugo che riprese: «Ricordi quando Ellen ed io ti parlammo di come ti avevamo adottata e le tue giuste domande sui tuoi genitori naturali?... Ebbene, fui vago e reticente e un motivo c’era. Non potevo allora dirti di chi eri figlia, non avevi l’età per capire cose importanti e principalmente per giudicarle secondo un’ottica esatta. Ricordi ancora che da un anno ti ho pregata di leggere tutti quei libri di storia recente e il tuo appassionarti su episodi e protagonisti? Ricorderai infine che più volte mi hai chiesto un parere, ma io ho sempre ilfiutato di dartelo. Ora saprai perché, cara...» Le prese la mano fra le sue, la fissò intensamente e poi: «So benissimo chi sono i tuoi genitori e il notaio ne ha le prove... Sei la figlia di un grande uomo, checché voglia giudicarlo la storia che sola conta, o perlomeno più degli uomini... Lilì, sei la figlia di Adolf Hitler!” Un vortice di sentimenti, sensazioni travolse Liii. Per la prima volta nella sua vita provava intensamente turbamento, sgomento, orrore, orgoglio, amore, voglia di piangere, di ridere, di baciare, fare l’amore, uccidere, distruggere, costruire, annullare, annullarsi, dominare, comandare, edificare, saltare, correre, dormire, morire! Sentì vagamente Hugo che continuava a raccontarle della madre vera, Jena Gobill, una scienziata che viveva alla Corte del FUhrer con incarico di dirigente dei servizi di informazione scientifica della Gestapo e che era morta suicida insieme ad Hitler ed Eva Braun in quel fatale 30 aprile 1945. Qualche mese prima la piccola Liii era stata Hitler in gonnella affidata al chirurgo svizzero Kubler, uno della equipe medica del Fiuhrer e subito spedita con lui nella tranquilla Zurigo. Poi sentì la voce stridente e sottile di Kulm che le diceva di osservare un segno, un marchio che aveva sulla natica destra. Era quella la prova! Le era stato praticato nei primi giorni di vita alla presenza ditestimoni e avallato da lui, notaio zurighese, appositamente chiamato per quell’occasione. Lili a stento realizzava quanto di così sconvolgente le veniva detto, ma ricordò, in uno sprazzo di lucidità, di quello strano segno sul suo corpo che da bambina aveva notato e delle domande e dell’ironia che spesso i suoi partners sessuali le avevano rivolto, mentre proprio lissù la baciavano ardentemente. «Ed ora, signorina...”, la richiamò il notaio, “... osservi questa busta, la prego...”. Le mostrò una grossa, robusta e vecchia busta che, come le altre carte che aveva consultato, odorava di muffa. «Controlli i sigilli...”. Indicò cinque grossi grumi di ceralacca contrassegnati da una svastica e da una A e una H incrociate. «... Anche lei, dottore... E la busta che il Fuhrer mi fece l’onore di consegnare nei mar zo del quarantacinque... Ora la apro, secondo le istruzioni che mi imparti allora». Con enorme delicatezza le dita grassoccie manovrarono un coltello e fecero saltare ad uno ad uno i sigilli, poi si affondarono all’interno dell’involucro di carta e ne estrassero una busta più piccola sulla quale era tracciato con grafia nervosa: A mia figlia Liii al suo diciottesimo compleanno. Kulm la porse a Liii che fece cenno al notaio di leggerla lui. Il professionista, custode di tanti segreti e di uno di così sconvolgente importanza, iniziò: «Figlia, oggi hai saputo di esserlo. Spero ne sia felice ed orgogliosa. Purtroppo non ho potuto goderti. Sarebbe stato Hitler in gonnella bello farlo, ma il destino mi ha chiamato ad altri compiti. Edificare una grande Germania egemone in Europa e dominante nel mondo. Distruggere la razza semita ne costituiva il postulato. Gli ebrei, maledetti, ne hanno sempre costituito il maggiore ostacolo. Purtroppo la mia vita si chiuderà senza aver potuto realizzare quello che volevo. Chissà non vi riesca tu. Mio sangue e mia erede. Ti ho affidato al fedele e insospettabile Kubler e ti lascio, insieme ad un grande passato, un capitale di 100 miliardi di franchi svizzeri, la cui amministrazione sarà gestita dalla Banca di Costanza a nome di Lili Kubler, e fogli del mio diario che saltuariamente ho compilato. Leggilo e decidi tu se farlo conoscere al mondo. ‘Sii forte. Ricorda di chi sei figlia! Il nazismo non muore, ma sono certo avrà nuovo splendore. Ti abbraccio. Adolf Hitler’”. Il notaio concluse con voce solenne e commossa. Scattò in piedi — era ripiombato in altri tempi —, tese il braccio ed esplose in un «Heil, Hitler». Il volto fiammeggiava, la figura goffa sembrò assumere proporzioni immense. Anche il compassato, raffinato Kubler lo imitò. Per un attimo ‐ i due si ricomposero subito — sembrò di essere tornati vent’anni dietro! La grande busta cadde in terra e ne usci un volumetto con una copertina nera, con fogli dattiloscritti e firmati uno per uno: IL DIARIO DI ADOLF HITLER. Hitler in gonnella CAPITOLO SESTO 15 OTTOBRE 1901 Inizio oggi questo mio diario. Sarò quello di un grande uomo. Lo sento. Lo sarò. Debbo tenere nascosto questo quaderno, come debbo mascherare i miei pensieri e le mie mire artistiche. Il maledetto despota di casa, mio padre, lo distruggerebbe subito e mi castigherebbe severamente come fa in ogni occasione. Maledetto! Ha voluto farmi entrare alla Real Schule di Linz per farmi diventare un tecnico. Un piccolo funzionario come lui. Un esponente della maledetta piccola borghesia. Ma io sarò un artista. Il mio sarà un nome importante. Sono superiore agli altri uomini! SETTEMBRE 1905 — Finalmente ho lasciato gli odiosi studi tecnici. Non sono, non sarò, né voglio essere un tecnico. Mio padre mi ha liberato della sua odiosa presenza. Già da due anni è morto! Non ho voluto scriverlo prima. Avevo anche dimenticato di avere iniziato un diario. Sono finiti i suoi maltrattamenti, i suoi castighi. Come l’ho odiato e come lo odio ancora, maledetto! Solo le insistenze di mamma mi hanno fatto continuare gli inutili studi. Ma ora basta. Me ne ftego anche di lei. Sono a Spital dove abito. Ho conosciuto gente interessante, ma a me inferiore, anche se appare il contrario. Ho ascoltato Wagner e letto Nietzsche. Grandi Uomini, ma io lo sarò di più! Molto di più! 30 DICEMBRE 1907 È morta mia madre. Sono dispiaciuto, ma mi sento anche del tutto libero. Di più mi è dispiaciuto Hitler in gonnella non essere stato ammesso all’Accademia di Belle Arti. Maledetti ebrei! Li distruggerò! Sono un grande. Sono un artista. Non lo hanno capito. Ma il mondo mi conoscerà. Sì, mi conoscerà e rimarra stupito di me! 20 DICEMBRE 1908 Che scrivere su questo mio diario che diario non è, ma una breve raccolta saltuaria dei miei pensieri. In definitiva non mi piace scrivere, ma parlare, parlare per delle ore. Ho influenza sulla gente. Lo sapevo. Sono superiore a loro, a tutti loro. Ma i maledetti ebrei mi hanno negato ancora una volta l’ammissione altAccademia. Sono nella più nera miseria. Ma non voglio i soliti lavori che potrei ottenere. Io sarò grande, anche se a volte trovarmi di fronte al muro di incomprensione mi fa pensare anche di chiudere la mia vita. Forse non sarà con l’arte che diventerò grande. Ho scoperto che vi è un mezzo migliore, più immediato: la politica!> 2 DICEMBRE 1912 Sono sempre più convinto, anzi definitivamente convinto, che la mia strada è la politica. Ho influenza sugli altri uomini. Quando parlo tacciono e mi ascoltano con la più grande attenzione. Come potrebbe essere il contrario? Sono un essere superiore. La farò vedere io a chi non mi ha capito e mi ha danneggiato. Come odio e disprezzo gli uomini! Sono stupidi. Non hanno compreso che con l’umanitarismo non si domina il mondo animale e quello degli uomini inferiori per razza. Solo con la lotta brutale senza sentimentalismi si può acquisire e conservare il dominio. Molti parlano di egualitarismo sociale. Stupidi! Gli Herrenmenschen sono superiori a tutti. I semiti vanno eliminati!! Io convinco quelli che mi ascoltano. Efacile. Basta ripetere per cento, mille volte le stesse cose. Loro ne rimangono convinti! Vi è al mondo una sola grande nazione. Hitler in gonnella La Germania. Ma debbo renderla veramente grande per confini e per influenza su un mondo depravato e inferiore. Vi riuscirò!! 30 OTTOBRE 1913 — Mi sono trasferito qui a Monaco in Germania. Ho lasciato l’Austria. Non voglio servire nell’esercito del cadente Impero A ustroUngarico. Vecchi con vecchie idee. Io voglio una Germania unita e forte! 30 OTTOBRE 1915 Sono stato ferito. Me ne vanto. La guerra è una grande esperienza, una grande soluzione! E bello combattere. Mi sono arruo lato e dopo aver fatto la staffetta sono stato nominato caporale. Ma sarò generale. Anzi molto più di generale. I generali saranno tutti ai miei ordini. Che gioia muovere nell’esercito della Germania contro il nemico. Combatterlo. Distruggerlo. Ucciderlo! Ho al mio fianco uomini che la pensano come me. Hanno alcune delle mie idee. Non certo tutte. Non sono grandi come me. Ma con loro sto bene. Per la prima volta provo affetto e amicizia. Non mi sento solo anche se la mia strada non è la loro, ma di molto superiore! Farò per loro tanto. Lo meritano. Debbono costituire la classe che dominerà il mondo. SETTEMBRE 1918 Sono stato nuovamente ferito. Ho ricevuto la Croce di Ferro di prima classe. La meritavo. Odio e combatto fieramente il nemico e io uccido! Ma i veri nemici non sono quelli che sono aldilà della linea. Ma anche e principalmente i socialisti con il loro atteggiamento negativo verso la guerra e i principi nei quali credo. Quelli veri. Quelli validi. Quelli che faranno grande la Germania!! GIUGNO 1920 — Riprendo queste note. Non l’ho fatto prima perché la SCONFITTA mi aveva completamente straziato. I Hitler in gonnella tedeschi sconfitti da popoli come gli americani, francesi, inglesi e italiani.’ Cose assurde. Come possono individui superiori essere sopraffatti da inferiori? Ma lo avevo capito già prima della FINE. I socialdemocratici! Gli ebrei che sono anche fra noi. Bisogna eliminarli tutti! Hanno flnanche firmato l’indegna PACE! Ma è meglio così. Volevo giungere al potere in una nazione trionfante sui nemici. L ‘avrei sicuramente resa ancora più grande. Ora sarà più facile. Molto più facile! Ma dovrò vendicare la sconfitta. L’atroce sconfitta!! Ho formato con tutti i gruppi nazionalsocialisti il «Deutsche Nationalsozialistische Arbeiter Partei» e ci collaborano il maggiore Roehm che ha organizzato gruppi di combattenti audaci e pronti a tutto, inquadrandoli nelle S.A. Da qui inizierà la mia definitiva ascesa. Presto il mondo saprà chi è Adolf Hitler. Tremeranno tutti per la mia forza e la mia grandezza. 25 SETTEMBRE 1922 Stiamo intensaìcando con le Sturm Abteilungen le spedizioni punitive contro i socialdemocratici. Sporchi traditori della patria. Della grande Germania! Si comportano da vili quali sono. Vogliono parlare. discutere. argomentare. Stupidi. Incapaci. Distruuori del nostro grande popolo così superiore a tutti gli altri. Ma il nostro accanimento è contro i comunisti. I nostri veri nemici. Quasi come i ,naledetti ebrei. Vorrebbero ridurre la Germania come hanno ridotto la Russia. Pazi. De/in quenti. Saranno tutti sterminati.r Ormai Roehm segue le tnie direttive e attorno a me ho gente decisa: RudolfHess, Hermann Géiring e A lfred Rosenberg e tanti altri. Con il loro appoggio farò in modo che il governo traditore e rinunciatario abbia i giorni contati. Il popolo mi segue. Crede in me. Lo sento ogni giorno di più. Ogni comizio è un successo. Sempre più folla e più Hitler in gonnella entusiasmo. Il traguardo è vicino! Fra poco dominerò la Germania e poi il mondo!! 10 NOVEMBRE 1923 — La rivolta non ha avuto successo. Incomincio a dubitare dei tedeschi e della loro convinzione di essere il più forte popolo del mondo. Ma come. Non hanno appoggiato la mia azione che avrebbe ribaltato la grandissima inflazione che ci tormenta e la precaria e misera collocazione internazionate della Repubblica di Weimar. I bavaresi sembravano essere tutti con me. Ma così non è stato. Che stupidi pazzi masochisti!! Avrei dato loro gloria, forza, importanza e rivalsa. Non lo hanno capito. Ma lo capiranno! Sì. Così deve essere. Solamente non dovrò più agire con la forza come ho fatto finora. Non organizzerò più rivoluzioni violente, ma assumerò un atteggiamento legalitario. Sono di tanto più intelligente di loro! Li giocherò con l’apparente legalità e mi impadronirò dello Stato dall’interno. Sarà più lungo ma ci riuscirò. Ho promesso a me stesso che avrei avuto successo. Un grande successo nella vita e avrei lasciato un grande segno nel mondo. Lo volevo fare come artista. Non è stato possibile. Lo farò con la politica. Sono sulla buona strada. Ma quanto è lunga. Quanto tempo ci vorrà. Che sofferenza. Pazienza è un termine che non conoscevo. Ne ho avuta già tanta e tanta ancora ne avrò. Ma poi... 12 NOVEMBRE 1923 Mi hanno arrestato i maledetti. I nemici della Germania anche se sono tedeschi. Ma non ci rimarrò a lungo in questa prigione. Ne uscirò presto e trionferò. Ma se non potrò parlare, parlare come mi piace alla folla scriverò anche se non mi piace farlo. Il mio libro rimarrà come uno dei più importanti del mondo! Hitler in gonnella 2 FEBBRAIO 1924 — Sono ancora prigioniero. Sto scrivendo il mio libro. Ho deciso. Lo chiamerò «Mein Kampf». Tutti dovranno leggerlo. Io sono grande. Sono un dominatore. Presto vincerò. Ma è brutta la prigione. Me la pagheranno. Quanti andranno in prigione poi per mio ordine! Interi campi creerò. Le normali prigioni non basteranno più!
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| | | Bruno Admin
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| Titolo: Re: HITLER IN GONNELLA romanzo, premio Italia di Fantascienza Dom Dic 28, 2008 6:58 pm | |
| 2 FEBBRAIO 1924 — Sono ancora prigioniero. Sto scrivendo il mio libro. Ho deciso. Lo chiamerò «Mein Kampf». Tutti dovranno leggerlo. Io sono grande. Sono un dominatore. Presto vincerò. Ma è brutta la prigione. Me la pagheranno. Quanti andranno in prigione poi per mio ordine! Interi campi creerò. Le normali prigioni non basteranno più! DICEMBRE 1924 Il 26 novembre iniziò il processo contro di me. La Germania processa quello che vuole renderla grande. Ma non è stato un processo contro di me. Il banco degli imputati dove ingiustamente sedevo è diventato una tribuna. Una magnifica tribuna dalla quale le mie idee politiche hanno avuto il grande risalto che meritavano. Gliele ho cantate ai traditori del 1918. Ai responsabili della disfatta e ai colpevoli di tutti i mali della Grande Patria Tedesca. Il presidente e tutti erano piccoli. Piccolissimi difronte a me. Alla mia intelligenza. Alla mia voglia di dominio. Ora sono libero. Proseguirò e con cluderò presto la battaglia per il potere! MARZO 1925 Ho ricostituito il partito nazista. Per gli ingenui sarà un partito legalitario e costituzionale. Ma so io cosa è. È il mio strumento per l’ascesa al potere. Ho tutti in pugno. Solo Gregor Strasser mi si oppone. Vuole essere lui il capo. Pazzo illuso. Non potrà opporsi a lungo a me! DICEMBRE 1928 Certo non immaginavo ci volesse tanto per conquistare il potere. Per assurgere a posizioni di prima grandezza nella mia grande Germania. Ancora una volta i tedeschi mi hanno deluso. Solo 810.000 voti alle elezioni! Ho fatto tanto per tenere a freno le squadre d’assalto che volevano agire con la forza e la rivoluzione! Ho deciso che il Hitler in gonnella potere lo conquisterò «dall’interno» e non dall’esterno. La forza la userò poi. E sarà terribile! Ma come è dura l’attesa!! OTTOBRE 1930 Finalmente la mia strategia sta per ottenere il successo assoluto. Per ora bisogna accontentarsi dei 6 milioni e mezzo di voti! I tedeschi incominciano a capire dove sarà la loro grandezza! Siamo il secondo partito del Reich. Ho sfruttato ogni possibilità. La crisi economica mondiale dell’anno scorso. Il tracollo del Marco. L’enorme disoccupazione. L’appoggio dell’Alta Finanza e della Grande Industria. E anche la corruzione e il terrore con sporadiche ma decise azioni delle S.A. È destino che sul mio cammino ci sia sempre uno Strasser! Dopo Gregor il fratello Otto. E un socialisteggiante. Non voleva l’accordo sia pur mas che rato con i grandi industriali. Sosteneva che sono nemici del popolo. Non voleva nemmeno l’accordo con i possessori del potere azionario e bancario. Ma cosa importa. L’ho eliminato. Quando sarà necessario eliminerò anche loro. Ora servono ai miei scopi e li userò fin quando mi saranno utili! Roehm sta perfezionando sempre di più le S.A. e due validi collaboratori mi saranno sempre più utili. Himmler con le sue 5.5. ‘~ e Goebbels con la sua abilità di organizzatore di una propaganda davvero efficace. Ma non basta. Ho bisogno dell’appoggio dell’esercito. Debbo circuire efar aderire alla mia idea. Al mio ideale. Alla mia battaglia il generale Von Schleicher che già mi ha mostrato rispetto e fiducia. Lui ha una grande influenza sul prestdente Hindenburg di cui èconsigliere. Sento di essere vicino alla meta. Alla prima meta. La definitiva è ben più alta!! FEBBRAIO 1933 Finalmente! Ho raggiunto il primo vero valido traguardo. Il 30 gennaio Hindenburg mi ha conferito l’incarico di Cancelliere del Reich! Quante lotte. Quante Hitler in gonnella battaglie e quanta abilità. Ma che dico abilità. Genio, vero genio!! Quando nelle votazioni dell’anno scorso ottenemmo il 37% dei voti ma non la maggioranza assoluta mi attendevo già l’incarico. Ma non fu così. Ero però riuscito a dimostrare che la~ strategia messa a punto tanti anni fa. Cioè la presa di potere attraverso vie legali e non con la forza era quella giusta. Dovevo invece pazientare ancora e approfittare degli errori degli avversari. Gli stupidi. Gli inetti. Il sistema democratico. Che cosa assurda! La Francia e l’inghilterra saranno demolite da questo sistema. Non è più per i nostri turbinosi anni e forse non lo è mai stato! Gli elettori mi diedero il 37% e non la maggioranza assoluta. Ma poi gli errori del cancelliere Brùning e del presidente Hindenburg e quelli del successivo cancelliere Von Papen e i suoi contrasti con il generale Von Schleicher. Che il 2 dicembre 1932 divenne a sua volta cancelliere. Li hanno convinti finalmente che il solo uomo FORTE capace di formare e di spronare un governo non immobilizzato dai contrasti fra partiti e parlamentari non potevo che essere io! La pressione del popolo dei Reich convinto di ciò mi hanno dato finalmente ragione. Il vecchio Presidente non ha potuto fare altro che affidare a me le responsabilità di governo. Ma io avevo già reso ineluttabile l’evento quando mi assicurai l’appoggio del generale Blomberg e quindi di buona parte delle sfere militari. E ora Germania a me. Sei mia! E poi l’Europa!! 7 AGOSTO 1934 La Germania è finalmente tutta mia! Il vecchio Hindenburg è morto! Ho assunto nella mia persona (la più grande che la Germania abbia mai avuto) le cariche di Presidente e di Cancelliere! E il completamento della presa di potere del GENIO! Lo avevo affermato più volte prima e per tanti anni che appena avessi avuto in mano il potere mi sarei impadronito degli organi principali del Reich. Ora l’ho tutto Hitler in gonnella assoggettato a me! I miei voleri sono legge! Guai a chi si oppone! Quei pochi che lo hanno fatto sono già stati sistemati! Quello stupido Roehm e le sue S.A. le ho PURGATE come meritavano il giugno scorso. Non ho pietà con gli stupidi. Ne avrò sempre di meno. Come non comprendono che io sono il Genio è il massimo bene per la grande Germania! Sono pochi. Il popolo ha capito e mi seguirà dovunque come un sol uomo. Non è facile per un popolo avere la fortuna di essere guidato da un genio. Chi si oppone, muoia!! Hitler in gonnella CAPITOLO SETTIMO “Questo è il mio vero padre! mio Dio~”, pensava Liii mentre, riversa sui letto della sua stanza, leggeva avidamente quelle pagine scritte tanti anni prima da quell’uomo dai cui lombi traeva la vita. “Perché non potevo essere figlia di un semplice uomo normale e non di un genio? Si, perché è stato un genio, anche se quasi tutti i libri che ho letto lo definiscono il genio del male o il peggior delinquente del secolo. E io sono sua figlia, la sua unica figlia! Ma perché? Perché è capitato proprio a me?”. La testa in fiamme, gli occhi colmi di lacrime, il corpo attraversato da lunghi brividi, sensazioni di caldo e freddo si alternavano continuamente. Sentì bussare alla porta, dapprima timidamente, poi più insistentemente. Appena avvertiva la voce di mamma Ellen e di papà Hugo che la pregavano di aprire, di ascoltarli. Ma che le importava di loro, aveva ben altro a cui pensare. Doveva leggere tutto, rendersi ben conto, riacquistare il senso della realtà. Ora si sentiva come proiettata in un altro universo, di ben altra portata rispetto a quello più o meno squallido nel quale aveva vissuto con indifferenza ed assenza i primi diciotto anni della sua vita. “Ora forse comprendo perché mi sentivo tanto diversa dalle compagne di scuola, di giochi, dai loro genitori, dai loro fratelli. Due universi diversi, sangue diverso, forse un destino molto differente da quello più o meno normale di tutti loro. Che influsso hanno i geni contenuti nel seme Hitler in gonnella germinale? E c’è premonizione? Penso proprio di si! E dire che una differenza fra me e loro la attribuivo al mio essere un’adottiva. Mi sentivo inferiore a loro, figli veri di genitori veri. Proprio per questo li trattavo con indifferenza e con un senso di superiorità. Per compensazione. Ma no, non era solo questo, non era un atteggiamento, io ho sempre avvertito di appartenere a un mondo diverso. A loro superiore. Mi erano e mi sono indifferenti, esseri inferiori!... Ma che dico? E possibile che io prenda gli stessi atteggiamenti e definizioni che ho appena letto nel Diario? Dio mio!” Il bussare, le voci si facevano più insistenti, esasperate dal silenzio spesso e impenetrabile aldilà della porta. «Lasciatemi in pace, sola!”, gridò finalmente Lilì. Poi pentita con maggiore dolcezza: “... Più tardi o domani parleremo, vi prego». «Andiamo, facciamo come vuole», sentì Hugo che si rivolgeva alla moglie e poi: “Liii, quando vuoi chiamaci”. Il tono era diverso, tutto era diverso! Secoli erano trascorsi! "Il genio dei male, come sono cattivi gli uomini, specie con chi è di tanto superiore a loro e li domina, diventa grande e poi infine perde”. Si rigirò e si asciugò nervosamente gli occhi. “Dove stanno il bene e il male? Chi può dirlo con tanta facilità... Certo, i libri che ho letto hanno descritto le sue atrocità, forse davvero è stato malvagio... Ma no, ma che dico. Hai letto della sua infanzia con un padre severo e oppressivo, le ingiustizie degli uomini nei suoi confronti? Infine cosa voleva? Essere qualcuno come tutti, un artista affermato e Loro gli hanno negato l’ammissione all’Accademia! E la sua patria... la mia! Già, io pure sono tedesca, tedesca. Come era stata ridotta dopo la guerra? Lui voleva solo farla grande e potente. Chi non desiderava la Hitler in gonnella propria patria potente e grande... Un momento, ma lui era austriaco?... Dio, che confusione! Ma Austria e Germania hanno simile ceppo, mi sembra. Allora aveva ragione! Sì, ragione, ma i delitti, le eliminazioni? Ma, diavolo, sono comuni a tutti quelli che hanno dovuto conquistare e mantenere il potere. Nei secoli passati, la storia lo insegna, quanti delitti! E anche nei nostro secolo; perché solo lui è il genio del male?... Maledetti gli altri!... Ma cosa dico, cosa penso, il delitto è sempre delitto! Oh, la mia testa, la mia povera testa” e Liii ricominciò a piangere, il volto affondato nel cuscino per ammortizzare i singhiozzi violenti. I pugni percuotevano la spalliera del letto, le unghie graffiavano la coperta ricamata. Avrebbe voluto annullare tutto, tutto, tutto! Poi la calma, una terribile, determinata calma. “Leggi, Liii, leggi, poi giudicherai”. Riprese il volumetto nero e io riapri decisamente. 10 AGOSTO 1934 — Finalmente ho risolto i problemi interni e ho affermato la mia assoluta ineluttabile supremazia. Ora posso dedicarmi con maggiore impegno alla politica estera che indirizzerò alla riunificazione di tutti i tedeschi nel grande Reich. Successivamente all’espansione territoriale della nostra grande nazione che con me supererà ogni limite precedente! Nel panorama attuale delle nazioni centroeuropee solo una può davvero impensierirmi. L’Italia. Ma non certo per le virtù del suo popolo. Dai iempi degli antichi romani è solo abituato a subire le prepotenze straniere È vero che risulta tra i vincitori della Grande Guerra. Ma questa è stata più persa dai tedeschiaustriaci che vinta dagli avversari. L’italia dal 30 ottobre 1922 ha un grande Uomo alla sua guida. Un uomo che stimo e ammiro e al cui esempio mi ispiro. Io sono un genio ma lui lo è ancor Hitler in gonnella più di me. Mussolini. Che grande mente. Che volontà di ferro. Che uomo d’acciaio! Da anni desidero conoscerlo, incontrarmi con lui, farmi consigliare. Ma non ha mai voluto ricevermi. Con chiunque altro me ne sarei offeso e vendicato. E troppo grande! Oh, se avesse ai suoi ordini un materiale umano diverso. Non gli italiani. Sarebbe presto il padrone del mondo. Solo io posso paragonarmi a LUI e forse un giorno superarlo! Solo per rispetto a questo Genio i miei programmi pangermanisti escludono e sempre escluderanno l’Alto Adige. Ma nonostante Lui voglio l’A nschluss4. Nel 1931 dopo tante mie richieste finalmente mi inviò una sua fotografia con dedica. E nel mio studio nella Casa Bruna di Monaco ho un busto del Duce. Io sono ora il Fuhrer a somiglianza di come Lui è il Duce. E se ho forzato i tempi per impadronirmi in assoluto della Germania non è solo per quello che mi sono sempre proposto da anni. Ma anche per poterlo finalmente incontrare. Per potermi alfine fare da Lui ricevere. La sera del 7 febbraio 1933 durante il ricevimento di Hindenburg ho dato il braccio alla signora Cerruti. Moglie dell’ambasciatore italiano. Proprio per dimostrare la stima e il rispetto che ho di LUI. Non dimenticherò mai quel giovedì 14 giugno 1934 quando mi recai da Lui a Venezia. Mi ricevette all’aereoporto di S. Niccolò di Lido e Lui era li. imponente e fiero nella sua divisa di Caporale d’Onore della Milizia. Che emozione quando mi batté con considerazione la sua forte mano sulla mia spalla! Il giorno dopo poi che gioia passeggiare con Lui sull’erba fresca del Lido. E poi la colazione insieme al Golf Club. Il caffè aveva un sapore strano. Vi era sale invece dello zucchero. Ma che importa. Nulla poteva turbare la mia gioia. Nemmeno il suo modo di dirmi che dovevo rinunciare all’Austria. E vero che per un po’ dim enticai davanti a chi mi trovavo e mi irritai. Ma poi fui subito d’accordo con Lui. Voglio assolutamente l’amicizia con l’unico altro Grande Hitler in gonnella Uomo dei secolo. Con l’unico altro Genio della politica. Come ho detto al console italiano Renzetti sono fortunato che Lui sia nato in Italia e non in una nazione tradizionalmente nemica della grande Germania come la Francia. Uomini come il Duce nascono una volta ogni mille anni! Io voglio e gli sarò sempre amico. Nemmeno quando fu ucciso Dollfuss, il cancelliere austriaco di cui ero geloso per la grande amicizia con Mussolini e il Duce ordinò a 4 divisioni di schierarsi sul confine austriaco, la mia fede e amicizia per lui diminuirono. Tutt’altro. La mia ammirazione aumentò. Che grande! Che maestro! Ma anche io sono grande e insieme dovremo andare avanti sulla strada dei trionfi!! 17 MARZO 1935 — Ho fatto ripristinare il servizio militare obbligatorio nel Reich. Ci prepariamo alla grande espansione. Già un passo è stato fatto. Il 13 gennaio il plebiscito nella Saar ha dato uno schiacciante risultato a nostro favore. Ben il 90% dei voti! Il I marzo la Saar è ritornata sotto la nostra sovranità! Il mio primo vero successo internazionale! Tutti incominciano a capire la mia grandezza! 8 MARZO 1936 Le nostre magnifiche truppe hanno occupato la Renania. La nostra avanzata sarà sempre più incontenibile. Me ne rido dei francesi e degli inglesi!! 10 MAGGIO 1936 Mussolini ha proclamato l’Impero! L’Italia inizia il cammino per ritornare ai fasti dei tempi dei Romani. Un grande Uomo. Un Genio. Ha trasformato un popolo molle. Dal 3 ottobre 1935 al 5 maggio 1936 un esercito efficiente (non pensavo tanto) sotto l’energica spinta mussoliniana ha conquistato un immenso ed impen’io territorio! Le sanzioni decretate dalla Società delle Nazioni e la flotta inglese non Hitler in gonnella hanno potuto impedire al grande Genio di realizzare con forza e fermezza i suoi scopi. Presto lo seguirò!! 27 LUGLIO 1936 — Sono di buon umore. Ho assistito in questi giorni alla migliore rappresentazione della “Valchiria”. Ieri a Bayreuth ho ricevuto gli emissari del generale Franco. Mi hanno chiesto che mandi loro aiuti per la guerra civile in atto in Spagna. E una zona quella che per ora non mi interessa. Ma so che interessa al mio grande amico Mussolini. Mi informano che Lui ha deciso di inviare aiuti e truppe. Che grande Uomo! Così allena il suo popolo imbelle alla guerra. Solo da poco ha conquistato l’Etiopia e già si impegna in un’altra impresa che sarà forse più djfflcile! Che grande testa e che volontà! Che chiara visione delle cose e degli avvenimenti! Ha affermato: «Gli italiani vanno tenuti su a calci negli stinchi». Concordo. I francesi si stanno agitando per concedere aiuti alla Spagna repubblicana. Presto anche la Russia lo farà. Questa è l’occasione che cercavo per legare a me l’unico altro Genio. Il Duce degli italiani! Io e Lui da una parte. La Francia e la Russia dall’altra! Impegnare la Francia in Spagna rientra nei miei piani. Mi libera ad oriente. A ccorderò gli aiuti. Aerei, piloti, armi e piccoli reparti speciali. Ma non truppe vere e proprie. Non voglio far riarmare le democrazie. I miei veri programmi potrebbero esserne ritardati. Prima o poi allo scoperto Mussolini ed io procederemo insieme! Ho dato ordine perché subito 30 aerei da trasporto Junkers 32 e 6 caccia Heinkel siano inviati in Marocco e a Cadice. SETTEMBRE 1936 L’altro ieri a Londra si è tenuta la prima riunione del Comitato di Non Intervento in Spagna. Germania e italia sono affiancate contro l’Unione Sovietica. Questa ha un capo che seppure non ha la genialità mia e di Mussolini Hitler in gonnella merita considerazione. Agisce con abilità in campo internazionale cercando di accattivarsi la Francia e l’Inghilterra. Può essere un avversario d~fJìcile perché procede spietatamente contro i nemici. Quasi quanto me! I suoi antichi compagni Kamenev e Zinoviev sono stati eliminati senza esitazione. Ha stoffa anche se non ha una grande mente. Forse Mussolini, grande Genio, in questo èinferiore a Stalin. Il Duce non ha la determinazione mia e di Stalin contro i vecchi compagni di lotta che possono dare fastidio. Non vanno messi da parte. Ma uccisi! Senza pietà. La pietà non è dei grqndi uomini. Quelli che forgiano il destino del mondo!! NOVEMBRE 1936 I miei programmi per il pieno successo dell’espansione in Europa si vanno sempre una dimostrazione di efficienza. Ma in tono pacifico, non guerresco. Non mi conviene ancora! Quanti attestati dì stima e rispetto ho ricevuto! Il premier inglese David Lloyd George, che più realizzando. Come li gioco tutti questi incapaci! Alle Olimpiadi di Berlino il Reich ha dato incapace! Ha riconosciuto in me l’uomo che dopo la sconfitta tedesca ha unito mirabilmente il popolo e gli ha permesso di riprendersi.Ho prospettato compensi territoriali all’ungherese Hortv a danno della Cecoslovacchia. Ho concesso qualche considerazione al reggente iugoslavo Paolo. Se ne è inorgoglito. Misere persone. Ma chi mi interessa è Mussolini. Deve essere con me assolutamente! Per ottenere questo fondamentale obiettivo della mia politica e dei miei sentimenti ho incaricato Filippo d’Assia, imparentato con casa Savoia, di invita re Filippo Anfuso da me a Norimberga. Questi è il braccio destro di Ciano. Gli ho detto che il Duce è il primo europeo che avesse disfatto i marxisti e che l’italia e la Germania debbono camminare affiancate. Le Hitler in gonnella due nazioni sono naturali alleate per i loro Capi, per le dÌverse sfere di influenza (il Mediterraneo agli italiani e la Mittleuropa ai tedeschi) e per il comune destino di grandezza. In questi giorni ho portato ancor più avanti i miei disegni ricevendo Ciano. Non mi piace. E un eterno ragazzo. Un ballerino da Caffè Viennese. Non ho stima di lui. Mi sembra pettegolo e poco riservato anche se filotedesco. Ma non ammetto assolutamente che questo individuo fatuo si permetta di fare i/furbo con me. Ha osato farmi un «dono». Documenti inglesi raccolti in una carte/la dal titolo: «Il pericolo tedesco” (forse di Eden). Qui i capi del grande nazismo vengono definiti pericolosi avventurieri e la Germania viene considerata come un pericolo permanente per la pace. La mia politica di perbenismo verso l’inghilterra è risultata ridicolizzata. Non ammetto assolutamente che ciò avvenga da parte di un essere come Ciano. Me ne ricorderò! Ma ancor più Germania e Italia debbono essere unite. Voglio il Duce in visita in Germania. Spero che accetti. L’ho invitato. Non può non essere con me. Siamo i due unici Geni del secolo! Ho riconosciuto l’Impero italiano. Siamo insieme in Spagna contro gli altri. Saremo presto insieme per imprese molto più grandi!! 9 SETTEMBRE 1937 Il mio sogno si è avverato! Mussolini ha aderito all’idea de/l’ASSE BERLINO ROMA. Ad ammettere tacitamente un ‘Austria nazisteggiata anche se non ancora annessa al Reich. Ma principalmente è venuto in visita in Germania. Il 25 settembre è giunto a Monaco. Il Capo delle Camice Nere ha reso visita al Capo delle Camicie Brune! Ho voluto che tutto fosse meticolosamente organizzato e perfetto. Grandi decorazioni floreali e una stampa di Predappio collocata nell’appartamento del Duce. Purtroppo all’inizio della sua visita questo Genio che ho tanto Hitler in gonnella desiderato di avere accanto a me in Germania mi era sembrato un po’ freddo e distaccato. Finanche al mio discorso faceva svogliate osservazioni. Al pranzo ufficiale era chiaramente annoiato. Ma alla parata militare nel Macklenburg il 26 di fronte alla sfilata delle Forze d’Assalto, delle SS, dei miei soldati biondi e forti come buoi che ritmavano il passo dell’oca con precisione superiore agli esseri umani, l’ho visto riscaldarsi. Eccitarsi. Sorridermi finalmente e mostrarmi ammirazione ed amicizia. Lo ammiro tanto! Non sembra un italiano ma un prussiano. Specialmente in quelle stupende unjformi che cambia continuamente. Forse troppe! Ma un grande Uomo può permettersi anche la vanità! Non ho voluto che la Wehrmacht esibisse grandi mezzi come carri armati pesanti o grandi cannoni. Ma principalmente addestramento e mobilità. Mussolini ne è rimasto impressionato. Ne sono orgoglioso. Ciano e Badoglio forse non hanno avuto la stessa impressione. Me ne frego.’ Gente che non stimo! Anche il capo delle mie Forze Armate Von Blomberg non era rimasto entusiasta dell’esercito italiano alle manovre estive. Pareri. Solo quello mio e del Duce contano. Il 27 a Berlino che accoglienza gli ho riservato! I due treni si sono affiancati e poi il mio ha preceduto l’altro. Così sotto la pensilina il Fiihrer ha stretto la mano al Duce. Per le strade più di un milione di persone ha osannato trionfalmente il mio Camerata. Genio come me! Ancora un milione ha ascoltato al Campo di Maggio il discorso di Mussolini! Il grande Uomo era entusiasta e ha detto che oggi è qui, è voluto venire qui e domani non andrà altrove. Se si è amici si marcia insieme fino in fondo. Ha aggiunto che i nostri due popoli con i loro 115 milioni di anime debbonno essere uniti in una sola incrollabile decisione! Ci sono riuscito. Mussolini e l’Italia, che è Lui, sono con me! Ora nessuno può più ostacolare le mie Hitler in gonnella mire e i programnmi che ho esposto nel mio libro più di dieci anni fa!! L’ora dei trionfi internazionali si avvicina sempre di più!!! FEBBRAIO 1938 Il 4 novembre ho convocato il ministro degli esteri Von Neurath, il ministro della guerra e comandante supremo delle forze armate, Von Blomberg, il comandante dell’esercito Fritsch (non ho simpatia per nessuno dei tre), il comandante dell’aviazione Goring e della marina Raeder. Ho parlato per più di 4 ore e il colonnello Hossbach ha annotato tutto. Ho detto loro di porre la massima attenzione a quello che avrei precisato perché se dovessi morire prima deve essere considerato il mio testamento. Ho affermato che i problemi della Germania possono essere risolti solo con la fo1~za. Anche se comporta dei rischi. I miei progetti troveranno attuazione fra il 1943 e il 1945 o prima se le circostanze lo permetteranno. Primi obiettivi Austria e Cecoslovacchia. Poi tutto il resto! Per la Spagna non desidero una vittoria al 100% di Franco ma una persistente forte tensione nel Mediterraneo ed enventualmente una guerra fra l’Italia da una parte e la Francia e la Gran Bretagna dall’altra. Così il Reich avrebbe mano libera in Europa orientale. Qualche tempo dopo la riunione ho provveduto a liberarmi dei tre partecipanti che potevano darmi fastidio. Von Neurath, Von Blomberg e Fritsch e ho assunto di fatto il comando della Wehrmacht. Ritengo inutile raccontare diffusamente i penosi casi che hanno fatto il mio gioco. Anche se avrei provveduto comunque. Annoterò solo che Von Blomberg unico feldmaresciallo tedesco sposò Erna Gruhn che da informazioni riservate risultò essere stata una prostituta. Von Fritsch un pederasta. Anche se lui sosteneva e sostiene il contrario. Ho messo fuori quadro 16 generali e cambiato di Hitler in gonnella sede altri 44. Von Brauchitsch è stato nominato capo dell’esercito. Gdring maresciallo. E a me ho riservato il comando supremo delle forze armate. Ho dato ordine | |
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| Titolo: Re: HITLER IN GONNELLA romanzo, premio Italia di Fantascienza Dom Dic 28, 2008 7:00 pm | |
| sede altri 44. Von Brauchitsch è stato nominato capo dell’esercito. Gdring maresciallo. E a me ho riservato il comando supremo delle forze armate. Ho dato ordine a Himmler di rafforzare le SS. Infine ho sostituito il barone Von Neurath con Joachim Von Ribbentrop che dal ‘32 mi ha dimostrato la più assoluta dedizione e che ho completamente soggiogato con la mia personalità magnetica di genio! Ora tutto è pronto per l’Austria. Presto la mia terra di nascita sarà totalmente germanica!! 15 MARZO 1938 Ecco che tutto il mio programma si attua inflessibilmente. Dal 13 con la mia personalità magnetica di Genio! Ora tutto è pronto per l’Austria. Presto la mia terra marzo l’Austria è una provincia del Reich tedesco. La storia racconterà esattamente lo svolgimento dei fatti che hanno mostrato tutta la mia genialità. Annoterò soltanto la grande prova di amicizia di Mussolini che ha accettato di buon grado il fatto. Ormai siamo soci. Ma una sua potente reazione, simile all’Uomo che è, avrebbe potuto esserci e mettermi in crisi. Non avrei saputo cosa fare! Ho inviato un messaggio al Duce fornendo gli ampie spiegazioni e garanzie. Gli ho anche ricordato come mostrai la solidità della mia simpatia in un’ora critica per l’Italia ai tempi delle sanzioni per la guerra d’Etiopia. Poi ho inviato Assia da Ciano e da Musso lini. Di fronte alla sua reazione amichevole mi sono commosso come non mai e gli ho fatto dire che non l’avrei mai dimenticato. Mai. Mai. Qualsiasi cosa accada. Semmai avrà bisogno del mio aiuto o sarà in pericolo potrà essere sicuro che sarò al suo fianco anche contro il mondo intero! Quando sono ritornato a Linz da padrone ho provato un senso di vertiginosa potenza. Io, ragazzo derelitto, ho realizzato un grande sogno. Tanti altri ne realizzerò! Come fecero bene a non ammettermi all’Accademia di Belle Arti. Ora forse sarei Hitler in gonnella un grande artista. Ma mi accingo a ben altro. A dominare l’Europa e poi il monda! Non ho dimenticato Mussolini in un momento di gioia così intenso e che anche lui mi ha permesso. Gli ho inviato un telegramma. Su. Sempre più su!! 10 MAGGIO 1938 — Ho vissuto in questi giorni altri grandi momenti della mia grande vita. La visita uJficiale in Italia e al Duce! Il 3 maggio sera arrivammo a Roma alla stazione ostiense. A quella piazza è stato dato il mio nome. Il colpo d’occhio dei tanti soldati schierati (non sono poi tanto piccoli questi italiani) fino al Quirinale era magn~fico. Ma quel piccolo re brutto e antipatico era al mio fianco sull’antiquata carrozza reale al posto del mio Mussolini. Perché lo sopporta ancora! Piccolo uomo. Piccolo cervello. Una conversazione vuota e banale! Mi ha chiesto fra le altre stupidità quanti chiodi avessero gli scarponi dei miei soldati. Ma come è possibile chiedere queste cose quando si è accanto a un Genio! E mi ha trattato anche con degnazione. Sono convinto che al posto del grande Capo del grande Reich avrebbe preferito avere un qualsiasi reuccio di Danimarca o Grecia! Bello il Quirinale. Ma l’odore è di catacombe. E Mussolini era lontano. Ho chiesto una donna. Si è creato un trambusto. Si sono calmati quando ho fatto capire che volevo una cameriera per rjfarmi il letto. Vedere una donna rjfarmi il letto è per me in certe occasioni un buon sonnù’ero. Quei pappagalli imbalsamati ne sembravano straniti. Che gente! Un Mussolini deve liberarsi di quei pezzi da museo. A parte la Corte tutto è stato esaltante. .Le accoglienze del popoio sono state trionfali. Lo spettacolo militare allo Stadio imponente. Ho ammirato la possente flotta dal ponte di commando della corazzata Cavour. L’esercitazione aerea è stata perfetta. Più di tutto mi ha impressionato vedere immergersi e riemergere in soli due minuti ben 90 sommergibili. I miei consiglieri Hitler in gonnella militari mi dicono che l’Italia non ha grandi forze armate. Ma io credo il contrario. Da quando il Duce è a capo dì questa nazione tutto è cambiato. È grandiosam ente migliorata. Sta facendo grande l’Italia e degna di stare al fianco della possente Germania! Solo la monarchia è la stessa e va eliminata! Quello stupido del mio capo dei cerimoniale Von Biilow Sclrnante mi ha consigliato di indossare cilindro e ftac al teatro San Carlo di Napoli. Incapace. Far vedere me. Hitler, capo di una nazione guerriera come un qualsiasi presidente della Francia!Ma l’italia l’ho goduta quando finalmente a Firenze al mio fianco c’è stato Mussolini. Con lui è tutta un’altra cosa! Meravigliosa la Galleria degli Uffizi. Stupendi i càpo lavori artistici esposti. Anch’io avrei potuto creare capolavori come quelli! Alla partenza il Duce mi ha detto: «Ormai nessuna forza potrà separarci». Ho pianto. Ero commosso. Un’affermazione così l’ho sognata per tanti anni! Ma quel fantoccio coronato del re deve essere eliminato! E poi non ho ancora ottenuto il Patto di Alleanza con l’Italia. Forse a causa di Ciano? Si fa troppo desiderare questo paese che ha una sola fortuna dalla sua. Mussolini!! 2 OTTOBRE 1938 Per mio merito il mio caro Camerata Mussolini ha toccato l’apice della popolarità mondiale e del successo. Finora! In Cecoslovacchia vi sono germanici che sono sotto altro governo e non sono trattati con tutti i dovuti riguardi. Non lo posso più sopportare. Sono germanici e hanno un grande Capo. Ero e sono deciso a muovere guerra a Francia e Inghilterra insieme all’Italia. Ma il Duce ha proposto una conferenza per salvare la pace. Non potevo negagliela A Monaco sono giunti Mussolini, Chamberlain e Daladier. Come sempre il Duce è il più prestante e il più deciso. L’ho accolto in modo ben diverso dagli altri due. Prima nel mio treno speciale e poi andandogli incontro a Hitler in gonnella metà scalinata. Mentre gli altri due li ho attesi in cima. Che rabbia mi fanno i democratici. Presto li eliminerò. Quando parlo con loro mostro tutta la mia agitazione e il disprezzo. Batto il pugno sul palmo dell’altra mano e alzo la voce. Con Mussolini no! Che Uomo e come ha saputo parlare bene. Con quale abilità ha fatto passare per sua una proposta nostra! Pensare che l’inghilterra è rappresentata da un uomo la cui suprema aspirazione è di andare a pescare durante il weekend. Mussolini ed io non andiamo mai a pescare. Abbiamo ben altre aspirazioni per noi e per i nostri popoli! Per ora avrò solo parte della Cecoslovacchia. Ma fra non molto l’avrò tutta lo stesso!! Ho avuto una grande soddisfazione. Anche in Italia si intensjfica la lotta ai semiti. Mussolini. Grande Uomo e grande Capo. Sta dimostrando di eliminare l’unico dWetto. L’eccessiva bontà! Con i nemici della razza bisogna essere spietati. Eliminarli tutti!! 16 MARZO 1939 Un’altra tappa fondamentale del mio programma. Abbiamo occupato l’intera Cecos lovacchia che come l’A ustria praticamente non esiste più. Un altro conto è stato saldato! Le brutture dell’indegno trattato di pace una ad una cadono sotto la mia azione decisa e vigorosa! Questa volta non ho voluto fare complimenti con nessuno. Nemmeno con Mussolini. Gli ho mandato un messaggio. Si prenda pure le sue riva/se se crede. Ha l’Albania a portata di mano. Se la annetta pure! I nostri due paesi diventano sempre più grandi e forti. Specialmente il Reich che non potrà essere fermaro ormai più da nessuno! Gli Stati Uniti sono lontani. La Russia è un grande paese. Ma con i suoi capi potremo provvisoriamente intenderci. La Francia e l’Inghilterra non oseranno sfidare la Germania e l’Italia unite!! Hitler in gonnella CAPITOLO OTTAVO Lili aveva gli occhi gonfi per il gran piangere e il convulso leggere quelle pagine scritte da suo padre. Il più grande uomo del secolo. Dopo la grande con‐ fusione nella quale era mentalmente piombata a quella notizia inattesa e sconvolgente, una calma quasi irreale la pervadeva. Aveva temuto di divenire pazza, anzi di esserlo già. Il distacco dalla realtà è certamente uno dei sintomi più preoccupanti di Lili aveva gli occhi gonfi per il gran piangere e il convulso leggere quelle pagine scritte da suo padre. Il più grande uomo del secolo. Dopo la grande con‐ fusione nella quale era mentalmente piombata a quella notizia inattesa e sconvolgente, una calma quasi irreale la pervadeva. Aveva temuto di divenire pazza, anzi di esserlo già. Il distacco dalla realtà è certamente uno dei sintomi più preoccupanti di quella strada, quasi sempre senza ritorno. Ma poi, riesaminando tutto, si rendeva conto che un fatto così, anche se unico, poteva succedere. Certamente reali era Hugo, Ellen e il notaio. Veri ed esistenti i sigilli, la busta, la lettera e i fogli di diario con la fir‐ ma ad ogni pagina. Era stato un avvenimento eccezionale ed era capi‐ tato a lei di esserne protagonista. Ma era accaduto, bisognava prenderne atto. Forse per una delle sue compagne di scuola o di balli, o per uno dei suoi tanti compagni di letto, abi‐ tuati a considerare la vita come un insieme di frivo‐ lezze e piaceri, sarebbe stato un colpo da impazzire per la diversità delle loro Hitler in gonnella concezioni di vita e di quelle dei loro parenti e genitori. Anche se per indi‐ vidui vuoti mentalmente non è facile impazzire. Per lei no, non era così! Il suo comportamento di fronte alla vita, alla scuola, ai genitori, ai divertimenti, al sesso era stato ‐ perlomeno interiormente ‐ ben di‐ verso. Aveva, lo sentiva, rispetto a loro qualcosa di differente. Prima riteneva di meno, ora di più. Non era come gli altri, ora conosceva il perché. Era grata ad Hugo per quel suo prepararla lenta‐ mente nel suo ultimo anno con le serie letture che le aveva consigliato. Non era lei una di quelle ragazze che avevano let‐ to solo romanzi rosa o pornografici. Non era stata troppo imbevuta di teorie psicoanalitiche, ma posse‐ deva ormai una buona e selezionata conoscenza del‐ la storia dell'ultimo secolo con le sue tante contrad‐ dizioni e sconvolgimenti. In definitiva già familiariz‐ zava con i protagonisti del XX secolo, le motivazioni e gli avvenimenti. Quei nomi che leggeva sul Diario del padre non costituivano una novità. Certo, alcune puntualizza‐ zioni e pensieri, aldilà dell'esaltazione che ogni for‐ giatore di destini del mondo deve avere, la sorpren‐ devano. Uno in particolare, la grande stima di Hitler verso Mussolini. Questa figura così controversa, anche nei libri di storia, era pur sempre quella di un italiano e lei, svizzera zurighese, non amava gli italiani, era portata a considerarli sfaccendati, sporchi e disordinati indi‐ vidui che inquinano l'ordine della Confederazione Elvetica con la loro presenza quasi da cittadini da terzo mondo! Ma se Hitler amava e stimava tanto Mussolini, questo condottiero qualità doveva averne, ma forse era l'eccezione che conferma la regola. Ne avrebbe parlato con Hugo. Quante cose aveva ora da chieder‐ gli e poi doveva prendere una decisiome sul suo fu‐ turo. Il suo non poteva Hitler in gonnella essere un futuro simile a quello delle ragazze che le venivano intorno. D'altra parte non lo aveva mai pensato, anche se non si era mai posta il problema in quella sua specie di vita assente dalla quale era stata così bruscamente risve‐ gliata. Ormai era immensamente ricca (ricordava del la‐ scito presso la Banca di Costanza) ed erede di un grande nome. Cosa avrebbe fatto? Idee politiche vere e proprie fino ad allora non ne aveva mai avute. Provava tiepidamente, come quasi tutte le svizzere, un larvato sentimento xenofobo, ma nulla di più. Pensava che i maschi non dovessero dominare, ma essere dominati, questo con maggiore forza e convinzione. Se nel mondo dovessero prevalere sentimenti de‐ mocratici o totalitari, le era stato fino ad allora indif‐ ferente, anche se in definitiva propendeva legger‐ mente per i primi. Se fosse necessaria la violenza per combattere quel mondo ricco di prevaricazioni, rapimenti, ricatti, omicidi, dal quale forse solo la Svizzera era parzial‐ mente esente, non sapeva. Certo, a violenza bisogna‐ va rispondere con violenza. I governi dovevano esse‐ re forti, la polizia potente e armata. Questo sì. E poi, questo è un argomento determinante, avere da rag‐ giungere nella vita un grande traguardo le da senso e la contrappone a quella vuota e in definitiva meschi‐ na dei coetanei che le erano vicini. Bisognava pensarci e seriamente, ma prima voleva terminare il Diario paterno. Lo riprese. 24 MAGGIO 1939 Abbiamo firmato il PATTO D'ACCIAIO con l'Italia. Un'altra pietra fondamentale dell'edifìcio del dominio germanico sull'Europa. Si va maturando sempre di più la liquidazione del Corridoio di Danzica e della Polonia! Tutto sembra procedere bene. Nel Mediterraneo un'Italia forte con Hitler in gonnella il trionfo in Spagna dove Franco dovrebbe ora essere a disposizione di Mussolini e mia. L'Albania è già italiana. Ho detto a Ciano che la politica mediterranea sarà diretta dall'Italia. Non mi piace il genero del Duce. Deve soffiare sul fuoco dei dubbi mussoliniani. L'operazione cecoslovacca ha fatto comprendere agli stupidi democratici la splendida evidenza della forza del Reich e del suo Filhrer. Purtroppo ho avuto informazioni che Mussolini volesse schierarsi con le democrazie contro di noi! È mal circondato. O incomincia a rendersi conto che "l'allievo" sta superando il maestro! 29 AGOSTO 1939 Ho deciso in forma definitiva e irrevocabile di marciare sulla Polonia? L'accordo con la Russia è stata un'altra dimostrazione della mia geniale abilità. Dimostrerò presto di essere oltre che un politico immenso anche uno stratega superiore a Cesare e a Napoleone! Sono sconcertato per la fredda determinazione inglese di dichiararci la guerra nonostante il nostro accordo con la Russia! Ho sottovalutato Chamberlain? Ho sopravvalutato Mussolini? Che delusione! Dopo tante dichiarazioni di "Marciamo insieme" mi ha lasciato solo. È stato un duro colpo e per un giorno ho pensato di rimandare tutto in Polonia. Ma la Germania è grande e forte e ha un Genio alla sua guida! Farà da sola rapidamente e bene. Da buon politico prima di far marciare le truppe ho sondato meglio la cocciutaggine inglese e la fedeltà italiana. Ho offerto all'ambasciatore inglese Henderson un trattato di alleanza e una garanzia per l'Impero britannico. Con una condizione. Compensi coloniali a noi. Mi sono spinto a dirgli che per natura io sono un artista più che un uomo politico e che dopo la risoluzione della questione polacca mi sarei ritirato a fare soltanto l'artista. Rapida la risposta di Chamberlain: "Se la Germania invade la Polonia, sarà la guerra". E sia. Hitler in gonnella Maledetti e stupidi! L'avrete voluta!! Il Duce aveva affermato che i mezzi italiani si sono esauriti in Etiopia e in Spagna. Gli ho chiesto di quali mezzi e di quali materie prime avesse bisogno per entrare in guerra. Che impudenza! Mi ha fatto giungere una lista di 170 milioni di tonnellate. Ci vorrebbero 17.000 treni di 50 vagoni ognuno!! Che sfacciataggine! Ho risposto che possiamo inviare subito ferro, carbone, legname e batterie antiaeree. Ho aggiunto che comprendo la sua situazione. Ho preteso però tassativamente che non facesse trapelare la notizia che l'Italia non ci avrebbe affiancati. Purtroppo gli ordini del Duce di concentrare 17 divisioni e 27 battaglioni alpini. L'attuazione dell'oscuramento e delle carte annonarie. Dei ricoveri antiaerei e le nomine militari non hanno ingannato inglesi e francesi. Sono convinto che la colpa è di Ciano. Il ballerino da Caffè Viennese. Che gente questi italiani. Non c'è da fidarsi! Mussolini mi ha proposto una mediazione. Basta con le Monaco! Allora volevo favorirlo. Ora non più! Dopo aver distrutto la Polonia batterò anche la Francia e l'Inghilterra da solo! Il Reich è potente e può farlo!! Se ricordo l'ammirazione che provavo per il Duce. Il desiderio spasmodico di tanti anni per essere ricevuto da Lui. L'averlo considerato quasi un maestro! Ho vergogna! Mussolini è grande ma non ha la mia tempra! Da oggi qualcosa di serio nei miei sentimenti è cambiato! Non ho per Lui la stima di prima. È morta per sempre. Manterrò solo un'amicizia come un essere superiore verso un essere inferiore. Il Duce è stato un condottiero di valore. Ma ormai molto di meno. Lo blandirò come faccio con altri. Può sempre essermi utile!! 10 OTTOBRE 1939 La Polonia è nostra! Anche i russi hanno occupato la parte consentìtagli dagli accordi proposti da me. La mia strategia è stata brillantissima! Ho creato un Hitler in gonnella nuovo tipo di guerra lampo! La Wehrmacht è ormai una macchina formidabile! I possibili alleati, Italia e Spagna, si sono comportati da latini. Il paese del 'Duce con la non belligeranza. Quello di Franco addirittura con la neutralità! È l'unica nota amara nei giorni trionfali. Per ora mi basta questo grande successo. Ho proposto la pace agli inglesi. Hanno rifiutato. Peggio per loro! Il mio Genio e la potenza del Reich li distruggeranno!! GENNAIO 1940 Strano comportamento quello dei miei avversar!. Davvero strano. Francia e Inghilterra dopo avermi dichiarato la guerra non hanno/atto nulla di nulla. Mi temono. Lo sapevo e lo avverto sempre di più! La dimostrazione di potenza e di grande strategia che abbiamo dato in Polonia li ha atterriti! Solo qualche scontro in mare. Quello è il nostro punto più debole e il più forte dei nemici. I successi sono stati alterni. Ancor più strano il comportamento di Mussolini. Il mio idolo di un tempo. Invece di schierarsi attivamente al mio fianco mi ha inviato una lettera di consigli. Non so che farmene! Ogni mese che passa sono sempre più certo del mio genio e della potenza inarrestabile germanica! Siamo insuperabili! Nonostante tutto provo tenerezza per il Duce. Mi scrive che è convinto che Gran Bretagna e Francia non riusciranno a vincere la Germania. Non è sicuro nemmeno che noi riusciremo a battere i due alleati. Sostiene che gli Stati Uniti non lo permetteranno. Aggiunge che le democrazie crolleranno "per difetto di statiche interne". Come facevo ad ammirarlo tanto?! Mussolini è stato grande e geniale. Ma di fronte ad avvenimenti di vera portata mondiale come una grande guerra diventa piccolo e un po' ridicolo! Peccato. Davvero peccato!! Addirittura mi irrita quando conclude la sua lettera invitandomi a non sacrificare il fiore delle generazioni Hitler in gonnella tedesche per anticipare la caduta di un frutto che sarà raccolto da "noi" che rappresentiamo le forze nuove d'Europa. Si degna di approvare il mio progetto di riunire tutti gli ebrei. Razza maledetta! In un grande ghetto a Lubrino. Non ammetto interferenze da nessuno sulla mia geniale politica. Particolarmente sugli ebrei non voglio ne riprovazione ne approvazione di quello che decido. Il mio inimitabile genio non ha confronti al mondo. Come non l'hanno la combattività e l'ordine germanico! Soffro per l'espansione russa in Finlandia. Per ora non mi conviene intervenire. Ora mi occorre la loro non ostilità. Prima o poi gli daremo una lezione indimenticabile. Hitler superiore a Napoleone!! 20 MARZO 1940 Mi sono incontrato sul Brennero con Mussolini. Per la prima volta mi ha mostrato deferenza. Quasi timore. Le cose sono davvero cambiate. Era ineluttabile. Io sempre più in alto. Gli altri. Tutti gli altri diventano sempre più piccoli nei miei confronti! Ricordo l'incontro di Venezia. Allora lo consideravo quasi il mio maestro. Ero io tìmido e quasi timoroso. Mussolini giganteggiava e mi batteva la mano sulla spalla in segno di protezione e superiorità. In pochi anni le posizioni si sono ribaltate. Credo che ora basterebbe solo una mia parola per far entrare l'Italia in guerra. Mi conviene? LUGLIO 1940 Sono all'apice della gioia. Su mia gemale direttiva le armate del Reich hanno conquistato Danimarca, Norvegia e l'odiata Francia! Ho saldato il conto del 1918! Il mio dominio si estende dalla Polonia alla Francia e dall'Austria alla Norvegia! Il momento più esaltante è stato quando la delegazione francese è stata fatta entrare nel vagone del maresciallo Foch tolto dal museo di Compiégne. Hitler in gonnella Conformemente ai miei ordini era stato sistemato nel punto esatto dove si trovava I'11 novembre 1918. Sì, proprio lì. Che godimento far sanguinare l'orgoglio francese! Ero come un Dio quando ho percorso la radura con un sogghigno satanico. Sì.. Mi sentivo diavolo e Dio insieme! Ho sghignazzato davanti alla scritta fatta porre dai francesi dove si dice: "Criminale orgoglio tedesco vinto dai popoli liberi che esso pretendeva di asservire". Eccoli qui i popoli liberi ai miei piedi! Ai piedi del Genio in assoluto!! Ho fatto cancellare la scritta. Mi sono seduto al posto di Foch. Ho fatto dire ai francesi che nessuna discussione sarebbe stata ammessa. Dovevano solo firmare! Alle 18,30 del 22 giugno hanno firmato. Sono ormai asserviti a un popolo superiore! Vale la pena di vivere per godersi giorni e momenti come quelli che sto vivendo. Altro che grande artista! Lo sarei indubbiamente diventato. Sono il Vendicatore del mio popolo oppresso. Non aveva il posto che gli spettava. Quello egemone in assoluto!! Mussolini è entrato in guerra quando ha visto i miei grandi trionfi. L'ho costretto a ritardare il suo intervento al 10 giugno. Voleva dopo pochi giorni di guerra e piccole conquiste territoriali quasi quello che noi abbiamo conquistato con le armi. L'ho fatto venire a Monaco. Era tronfio e pieno di pretese. Garanzie territoriali in Tunisia e in Corsica. Occupazione della Francia fino al Rodano. Consegna della fiotta francese. Ho tagliato le ali alla sua ambizione. Non è giustificata da quello che ha fatto. Provo comunque per lui tenerezza. Non voglio mortificarlo. Con dolcezza gli ho fatto capire che non desidero un proseguimento della lotta nei territori francesi d'oltremare. Ha annuito con l'atteggiamento di chi è ormai secondo ad uno molto più grande di Lui!! Hitler in gonnella CAPITOLO NONO “Che uomo e che vita! “, pensava Liii. Si sentiva strana, non era mai stata così eccitata. Quel movimento di armati, quelle conquiste sfolgoranti, quella fede del padre — il suo grande padre, Adolf Hitler —l’avevano sconvolgentemente rapita e condotta in un mondo del tutto diverso. Sì, aveva letto della Guerra Mondiale e dei suoi grandi protagonisti, ma ora era diverso scorrere quelle pagine a volte sconclusionate, ma anch’esse piene di bagliori come la vita di colui che le aveva scritte. E poi ora era diverso. Allora leggeva come uno dei tanti che appartengono ormai ad un’altra generazione, ad un altro tempo. Ora si sentiva anche lei protagonista e partecipe, nel bene o nel male, a quelle imprese e anche — perché no? — a quei sentimenti. Aveva fretta di parlare con Hugo. Doveva parlarne assolutamente con lui e progettare la sua vita futura. Che vale vivere un’esistenza senza grandi ideali? Ora anche lei avrebbe potuto averne da perseguire con l’incrollabile fede del suo vero padre. Non poteva più differire nemmeno di un’ora, ma, prima di riporre il volumetto, pensò: “Vediamo se parla di me e cosa ne dice" . Scorse frettolosamente la pagine con dita nervose, la fronte imperlata di sudore, gli occhi accesi, la testa in fiamme. Ed ecco: 19 AGOSTO 1944 È nata mia figlia! Da Jena Gobili. È bionda. È bella. Sarà una grande Donna come io sono un grande Hitler in gonnella Uomo. Un Genio! Purtroppo non avrò in questo periodo molto tempo da dedicarle. La guerra prende tutte le mie energie. Maledettamente non va bene. Gli Alleati dilagano anche se le mie valorose truppe cercano di bloccarli dovunque. In Francia sono a Parigi. In Italia sulla Linea Gotica. Sul fronte orientale sono penetrati in Prussia! Tutto sembra rovinare. I miei sogni. Le mie conquiste. Tutto! Ma non sarà così. E solo questione di tempo. Le ARMI SEGRETE. In particolare una nuova energia di una potenza mai vista sono a buon punto! Hò avuto anche qui fiuto e genio. Ho voluto che ai miei scienziati fosse concesso tutto l’appoggio. I mezzi e il denaro che desideravano. Ora sotto la mia guida mi daranno la vittoria. La nuova forza si chiama ATOMICA. Dalla scissione dell’atomo si sprigiona un enorme energia che può essere contenuta in piccole bombe. Saranno di forza superiore mille volte alle altre. Dopo lo scoppio si crea una reazione a catena che tutto contamina. Anche per anni. Il futuro è in quest’arma. Chi la possiederà dominerà il mondo! Ma bisogna resistere. Contendere palmo a palmo il terreno su ogni fronte. Non solo per me. Non solo per il Reich. Ma per mia figlia! Mia figlia dovrà avere subito tutto quello che io ho dovuto conquistare con il genio, l’ardire. Ma anche una grande pazienza e una lenta scalata al potere. Ce la farò. Anche se questi anni mi pesano e mi fanno sentire vecchio. Sempre ho pensato di essere giovane. Di possedere una forza. Una resistenza infinita. Ora accuso tutto il lavoro. Le genialità continue. Le tensioni. Ma ce la farò! Per me. Per la Germania. E principalmente per lei. Mia figlia: Lilì Hitler!!Si sentiva commossa, gli occhi le si inumidirono. Allora quell’uomo, quel grande uomo, aveva provato per lei sentimenti di amore. Era stato capace anche di amore, non solo di odio, vendetta, sterminio, potenza o ammirazione e tenerezza come aveva provato per Mussolini. Hitler in gonnella Passò direttamente all’ultima pagina. 19 MARZO 1945 Chiudo con questa pagina la serie di appunti che costituiscono il mio Diario. Anche se non è un diario. Ma una serie di note a mesi di distanza l’una dall’altra. Ma potrà sen’ire al mondo. Agli uomini che credono in un destino. In un futuro superiore per loro e per la propria patria! Servirà al mondo per comprendere meglio il mio genio. Spero principalmente servirà a mia figlia per amarmi e per vendicarmi. Purtroppo non abbiamo fatto in tempo a realizzare l’Arma Atomica. Ricordati. Liii, che là è il potere. Questa è la nuova strada! Forse quando tu sarai adulta la scienza sarà a/punto tale da far sembrare ridicola questa energia che oggi riteniamo tanto grande. Ma si potrà sempre su questa strada migliorare e scoprire cose sempre più potenti. Non dimenticano. Tu hai sangue di genio nelle vene. Potrai come tuo padre ottenere tutto! Ormai i russi sono a cento chilometri da Berlino. Gli Alleati oltre Colonia. La Germania un cumulo di macerie. La morsa si stringe. Oggi stesso consegnero queste mie note. Il mio Diario. In mani
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| | | Bruno Admin
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| Titolo: Re: HITLER IN GONNELLA romanzo, premio Italia di Fantascienza Dom Dic 28, 2008 7:05 pm | |
| sempre su questa strada migliorare e scoprire cose sempre più potenti. Non dimenticano. Tu hai sangue di genio nelle vene. Potrai come tuo padre ottenere tutto! Ormai i russi sono a cento chilometri da Berlino. Gli Alleati oltre Colonia. La Germania un cumulo di macerie. La morsa si stringe. Oggi stesso consegnero queste mie note. Il mio Diario. In mani sicure che lo custodiranno per te e per il mondo. I nemici non troveranno mai il mio corpo. Il corpo dell’Uomo più grande del secolo. Quello di un Genio.Adolf Hitler!!! “È mio padre, sì, è mio padre quest’uomo immenso! L’unico vero uomo! Perché non l’ho conosciuto? Perché non ho potuto vivere accanto a lui, collaborare con lui, edificare con lui un nuovo mondo, una Germania più grande e più forte della Roma antica? Oh, avessi potuto! Con quale gioia avrei eseguito i suoi ordini, ascoltato la sua voce, dialogato con lui! Come avrei ideato nuovi mezzi di distruzione e sterminio degli ebrei, razza maledetta! Sì, proprio così, aveva ragione lui. Tutto quello che lui ha fatto è giusto e grande!” Hitler in gonnella Si sentiva come una drogata. Davanti ai suoi occhi scorrevano immagini del grand’uomo con i baffi, con il braccio teso in avanti che osservava con orgogliosa sicurezza i compatti battaglioni della Wehrmacht e delle SS, i possenti Panzer, i lunghi cannoni, i primi missili, le Vi e le V2 che distruggevano Londra. Il vessillo con la croce uncinata che sventolava su Praga, Varsavia, Oslo, Copenaghen, Bruxelles, Parigi, Belgrado, Atene, Leningrado, Stalingrado. La mano con movimento proprio scese al pube e ancora più giù; un dito penetrò nella vagina. Rantolava di piacere, il primo vero piacere della sua vita! Ma presto altre immagini si sovrapposero: Mosca e la Ritirata, lo sbarco alleato in Normandia, le città tedesche, le sacre città della grande Germania, ridotte ad un cumulo di macerie, il ripiegamento da El‐Alamein, dalla Libia, dalla Tunisia. L’invasione della Sicilia, lo sbarco a Salerno e poi ad Anzio vicino Roma e la lenta, ma inesorabile disfatta. Vide tre uomini. Il paralitico americano dal volto affilato e sofferto, il tondo Churchill con l’immancabile sigaro e un altro uomo con i baffi e con occhi scintillanti di odio, vendetta, desiderio di sterminio: Stalin. Il suo pseudonimo deriva da acciaio ed era stato un vero uomo d’acciaio, prodotto da quel mostruoso paese, il più esteso del mondo, la Russia! Fu presa da un ira violenta, omicida. Avrebbe voluto distruggere tutto, cancellare quelle immagini che le ricordavano in maniera lancinante la sconfitta del grande genio, dell’Unico Vero Grande Uomo, suo padre, il suo straordinario, incomparabile padre! Afferrò il lume dal comodino e lo scagliò con forza sulla parete. Si alzò e strappò le tende. Spazzò con violenza il piano del cassettone: i ninnoli, il portaritratti, i vasi si infransero rumorosamente sul pavimento. Afferrò i libri e lì Hitler in gonnella proiettò in tutte le direzioni. Alzò una seggiola e percosse i vetri della finestra che caddero in pezzi. Con una pesante statuetta di bronzo fracassò il grande specchio dell’armadio! Distruggere, sì, distruggere tutto, ma principalmente quei tre uomini, i maggiori nemici di suo padre, i loro discendenti e i paesi che li avevano generati! Sentì colpi alla porta e la voce di Hugo che timidamente domandava: «Liii, cosa succede? Desideri qualcosa? Cosa possiamo fare per te? Facci entrare, per favore». Ritornò alla realtà, ma i sentimenti non erano di molto diversi. Osservò la sua stanza, prima così ordinata e pulita, e ora cosparsa di cocci. Sembrava che un uragano l’avesse percorsa. In un angolo di specchio, rimasto miracolosamente infisso nella cornice, vide il suo volto disfatto dalle lacrime e dai violenti sentimenti, i capelli arruffati, i vestiti scomposti e stracciati. Non provò né vergogna né sgomento. Che le importava di Hugo, di Ellen e di tutti gli altri ormai. Era Liii Hitler, la figlia del Condottiero, del Genio, del Forgiatore di popoli e di destini! Gli altri sarebbero stati solo strumenti nelle sue mani! Una spessa calma e sicurezza la investirono improvvisamente, come quando una grande quantità di olio calma le onde più agitate di un mare in tempesta. Apri la porta, comparvero quelli che erano stati i suoi genitori, pallidi e impauriti. Dov’era il dignitoso e impeccabiie chirurgo, autorità indiscussa del grande Ospedale Cantonale? E la serena raffinata e composta Ellen, una delle più ammirate signore zurighesi? Quei due esseri erano diversi. Erano e sarebbero stati solo i suoi umili collaboratori, i suoi primi collaboratori da usare e utilizzare fino a quando le sarebbero serviti. Non un giorno in più. «Entrate». Hitler in gonnella «Cara, cara Liii. Tu hai bisogno di noi. Ci sono momenti della vita nei quali solo chi ci è vissuto vicino e ci ama fedelmente può...» «Smettila, Hugo. Non è di prediche che ho bisogno ora, ma di conoscere per poi decidere”. «Sì, tutto quello che vuoi. Ti ho amata non solo come una figlia, ma come l’unica discendente del grande Fiìhrer» e istintivamente alzò il braccio nel fatidico saluto, ma riusci a frenarsi. «Ellen sa?» «Si, ha sempre saputo e, come me e il notaio, conserverà il segreto finquando sarà necessario». «Perché dici finquando sarà necessario?» Il dottor Kluber si mostrò incerto, timido, confuso e poi sbottò: «Perché un giorno il mondo dovrà sapere che il Fiìhrer ha lasciato una figlia che sarà grande come lui, che farà risorgere le glorie del nazismo e che forse riuscirà a completare la sua opera». <(Come mai quando mi facevi leggere quei libri di storia e io chiedevo la tua opinione sui fatti e i personaggi che più mi colpivano non l’hai mai espressa?” «Ma perché non volevo influenzare il tuo giudizio, perché volevo che fossi tu a giudicare. Ricordi però che ti ho più volte detto che quei libri erano scritti da gente che non voleva e non poteva esaltare troppo la grandezza del nazismo e del fascismo. Più delle loro opinioni, ti dissi, sono i fatti che contano e le ideologie che li hanno determinati». «Sei un nazista tu?» «Io? Ma se tutta la mia vita l’ho dedicata al culto del Fiìhrer e delle sue idee! Se non avessi avuto te e il grande segreto, non avrei fatto il tranquillo chirurgo, ma mi sarei battuto con ogni mia forza, con tutto il mio sangue per rintuzzare Hitler in gonnella tutte le cose ingiuste che sono state dette prima, durante e dopo il vergognoso processo di Norimberga...>). Si passò una mano sui capelli, estrasse il fazzoletto e si deterse le labbra sulle quali si erano formate bollicine bianche. «...Ma dovevo assicurarti una tranquilla fanciullezza e adolescenza. Dovevo allontanare ogni sospetto, dovevo mostrarmi un “perfetto democratico” — odiosa e stupida parola —. Se tu solo sapessi cosa ho sofferto, ma c’eri tu e il segreto che mi sostenevano! Quanti giorni disperati e tristi! Io, un coltivatore di orchidee? Altro che orchidee avrei coltivato! Ideologie, nazisti ed armi!» Lili era rimasta impressionata. Rimuginò. Le idee erano maledettamente confuse nella sua testa di diciottenne, ma non più assente e senza un vero scopo. Quell’uomo che le stava davanti era una persona colta che aveva avuto successo nella vita, che viveva nella libera Svizzera. Eppure, a distanza di quasi vent’anni, era ancora ardentemente fedele alle idee di suo padre! Era una conferma, se ancora ve ne fosse stato bisogno, che il grande Uomo era morto, ma la sua ideologia viveva ancora e in modo così fremente. «Ma ci sono ancora nazisti?» «Me lo chiedi? Hai letto i giornali? Hai sentito a scuola come fanno di tutto per parlare male del nazi‐fascismo ai giovani e perché?... Lo temono, sanno che ce ne sono milioni e milioni già convinti ed altri, tantissimi, pronti a seguire l’esempio dei primi. Per il comunismo! Ma in tutta Europa i partiti della destra, quasi tutti se non tutti, io sono e in America, in Africa, in Asia vi sono regimi al potere che si ispirano al nazifascismo. Non ti fare ingannare da false dichiarazioni di democrazia. Oggi è di moda, tutti dicono di esserlo, ma quanti lo sono? Tutti attendono solo un capo che li catalizzi, un capo carismatico indiscusso, indiscutibile. E allora decine di milioni sarebbero pronti a Hitler in gonnella riprendere la marcia contro gli ebrei, il comunismo, le plutocrazie! E quel capo non puoi che essere tu, Liii, la figlia del grande Ftìhrer. Heii, Hitler!» Questa volta il braccio si alzò irresistibilmente e rimase sollevato nel fatidico saluto. «Calma, Hugo, non cosi, non è ancora il momento!» con meraviglia Lili si sentì dire con una voce autorevole e matura. Già si sentiva un capo e il cervello non era più annebbiato e confuso, ma funzionava meravigliosamente con chiarezza e determinazione. «Voglio vendicare mio padre, voglio riprendere e concludere la sua opera come lui stesso afferma nel Diario. Ma bisogna farlo con programmi precisi, senza la possibilità di errori». Sì, non era più lei che parlava. La ragazza zurighese era morta, in lei riviveva il grande Genitore! Hugo era mortificato per quel richiamo ed esaltato nel vedere concretizzarsi le speranze coltivate in segreto per tanti anni. «Scusarni, Liii, hai ragione. Ma non temere, non sono un impulsivo. Ho dei piani precisi e saprò consigliarti se lo vuoi e seguire fedelmente le tue direttive. Ho ancora amici devoti che come me coltivano il grande sogno e tanti altri so dove trovarli, fedeli e capaci. Non sarà difficile, con te alla nostra guida e con l’enorme capitale ereditato, predisporre tutto quello che occorrerà per il trionfo delle nostre idee e delle nostre speranze...» «Hugo, Lui ha scritto che il vero potere nella seconda metà di questo secolo sarà nelle mani di chi meglio saprà sfruttare l’energia atomica e i successivi progressi dei primitivi studi. Come sempre aveva ragione. Russia e America dominano il mondo principalmente perché gli studi e le realizzazioni dei loro scienziati e delle loro industrie in tale campo sono le più avanzate e le più massicce. Ho deciso di dedicarmia tale settore e,se ~ vero Hitler in gonnella che in me vi è sangue di genio, saprò farmi valere. Solo allora si potrà pensare a una reale e definitiva conquista del potere, non limitata, ma totale. Mi iscriverò al Politecnico di Zurigo e studierò fisica nucleare. Da cittadina elvetica mi recherò in America nei centri di studio e produzione, parteciperò a seminari e congressi. Insomma farò di tutto per diventare grande in questo settore. La via sarà lunga e faticosa, ma proprio la lettura del Diario del mio grande padre mi ha insegnato che la pazienza operante è una possente arma. Sono giovane, posso attendere!» Era stupefacente sentire quella ragazza che fino a pochi giorni prima era stata semplicemente una giovane e bella donna, anche se diversa dalle sue futili coetanee, parlare con tanta saggezza, chiarezza e determinazione. Ma era sempre stata molto intelligente. anche se la sua mente sembrava vagare spesso nel nulla. Per una volta gli insegnanti, che così poco comprendono i propri allievi, avevano visto giusto quando dicevano ad Hugo che Lili aveva grandissime possibilità se solo si fosse applicata seriamente a qualcosa. Ma non era solo quello! Il sangue, gli spermatozoi del grande Uomo avevano trasmesso genio e senso del comando! Cosi Lili iniziò l’Università e strabiliò docenti e colleghi per i risultati rapidi e brillanti dei suoi studi che saltuariamente svolgeva anche negli USA. A 24 anni era titolare di cattedra. A 26 direttrice dei laboratori di Eigergletscher. A 28 di tutto il complesso nucleare dello Jungfrau, uno dei più grandi d’Europa. A 29 uno dei maggiori esperti dell’Euratom. A 30 una stella di primissima grandezza nei campo della fisica nucleare, chiamata continuamente a conferenze e corsi dovunque. A 40 l’annuncio della scoperta del Cullonio 2000 e del raggio Kuta e la rivelazione al mondo di chi realmente fosse. Hitler in gonnella Non era più la dottoressa Liii Kluber, ma Lilì Hitler, la figlia del Fiìhrer. In quei lunghi anni Hugo, abbandonato l’Ospedale Cantonale e la professione, aveva silenziosamente e con somma abilità organizzato tutto l’apparato neonazista, aveva creato dei veri e propri ministeri ombra con collaboratori capaci e riservati e aveva saputo spendere con il massimo profitto le migliaia di miliardi della figlia del Fùhrer. Hitler in gonnella CAPITOLO DECIMO Amedeo era furibondo. Che brutto tiro gli avevano fatto! Ma come, anni e anni per crearsi una notorietà, una vita comoda, lontana dal vero mortificante lavoro che costringe gli esseri umani a trascorrere lunghe ore dietro banconi o scrivanie per riscuotere a fine mese uno stipendio più o meno magro che permette di tirare avanti un’esistenza monotona e priva di emozioni. Casa e posto di lavoro; moglie, figli e rassegnati colleghi; una modesta automobile e, quando possibile, anonime a affollate villeggiature. A lui tutto questo non doveva capitare. Era stato furbo, aveva saputo mettere bene a frutto quella sua grande qualità. Alberghi di lusso, nights scintillanti, abiti di grandi sarti, cocktails da films hollywoodiani e principalmente una vita libera e movimentata. Riponeva con rabbia omicida i suoi pantaloni attillatissimi, gli shorts, le camiciole sgargianti, gli smokings di alta fattura, i raffinati e sottilissimi slips nelle capienti valigie di vero cinghiale con guarnizioni di coccodrillo. Più che riporli i suoi amati indumenti li ammassava alla rinfusa. A che gli sarebbero serviti più? “Maledetta femmina, maledetto cullonio”, mormorò fra i denti, mentre lo sguardo correva per l’ennesima volta al foglio che sembrava dominare non solo il piano del cassettone dove era stato appoggiato, ma l’intera stanza, l’appartamento tutto, la sua vita futuro fino all’età della pensione. “Ma guarda che debbo sopportare, porco mondo! Hitler in gonnella Io, Amedeo Leone, il vanto della Penisola Sorrentina, l’aspirazione massima e l’attrattiva delle turiste straniere; il corteggiato e rispettato cittadino di località che a me, e non solo alle bellezze del paesaggio, dovevano la loro fortuna; il conteso fra albergatori e proprietari di ritrovi; il vanto delle aziende di soggiorno e turismo; l’invitato da località spagnole, francesi e greche per battere la concorrenza italiana! Cacchio, se avessi dato subito importanza a quella trasmissione! Ma come era possibile pensare che fosse tutto vero? E poi, anche se ci avessi creduto, chi si aspettava una svolta di sistema così radicale e immediata? Per me, democratici o totalitari, che me ne fotteva? Chi ha mai toccato il turismo e le sue istituzioni? Immaginarsi poi se avessero potuto toccare me, una delle maggiori attrattive... Forse solo il comunismo poteva farmi paura, ma anche i paesi comunisti incrementano il turismo. E allora?” Chiuse una valigia. “Sarei fuggito subito... Ma dove?... Dovunque... Si sa che l’Italia si adegua immediatamente al più forte!” Chiuse anche la seconda valigia e, agitando sconsolatamente la testa, indossò l’impermeabile e si diresse alla nuda 126 che aveva sostituito la rneravigiosa moto. Faceva freddo, pioveva, il cielo era plumbeo e gareggiava con il morale di Amedeo. Improvvisamente l’ex play‐boy di provincia ricordò di aver dimenticato il foglio. Ritornò alla casetta che mostrava ora tutti i suoi anni e che sembrava ormai priva di vita, di quella gioia e sicurezza che avevano per anni vivacizzato il suo proprietario. Diede un’occhiata a quel mare, oggi cupo e minaccioso e raccolse il foglio, quel maledetto pezzo di carta che recava in calce le firme della Podestà e della Federale. Puntualissimo ‐ guai a non esserlo — giunse al corso Vittorio Emanuele di Napoli. La palazzina era Hitler in gonnella contrassegnata da un grande numero e più sotto la scritta: «L’Internazionale». Accanto vi era la novella casa del fascio. Si presentò ad un omone alto, grosso, vestito con ricercatezza che non riusciva a mascherare, nonostante il tentativo di parlare forbito, la bassa estrazione. «Sono Amedeo Leone di Sorrento e sono stato assegnato alla vostra “casa”“. Gli porse il foglio ricco di timbri. Il volto del tenutario si illuminò e si apri in un largo sorriso fra il compiaciuto e l’ironico. «Ah, il grande Amedeo, vanto della Costiera! Mi aspettavo tutt’altro tipo. Ma davvero sei tu quello che faceva impazzire le turiste, quello con un coso grande così?.... Che gusti! Un omuncolo come te?... Bah! Guarda che qui non potrai fare il tuo comodo, sia chiaro subito. La tua stanza sarà la numero 29...» Sorrise sfottitore. “... E il numero che ti spetta di diritto, a quanto dicono! Alle nove ogni giorno visita medica. Dalle dieci alle dodici e dalle sedici alle ventidue a disposizione delle clienti. Il giovedì libero. Ti faccio accompagnare e... buon lavoro!» Amedeo si avviò al seguito di un valletto gallonato, ma fu arrestato dall’omone: «Ah, dimenticavo di dirti che la nostra è la migliore “casa” della città, con i prezzi più alti e i prostituti scelti tra i migliori. Avremo la più raffinata clientela. Sappiti regolare di conseguenza. Bada che non voglio reclami. Precisione e impegno, mi raccomando!” Il valletto lo guidò attraverso un vasto salone e poi per una scala in uno stretto, ma pulito corridoio con numerose porte contrassegnate da numeri, non diffe rente da quello di un albergo di media categoria. Apri la porta del numero 29, depose le valigie e lo lasciò solo. Hitler in gonnella La stanza era ampia e con due finestre dalle persiane chiuse. Un grande letto, un armadio, un cassettone, due poltrone, un lavabo e un bidet, dovunque specchi. Amedeo si sentiva più che mai depresso. Nemmeno negli anni incerti della sua adolescenza o alle continue sgridate paterne per la scarsa propensione allo studio prima, e al lavoro poi, si era sentito così giù di corda e amaramente dovette convenire che dopo tutto il padre non aveva avuto tutti i torti quando aveva tanto insistito con i figli perché studiassero o imparassero un serio mestiere per raggiungere quegli impieghi o quelle attività artigianali o commerciali che lui aveva tanto snobbato. Ma chi avrebbe potuto mai immaginare che avvenisse quello sconvolgimento totale del sistema, che era stato più che mai aggravato dalla decisa svolta femminista. E' vero che anche i fratelli avevano dovuto cedere qualche posizione a favore delle colleghe, ma pur sempre mantenevano nella società un ruolo dignitoso. Lui no! Non avendo un preciso mestiere, ma solo un mezzo per procacciarsi da vivere (e più che bene) era stato di autorità destinato alle riaperte Case Chiuse! Il lavoro saltuario era stato abolito dal nuovo governo neofascista che in Italia era stato rapidamente formato con ai vertici figlie o nipoti di antichi gerarchi della Repubblica di Salò. Ma Amedeo era di tempra buona e, dopo un pomeriggio e una notte nella quale si erano alternate irritazione e disperazione, incominciò a vedere il suo futuro meno brutto di quello che gli era apparso sul le prime. Da tanti anni in Campania e nel Napoletano, aveva assimilato la millenaria rassegnazione degli abitanti di quelle meravigliose contrade benedette da Dio e maledette dagli uomini. Pensava che dopo tutto aveva trascorso periodi splendidi che a pochi era stato dato di vivere e che in Hitler in gonnella definitiva, anche se in una momentanea situazione mortificante, avrebbe sempre potuto usare quella sua grande forza, quella che lo aveva distinto dagli altri. Chissà se facendosi valere anche a «L’internazionale» non potesse percorrere qualche carriera ed ottenere — con i meriti acquisiti — posizioni migliori dell’attuale. Quando entrò nella sala per mettersi in mostra alle clienti con i suoi nuovi colleghi, non si sentiva più così scoraggiato e il suo sguardo aveva ripreso quasi del tutto quella sua caratteristica aria di sicurezza e superiorità. I colleghi erano una decina, bruni e biondi, alti e nerboruti che esibivano toraci, cosce e braccia villosi nei quali saettavano saggiamente possenti muscoli. Alcuni passaggiavano nel centro dello stanzone, altri conversavano distesi sulle poltrone e i divani di pelle. Le clienti erano poche e giungevano saltuariamente, mai da sole, ma in gruppi di tre o quattro per volta. Erano timide ed impacciate, anche se facevano di tutto per non darlo a vedere, ostentando una sicurezza che non possedevano. Alcune per piacere e curiosità, altre per far sapere ai nuovi vertici politici che si erano immediatamente adeguate alle somme direttive. Ricordavano quei ragazzotti degli anni passati che si recavano ai bordelli non tanto per bisogno, ma per dimostrare agli amici che erano uomini e che non potevano fare a meno di andare a donne. Erano quasi tutte indigene e per il povero Amedeo incominciò a ripetersi la storia dei tempi ante Sorrento. I colleghi, apparentemente di tanto più prestanti di lui, erano sempre preferiti e nei rari giorni di grande affluenza gli capitava spesso di rimanere solo nello stanzone, nonostante i disperati sforzi di valorizzare la sua nera testa imbrillantinata ogni giorno di più. Era piombato nella disperazione e mortificazione più assolute. Lo sguardo gli si Hitler in gonnella era spento e non reagiva come nei primi tempi alle prese in giro dei colleghi e alle critiche del tenutario che aumentavano con progressione geometrica. Non valse a consolarlo la preferenza subito accordatagli da un’ufficialessa austriaca che era capitata lì quasi per caso. Le sue capacità innate, quel suo ruggente sesso avevano funzionato appieno, nonostante lo stato di depressione, e l’austriaca era andata via felice e soddisfatta come non mai. Ne erano allora venute altre, ma erano pur sempre poche e Amedeo rimaneva l’ultima ruota del carro della Casa di corso Vittorio Emanuele. A quella situazione, alla quale non era più abituato dopo i trionfi della Penisola Sorrentina, non riusciva a reagire, né a pensare cosa potesse tirarlo fuori di lì, e il suo stato di frustrazione aumentava sempre di più! Non contribuì certo a migliorare la situazione l’ordine, che di lì a poco gli pervenne, di frequentare una scuola di aggiornamento accelerato politico e storico che prevedeva (in quell’Italia sempre più neonazifascisteggiata dove le gerarche ‐ come ai tempi di Starace — partecipavano a riunioni ginni che, indossavano abiti in orbace, si davano del «voi» e affermavano che la missione degli uomini è quella di far fare figli) anche lo studio con esame finale del diario di Adolf Hitler. Era ormai un individuo rassegnato e, pur di non precipitare in una posizione ancora peggiore di quella che occupava, lesse e studiò tutto quello che gli avevano ordinato. L’esame era vicino e una sera decise di trascorrere la notte in bianco per ripassare quella parte del diario del Fùhrer che andava dall’agosto del 1940 (primo anno di guerra dell’Italia) fino alla conclusione. Hitler in gonnella CAPITOLO UNDICESIMO 25 LUGLIO 1940 Questi inglesi mi fanno disperare! Non hanno accettato le mie nuove proposte di pace! Pazzi, non sanno a cosa vanno incontro! Hanno turbato la mia gioia. Il mio trionfo! La sfilata delle splendide truppe della Wehrmacht sotto la porta di Brandeburgo è stata esaltante. Non avveniva dal 1871. Ho promosso Goring al nuovo rango che ho appositamente creato di Reichsmarschall. Ho nominato 12 nuovi marescialli. Tutto il popolo impazziva per me! In un momento come quello ho mostrato ancora una volta la mia saggezza che scaturisce dal mio genio. L’inglese Hai Wax ha risposto arrogantemente. Sono ora a Berchtesgaden. Faccio lunghe passeggiate accompagnato dal mio cane lupo e medito sul futuro. L’inghilterra è una ghiotta preda e può rappresentare la mia collocazione nella storia come il più grande Genio! Lo merito. Lo sono! Cesare riuscì a con quistarla. Napoleone no! Perché non cedono i maledetti? Cosa sperano? Gli Stati Uniti sono incapaci di fare una vera guerra! Ma i russi no. Sperano nella Russia! Debbo distruggerla assolutamente. Debbo far presto! Voglio liquidare la partita in questo anno! I popoli sono avari del proprio sangue! A Keitel ho chiesto quanto tempo fosse necessario per attaccare la Russia. Il Capo della Wehrmacht mi ha risposto che occorrono sei settimane per trasferire le truppe da occidente ad oriente. Troppo. Incominceranno le piogge e il fango! Maledizione!! Hitler in gonnella 3 AGOSTO 1940 Ho convocato i Capi della Marina, dell’Aviazione e anche Keitel. L’invasione dell’Inghilterra deve essere rinviata. L’attaccherò ed isolerò con i sommergibili e gli aerei. Voglio la Russia prima! La desidero come non ho mai desiderato nulla prima. Sarà mia!! Sarò il primo a conquistarla! Ma non in questo anno. L’attaccherò nella primavera del ‘41 con 120 divisioni. Ne lascerò 60 all’ovest. In autunno sarò a Mosca!! 16 AGOSTO 1940 L’offensiva aerea contro l’Inghilterra è iniziata. Non dà i risultati immediati che mi avevano garantito. Questi inglesi sono duri a morire! In mare e in aria sono ben diversi che sul terreno. Mussolini si è risvegliato. Ne ho piacere. L’ho giudicato male troppo in fretta. Era l’ammirazione che avevo per lui che mi faceva pretendere troppo! Non ha un grande popolo come il mio! Le truppe italiane hanno conquistato la Somalia britannica. Ho autorizzato l’arrivo in Francia di squadriglie italiane da impiegare contro l’Inghilterra. Le avevo rifiutate prima. Ora lo meritano!! 8 SETTEMBRE 1940 I maledetti inglesi hanno avuto la lezione che meritavano! Tante altre ne avranno!! Il 25 agosto hanno osato bombardare Berlino! Una bomba è caduta a pochi metri dalla mia residenza! Che impudenza! Allo Sportpalast ho dichiarato: «Ho tentato di risparmiare gli inglesi. Hanno preso la mia umanità per debolezza e rispondono assassinando le nostre donne e i nostri bambini. Raderò al suolo le loro città». Ho iniziato a farlo con la grandezza della mia determinazione! Prima Liverpool. E poi Londra. Ieri notte fiammeggiava più che nel grande incendio del 1666!! L’hanno voluta!! Hitler in gonnella 30 SETTEMBRE 1940 I risultati dei nostri attacchi aerei all’Inghilterra non sono tali da permettere l’invasione dell’Isola. Purtroppo bisogna sapere attendere. L’ho già fatto tante volte nella mia grande vita. Lo farò ancora! Essere un Genio è anche questo! La pressione sull’Inghilterra non sarà allentata. Ridurrò le nostre perdite con attacchi aerei notturni. Ci daranno risultati migliori! Il Duce è sempre più energico. Senibra essere tornato l’uomo che ho ammirato un tempo! Sono felice. Gli italiani sono entrati in Egitto e hanno occupato SidiBarrani. Abbiamo concluso il Patto a Tre. GermaniaItaliaGiappone! Ho detto a Ciano che non voglio per ora l’intervento spagnolo. È troppo costoso per quello che può rendere. Voglio un incontro con il Duce dl Brennero. Rivedrò con piacere il mio vecchio caro Camerata! 5 OTTOBRE 1940 — Ho incontrato Mussolini. L’ho trovato in forma. Mi è apparso padrone di sé come nei primi tempi dei nostri contatti. Era perplesso quando gli ho comunicato la mia decisione per ora. Solo per ora. Di rinviare lo sbarco in Inghilterra. Si è illuminato quando gli ho detto che il bolscevismo è la dottrina dei popoli deteriori. Ho messo a punto un nuovo piano grandioso. In attesa di invadere la Russia che si fa sempre più impudente. Voglio Gibilterra e le Azzorre. Dare una maggiore importanza al Mediterraneo. Rispettando però la priorità italiana. E necessario un incontro diretto con Franco. Il mio prestigio lo convin cerà a fare quello che vorrò!! 10 OTTOBRE 1940 — Le nostre gloriose truppe hanno invaso la Romania! I suoi pozzi di petrolio sono necessari alla guerra. Ho preceduto i russi! Li battero definitivamente poi!! Hitler in gonnella 24 OTTOBRE 1940 Sono estenuato dai colloqui con Franco. Piuttosto che riprenderli preferirei farmi strappare tre denti. Sembrava mite questo spagnolo. Ma non si piega. Fa troppa opposizione e chiede troppo. Meglio rinunciare per ora! Salderò i conti con tutti! La pazienza fa parte della genialità! Io la possiedo. Sono superiore agli altri in tutto!! 29 OTTOBRE 1940 — Ho incontrato Mussolini a Firenze. Che splendida uniforme e che sicurezza! Mi ha detto che le truppe italiane marciano in Grecia. Mi ha garantito che tutto sarà finito in 15’ giorni! Non lo credo! Ma il Duce e il suo popolo negli ultimi tempi hanno dato buone prove. Bisogna fidarsi. E l’unico vero alleato che ho! Compréndo che ha voluto
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| Titolo: Re: HITLER IN GONNELLA romanzo, premio Italia di Fantascienza Mer Lug 10, 2013 5:38 pm | |
| 29 OTTOBRE 1940 — Ho incontrato Mussolini a Firenze. Che splendida uniforme e che sicurezza! Mi ha detto che le truppe italiane marciano in Grecia. Mi ha garantito che tutto sarà finito in 15’ giorni! Non lo credo! Ma il Duce e il suo popolo negli ultimi tempi hanno dato buone prove. Bisogna fidarsi. E l’unico vero alleato che ho! Compréndo che ha voluto prendersi una contropartita. La Romania era considerata da Mussolini zona di sua influenza. Io l’ho occupata! 30 DICEMBRE 1940 — Cosa combinano questi italiani! In Grecia invece di andare avanti indietreggiano. In Cirenaica gli inglesi sono a Bardia. La flotta è stata semidistrutta a Taranto! Mussolini mi fa tenerezza. Provo per lui amicizia. Non posso dimenticare quando non si oppose all’A nchluss. Gli sarò sempre vicino. Come un fratello maggiore. Più saggio, forte e fortunato! Con i russi sarò inflessibile e presto li distruggerò!! 24 GENNAIO 1941 — Ho incontrato nuovamente Mussolini. Non credo sia venuto con piacere a Salisburgo dopo la serie di insuccessi delle sue forze armate! Sono certo ricorderà in modo ossessivo quanto mi dichiarò a Firenze. Allora aveva la sicurezza di un tempo! Le sue truppe avevano segnato solo successi. Pallidi vicino ai miei. Ma sempre successi. I successi, le vittorie sono il miglior tonico per un popolo e per il suo Capo! Ho provato pena nel vederlo accasciato. L’ho colmato Hitler in gonnella di cortesie e della vecchia deferenza. Si è un po’ ripreso. Mi ha ascoltato in silenzio. È riposante parlare con lui dopo Franco. Quell’ingrato spagnolo ha fatto fallire il mio grande piano per il Mediterraneo. Volevo lui, la Francia di Viscy e naturalmente l’Italia. Avremmo strozzato le forze inglesi! Farò prima o poi i conti anche con lui! Ora ho ben altro fa fare! L’operazione «Barbarossa” mi occupa e mi esalta! A maggio marceremo sulla Russia!! Ho confermato a Mussolini che il progetto di sbarco in Inghilterra è stato abbandonato. Sono come un uomo che ha nel fucile una sola cartuccia. Fintanto che la conserva è forte. Se spara e manca il colpo è disarmato! Neutralizzo l’Inghilterra tenendola sotto minaccia. Uno sbarco tentato e fallito lascerebbe agli inglesi mano libera per mesi e mesi! In questa chiarezza di idee manifesto il mio genio politico! Nelle rapide e studiate conquiste quello militare!! Per la prima volta gli italiani hanno chiesto l’intervento delle nostre grandi truppe sui loro fronti! Poveretti! Ma ho rifiutato. Abbiamo impegni molto più importanti. Non posso distaccare unità di grande valore su fronti dove non sarebbero sfruttati appieno! Ho esposto al Duce il piano «Marita” che concluderà la guerra nei Balcani in primavera. Risolverò così i problemi italiani in Grecia! Povero Duce! Ha cambiato espressione quando gli ho comunicato che voglio far partecipare gli jugoslavi alla sconfitta della Grecia. Mi ha chiesto timidamente di non farlo prima della controffensiva italiana. E sia!! Gli darò questa soddisfazione. La merita. Non ho potuto fare a meno di dargli qualche lezione di strategia! Io sono uno dei massimi strateghi. Il più grande! Ho detto che gli italiani debbono rafforzare la dWesa antiaerea. Superare i/terrore dei carri armati. Disporre campi minati. Usare sommergibili per rifornire Tobruk assediata. Mussolini ha annuito. Il suo generale Guzzoni (un piccolo uomo con Hitler in gonnella parrucca e busto) era entusiasta del mio genio! Non è possibile non esserlo!! FEBBRAIO 1941 Gli italiani hanno perso dopo Tobruk anche Bengasi. Gli inglesi hanno fatto più di 30.000 prigionieri. Il totale è di oltre 150.000! Sono preoccupato. La mia alleata può perdere tutta la Libia e ritirarsi dalla guerra! Sono i primi tangibili successi inglesi dall’inizio della guerra! Le prime sconfitte dell’Asse. Non posso permetterlo assolutamente! Non per un grave danno militare. Ma per quello morale. Avevo promesso anni fa al Duce di essere sempre al suo fianco. E Adolf Hitler mantiene le sue promesse!! Ho deciso di concedere all’Italia forze corazzate. Ho posto come contropartita precise condizioni! Gli italiani debbono rinunciare alla guerra statica. Inviare sul fronte l’Ariete che è la loro migliore divisione corazzata. Tutte le truppe veloci saranno poste sotto il comando di un generale germanico! Sara stato duro per l’orgoglio del Duce accettare queste condizioni. Il Mussolini che ammiravo non l’avrebbe mai fatto!! Ora sì. L’ho aiutato dandogli la soddisfazione di subordinare il generale tedesco al comando supremo italiano. Ma è solo una finzione! Ho nominato Rommel a capo del DAK6. Sono certo si farà onore come a Dinant in Francia.7 Da ora il Duce deve rassegnarsi a lasciare a me ogni iniziativa. Anche sui fronti dove gli italiani hanno svolto una guerra parallela. E durata 7 mesi la loro autonomia. Dapprima con successo. Poi disastrosamente. Il comando supremo ovunque spetta a me che ho collezionato solo vIttorie!! 5 MAGGIO 1941 Ieri ho tracciato il quadro della nostra grandiosa vittoria nei Balcani! In un mese le mie meravigliose truppe hanno annullato la Jugoslavia e la Hitler in gonnella Grecia. Merito indiscusso della mia strategia! Gli inglesi avevano sbarcato truppe e mezzi. Hanno avuto una seconda Dunkerque! Gli anglosassoni non sanno resistere sul terreno contro il Reich. Così come in Francia hanno avuto un’altra colossale batosta! Credo avranno imparato una volta per tutte!! Si arrocchino dietro la loro flotta e la loro aviazione. Restino in trepida attesa! Li abbiamo scacciati anche dalla Cirenaica. Quello che mi esalta di più e il numero di prigionieri che abbiamo fatto. Quasi 700.000 in 25 giorni! Le nostre perdite ammontano in tutto a meno di 2.000 unità!! Tutto il mio genio si afferma sempre di più. Incontestabilmente! Non volevo occupare i Balcani. La dissennata azione di Mussolini mi ha costretto a farlo! Anche la presunzione jugoslava. Avevo proposto un accordo. I serbi l’hanno respinto. Li ho distrutti e subito. Presuntuosi! I greci no. Sono veri combattenti. Il mio povero collega non aveva tutti i torti quando pensava di conquistare la piccola nazione in pochi giorni. Non poteva supporre tanto valore. I soldati italiani non sono tanto incapaci! Incapaci sono i loro generali! In Cirenaica si sono comportati bene. Ma li comandava Rommel. Un tedesco!! 28 MAGGIO 1941 Tre avvenimenti negativi ma attesi. Gli inglesi hanno concluso la conquista dell’Etiopia. L’Impero Italiano non esiste più! La nostra corazzata Bismarck è stata affondata! La difesa è stata eroica. I danni agli avversari notevoli!! La legge «affitti e prestiti» americana è operante. Maledetti yankees. Sono un grande serbatoio di mezzi per i nostri nemici! Mi esalta che molti americani influenti hanno detto chiaramente della nostra forza. Sono convinti dell’inevitabilità della nostra vittoria! Una di loro è Lindbergh. Il primo trasvolatore atlantico. Ha ragione! La nostra forza è schiacciante! Anche i nostri sommergibili fanno bene il loro Hitler in gonnella dovere. Ogni mese il quantitativo di naviglio da rifornimento avversario affondato aumenta. In aprile siamo giunti a 654.000 tonnellate! Il Reich è imbattibile! La mia guida insuperabile!! 23 GIUGNO 1941 — Ieri è stato forse il momento più esaltante della mia vita! La Wehrmacht ha attaccato la Russia!! Finalmente! L’anno scorso non feci a tempo. Era già estate inoltrata. Ora no. Anche se la conquista dei Balcani ha ritardato di un mese l’operazione. Questa colossale impresa mi farà più grande di Napoleone e di Federico Il. Il grande Reich impiegherà tre milioni di uomini. 600.000 cavalli e 600.000 automezzi! Il piano definitivo è stato ideato da me. Non nei dettagli come per la Francia! La vittoria è sicura! Ho giù studiato il dopo. Sarà grandioso per la storia degli uomini! Caccerò i russi in Asia. Li sostituirò con popolazioni germaniche, coloni olandesi e finanche inglesi. Farò dei territori conquistati un Eden!! L ‘unico che ha osato fare qualche opposizione è Goring. Mi annoia costui! Farò partecipare all’invasione la Romania, l’Ungheria e la Slovacchia. Una cooperazione non necessaria. Ma mi farà risparmiare uomini tedeschi! Ho fatto comunicare agli Stati Maggiori dei tre popoli lo stretto necessario. Nulla ho detto al mio amico Mussolini. E attorniato male. Ma ho voluto vederlo il 2 giugno al Brennero. Vederlo mi distende. Parlo e lui mi ascolta. Mi sono sfogato della perdita della Bismark e della fuga di Hess. E quasi la mia valvola di sicurezza! I miei generali vedono la guerra con la Russia come uno scontro di due eserciti. Non hanno capito nulla! È uno scontro. Una lotta di sterminio fra due forme di civiltà incompatibili! La guerra contro la Russia non può essere condotta secondo le leggi dell’onore. E una lotta ideologica. Una lotta razziale! La durezza che useremo sarà senza precedenti! La Russia non Hitler in gonnella ha riconosciuto le convinzioni di Ginevra. Non risparmierà le mie SS. Voglio che i Commissari Politici dell’Armata Rossa non siano considerati combattenti. Dovranno essere passati per le armi!! Ha ragione Alfred Rosenberg quando dice: «L’avvenire riserva ai russi molti anni duri. Ma fra cento anni ci ringrazieranno per averli restituiti al loro habitat naturale». La penso come lui! Il russo è un sottouomo. Il superuomo tedesco ha nei suoi confronti gli stessi obblighi che ha con gli animali. Nessuna crudeltà non necessaria. Ma diritto discrezionale di vita e di morte!! 7 DICEMBRE 1941 Riprendo il mio diario. Volevo farlo solo per annotare la totale e definitiva sconfitta russa. Purtroppo non è stato così. Le mie geniali direttive. La mia concezione ben diversa da quella napoleonica. La diversione in Ucraina per poi puntare su Mosca. Non sono bastate. Il fango, il freddo sono dei duri ostacoli. I russi erano insospettatamente preparati. La loro combattività è andata sempre più migliorando. Gli anglosassoni hanno rifornito abbondantemente i bolsceviti! Ma se non siamo giunti ancora a Mosca. Se Mosca non è ancora mia la colpa è dei miei generali! Volevano addirittura retrocedere alla controffensiva russa vicino a Mosca! Pazzi. Sciocchi! Dal comando di Rastenburg ho ordinato di non fare più un passo indietro! Sotto l’impulso personale dei comandanti la truppa deve essere costretta a una resistenza fanatica. Anche se il nemico si trova sui fianchi o alle spalle. Solo con questa condotta si può guadagnare il tempo per l’arrivo dei rinforzi di cui ho già ordinato l’invio. Gli stupidi non si rendono conto che un ripiegamento rende l’inverno russo più pericoloso! Lo spettro della ritirata napoleonica deve essere esorcizzato! Hitler è ben più grande di Napoleone! Ho licenziato il maresciallo Brauchitsch. L’ho rimpiazzato io! L’esercito deve Hitler in gonnella essere totalmente nazionalsocialista. Me ne occuperò io stesso!! Anche Guderian mi ha deluso. Il tempo logora troppo gli uomini normali. Solo i geni resistono! Lo esonererò al più presto! Il Giappone ha attaccato Pearl Harbor. 5 APRILE 1942 Come sempre il mio genio e la mia determinazione hanno avuto ragione! Sono infallibile! Ormai è chiaro a tutti! La mia severità con i generali. I processi che ho fatto loro. L’eliminazione pronta e decisa hanno salvato l’esercito germanico in Russia. Ho ordinato inflessibilmente la resistenza sul posto. L’inverno precoce e violento e la grande offensiva russa poco hanno potuto! Bisogna superare la fobia dell’accerchiamento. Talvolta può anche essere vantaggiosa! Sono il più grande genio militare di tutti i tempi!! Appena ci impadroniremo del petrolio caucasico il Reich sarà ancora più invincibile! A Rastenburg prepariamo ora la campagna decisiva dell’estate del ‘42!! AGOSTO 1942 Il grande Reich trionfa su tutti i quadranti della guerra! In Russia siamo vicini ai pozzi petroliferi. Rommel ha sfondato in Egitto. Ha occupato ElAlamein. Siamo a pochi chilometri dal Nilo. In Atlantico i miei sommergibili affondano sempre più navi nemiche. Minacciano le coste degli Stati Uniti! Gli alleati giapponesi dilagano nel Pacifico e in Asia. Hanno bombardato l’isola di Vancouver del Canada! FEBBRAIO 1943 La guerra non va bene! Sono furioso con i miei marescialli. Non hanno la tempra che credevo. Se avessero solo un po’ del mio sangue nelle vene! Paulus si è arreso a Stalingrado! Che vergogna. Ci si uccide con l’ultima cartuccia. Disprezzo un generale che si arrende come Giraud. 20.000 persone si suicidano ogni anno in Germania. E Hitler in gonnella insensato che un generale non sappia fare ciò che fa una femmina oltraggiata! Non creerò più marescialli! Finanche le pulci come Ciano si permettono di darmi consigli! E assurdo! Ma Ciano dice di parlare per Mussolini. Ha tentato di convincermi che in Russia la Wehrmacht de ve rimanere sulla difensiva. Il pericolo maggiore è in occidente. Ho risposto seccamente che in estate regolerò i conti con i russi! So che l’Italia cerca di disimpegnarsi. Il Duce è sempre più solo nella fedeltà all’amicizia con me! Povero vecchio caro amico!! Ho chiesto imperiosamente che la Marina italiana si impegni allo stremo per i rifornimenti in Tunisia. Lì combatteremo una IV guerra punica! Nemmeno i richiami a un passato glorioso scuotono il ballerino da Caffè Viennese! Un mese dopo Mussolini l’ha congedato da Ministro degli Esteri!! APRILE 1943 — Mi sono incontrato con Mussolini a Salisburgo. Non mi ha fatto una buona impressione fisica. Si nutre solo di latte zuccherato! La sua antica imponenza non esiste più. Gli ho detto che ho appena riletto la storia di Verdun. faremo di Tunisi la Verdun italiana! La sconfitta di EiA lamein ci ha scacciati dalla Libia. Difenderemo l’ultimo lembo africano in nostro possesso. Ne rispondo io! Il Duce mi ha detto che lo sbarco angloamericano in Africa è per noi un evento fortunato. Ci offre prospettive di vittoria che non ci saremmo mai immaginate senza di esso! Povero vecchio Camerata!! 20 GIUGNO 1943 — Ho voluto incontrarmi con Mussolini a Feltre. A poca distanza da dove ci incontrammo per la prima volta! Che differenza da allora! Mussolini è ormai un capo distrutto. Un uomo in via di disfacimento! Peccato con le sue qualità! Ma il suo è un popolo di traditori. Il comportamento allo sbarco alleato in Sicilia lo denuncia chiaramente! Questo Hitler in gonnella è il nostro tredicesimo incontro. Anche io sono più vec chio. Ma ho alle mie spalle tanti trionfi e ancora una nazione forte e coraggiosa! Ho voluto confortare e incoraggiare Mussolini. Gli ho detto che la situazione dell’Asse rimane sostanzialmente favorevole. Entro la fine dell’anno utilizzerò due nuove invenzioni che raderanno Londra al suolo! Mussolini era riconfortato. Gli ho detto delle altre formidabili armi che faranno uscire la Germania dalla guerra totalmente vittoriosa!! OTTOBRE 1943 Purtroppo ho sempre ragione. Anche quando non vorrei averla! Gli italiani che traditori contro di noi e contro chi ci è fedele. Fedele a una parola data! Mussolini fu messo in minoranza al grande Consiglio fascista. Poi arrestato per ordine del re con un vile tranello! Miei paracadutisti l’hanno liberato al Gran Sasso e condotto in Germania. È il mio Camerata. Dovevo strappano alla sua sorte. Ho promesso un giorno che l’avrei sempre aiutato in ogni occasione. L’ho incontrato a Rastenburg il 15 settembre. Che delusione! Credevo di trovare un Mussolini ferocemente intenzionato a volersi vendicare di chi lo aveva tradito. Non ne è capace! L’avevo previsto già anni fa. Purtroppo! Con fatica l’ho ricostruito. In Italia ho disposto per la creazione di un governo neofascista repubblicano! La sede è stata stabilita a Salò sul lago di Garda. Anche per Ciano avevo ragione! Non solo è un ballerino da Caffè Viennese ma uno sporco traditore. Aveva votato contro Mussolini. Suo suocero! La moglie Edda lo difende con arroganza. Non avrò pietà per lui! Spingerò Mussolini a farlo processare e giustiziare!! 21 LUGLIO 1944 — Avevo nuovamente dimenticato questo mio saltuario diario. Ma ieri ho subito un vile attentato da parte di tedeschi a me vicini! È una vergogna! Com’è possibile Hitler in gonnella che gente della mia razza. Miei compatrioti possano congiurare contro il loro grande Fùhrer? Sì. Sono sempre grande. E farò della Germania la nazione egemone nel mondo! Non ho dubbi. Speravo che avvenisse prima e con gradualità. La conquista dell’Europa centrale. Un accordo con gli inglesi. La distruzione della Russia. Una più ampia preparazione militare. E poi il resto! La cocciutaggine britannica non me l’ha consentito. La strenua difesa degli abitanti di Albione. La resistenza aerea. La loro superiorità sul mare. Tutti motivi per attaccare la Russia prima del dovuto. L’impresa italiana in Grecia. La necessità del mio intervento. Ho dovuto ritardare l’offensiva in Russia di un mese. Un mese decisivo! Il potenziale industriale degli Stati Uniti. Le forniture enormi alla Russia e all’Inghilterra. L’attacco giapponese non portato a fondo. Sono motivi di un parziale fallimento dei miei programmi. Dei programmi di un Genio! Forse l’affetto e l’ammirazione per Mussolini mi hanno fatto credere in un ‘Italia alleata molto più forte. La conquista dell’Etiopia. La guerra in Spagna. Le trasvolate atlantiche delle squadriglie di Balbo. Il primo aereo a reazione del mondo. Mi fecero credere in un’Italia preparatissima in mezzi e in spirito guerriero. Un Capo come Mussolini doveva essere una garanzia! Era un bluff Purtroppo!! Ma oggi mi sono miracolosamente salvato dall’attentato. Doveva giungere Mussolini. il mio socio. Il mio vero amico. Ero leggermente ferito. L’ho accolto alla stazione. Mi sono sfogato con lui! Come sempre mi ha fatto bene! È il mio sostegno anche se non parla quasi mai! Molti pensano che la guerra sia persa. Si sbagliano tutti. Le armi segrete sono quasi pronte. Non solo le Vi e le V2. Ma tante altre terribili che distruggeranno tutto. Che agghiacciante sorpresa saranno per i nemici.’ Crolleranno tutti! Impazziranno dal terrore! Tutti in ginocchio davanti al Hitler in gonnella grande Reich. E all’uomo più grande della storia. Adolf Hitler!! Hitler in gonnella CAPITOLO DODICESIMO Rudemente bussarono alla porta. Il tenutario entrò con passo deciso. Era più gonfio e tronfio del solito. Il vestito, nonostante ne cambiasse uno al giorno, era stazzonato e troppo stretto per un omone di quella taglia. Amedeo richiuse il Diario del Capo del Nazismo. «Ah, il nostro grande amatore legge?» «Sì», rispose Amedeo svogliato e rassegnato. «Preparati ché ho ricevuto una telefonata dal Comiliter. Una capitano danese vuole passare un’allegra nottata. Ha chiesto specificatamente dite... Finalmente potrai anche tu incrementare gli introiti della nostra Casa... Meno male per te che ci sono ancora straniere in Italia! Fatti onore che ne ho piene le scatole dite. Ci costa più mantenerti di quanto rendi. E dire che credevo, quando ti avevano assegnato qua, che potessi essere la stella della nostra Casa!» Usci sbattendo la porta trascinando i suoi troppi chili e la sua volgare arroganza. Amedeo era compiaciuto di quella preferenza. Evidentemente il suo nome rappresentava ancora qualcosa all’estero. Ma la testa era ancora confusa da tutto quello che aveva letto, da quelle battaglie, da quei movimenti di colossali masse di uomini, da quegli stermini, da quelle affermazioni folli. “Ma come”, pensava, “in pochi giorni si riusciva a far prigionieri più di 700 mila uomini, come gli abitanti di Hitler in gonnella Firenze o di Bologna. Una città intera! E dove li mettevano? Cosa ne facevano?” Nella sua vita, dedita all’utilizzazione dell’unica qualità che possedeva — una qualità grande COSì —che aveva fatto letteralmente impazzire tante donne e invidia a molti uomini, non aveva mai sentito la necessità di formarsi una cultura, di leggere libri seri, di vedere films impegnati, di parlare approfondita‐mente di politica. Per lui erano state cose che non esistevano, che non avevano ragione di esistere. Che gli importava. Gli bastava usare e bene quella sua ruggente forza, saper ballare impeccabilmente ritmi antichi e moderni, conoscere il nome dei cocktails più di moda, delle pietanze più prelibate, essere aggiornato sugli indumenti più raffinati, i locali più in. Riuscire a guidare con perizia le moto più possenti e — come tocco finale ‐ saper suonare con sentimento la chitarra e intonare con voce calda e profonda le più conosciute canzoni napoletane: quelle che mandavano in visibilio le sue ammiratrici. Qualche libro lo aveva letto, ma erano i polpettoni sentimalerotici che rispecchiavano un personaggio come il suo, o aveva preferito scorrere — era anche più semplice ed immediato — fotoromanzi ricchi di cuori spezzati, di donne insoddisfatte, di amanti brillanti e infaticabili. Che ne aveva saputo lui del fascismo, del nazismo, del comunismo, della socialdemocrazia e delle democrazie cristiane dei vari paesi? Che gli era importato della Guerra Fredda fra il blocco comunista e quello capitalistico? Le misure economiche, il rafforzamento del Dollaro e la discesa della Sterlina? La lotta fra arabi e israeliani? Fra Carter e Khomeini? Fra l’Iraq e l’Iran? E la Prima e la Seconda Guerra Mondiale cosa erano state, cosa avevano rappresentato per il mondo? A stento aveva saputo che l’Italia aveva partecipato ad entrambe e la prima l’aveva Hitler in gonnella vinta e la seconda persa, ma che dopo la prima stava peggio e dopo la seconda meglio. Stranezze! Aveva fatto una maledetta confusione fra gli schieramenti dell’una e dell’altra. Ora però, dopo le sconvolgenti novità della novella Ftihrer, del Cullonio 2000 e della sterzata femminista che tanto lo avevano coinvolto, quelle letture che era stato costretto a fare incominciavano ad aprirgli la mente, a fargli comprendere che il mondo e la vita non sono fatti solo di vacanze e di donne in attesa di ricevere l’appagamento dei sensi dal suo coso grande così! Ricordava che il padre aveva raccontato in famiglia di quando, giovanissimo, aveva partecipato alla Seconda Guerra Mondiale. Era stato inviato in Russia con il C.S.I.R., ossia l’armata italiana che fiancheggiava quelle tedesche. Ai fratelli di Amedeo, più attenti e golosi di quei particolari, dettagliava di immense desolate località, dell’arroganza tedesca, della ferocia delle truppe sovietiche, dell’inverno gelido, degli abiti troppo leggeri per affrontare quelle temperature polari, degli scarponi con le suole di cartone e infine la drammatica ritirata fra montagne di neve e i tanti morti e dispersi. Ora poteva focalizzare quella serie interminabile di fotografie di militari pubblicate dalla Domenica del Corriere (il padre aveva la collezione) negli anni ‘45/‘55 con la richiesta di notizie da parte di parenti disperati. Non aveva mai dato importanza al ritorno a piedi dalla Russia che il suo genitore aveva compiuto e più volte descritto. Ora ne comprendeva la drammaticità e sentiva maggiore rispetto per quell’uomo e per i tanti come lui. Che esperienza di vita! Altro che gloriarsi delle molte conquiste di straniere con smanie sessuali! Ricordò improvvisamente il più caro amico del padre, un toscano piccolo e minuto che a Torre del Greco faceva il Hitler in gonnella posatore di pavimenti in gomma, parquet, moquette e cosi via. La sua storia riesaminata oggi era emblematica per comprendere tante cose. Il giovane Dante Pieroni, nato a Livorno, si era iscritto alla sezione giovanile del Partito Nazionale Fascista. Era stato Figlio della Lupa, Balilla, Avanguardista. Dopo la conquista dell’Etiopia, si trovava alla disperata ricerca di lavoro. Nel 1937 aveva letto grandi manifesti che promettevano un sicuro avvenire a chi si arruolasse da civile per recarsi a colonizzare ((L’Impero». Aveva aderito con l’entusiasmo dei suoi diciotto anni. Era stato imbarcato su una delle belle navi passeggeri italiane e, attraverso il Canale di Suez e il Mar Rosso, era giunto a Massaua. La traversata era stata ottima, il vitto abbondante, la compagnia simpatica ed entusiasta. Condotto ad Addis Abeba si era esaltato nell’avvertire il rispetto nel quale lui, modesto operaio, era tenuto da parte degli indigeni. Sentiva l’orgoglio di essere italiano, di far parte di un popolo in ascesa, di essere bianco e colonizzatore. Ma nella capitale dell’Abissinia non lo avevano fatto rimanere a lungo. Era state di autorità dirottato alla frontiera con il Kenia dove l’avevano messo in una compagnia di picconatori. La località era desolata, divertimenti del tutto assenti. Non solo, ma era proibito allontanarsi dal campo per la presenza di ribelli che qualche volta osavano finanche assalire le postazioni di lavoro. Guadagnava, si, ed era nutrito bene, ma la vita era davvero squallida. Decise di tentare un colpo di testa e una sera s’infilò in un autocarro diretto alla capitale. Fu subito scoperto, ma fortunato. Il conducente era fiorentino e lo prese sotto la sua protezione. Lo condusse ad Addis Abeba e gli trovò un posto alla Pirelli. Hitler in gonnella Dante incominciò ad imparare il mestiere e a condurre una vita tranquilla e soddisfacente. Soldi, rispetto e donne ‐ beninteso indigene ‐ quante ne voleva. Ma solo due anni dopo, quando tutto gli sorrideva e incominciava a progettare il suo ritorno in patria, lo scoppio del Grande Conflitto. Fu presto reclutato e alcuni mesi dopo inviato al Fronte. Il giorno successivo nel primo scontro col nemico fu fatto prigioniero. Non aveva avuto nemmeno il tempo di tirare un colpo! Incominciò la sua triste odissea. Fu trasferito e rinchiuso in un campo di concentramento nel Sudan. Un caldo torrido, cibo scarso e scadente, e un trattamento disumano. Poi fu imbarcato, insieme con tanti poveri disgraziati come lui, e compì la traversata nella stiva di una sporca nave da carico. Il caldo spaventoso, il ristretto spazio, la convivenza quasi impossibile, la mancanza d’aria (non vide mai il cielo in quei trenta giorni) gli fecero desiderare di morire. Era quasi uno spettro quando giunse a Città del Capo. Faceva freddo, un freddo da inverno europeo e indossava come gli altri solo pantaloncini corti e canottiera. In fila, come i capi di bestiame, furono portati davanti a una serie di docce. Gli cosparsero il capo di un bruciante disinfettante e fu quasi un sollievo che si gettò sotto l’acqua gelata. Lo stomaco e l’intestino non funzionavano più. Defecava solo sangue. Nel campo di concentramento la situazione non migliorò di molto. Erano migliaia, il cibo immangiabile, la sorveglianza spietata. Erano cinque i campi italiani, uno solo tedesco. Che triste differenza! Prigionieri gli uni, prigionieri gli altri. Ma i tedeschi, i loro ufficiali si facevano rispettare. Pretendevano compattamente l’applicazione del Trattato di Ginevra. Controllavano la qualità e quantità del cibo, l’arrivo e la consegna dei pacchi della Croce Rossa. Nei Hitler in gonnella campi degli italiani no! Qualche larvata ed isolata protesta era accolta solo con scherno e castighi. Nel campo tedesco gli ufficiali e sottufficiali facevano dspettare ngorosamente la disciplina. Ogni mattina, all’appello inglese, tutti erano schierati in perfetto ordine. In quelli italiani disordine e caos! Della guerra che infuriava nel mondo nessuna notizia. Contatti solo con i negri sudafricani. Poi finalmente la richiesta degli agricoltori Boeri, esaurita la disponibilità di tedeschi, lo fece assegnare ad un’immensa farm, grande migliaia di ettari. Qui il cibo era buono ed abbondante, il trattamento più umano, il suo incarico quello di dar da mangiare agli animali. Incominciava a rivivere, se vita si poteva chiamare quella. Ma non era più l’incessante camminare, camminare in tondo del Campo per non impazzire con un solo desiderio, quello di calmare i morsi della fame! Durò poco. In Italia c’era stato l’Armistizio. Fu chiamato ad optare fra il Governo di Badoglio, alleato degli inglesi, e quello di Mussolini, alleato dei tedeschi! Come poteva giudicare senza conoscere nulla a distanza di migliaia e migliaia di chilometri? Optò per quello che aveva sempre servito, Mussolini. Anche perché aveva paura di essere condannato in un possibile domani come traditore. Fu rinchiuso in un nuovo campo di concentramento che recava la scritta: Criminali politici! Ma come, criminale politico lui? E che aveva fatto se non ubbidire sempre? Disperò. Temè cose ancora peggiori, ma il trattamento migliorò. Gli ufficiali riuscivano a farsi rispettare di più. Ritornarono quasi esseri umani. Fu rimpatriato quattro anni dopo! Ritornò in Italia, a Napoli, dopo dieci anni di assenza! Era partito diciottenne, vi ritornava a quasi trent’anni! Per ben sette anni non era più stato con una donna! Trovò un lavoro, il suo vecchio Hitler in gonnella lavoro di posatore, a Torre del Greco e si sposò. Non volle, per anni e anni, raccontare nulla del suo periodo africano. Ora Amedeo poteva incominciare a comprende quelle vicissitudini, ad aborrire i totalitarismi che portano l’uomo a non contare nulla, a essere solo l’oggetto di volontà, a fin di bene o di male non importa, che non incontrano ostacoli. Afferrava il concetto che il cittadino deve essere cosciente dei propri diritti e dei propri doveri. Deve studiare, leggere, rendersi conto e, se può, fare politica attiva o, come minimo, usare quel mezzo importantissimo che la democrazia ha: il voto. Ma un voto non da gettare là così come viene, bensì ponderato e consapevole. E poi perché i tedeschi, prigionieri come gli italiani, erano trattati in ben altro modo? Perché erano rispettati e i nostri no? Perché, penso in un lampo di comprensione, erano uniti, facevano corpo unico. I nostri no! Si ricordò di aver letto di individualismo. una bella cosa, sicuro, ma in certe occasioni, forse quasi in tutte, puo essere negativo. Ogni cittadino deve partecipare attivamente alla vita della comunità e cercare, nei limiti delle proprie capacità, di contribuire al benessere di tutti, non pensare solo a se stesso. “Bisogna soffrire per rendersene conto”, pensò Amedeo, ma subito una nuova più grande confusione lo riprese. Fu chiamato nello stanzone e accolse una florida donna danese in una vistosa divisa da capitano dell’esercito. Nella camera numero 29 la danese si spogliò rapidamente scoprendo un corpo da star di prima grandezza. Si fece lavare in silenzio e osservò Amedeo con meticolosa attenzione. Non sembrava molto convinta delle qualità dell’ex attrazione della Penisola Sorrentina. Ma in breve il Nostro la conquistò con una veemenza, una continuità, un’abilità che da molti mesi non sfoggiava. Tanta era la sua Hitler in gonnella potenzialità e così raramente usata in quegli ultimi tempi. Era avido di un bel corpo, insaziabile. Fu una delle sue migliori performance!> Più tardi, mentre giacevano disfatti sul letto, la donna gli sussurrò: «Bravo, mi complimento con te. Sei davvero qualcosa di eccezionale, molto aldisopra di ogni immaginazione. Penso che tu sia l’uomo giusto, l’unico che possa riuscire». Amedeo era abituato ai complimenti, ma in quell’ambiente li aveva dimenticati. Rimase silenzioso e poi: «Grazie, ma a fare che?» «Dimmi, sei contento di dove ti trovi?» «Dipende...”, rispose Amedeo sospettoso. Ormai temeva qualsiasi tranello. «Parla pure con sincerità. Non sono mica della Gestapo Liii. Anzi... Ma parla a bassa voce”. Amedeo era stupefatto e non rispondeva. «Dai, rispondi! Non credo che tu sia soddisfatto dopo la vita che hai condotto a Sorrento... Dimmi pure!» Infine sbottò: «Ma, cacchio, che...» «Parla a bassa voce!”, ingiunse in un sussurro la danese. «Soddisfatto? Io, cadere così in basso! Io che funziono a marchette! Uno come me che deve sopportare le angherie di un disgraziato come il tenutario. Ma come cacchio vuoi che sia soddisfatto. Senza libertà, ridotto quasi alla vita di un carcerato, porca puttana!» Il volto della danese si illumino. «È quello che volevo sentirti dire. Bravo... Sai, io, anche se capitana dell’esercito danese, lavoro da tempo per la CIA. Ora la CIA e il KGB...» «Che sono?» «Ssss... I servizi segreti americano e russo». «Ah!» Hitler in gonnella «Sentimi bene, Amedeo. Tu potrai essere il protagonista di un’impresa che ti farà ‘ricco e onorato da tutto il mondo... Un’impresa di capitale importanza! E che innanzitutto ti toglierà da qui e ti farà nuovamente libero, rispettato e desiderato... Lo vuoi?» «Porco cacchio?, e me lo chiedi?» «Bravo, Amedeo! Così va bene! Allora ascolta attentamente. Dovrai fare cosi...». Hitler in gonnella CAPITOLO TREDICESIMO A Eigergletscher l’attività politica e l’organizzazione del Mondo Nuovo, che si andava edificando sui principi neonazifascisti in chiave femminista, procedeva a ritmi forzati. La cittadella, sede della grande Ftihrer, ribolliva di iniziative, visite, incontri e progetti. I vari organi di comando e i ministeri del nuovo grande Reich erano distribuiti fra Alpiglen, Kleine Scheidegg, Wengernalp, Grindelwald, Wengen, Lauterbrunnen e la piana di Interlaken in uno scenario che era stato uno dei più suggestivi d’Europa, ma che ora, tutto ricoperto di neve, sembrava a molti assumere toni irreali e addirittura spettrali. Tutto quell’agitarsi di divise nere spiccava sul bianco mantello con uno scenografico contrasto. L’intenso movimento dei tanti treni dalle vetture tutte dipinte di nero, delle miriadi di Gatti delle Nevi e delle slitte trainate dagli infaticabili cani polari dava l’impressione di un immenso formicaio in stato di allarme. Ai tanti visitatori che da ogni parte del mondo si recano accattivanti al covo della Fuhrer, giunti ad Interlaken, si presenta uno spettacolo di indimenticabile effetto. Nella colossale parete montagnosa si apre uno squarcio attraverso il quale la piramide della Jungfrau appare in tutta la sua magnificenza. Sembra sospesa al cielo. Si inizia l’ascesa. La vallata si apre alla vista, l’orizzonte si allarga sempre più e la mac stà del Breithorn domina ora il paesagggio. Appare improvvisamente la piana soleggiata di Wengen. Di qui solo Hitler in gonnella una gola selvaggia separa le imponenti pareti di ghiaccio della Jungfrau. Si percepisce un rimbombo di valanghe che precipitano, con frastuono sempre più assordante, andando a frantumarsi sulle ultime rocce. A Scheidegg un panorama eccezionale si presenta allo sguardo. I tre giganti delle Alpi Bernesi, l’Eiger, il Mònch, la Jungfrau e poi la massa paurosa del Wetterhorn che strapiomba nella vallata di Grindelwald e finalmente Eigergletscher, il quartier generale. Ma la Fùhrer non é li, ma molto più su, il più alto possibile! Il cuore batte a ritmo accelerato: dall’oscurità della galleria si esce alla luce abbagliante dei nevai. L’abisso é li e poi infine l’Osservatorio che svetta verso il cielo e ai cui piedi si stende l’intera Svizzera, l’Europa, il mondo! All’apparire della divina Ftìhrer si prova quasi il bisogno di prostrarlesi ai piedi come a una novella e irresistibile divinità. Ma tutto ciò non bastava più a Lili e ai suoi progetti. Era necessario trasferire la capitale nella sede più appropriata, Berlino. L’unica degna insostituibile capitale del mondo! In pochi mesi già Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Olanda, Belgio, Polonia, Jugoslavia, Cecoslovacchia, Ungheria, Bulgaria, Grecia, Svezia, Norvegia, Finlandia erano divenuti Stati satelliti con governi Quisling completamente asserviti al novello Reich. Divisioni naziste controllavano la precisa esecuzione dei voleri della Ftihrer. Corpi di occupazione aviotrasportati avevano preso possesso dei punti nevralgici mondiali, come i canali di Panama e Suez, il Bosforo, le zone petrolifere e le grandi miniere del Sudafrica, e si lavorava alacremente alla creazione di governi che potessero godere dell’intera fiducia del nuovo Reich. Solo la Russia, gli Stati Uniti, l’Inghilterra e la Cina godevano ancora di una relativa indipendenza, fortemente condizionata da attivissimi partiti neonazifascisti. Le Ambasciate germaniche avevano Hitler in gonnella assunto un’importanza determinante con la presenza dei migliori elementi delle SS e della «Gestapo Lili». La divina dittatrice aveva ormai ricevuto la visita di omaggio di quasi tutti i Capi di Stato del mondo. Quelli nuovi e i pochi sopravvissuti alla bufera scatenata da quel fatidico giorno dell’agosto 1984. Ora Lili aveva iniziato a ricambiare le visite e a raccogliere il tripudio delle popolazioni dell’intero Globo alle quali aveva assicurato la Pace definitiva. La Pace della dominatrice del mondo. La Pace Germanica, novella pace dell’antica Roma! Il primo giro prevedeva l’Europa. Quelli successivi l’Africa, l’Asia e infine la Russia e l’America. Dovunque era stata ricevuta, insieme al numeroso e coreografico seguito, con cerimonie e manifestazioni che nemmeno Mussolini e Hitler dei tempi migliori, o i Presidenti americani e i Capi sovietici si erano mai sognati. Era il trionfo! La giusta ricompensa di più di venti anni di paziente, silenziosa e meticolosa preparazione. La tappa finale del primo viaggio, alla vigilia di ritornare in Svizzera, era Roma. L’Immortale Città, la Capitale del Mondo Antico, la Sede del Capo del Cattolicesimo. Fu alloggiata al Quirinale nello stesso appartamento dove quarantasette anni prima il suo grande padre aveva pernottato. Il suo ospite non era quel piccolo e brutto re che tanto era stato inviso ad Hitler, ma l’anziana e cortesissima moglie di un antico esponente della Repubblica di Salò assurta a tale onore per il nuovo corso politico mondiale. Lili, si è già detto, non amava gli uomini. Odiava la mascolinità; era sempre stata convinta, prima inconsciamente e poi consciamente, che la femmina èsuperiore al maschio e che questo sottoprodotto umano serviva solo come elemento indispensabile per la riproduzione della specie e all’appagamento dei bisogni Hitler in gonnella fisiologici. Si, anche la femmina li ha e non, come erroneamente è ritenuto dai più, solo il maschio. Usava quindi, con precisione teutonico‐svizzera a scadenze stabilite, far entrare nel suo letto maschi belli e vigorosi che strumentalizzava e brutalizzava in tutti i modi, avvalendosi della sua straordinaria bellezza e, dapprima della fama di grande scienziata, e oggi di dittatrice mondiale, in possesso di un cervello di prima grandezza, altro contrasto con il cliché del binomio: bella carrozzeria ‐ scarso contenuto di materia grigia. Nei primi tempi della sua rivelazione al mondo come figlia del Genio del male del XX secolo, il bel Cimotti (che aveva risolto gli angosciosi dubbi sul comportamento da tenere, optando naturalmente per la parte vincente) le aveva fatto una corte adorante, giocando abilmente le sue carte per divenire il preferito, se non addirittura qualcosa di più, della donna più importante del mondo. Il suo affascinante sorriso, il corpo ben fatto, il forbito eloquio, l’ottima cultura, tutto era stato impegnato per conseguire lo scopo. Liii ne rimase indifferente, ma non gli negò la soddisfazione di farsi pene trare. Dopo tutto era un uomo come gli altri e poteva servire per il suo metodico habitus sessuale. Il povero Cimotti sopportò eroicamente i graffi, i morsi e le tante brutalizzazioni. Era convinto che, prima o poi, avrebbe conquistato davvero quel cuore che sembrava chiuso ad ogni debolezza sentimentale. Come tanti altri ritenne di averla pienamente soddisfatta perlomeno sessualmente. Infine cosa poteva significare quella violenta reazione durante il coito? Dopo una decina di utilizzazioni fu messo da canto come tanti altri e, per tutto compenso, ottenne una discreta carica nel nuovo ordinamento statale. Hitler in gonnella Nel corso del viaggio la Fùhrer aveva usato, una capitale sì e una no, elementi locali scelti dalla sua Capo del Cerimoniale d’accordo con la collega del posto. A Roma era la volta si e tutto era stato dalla Divina preordinato anche nel ricordo dell’equivoco scaturito dalla richiesta paterna di quasi mezzo secolo prima e che tanto aveva emozionato la Corte del re Vittorio Emanuele. Per un perfetto gioco della CIA e KGB finalmente unite, le fu destinato Amedeo Leone, l’ex vanto di una delle costiere più famose del mondo! La nera bellezza del Sud, il campione del vero maschio italiano si sentiva, per la prima volta nella sua vita, intimidito nel doversi incontrare con una donna! Sì, dopo tutto di una donna si trattava, anche se era ascesa così in alto da poterla considerare l’essere più importante del Globo. Amedeo ormai conosceva tutto di lei. Durante le numerose notti trascorse insieme, l’agente della CIA lo aveva messo al corrente di quello che pazientemente si era riuscito a scoprire su Liii. Tassello per tassello, tutta la sua vita prece dente era stata ricostruita nella speranza di trovare il punto debole. L’unico era sembrato quello sessuale, quel continuo cambiare partners, il non legarsi sentimentalmente a nessuno di loro, il non aver avuto nemmeno da ragazza un vero fidanzato era stato considerato dagli esperti psicologhi come una chiara indicazione che qualcosa non funzionasse a dovere nella sfera sentimental‐sessuale della bella Ftìhrer. Gli infaticabili esperti avevano attentamente sezionato anche la vita sentimentale di Hitler padre e quella dei più grandi dittatori della storia e le avevano confrontate con quella di Lili. Era subito risultato uno stridente contrasto. Tutti avevano avuto, con maggiore o minore intensità, storie sentimentali eterosessuali o omosessuali. Solo Liii no. Quello che più si avvicinava a lei era proprio il padre. Ma Hitler in gonnella perbacco, una Eva Braun vi era pur stata! E ora si conosceva anche di una figlia avuta con Jena Gobili, anche se questa storia era ammantata dal più fitto mistero. Perché Liii non ne aveva mai avute? Perché la sua libido era troppo impegnata daii’immane traguardo che si era posta? Ma anche gli altri grandi della storia avevano traguardi prestigiosi da raggiungere. E allora? Nel periodo di preparazione Amedeo era tornato a sentirsi in forma e sicuro di sé quasi come ai tempi di Sorrento. Lo sguardo gli si era fatto nuovamente risoluto e altezzoso. Infine cosa poteva desiderare di più in riconiscimento del suo passato di grande amatore, se finanche la CIA e il KGB lo consideravano come l’uomo più dotato per far crollare la roccaforte Lili? Era stato come ricevere dalla più prestigiosa Università del mondo una laurea honoris causa! Quella sua rinnovata sicurezza, i modi altezzosi, lo sguardo dell’essere superiore e, non ultime, le continue richieste della danese e di altre colleghe di prenotare le notti dell’inquilino del numero 29, gli erano valsi una ben differente considerazione e trattamento da parte del tenutario che ora non solo non lo tiranneggiava più, ma era tutto gentile e premuroso verso colui che incominciava a battere il record degli incassi della Casa di corso Vittorio Emanuele. Ritornava quindi, anche in quelle squallide mura, ad essere una star! Non doveva fallire. Doveva dimostrarsi degno della fiducia che gli avevano accordato. Si era preparato con estrema serietà all’incontro dal quale dipendenva non solo il suo avvenire, ma quello del mondo intero. Aveva attentamento studiato progetti su progetti sul cosa dire e sul cosa fare a condimento del piatto principale sul quale la sua prorompente natura non aveva null’aitro da aggiungere. Hitler in gonnella E infine «il giorno più lungo» era venuto. Fu accompagnato alla porta della divina FUhrer, introdotto nel salotto privato e lasciato solo con lei! Liii io guardò appena. Ripose delle carte e: «Vieni, mi hanno parlato molto bene di te! Dicono che hai fatto impazzire di piacere migliaia di donne, specialmente quelle nordiche, alte e bionde come me. Vediamo se perlomeno in questo gli italiani valgono qualcosa!... Che hai li?» e indicò un voluminoso astuccio che Amedeo recava con sé. Le gambe tremavano al nostro campione. Era rimasto con il braccio teso nel saluto. La faccia imbambolata. Si scosse. “La chitarra, mia FUhrer». «Ah, bravo. Ma non sono le chitarre che mi interessano. Vieni, non perdiamo tempo!» Lo spinse nella grande stanza ricca di fregi, stucchi ed opere d’arte famose. Subito furono sul letto che aveva ospitato regnanti e Capi delle più grandi nazioni della Terra. Lo spogliò con voracità e si fece spogliare. Ad Amedeo era scomparsa ogni timidezza ‐ era nel suo campo, non vi era regnante, Capo di Stato o dittatore che potesse spaventano ‐ ed era comparso in tutta la sua enorme evidenza quello che era stato il suo orgoglio e la sua forza. Liii gli si getto su con veemenza grafflandolo, tirandolo, torcendolo, morsicandolo, ma quel coso grande così rimaneva eretto, orgoglioso ed immune da ogni tortura. Anzi! Su sollecitazione della Ftìhrer Amedeo la prese più volte e in tanti modi diversi. Era di una abilità davvero unica al mondo! E senza soluzione di continuità. Era una macchina perfetta, possente, inarrestabile come la grande Wehrmacht del primo anno di guerra. Invincibile! E finalmente Liii, la fredda, la frigida Liii, ebbe un orgasmo di Hitler in gonnella forza superiore finanche a quello, forse l’unico, che aveva avuto alla lettura del Diario del suo grande padre! Per i sovietici! Quel piccolo tizzone nero davvero valeva! Ansava soddisfatta sul letto. Si sentiva distesa, appagata, quasi dimentica del suo Grande Ruolo nella storia del Globo! Ma solo pochi minuti dopo una rabbiosa ira si impadronì violentemente di lei. Voleva castigare quel maschio e il suo membro, simbolo di tutto quello che più aveva odiato al mondo! Gli si gettò contro con furia selvaggia. Lo scalciò, graffiò, morse, schiaffeggiò in ogni zona del piccolo corpo. Lo cacciò via schemendolo. Amedeo era avvilito. La sua impresa era fallita! Eppure qualcosa gli diceva che non era così. Hitler in gonnella CAPITOLO QUATTORDICESIMO Liii trascorse la notte più strana della sua vita. A momenti di ira e di incubi si alternavano beatitudine e soddisfazione. In un guazzabuglio di sensazioni, addirittura superiore a quello provato alla Rivelazione, un’ immagine emergeva su tutte. Quella dell’invincibile coso grande così che l’aveva trapassata da tutte le parti come una spada infuocata. Fece richiamare Amedeo. Voleva annullano, ridicolizzarlo. Voleva convincersi che era solo un maschio meglio dotato degli altri. Ma nei lunghi conversan, nelle battaglie amorose incominciò a scoprire forse qualcosa che le era stato del tutto sconosciuto, il sentimento. Quell’ometto suonava la chitarra in modo dolce e appassionato. Le sussurrava parole d’amore con una dignità e sicurezza che i suoi tanti amanti, di lui ben più colti e raffinati, non erano riusciti nemmeno a sfiorare. “Perché, mio Dio, perché io che posso disporre del mondo come voglio non posso amare? Perché la mia missione, le mie idee non possono integrarsi con la gioia che questo ometto forse può darmi?” Da anni non si consentiva una vacanza. Perdiana! Anche lei era un essere umano. Lo avrebbe fatto! Diede disposizioni perché il suo soggiorno italiano fosse prolungato di una settimana. Ma non in quelle vecchie, tristi mura, ma in una località che aveva Conosciuto da ragazza. Un luogo meraviglioso che Amedeo le aveva, forse involontariamente, ricordato quando aveva intonato una delle canzoni che più l’avevano commossa. Sì, commossa. Anche la Fùhrer può commuoversi. La canzone era, lo ricordava bene, Luna caprese. Sì, voleva andare a Capri e poi, congedato l’ometto, avrebbe ripreso la vita di prima con inflessibilità teutonica! Hitler in gonnella Erano i primi giorni di una precoce primavera quando i capresi e gli scarsi turisti furono testimoni di un avvenimento davveroo inconsueto. L’intero albergo Quisisana, il migliore e il più lussuoso dell’isola, era stato requisito. La Marina Piccola interdetta a tutti ad eccezione del fior fiore del personale di servizio indigeno. Ogni posto presidiato da un enorme numero di militari (perlopiù donne). Motovedette sorvegliavano attentamente le coste, le insenature e le grotte dell’isola delle Sirene. Elicotteri perlustravano incessantemente le alture. Persino due possenti navi lanciamissili erano state impiegate ed incrociavano al largo, mentre alcuni sommergibili erano in costante agguato nei quattro punti cardinali a due miglia dalla costa. Qualche residente munito di cannocchiale, col grave rischio di una deportazione a vita, riuscì ad osservare una strana coppia: una meravigliosa, alta, snella e sinuosa bionda stretta ad un piccolo tizzone nero con baffetti e capelli scurissimi. Rimanevano ore e ore distesi al sole completamente nudi sulla tolda di un sontuoso Trealberi, ancorato sotto i Faraglioni. Poi improvvisamente amoreggiavano furiosamente e quando l’ometto si alzava a sedere sembrava abnormemente dotato di tre gambe Al tramondo per i viottoli odorosi giungeva il canto appassionato di Amedeo. Allora qualcuno ricordava che l’uomo doveva essere quel sorrentino che tanto successo aveva avuto con le straniere e che più volte era stato ospite dell’isola per iniziativa di albergatori o proprietari di nights e ristoranti. Qualche volta una specie di flotta capitanata dallo yacht a tre alberi muoveva verso Sorrento o Ischia o Positano o Amalfi e la strana coppia, alla quale veniva fatto il deserto attorno, si recava a visitare i luoghi più suggestivi ed improvvisamente amoreggiava a lungo incurante di Hitler in gonnella quell’esercito che l’accompagnava continuamente. Ma gli affari di Stato premevano e Liii dove rientrare ad Eigergletscher. Aveva più volte tentato, fra crisi frequenti, di esorcizzare l’incanto che l’aveva incatenata. E allora tornava ad accanirsi contro quel coso grande così nel tentativo dissennato di distruggerlo, annullarlo, ma ogni volta quello rimaneva intatto, eretto, trionfante! Allora provava a evidenziare l’abissale differenza di cultura e di natali. Ma bastava la chitarra, una canzone intonata in sordina da quella bella voce profonda, quello sguardo fatuo e sicuro, che ogni proposito si annullava. E poi quell’odore di maschio, quel vero odore di maschio ‐ il primo che le sue nari avessero percepito — le era indispensabile. Lo condusse allo Jungfrau. Amedeo era esausto, ma trionfante. La prima parte del piano accuratamente studiato era riuscita. Ora rimaneva la parte finale. Senz’altro la più rischiosa e di difficoltà quantomeno pari alla prima. Ma il suo orgoglio era alle stelle e, da quell’uomo fondamentalmente ignorante e presuntuoso qual era, pensava, anzi era sicuro, che nessun traguardo ormai potesse essergli precluso. La sua era la forza di coloro che vivono con i paraocchi e che non stanno tanto a porsi dilemmi e ad analizzare le tante difficoltà e angolazioni di un problema. Solo tipi come lui possono raggiungere un rapido successo! Più Lili lo riteneva indispensabile per l’equilibrio della sua vita che cosi poteva — anche se nella grandiosità dei compiti e dei traguardi — normalizzarsi con un regolare rapporto sentimental‐sessuale, più Amedeo (ben indottrinato dalla danese) riusciva a far introdurre elementi raccomandati da lui nei meccanismi dirigenziali del grande Reich e principalmente del complesso nucleare dello Jungfrau. Hitler in gonnella La Fùhrer non gli negava nulla e presto, anche nei pressi delle famose leve dei raggi Kuta e dei quadri di controllo dei satelliti contenenti le bombe al Cuilonio, vi furono numerosi e preparatissimi agenti della CIA e del KGB, abilmente mascherati da fedelissimi alla causa neonazifascista. Ma qualcosa stava mutando ogni giorno di più in Amedeo. Quelle nevi eterne, quel paesaggio nordico, quel conversare con Lili da pari a pari e principalmente quegli occhi meravigliosi lo stavano conquistando. Da buon italiano era stato appagato all’idea di poter giocare un cervello della forza di quello di Liii, la grande scienziata, la dominatrice del mondo! Si era sentito pari a una volpe per furberia e si sa che questa è una delle più grandi mete dei popoli meridionali che, pur di poter «fare fesso» qualcuno, sono pronti a rischiare tutto. Ciò era stato esaltato da un reale risentimento che aveva provato verso quella donna che, anche se indirettamente, lo aveva precipitato dai fasti di Sorrento alle miserie della Casa di corso Vittorio Emanuele. Aveva goduto al pensiero della sua fine, pregustato la sconfitta di colei che era riuscita ad ottenere tanto. Inoltre non aveva potuto dimenticare le brutalizzazioni malvagie alle quali era stato sottoposto. Ma da qualche tempo non era più così. Ora Lili lo amava appassionatamente, ma in modo quasi normale e ogni giorno di più lo trattava con amore, considerazione e, perché no, rispetto. Una sera, dietro la grande vetrata dell’Osservatorio, gli disse: «Amedeo, vieni qui vicino a me. Ho da dirti una cosa». «Dimmi, cara». «Lo sai che hai fatto di me un’altra donna? Lo sai che non avevo mai provato il vero amore nella mia vita? Ma non solo quell’amore che unisce un uomo e una donna, ma Hitler in gonnella anche quello che si porta a un padre, a una madre, a una sorella, a un fratello. Sarà stato perché in definitiva io sono un’orfana. Sarà stato per il sangue che scorre nelle mie vene. Forse per una forma di pazzia che è comune a tutti i geni o a tutti quelli che danno più importanza al cervello che al corpo. Non so. Ma la mia vita è stata triste. Questo solo a te sento di poterlo dire perché tu mi ami, è vero?... No, non rispondermi subito, lasciami finire, caro. Ricordo le giornate trascorse nel giardino dei Kluber a Zurigo, quando mi sentivo più amica delle formiche che delle compagne di scuola, e poi le ammazzavo. Le sentivo amiche e le ammazzavo. Che strano...Mi sono sempre sentita così diversa, lontana dagli altri. Ma ci pensi, non provare mai un vero tra sporto, un genuino bisogno di carezzare, abbracciare, insomma amare qualcuno. Che vita la mia. E gli uomini cosa sono stati per me se non uno strumento per vendicarmi di qualcosa? Di cosa non so... Le mie amiche erano felici, appagate di cose che a me sembravano futili, sciocche e inutili... Sai cosa penso oggi? Forse avevano ragione loro...» Gli occhi, i bellissimi occhi le si erano inumiditi. «... ""E poi la Rivelazione, i miei propositi, tutti quegli anni di studi, quell’applicazione fanatica che non ammetteva altro!... Tanti contatti, ma nessun vero amico... La solitudine, Amedeo, la mia enorme solitudine... Sapessi”. La Fuhrer piangeva, ora senza ritegno. Amedeo era commosso. Gli sembrava di rivivere uno dei tanti fotoromanzi che aveva letto. In definitiva la vita, pensava, è un fotoromanzo, anche quella di un essere superiore come Liii. Si sentì improvvisamente colpevole. Sentiva di amarla. Sì, amava quella stupenda donna. Ma non per quei suoi begli occhi, per il fisico perfetto, per il ruolo che occupava nella storia del mondo. Ma per il suo cuore che finalmente era li, aperto davanti a lui. E chi era lui per meritare quelle Hitler in gonnella lacrime? Solo un piccolo sporco traditore che le stava giocando un brutto tiro, un maledetto immondo tradimento. Fu spinto a raccontarle tutto, ma l’istinto lo trattenne. Lili riprese: «Ma ora ci sei tu vicino a me. Finalmente mi sento una donna completa. Oggi possiedo tutto. La vendetta contro i nemici di mio padre, la realizzazione dei suoi sogni e te e... una famiglia. Sì, voglio una vera famiglia. Sposiamoci, Amedeo. Dividerai con me la mia potenza, il mio dominio e avremo degli eredi... Non avevo mai pensato a dei figli. Credevo potessero solo turbare i miei piani, l’edificazione e il governo del mondo nazifascista. Pensa come sarà bello.., ma presto, subito, ho più di quarant’anni, Amedeo...” Il siciliano non capiva più nulla. La tenerezza, l’amore che aveva provato si mescolarono a un’ enorme ambizione. Sarebbe stato il padrone del mondo! Lui, il figlio di un pescatore! E i patti con la CIA, il KGB? Che gliene importava, anzi bisognava subito eliminare quelle spie che ormai erano proprio li, vicine a loro, in posti chiave. E se avessero parlato? Se avessero rivelato a Liii il tradimento? Quali vette avrebbe raggiunto l’ira della Fùhrer? Rimaneva pur sempre tale. Ora, dopo le ultime cose che gli aveva detto, ne era convinto! «Sì, Liii, anche se non lo merito, anche se tu sei tanto più di me, sposiamoci, generiamo dei figli, governiamo insieme e alleviamo i nostri figli nel nostro credo, nel tuo, in quello che farà vivere l’universo in una pace duratura...» I corpi si unirono in un violento disperato abbraccio. Si denudarono con gesti convulsi, si carezzarono furiosamente. «Però...», aggiunse Amedeo, “... quelle persone che ti ho fatto assumere...” Hitler in gonnella Uno scoppio violento. La torretta crollò. I corpi piombarono nel ghiacciaio! Contemporaneamente o quasi altri scoppi. La sala comando dei Kuta, dei satelliti non esisteva più. IL MONDO ERA SALVO!! Finalmente, dopo quei mesi di terrore e di oppressione, un gran sospiro dì sollievo parti da tre miliardi di labbra. Ora avrebbero potuto riprendere a scannarsi fra di loro! Due corpi giacevano sotto la lastra di ghiaccio. Abbracciati, uniti per sempre e il rigor mortis aveva grottescamente fissato in tutta la sua enorme evidenza il coso grande così! | |
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| Titolo: Re: HITLER IN GONNELLA romanzo, premio Italia di Fantascienza | |
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